«Modernismo significava, politicamente, democrazia cristiana».
(Antonio Gramsci)
Prima la notizia “buona”: il Grande Centro Cattolico ( d’ora in poi G.C.C.) – «un’area che va dalle A.C.L.I. alla Compagnia delle Opere» – ha scelto il prossimo candidato per assumere la guida di Regione Lombardia; si tratta di Gabriele Albertini.
Ora che abbiamo tirato un sospiro di sollievo, veniamo alle notizie davvero cattive. Su La Stampa del 10 novembre scorso, Andrea Tornielli ha presentato il resoconto dell’ultima riunione di Todi, alla quale hanno partecipato cattolici e laici. Qui giunti, però, è necessario che il buon lettore mi soccorra: io, come cattolico non chierico, risulto essere un laico a tutti gli effetti. Un laico, che – per giunta – si sforza di esser fedele, pur con tutti i suoi limiti, a Santa Romana Chiesa. E, fin qui, tutto va bene. Le cose si complicano quando si tiene a mente che l’accezione di laico sposata dal mondo giornalistico è la seguente: laico è colui che «nel campo della propria attività rivendica un’assoluta indipendenza e autonomia di scelte nei confronti della Chiesa cattolica o di altra confessione religiosa». Chiediamo quindi al lettore di aiutarci a capire come possano cattolici e laici mettere in pratica (come è scritto nel Manifesto del G.C.C.) la dottrina sociale della Chiesa.
L’obiettivo dei convegni di Todi – prosegue l’articolo di Tornielli – sarebbe quello di forgiare un nuovo contenitore politico, in vista delle elezioni del 2013, che possa inglobare i “moderati” (parola che, al giorno d’oggi, val quasi più che Cristo). Poiché non è ancora stato scelto il simbolo del partito, proponiamo – come motto – le parole pronunciate da Ferrer nel XIII capitolo de I promessi sposi: «Pedro, adelante con juicio». L’obiettivo del G.C.C. è, infatti, quello di avviare «una politica buona e moderata», ma la moderazione, in politica, significa necessariamente sconfitta. Colui che vuol comandare deve saper offrire un progetto ambizioso ed esigente, fondato innanzitutto su un’idea di governo condivisa dalla maggioranza dei cittadini. Il comando presuppone o, meglio, presupporrebbe il pensare e il «pensare è, si voglia o no, esagerare. Chi preferisce non esagerare deve tacere». Per questo motivo, i rappresentanti del G.C.C. hanno già perso: non hanno mai cominciato a pensare e, quindi, si sono ritrovati mediocri. Tutto questo – giusto per riprendere le categorie di Tornielli – dal solo punto di vista “laico”.
Se al punto di vista laico sommiamo pure quello cattolico ecco che aumentano i problemi in quanto il G.C.C. rappresenta il tentativo di rimettere in mare l’ormai fin troppo spiaggiata Balena Bianca. De Gasperi – «il trentino prestato all’Italia» – rappresenta l’antenato naturale di Monti: l’europeo prestato all’Italia. Se poi consideriamo autentiche le famose lettere di De Gasperi pubblicate da Giovannino Guareschi su Candido (e non abbiamo nessun motivo per non fidarci), possiamo affermare che l’invito dello statista trentino a bombardare il popolo romano è paragonabile alla morsa che, ogni giorno, Monti stringe al collo dell’Italia. Il primo chiedeva di bombardare Roma per ottenere il consenso alleato, mentre il secondo strozza il popolo italiano per ottenere il consenso europeo. Come la D.C. di ieri, il G.C.C. di oggi ha «una linea di sinistra con aperture a destra». La sua formazione, oltre al segretario della C.I.S.L., Raffaele Bonanni, comprende Andrea Riccardi, ministro in quota sant’Egidio (l’«O.N.U. di Trastevere»), Andrea Olivero – presidente A.C.L.I – e il presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai, eletto grazie all’aiuto dei VERDI, noto partito che difende l’identità cattolica del Paese.
L’errore del Grande Centro contemporaneo è lo stesso della DC di ieri e porta necessariamente a compromesso: «il Centro è un equivoco ideologico e una tendenza psicologica come disposizione al compromesso e a quel moderatismo che non ha nulla a che vedere con la virtù cristiana della moderazione. L’errore del Centro è l’errore del modernismo politico: è il rifiuto dell’intransigenza dottrinale, della fermezza dei principi, della coerenza ideale».
Poiché non mettiamo in dubbio la buona fede di tanti cattolici che – potenzialmente – potrebbero votare il G.C.C., li invitiamo fin da ora a diffidare di questi lupi travestiti da agnelli, che non pensano affatto al bene della Chiesa e dell’Italia.
Testo di anonimo raccolto a cura della redazione di Radio Spada
Sottoscrivo ogni parola. Basta notare che sotto l’ombrello del “grande centro” si riuniscono oggi come compagni di merende i Casini (nomen omen), i Fini e i Rutelli, Tabacci era la quarta costola di questa matassa informe e ora guardacaso è candidato alle primarie dei comunisti. Non è un caso neppure che Monti sia il leader naturale di questi figuri, che perseguono politiche socialiste sotto l’etichetta fasulla del moderatismo.
…nel massimo rispetto di ogni punto di vista credo che un cattolico debba accettare la sfida dell’impegno politico, muovendo da una solida formazione e cercando di far prevalere nella società e nel confronto politico ciò che ritiene il bene, quindi i propri principi e valori; detto questo, non condivido un atteggiamento che si spinga fino all’intransigenza: in politica occorre mediare anche con chi muove da principi e valori differenti da quelli in cui noi ci riconosciamo, per provare a costruire il bene comune e la coesione di una comunità che deve rintracciare un denominatore comune, per stare insieme. E’ ciò che fecero i nostri Padri Costituenti, ponendo le basi per la ricostruzione dell’Italia, all’indomani del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale; con il grande contributo di De Gasperi e della Democrazia Cristiana, esperienza forse irripetibile di cui, tuttavia, – considerata la “qualità” dell’offerta politica attuale – vi sarebbe un bisogno immenso.