Jesus in the Most Holy Sacrament

La presenza reale

…Nel sacrificio della Messa, l’atto del Cristo diviene il contenuto ultimo di tutto il tempo umano, di tutta la storia. Mentre l’uomo può vivere un cammino indefinito, Cristo rimane l’eterna giovinezza del mondo. Tutto il corso dei tempi non potrà mai andare al di là di Cristo Signore… nel Cristo si è fatto presente nel tempo Colui che è eterno.

[…] Tutta la nostra vita non potrà mai realizzare nulla di più che una partecipazione alla Sua morte e alla Sua resurrezione. Allora noi vivremo, quando non saremo più noi che vivremo, ma in noi vivrà Cristo Signore.

[…] La Messa dunque, è al vertice di tutta la storia dell’umanità, precisamente come il Calvario… stat crux dum volvitur orbis. Solo la croce domina l’universo, il tempo e tutta la storia.

[…] noi non viviamo più la speranza come la viveva Israele. Israele si protendeva in avanti; e noi, miei cari fratelli, che cosa facciamo? Noi viviamo la memoria: la memoria della sua morte e della sua risurrezione. […] la speranza non attende nulla di nuovo in senso assoluto: attende solo la manifestazione di quello che noi viviamo oggi soltanto nella fede. Non novità, perché non vi può essere novità dopo Cristo Signore […].

Quando io celebro la Messa sento di vivere l’atto verticale, l’atto ultimo di tutta la storia. E non vi sarebbe davvero nessun senso alla storia, nessun contenuto alla vita del tempo né alla vita degli uomini, se non ci fosse questa croce piantata sul mondo, che attira tutte le anime a sé. Attraverso questa croce noi siamo sollevati e …viviamo questo dono, che ci fa trascendere tutti i confini e ci porta nel seno stesso di Dio.

È, dunque, nella Messa una Presenza: la presenza dell’éscaton, la presenza dell’avvenimento ultimo, la presenza del compimento di tutte le promesse di Dio, la presenza del dono supremo che Dio ci ha fatto di Sé nel sangue di Cristo.

[…] Noi viviamo in questo sacrificio… il compimento di tutto: consummatum est (Gv 19, 30)! Bisognerebbe insegnarlo a certi teologi, che non capiscono più nulla qualche volta. È questo l’atto supremo! Se non fosse così, io rinuncio al Cristianesimo, non so che farmene, perché vorrebbe dire che Dio ci ha mentito. O il Cristo è il compimento di tutto, o non è nulla.

[…] Siamo sollecitati a camminare sempre, ma il nostro cammino non è da un punto a un altro punto. È un inserirsi sempre più profondamente nella presenza di questa morte, nella presenza di questa risurrezione. Ecco come il sacrificio della Messa ci richiama al mistero della Presenza, di una presenza che è la presenza dell’eternità.

…E io non riesco a capire tanti teologi, che non riescono a capire come si possa far presente l’atto della morte del Cristo, dal momento che si è compiuto duemila anni fa. […] Se la morte ci toglie veramente al tempo, nell’atto della morte noi siamo fermati, fissati per sempre. In quell’atto noi rimaniamo eternamente. In quell’atto rimane eternamente anche la natura umana di Gesù… Muore e, nell’atto stesso che viene meno alla sua condizione passibile, la sua natura umana è invasa, è investita dalla potenza della gloria divina… perché se, come Dio, Egli vive l’eternità, come uomo vive l’eternità in un atto umano.

…L’alienazione è assolutamente inerente alla nostra condizione di peccatori. Noi siamo dislocati da noi stessi, dislocati dagli uomini, dislocati da tutto… Non ci conosciamo. Il nostro io più profondo rimane a noi stessi nascosto. […] Ce lo insegna santa Teresa d’Avila nel Castello interiore, ce lo insegna anche san Giovanni della Croce: tutto il cammino della vita spirituale è un ritornare in sé.

L’amore è certo la vita dell’uomo, ma… l’amore, quaggiù, non può essere (se è vero amore) che sorgente sempre di sofferenza, proprio per l’impotenza naturale dell’uomo a comunicarsi e a ricevere l’altro. Siamo alienati, estranei gli uni agli altri. […] Nella Presenza si realizza anche la comunione con gli altri. Tu divieni un solo corpo con tutti. L’amore fraterno nel Cristianesimo non è una legge che realizza l’unità: sarebbe ben povera cosa l’unità realizzata dal nostro amore per gli altri! Ma è l’unità che Cristo ha stabilito mediante il sacrificio eucaristico, è questa unità che ci stringe tutti in un solo corpo, che è il fondamento e anche la ragione della carità fraterna.

[…] Quelli che erano divisi, quelli che erano estranei fra loro per il peccato, ecco, sono diventati una cosa sola in Cristo Gesù… Questo Dio, che ci era lontano, questo Dio, che era separato da noi per il nostro peccato, ecco, è diventato intimo a noi, più intimo a noi di noi stessi, in Cristo Gesù. Non come causa dell’essere in quanto è Creatore, ma come Colui che Si dona e vuol essere la nostra vita, la realtà stessa della nostra esistenza, il nostro tutto. Nella Comunione diventiamo con Lui un solo corpo.

…Come dice san Cirillo di Alessandria: “la Comunione eucaristica (la sacra sinassi) è un processo d’incarnazione”. Dalla incarnazione individuale, per la quale il Verbo divino trae dal seno della Vergine una natura umana singolare, si passa all’incarnazione sociale del Logos, cioè all’assunzione di tutti gli uomini nella Chiesa, corpo di Cristo.

…Se anche non volessimo accogliere in noi il Cristo, se non volessimo entrare nel suo atto, quest’atto rimane e quest’atto che rimane, la presenza, ci assicura il compimento dei disegni di Dio.

…La Presenza non è tempo, non è spazio: è l’atto della morte, che coincide coll’eternità stessa di Dio. Noi dobbiamo vivere la Presenza. E la Presenza vuol dire che noi entriamo nella realtà ultima, nell’éscaton.  Questo mondo non è che un velo, che noi dobbiamo squarciare sempre colla nostra fede per entrare nella realtà ultima, e la realtà ultima è Cristo.

Divo Barsotti (a cura di Ilaria Pisa)