cardinal Raymond Leo Burke

Riportiamo l’opinione di un nostro lettore su quanto potrebbe accadere nei primi giorni del 2017 a proposito dei ‘dubia’ di Burke e altri. [RS]

 

di Alberto Di Janni

Il cardinal Burke ha annunciato che, in caso di mancata risposta del papa ai dubia sollevati su Amoris laetitia, lui e alcuni altri cardinali procederanno, dopo l’Epifania, a un atto formale di correzione di un errore grave.

Che Francesco non risponda sembra scontato, e questo per almeno due buoni motivi, anche a prescindere dal suo già prolungato silenzio:

  • non sa cosa rispondere, dato che si trova nella condizione o di sconfessare il suo stesso operato, o di ammettere apertamente che il suo insegnamento contraddice la tradizione della Chiesa;
  • vuol mostrare la sua noncuranza e il suo disprezzo per i quesiti e per coloro che li hanno proposti, ignorandoli ostentatamente.

Cosa succederà dopo l’Epifania? Non prendo qui in considerazione l’ipotesi di un’ammonizione privata, in camera caritatis, del pontefice, semplicemente perché di questa eventuale azione preliminare noi fedeli non verremmo probabilmente a sapere nulla. Inoltre ritengo poco plausibile che Bergoglio conceda un’udienza ai suoi contestatori, e se l’ammonizione avvenisse tramite lettera riceverebbe la stessa accoglienza dei dubia.

Cosa succederà dunque passata l’Epifania? A mio avviso Burke e gli altri cardinali non daranno immediatamente luogo a una correzione formale del papa, azione che porterebbe pressoché inevitabilmente a una scisma, equivalendo di fatto a formulare un’accusa di eresia nei confronti di Bergoglio; e non enunceranno neppure una correzione formale del solo testo dell’esortazione, cosa questa lievemente diversa nella forma, ma praticamente identica nella sostanza. Daranno invece a Francesco un’ultima possibilità di ripensamento.

Come? Limitandosi a dare un’interpretazione autorevole di Amoris laetitia, nel solco dell’ortodossia e della tradizione. In fondo finora hanno accusato il documento papale di contenere ambiguità, ma non errori espliciti. In mancanza dell’auspicato chiarimento di Francesco, interverrebbero loro, lasciando così al papa una scappatoia.

 

Come reagirà Francesco in questo caso?

Una prima possibilità, decisamente remota, anche se non si può mai escludere un intervento dello Spirito volto a illuminare le coscienze brancolanti nel buio, sarebbe un’adesione esplicita a tale interpretazione. Questo riporterebbe Francesco nell’alveo della dottrina di sempre, permettendogli nel contempo di salvare formalmente la faccia. Ovviamente ci sarebbe una levata di scudi da parte di Kasper e di tutti coloro che si sentirebbero traditi o scaricati, con esito difficilmente prevedibile.

La possibilità diametralmente opposta è che Francesco condanni una tale interpretazione dell’esortazione, magari adottando provvedimenti disciplinari nei confronti degli estensori. Questo dovrebbe equivalere a una professione di eresia e tradursi nel suo decadere da papa: come e chi dovrebbe prenderne atto resta un problema, ma sembra comunque chiaro che si arriverebbe a uno scisma.

L’ipotesi più probabile è però che Francesco, essenzialmente per gli stessi motivi esposti all’inizio, non risponda alcunché. Questo lascia aperte diverse possibilità. Quella che appare teologicamente più fondata è che, trattandosi di un’interpretazione autorevole – e a questo punto l’unica ufficiale e in ogni modo quella di più alto livello magisteriale disponibile – il silenzio papale debba intendersi come un assenso. Scisma rientrato e ortodossia formalmente salvaguardata, anche se ogni vescovo continuerebbe a fare di testa propria, senza ovviamente nessun intervento censorio da parte della Santa Sede.

Comunque questo sviluppo, che a mio modesto parere è il più probabile, costituirebbe soltanto una fragilissima ed effimera tregua.

Intanto ripartirebbe la campagna pro divorziati e pro omosessuali della banda Kasper, senza escludere tentativi da parte di altri vescovi e cardinali di partorire interpretazioni magisteriali in senso opposto e ancor più lassiste di quanto già l’esortazione non sia.

In secondo luogo Francesco, da buon gesuita, proseguirebbe nel suo gioco preferito, rispondendo senza rispondere, manifestando il suo pensiero per vie traverse come interviste a giornali laici, battute estemporanee e omelie ammiccanti agli uni e demonizzanti gli altri. Tentando nel contempo, da un lato di porre a silenzio la cosa, sia usando il potere diretto sui mezzi d’informazione vaticani, sia contando sulla complicità o più banalmente sull’indifferenza e il disinteresse di buona parte del mondo laico; dall’altra di individuare e rendere inoffensivi tutti coloro che ostacolano il suo processo di scardinamento della morale, approfittando anche del consenso di un’opinione pubblica abilmente pilotata, pur se un tale consenso va progressivamente perdendo di vigore e credibilità. Continuando inoltre a utilizzare in grande stile l’arma più potente a sua disposizione: la nomina di cardinali proni al suo volere.

Toccherebbe a questo punto a Burke e agli altri cardinali, se ne avranno il coraggio, di intervenire definitivamente per porre fine alla commedia degli equivoci e al dilagare dell’eresia. Costi quel che costi, pur con la triste certezza che la stragrande maggioranza di quanti sono formalmente cattolici rimarrà schierata con Bergoglio, con colui cioè che dà loro l’illusione di avere la coscienza in regola.

Piccolo inciso finale. Sarà scisma, essendo del tutto illusorio che Bergoglio e i suoi fedelissimi accettino la deposizione per conclamata eresia. La decadenza di Bergoglio dovrà ad ogni modo necessariamente comportare, esplicitamente o implicitamente, l’annullamento o quanto meno la messa sub iudice di tutti i suoi atti di governo, in primis le nomine cardinalizie; altrimenti, anche nella remota ipotesi che Francesco si sottomettesse o si dimettesse, ci ritroveremmo con un successore degno di lui.