Caro don Giorgio,

grazie per avermi promosso a direttore di Radio Spada. Nel mio primo articolo chiedevo umilmente la Sua assoluzione per un crimine infame – il mio amore nei confronti di un «culto cadaverico» – e mai mi sarei aspettato un simile gesto di misericordia da parte Sua. La clementia Caesaris è stata infine superata dalla clementia Georgi.

                Nonostante io sia un semplice collaboratore di Radio Spada, devo ammettere che ha ragione quando afferma che nel nome del nostro blog è racchiuso il suo destino.

La vita del cattolico, lo si voglia o no, è una guerra: militia est vita hominis super terram. Nel Vangelo di san Matteo, inoltre, è Cristo Stesso a dire «non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada». E, sempre per quanto riguarda la spada che il cristiano deve sempre portare con sé, Nostro Signore dice: «quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancata qualcosa? Risposero: Nulla. Ed egli soggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia, chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una». Come si può vedere da queste rapide citazioni, Gesù non è un pacifista ante litteram come i «pretini di sinistra» sono soliti dipingerLo.

Ovviamente, la battaglia proposta da Nostro Signore non è necessariamente una crociata, ma è innanzitutto un combattimento spirituale. Come scrive San Paolo:

 

«Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, poiché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi,  cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come come calzatura ai piedi lo zelo per propagandare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello spirito, cioè la parola di Dio».

 

Quello descritto da san Paolo è il programma di Radio Spada. Per questo non poteva farci un più bel complimento dicendo che il nostro nome racchiude il nostro destino.

                Dopo questa lunga parentesi, ecco che torno al Suo articolo. Quando Lei afferma che vivo «al chiuso» si sbaglia. Cedo per un momento la parola a Gilbert Keith Chesterton: «forse, quando si alzano in piedi tutti insieme per cantare La fede dei nostri padri, i cattolici si rendono conto quasi divertiti che potrebbero benissimo cantare “la fede dei nostri figli”». Il vantaggio di noi “tradizionalisti” è questo: quando preghiamo siamo in compagnia di tutti i Santi, da san Paolo fino a san Pio X. Da san Benedetto a san Tommaso. Siamo anche in compagnia degli angeli, in primis i nostri angeli custodi, che tanto facciamo penare. Avendo le spalle coperte da milioni di Santi non possiamo rimanere chiusi nel nostro mondo. Proclamiamo il Vangelo dai tetti, non temiamo il confronto leale e uniamo sempre la carità alla verità.

                Nonostante io sia un «allocco» non posso non farLe notare che mi ha un po’ deluso quando ha parlato dei mali della Chiesa “preconciliare”. Da un prete «libero» come Lei, mi sarei aspettato una disamina che andasse oltre i luoghi comuni facilmente reperibili in libri come Il codice da Vinci e Il nome della rosa. È facile dire che «la pedofilia era un po’ la caratteristica dei preti più chiusi, fasciati nella testa, bigotti, più obbedienti agli ordini gerarchici». Mentre è un po’ più difficile portare degli esempi. Io le ho portato dei fatti (contra factum non valet argumentum), mentre Lei ha portato solo luoghi comuni, privi della minima dimostrazione storica.

                Nel mio articolo, inoltre, non ho mai affermato che i «pretini di sinistra» abbiano venduto la loro anima al dio denaro, né ho elogiato i sacerdoti pro-Berlusconi. C’è solamente una cosa che rimprovero ai «pretini di sinistra»: quella di aver venduto la loro anima al mondo. Questo peccato è ben più grave dell’avidità. Un prete corrotto e amante del denaro, infatti, compie un peccato personale, per il quale dovrà rendere conto a Dio. Un prete che, invece, snatura il Cattolicesimo in favore di una presunta “profezia”, compie un peccato ancor più grave perché attenta alla Fede della Chiesa e fa sì che i suoi fedeli si dannino.

                La crisi che la Chiesa sta vivendo è, innanzitutto, crisi del sacerdozio. Come scrive l’abbé Chautard, «a sacerdote santo, si dice, corrisponde un popolo fervente; a sacerdote fervente un popolo pio; a sacerdote pio un popolo onesto; a sacerdote onesto un popolo empio». Questo è il dramma del cattolicesimo contemporaneo: il trionfo dei sacerdoti onesti e la penuria di santi sacerdoti.

                Infine, don Giorgio, dice che «Dio mi vuole libero, e non schiavo!». La parola libertà significa tutto e niente. È una parola che, soprattutto nel nostro secolo, copre un ventaglio semantico troppo ampio. L’unico modo in cui un uomo può essere libero è fare il bene e fuggire il male, come insegna san Tommaso. Questa è la teoria. In pratica, significa cercare di mettere in pratica le parole del Pater Noster:«sia fatta la Tua volontà». Solamente legandoci – verrebbe da dire incatenandoci – a Dio saremo liberi. Solamente obbedendo a Dio saremo felici.

Scrive Gustave Thibon: «si sfugge all’obbedienza soltanto per cadere nella schiavitù». È questo il rischio che Lei, caro don Giorgio, corre: a furia di voler fare il prete-contro e disobbediente, si è reso schiavo del mondo, tradendo quello Stesso Cristo che dovrebbe servire.

Lettera di anonimo, pubblicata a cura della redazione di Radio Spada