Radio Spada non poteva lasciar cadere nell’oblio il 150° anniversario dell’occupazione sacrilega di Roma, compiuta dalla truppa italiana (rectius sabauda) il 20 settembre 1870, in spregio alle leggi divine ed umane, nè dimenticare coloro che in quella ed altre occasioni difesero il trono di Pietro che è il trono di Cristo, donando vita e giovinezza per la più nobile e più pura delle cause. Molte parole ci vengono alle labbra per chi ha reso possibile tutto questo: parole di disprezzo e di infamia. Una sola cosa ci permetterete di dire, sine ira ac studio: la Breccia di Porta Pia rappresenta non un punto di arrivo ma un punto di passaggio verso nuovi e più insidiosi assedi cui venne sottoposta la Chiesa cattolica. Infatti l’assedio continuò anche dall’interno, prima attraverso un acquiescente clero liberaleggiante e incline alla “Conciliazione” negli anni ottanta e novanta del diciannovesimo secolo (ricordiamo gli episcopati di Bonomelli, Scalabrini, Nazari di Calabiana e altri ancora), poi attraverso il sottile veleno dell’invasione modernista negli anni dieci (sempre attraverso episcopati ora deboli, ora compiacenti come quelli, ad esempio, di Maffi, Radini Tedeschi o Ferrari a Milano), poi ancora attraverso una seconda ondata neomodernistica degli anni quaranta e cinquanta del Novecento (tipica di un certo episcopato francese, tedesco e genericamente mitteleuropeo), intronizzatasi stabilmente negli anni Sessanta in Vaticano. In tale tregenda scegliamo però di utilizzare un registro lieve e poetico per ricordare questi eventi: una poesia che, pubblicata a Genova ne “Il  Canzoniere di un clericale” del 1890 con lo pseudonimo di Leonzio Piper, fu scritta in realtà da un giovane sacerdote, Don Giacomo Pastori, giornalista intransigente, antiunitario e poi antimodernista.

L’Italia, bella e sana quando era “espressione geografica” divisa in molti stati, si mostra ora pietrificata con i suoi abitanti del passato (i grandi) e del presente (il popolino ripiegato su se stesso, impoverito e immiserito nel suo continuo tentativo di soddisfare i bisogni primari), nel momento che le logge massoniche l’hanno unificata con la frode e il maneggio politico. Quando gli stranieri vengono a chiedere notizie della sua antica e multiforme grandezza, l’Italia e gli “italiani” risultano muti, fusi nel bronzo, imprigionati nel marmo, sepolti nella pietra di un passato glorioso ma archiviato. Al loro posto parlano la Squadra e il Compasso ovvero le lobby e le logge culturali e politiche del risorgimento e di una unificazione italiana, fatta senza popolo e contro il popolo. Una satira magistrale, sferzante nel suo crudo realismo, attualissima e scritta con ottimo mestiere.

Edizione a cura di Piergiorgio Seveso

1

La Squadra e’l Compasso

Che fecer l’italia

L’han fatta di sasso.

La diedero a balia

Ma quando ai redenti

Poi crebbero i denti,

Temendo lo strame

(Già messo da parte)

Per subita fame perduto

N’andasse, con arte,

Con birba retorica

La Squadra e’l Compasso

Li fecer di sasso.

2

Oh comoda sorte!

Oh bella una gente

Di sasso! Essa e’forte,

Nè soffre di niente;

Non mangia, non beve,

Gl’insulti riceve,

Con tutti sta’n pace,

Non urta i partiti;

Si tosi, essa tace,

Non suscita liti;

Si batta, e’ impossibile

Si mova d’un passo,

Un popol di sasso.

3

E poi (oltr’a questo)

Un popolo tale

È un popolo onesto:

Dà bene per male;

Per chi lo strapazza,

Fatica e s’ammazza.

Il proprio padrone

(Menassegli ancora

Su’l capo un bastone)

Pur l’ama, L’adora;

Non pensa a rivincite,

Non fa lo smargiasso

Un popol di sasso.

4

E’ smunto, rimunto,

Pur soffre e sta zitto,

Di dentro è consunto,

Pur serbasi ritto,

Pur mostra allegria

Di fuori, ed oblia

La fame e gli stenti,

L’ingiurie, i dolori;

Tien l’alma coi denti,

Pur sbracia.. a’l di fuori!

Non scopre’l suo debole,

Non segna ribasso

Un popol di sasso.

5

Se latte mai chiede

De’ geni a la balia,

L’estrano,e poi vede

Il popol d’italia

Un popolo “fuso”,

S’arresta confuso,

Ripensa e fra sè’

Intanto domanda:

L’italia! Oh Dov’è’

La terra ammiranda?

– E’ questa – risposegli

La Squadra e’l Compasso –

L’italia.

– Di sasso?! -.

6

– Di sasso, sicuro-.

– E i grandi ove sono,

I grandi che furo

Si largo suo dono?-.

– Oh Dio! Non avete

Voi Gli Occhi? Vedete

Quei marmi ammirandi

Che s’ergono intorno?

Son essi quei grandi,

I grandi d’un giorno-.

Li ammira ‘n statua

Li imita ne’l masso

Il popol di sasso.

7

E poi, se non sempre

Riesce a imitarli

(Chè ha deboli tempre,

Nè’ spera arrivarli)

Di sasso una gente

Rossore non sente;

Va’nnanzi ignorante,

Non tira a gonfiare,

Per lei è bastante

Che s’abbia a mangiare…

Insomma l’italia

Devota e’a’l Compasso…

L’italia è di Sasso!

Leonzio Piper