«Tu, prete, puoi fare ciò che vuoi: anche venderti al diavolo, se vuoi.
Però, questo è certo: che dal giorno dell’ordinazione a quello della morte,
resti immerso nel soprannaturale. Ma te ne accorgi?»
(Domenico Giuliotti)
La crisi della Chiesa è, innanzitutto, crisi del sacerdozio. Preti, vescovi e cardinali che ridicolizzano i Sacramenti sono ormai la norma. Tutta gente che, in tempi più civili, sarebbe stata pregata di ravvedersi o di passare sotto la bandiera di Lutero. Ma, si sa: da cinquant’anni a questa parte viene somministrata la medicina della misericordia e chi riesce a spararla più grossa degli altri viene creato cardinale (la cosa non è facile come sembra, dato il gran numero di eretici che aspirano ad una berretta).
Tutto questo è necessario per parlare dell’ultima vaccata – con tutto il rispetto per le mucche, animali nobilissimi – del card. Schoenborn. Già noto alle cronache per aver celebrato una “Messa dei giovani”, in cui l’Ostia – bianchissimo corpo di Nostro Signore – è stata distribuita come un hot-dog e, infine, schiacciata dalla maggior parte dei presenti, Schoenborn ha – pochi mesi fa – ratificato la nomina di un omosessuale, che “regolarmente” convive con un altro uomo, a consigliere pastorale. Ma, fin qui, nulla di nuovo.
L’ultima vaccata di Schoenborn (prometto – per tutelare il buon nome dei bovini – di non usare più questo termine per parlare delle corbellerie del porporato) è stata affermare che «dobbiamo liberarci dell’immagine tradizionale secondo la quale la Chiesa c’è solo quando è presente un sacerdote».
L’idea è quella di accorpare (entro i prossimi dieci anni) le parrocchie per darle in gestione ai laici. I piani quinquennali per rilanciare l’economia sovietica sono nulla rispetto ai piani decennali del card. Schoenborn per protestantizzare la diocesi.
Ma una parrocchia senza prete è come un corpo senza l’anima. Senza un sacerdote che celebri il Santo Sacrificio della Messa, che confessi, che – insomma – faccia il curato, ovvero si prenda cura delle anime, la parrocchia sarà solamente un centro ricreativo. Una sorta di ARCI, ma molto meno cattolico.
Così facendo, Schoenborn non si accorge che il suo, più che un accorpamento è un accoppamento: uccide la vita spirituale dei fedeli e chiama la propria apostasia “superamento di un’immagine tradizionale della Chiesa”. Rende la parrocchia cattolica una caricatura di quella protestante e chiama il proprio crimine progresso. Crea scandalo appoggiando un omosessuale come consigliere di una parrocchia della sua diocesi e ammanta la propria sfacciataggine di misericordia divina.
Testo di anonimo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso
Articolo molto bello, lucido e divertente. Complimenti!
amen !!!