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Sugli ultimi sviluppi che pare assumere la FSSPX nei confronti della Roma conciliare, il dibattito è aperto. Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo, che si inserisce nel dibattito in corso. [RS]

 

di Attilio Sodi Russotto

Personalmente, non ho pregiudizi contrari ad un riconoscimento unilaterale della Fraternità Sacerdotale San Pio X da parte della Santa Sede, di un riconoscimento che permetta, similmente alle scomuniche già rimesse da Benedetto XVI, di superare quel penoso anacronismo che vede la più grande e florida realtà autenticamente Cattolica, con i suoi preti, religiosi, suore e fedeli, quotidianamente ostracizzata e trattata da “setta scismatica” in base a ridicoli criteri di giudizio, ed ostacolata in ogni modo da parroci e Vescovi di discutibile ortodossia, oltre che di compattare un fronte della Tradizione troppo frastagliato ed incerto. Detto questo, mi appresto a delineare le mie perplessità in merito a ciò che “sembra” (uso il condizionale giacchè la mia fiducia nei media non è massima).

Monsignor Bernard Fellay non ha nelle sue mani solo il destino della “fraternità sacerdotale senza voti” della quale è stato eletto Superiore Generale; in ballo c’è il futuro dell’intera Tradizione di Santa Romana Chiesa. Non sono concessi errori, visti i tempi.

1) Nel 2003 lo stesso Mons. Fellay ammoniva Mons. Rifan a causa del suo accordo con la Sede Romana, asserendo che non ci fossero le condizioni per ritenere superata la crisi postconciliare e la pandemia modernista. Parliamo inoltre dello stesso Mons. Fellay che rifiutò la firma di altri documenti di accordo sotto Benedetto XVI (il famoso “Documento Levada”), per lo stesso motivo. Se fosse vero ciò che la stampa dice, cosa fa pensare a Sua Eccellenza che la situazione sia migliorata rispetto agli anni precedenti, tanto da poter sottoscrivere un accordo, vista anche la salita al trono di un personaggio del quale lo stesso Fellay ha più volte detto peste e corna?

2) Monsignor Guido Pozzo dice che tali accordi (prelatura personale?) lascerebbero alla Fraternità una ampia autonomia. Ampia, ma non totale, se ne deduce. Cosa rimarrebbe fuori da quell'”ampia”? I Superiori a tutti i livelli (dal Superiore Generale sino al singolo Priore) verrebbero scelti esclusivamente da membri della Fraternità o tali scelte sarebbero in qualche modo soggette a influenze o conferme? Menzingen manterrebbe la totale gestione dei propri immobili e delle proprie finanze, rimanendo immune ad eventuali interventi del Braz de Aviz di turno? Sarebbe richiesto un qualche adeguamento dottrinale e/o liturgico? Aspetti, questi, di cui nessuno sembra curarsi.

3) I plaudenti portano a riprova della “benevolenza” di Papa Francesco nei confronti della Fraternità (a quanto pare anch’essa ritenuta “periferia esistenziale”) il dialogo da egli intessuto con la FSSPX da Arcivescovo di Buenos Aires. Ma i fatti hanno mostrato, dietro un’apparenza sorridente e dialogante, uno spietato odio nei confronti di chiunque si mostrasse a vario titolo “amico” della Tradizione, approfittando di ogni momento buono per ucciderlo, dal vergognoso ed aberrante commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata, alla purga, tramite pretesti, di Vescovi quali Mons. Livieres, Mons. Oliveri, Mons. Finn, tutti di orientamento benevolo nei confronti delle istanze tradizionali e della Messa Tridentina. Cosa fa pensare a Mons. Fellay di potersi fidare?

4) La Commissione Ecclesia Dei negli anni ha favorito la fondazione di alcuni istituti, nati o da scissioni interne alla Fraternità (FSSP e IBP), o dall’azione “ex novo” di Sacerdoti (ICRSS), al fine di creare “destinazioni” alternative e “legali” per eventuali preti o fedeli che si fossero interessati ed avvicinati alla Messa Tridentina. Se la Fraternità fosse “normalizzata”, o addirittura fosse condotta all’accettazione del Novus Ordo, come già accaduto a Campos (è nota a tutti la foto di Mons. Rifan che concelebra in Santa Marta insieme a Papa Francesco), non diventerebbero questi stessi istituti “inutili” e quindi soggetti al rischio di un eventuale e graduale giubilamento, al fine di far precipitare, a passi lenti ma inesorabili, la Messa di Sempre nell’oblio dal quale la ha salvata Mons. Lefebvre?

In attesa di chiarimenti circa questi quattro punti di discussione, ribadisco la mia fiducia in Mons. Fellay, ma auspico grande attenzione, perché la posta in gioco è troppo alta per essere affrontata superficialmente.