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Nel 1984, quando il mondo è stravolto da un logorante conflitto nucleare, un aereo cade su un’isola deserta. Sopravvivono solo alcuni ragazzi, tutti appartenente all’alta società, in viaggio per l’Australia con i loro insegnanti per sfuggire ai dolori della guerra. Sembra il prologo ideale di un classico racconto di avventura, in cui i giovani, liberi dalle regole e dalle costrizioni degli adulti, possono divertirsi e giocare, costruendo una società ideale, finalmente a loro misura. Del resto la loro educazione aristocratica farebbe presagire proprio questo, dandosi da fare anche per attirare l’attenzione di eventuali soccorritori. Qualcosa invece comincia a non funzionare: emergono paure irrazionali, comportamenti asociali e fobie omicide e presto verranno messi a nudo gli aspetti più reconditi e selvaggi della natura umana, ferita dal peccato originale e inevitabile produttrice di male.

La straordinaria penna di William Golding (premio Nobel per la letteratura nel 1983) produce con questo romanzo, edito nel 1954, non solo il manifesto della sua personale poetica, ma anche una delle più belle e profonde obiezioni alle ingenui dottrine che vogliono l’uomo naturalmente buono, come la nostra contemporaneità – e con essa alcune parti del cattolicesimo – pare aver ormai pacificamente accettato. Fatte le debite distanze possiamo quindi considerare il libro come un’Orestea contemporanea, giocata sulla doppia polarità di ordine/pace contro anarchia/violenza. In questo senso il mondo creato dai ragazzi sull’isola non è in ultima istanza troppo diverso da quello degli adulti: su di essi si allunga l’ombra del padrone del mondo, quel Belzebù (il “Signore delle mosche” del titolo) che è esso stesso il Male.

Dall’opera di Golding sono stati tratti due film omonimi, rispettivamente del 1963 e del 1990. Il primo, diretto dal grande regista Peter Brook è, dei due, quello più aderente alla trama originale. Quello del 1990, seppur meno fedele e meno convincente, ha il grande vantaggio di essere a colori e caratterizzato da ritmi più agili.

 

Luca Fumagalli