cimitero

Quando, nel 1915, uscì l’Antologia di Spoon River Masters faceva, con successo, l’avvocato; ma questa professione rappresentava per lui una grande rinuncia: era stato il padre a costringerlo a seguirla.

Nato a Garnett, piccolo paese nel Kansas, nel 1868, da bambino frequentò una scuola tedesca, imparandovi la lingua abbastanza da poter leggere più tardi Goethe, che rimase sempre uno dei suoi poeti preferiti; al liceo studiò il greco e il latino, abbastanza da poterne poi approfondire lo studio in un anno di università. Fu dopo quest’ anno universitario che il padre lo dissuase dagli studi umanistici e lo indusse ad affrontare la professione di avvocato, che Masters svolse nell’ufficio del padre.

Aveva cominciato a scrivere poesie sotto lo stimolo di un’insegnante di liceo, scrittrice mediocre ma fanatica cultrice delle lettere.

Un giorno Masters, come una bomba, esplose; litigò con la mamma e se ne andò a Chicago: si trovò a far di nuovo l’avvocato. Ebbe successo, prese a guadagnare bene e finì per essere ricevuto dall’alta società cittadina.

Intanto tirava le conclusioni delle sue esperienze. Si accorgeva che se la vita di campagna era molto diversa da quella di città, non cambiavano invece granché gli esseri umani: si accorgeva che le passioni sono identiche in tutti. E gli venne in mente di raccontare la storia del suo villaggio, che era poi la storia della “città” un po’ rimpicciolita. Ma non sapeva decidersi a scegliere la forma in cui raccontarla.

Finché un giorno il direttore di un giornale di St Louis, che pubblicava autori di grande avanguardia, gli suggerì di leggere l’Antologia Palatina, la raccolta di epigrammi e epitaffi (brevi componimenti poetici utilizzati come iscrizioni funebri) dell’antica Grecia, tanto rivelativi di intimità e di passioni. Nacque cosi in Masters l’idea di servirsi della forma di epitaffi per far narrare da ciascun abitante di un villaggio la sua storia e insieme la storia del villaggio; e un giorno che la madre andò a trovarlo e gli raccontò per ore e ore le più recenti vicende di antichi amici quasi tutti travolti dalla tragedia o dalla morte, Masters scrisse la prima poesia, La collina, dove immagina tutti gli abitanti del villaggio sepolti l’uno accanto all’altro. Continuò a scrivere altre poesie e, in cima alla pagina, scarabocchiò, quasi per scherzo, il titolo di Antologia di Spoon River e mandò i fogli al suo amico di St Louis che pubblicò immediatamente le poesie.

Da allora Masters non ebbe pace. Impegnatissimo nella sua professione scriveva le poesie in tram, sui rovesci delle buste, nei margini dei giornali, sui menu dei ristoranti; e le faceva poi copiare a macchina dall’impiegato dello studio legale. Le poesie continuarono a uscire dal maggio del 1914 fino alla fine di quell’anno; nell’aprile del 1915 ne venne pubblicata la raccolta in forma di libro, ottenendo subito un immediato successo.

Abbandonata la professione d’avvocato nel 1920, e trasferitosi a New York, visse per qualche anno grazie ai guadagni del libro: quando questi diminuirono, a poco gli valsero le due dozzine di volumi di versi, lavori teatrali, studi biografici che venne pubblicando, tra il 1916 e il 1942. Ridottosi a vivere di conferenze, morì assai povero nel 1950 in un ospizio di Melrose Park in Pennsylvania.

Nella sua sistemazione definitiva, l’Antologia di Spoon River comprende 244 componimenti, in realtà più vicini alla  prosa in versi che alla poesia, data la linearità contenutistica e la semplicità formale. Ogni brano è la voce di un’abitante del villaggio che, come uno spettro, racconta al passante la sua vicenda umana. Masters non crea un libro a tema, percorso da un unico filo rosso dall’inizio alla fine, ma piuttosto si affida ad una strutturazione polifonica in cui, davvero, ognuno è portatore di una propria esperienza e di un personalissimo giudizio sulla vita. Si capisce come molte poesie siano quindi piuttosto negative, mentre altre, tra le più riuscite, risultano solari e commoventi, capaci di inspirare quel sano amore cristiano per la vita che, nonostante gli imprevisti e le difficoltà, mantiene un senso e una positività di fondo. Cito, solo per fare un esempio, l’epitaffio di Lois Spears:

Qui giace il corpo di Lois Spears,

nata Lois Fluke, figlia di Willard Fluke,

moglie di Cyrus Spears,

madre di Myrtle e Virgil Spears,

bimbi dagli occhi limpidi e il corpo sano-

(io nacqui cieca).

Fui la più felice delle donne

come moglie, madre e donna di casa,

curando i miei cari

e facendo della casa

un luogo d’armonia e di ospitalità generosa:

passavo per le stanze

e il giardino

con un istinto infallibile quanto la vista,

come avessi gli occhi sulla punta delle dita.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli.

 

Luca Fumagalli