Nel Vangelo è detto: “Non può un albero buono produrre frutti cattivi”. Come può, quindi, l’albero apparentemente buono produrre caos, ovvero il male?
Male, mancanza di perfezione, o caos, o imperfezione; quel male, può dirsi, così definito da Plotino, mancanza di ordine al fine proprio e liberamente voluto, concezione che supera gli schemi platonici ed aristotelici e ci raffigura una realtà composta da coeterni principi, tenaci: fonte di ordine (ordinatore) e diretta negazione (dis-ordinatore): Dio e materia, Spirito e caos.
L’Aquinate scrive che: “Di due contrari l’uno non può essere causa dell’altro. Ora, il male è contrario al bene. Dunque il bene non può essere causa del male”[S. Th. Iª q. 49 a. 1 arg. 2]. Ma se caos è male, ed è certo esserlo, come individuarne il colpevole? Dove rintracciarne l’autore?
Al cospetto di confusione, sempre più presente ed astutamente propagata, è opportuno determinare la viva piaga (di morte) per poterla suturare ed estirparne il male incurabile; Sant’Agostino, ad esempio, ci insegna ad odiare il male per benevolenza e lo fa anche analizzando i nuclei famigliari; ci dice che se la moglie è “una collaboratrice del serpente”, tende ad allontanare il marito da Dio – o viceversa – usando raggiri ed ordini, ma anche usando la Parola di Dio, è necessario “guardarsi da Eva”.
Il Santo d’Ippona ci narra di un uomo “martire che armi alle mani si avvia alla corona” e di una moglie che tenta di dissuaderlo usando molto astutamente la Legge: “L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”- ma Agostino avverte “Bada però che tua moglie non ti separi da Dio. È vero che l’uomo non deve separare ciò che Dio ha congiunto, ma potrà un’affezione umana separare da Dio lo stesso uomo? Come la mettiamo con quella parola che avete or ora ascoltata: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» È un caso in cui non devi proprio temere: non si tratta in realtà dell’uomo che separa ciò che Dio ha congiunto, ma di Dio stesso che viene a separare [da te] chi tenta di separarti [da Lui]”.
La soluzione alla portata dell’uomo per arginare il male o per eliminarne del tutto la fonte ci viene fornita nei seguenti termini “Rispondile: Se un membro del mio corpo andasse in cancrena e in tal modo minacciasse di incancrenire l’intero corpo, non verrebbe amputato dal medico? Orbene, dalla bocca del Signore, che è il vero medico, ascolto queste parole: «È preferibile per te che perisca uno dei tuoi membri anziché tutto il tuo corpo vada nella geenna». Compresa la legge in senso giusto, rispondi a colei che malamente ricorre alla legge” [D. 159/a, c. 7, Intendere bene l’amore e l’odio verso i familiari].
Dionigi, ad esempio, affermava che “il male non ha causa”: ne viene la diretta conseguenza che “neanche il bene può essere causa del male” [De div. nom. 4,30], eppure Sant’Agostino sosteneva che “Non c’è altra sorgente che il bene, da cui possa derivare il male” [Contra Iul. 1,9]; e il Dottore Angelico scrive: “È necessario affermare che ogni male, in un modo o nell’altro, ha una causa […]il male nell’azione stessa viene causato diversamente che nell’effetto. Si ha il male nell’azione per il difetto di qualche causa dell’azione medesima, e cioè della causa agente principale, o di quella strumentale […]negli esseri dotati di volontà, il difetto dell’azione (il male) viene dalla volontà attualmente difettosa (errore), perché non attualmente sottoposta alla sua regola. E tuttavia questo difetto non è ancora una colpa: ma la colpa segue dal fatto che si opera con tale difetto (libera adesione all’errore)” [S. Th. Iª q. 49 a. 1 ad 3].
A questo punto possiamo domandarci se e come è possibile che Dio possa essere causa di male eimperfezione, a fronte del fatto che Egli è l’Essere perfettissimo? Noi sappiamo che “il male consistente in una deficienza dell’azione, causata da un difetto dell’agente, non si può riportare a Dio come a sua causa”, poiché “Dio quando causa nelle cose quel bene che è l’ordine dell’universo, per concomitanza e indirettamente (quasi per accidens) causa la corruzione delle cose, secondo l’espressione della Scrittura; «Il Signore fa morire e fa vivere». Mentre l’altro passo: «Dio non fece la morte», va spiegato, «come cosa direttamente voluta». Ora, all’ordine dell’universo appartiene anche l’ordine della giustizia, il quale richiede che venga inflitta la punizione ai peccatori. Per questo motivo Dio è l’autore di quel male che è la pena: non però di quel male che è colpa” [S. Th. Iª q. 49 a. 2 co. ].
Il male o caos o confusione nell’ordine dunque si manifesta come mancanza al bene e può essere di due specie: il malum poenae, la mancanza di una perfezione dovuta, come ad esempio lo zoppo; il malum culpae, la mancanza di ordine al fine proprio, liberamente voluta da una creatura razionale [Cfr. Il male in San Tommaso, F. Latteri].
Resta tuttavia difficile comprendere come possa originarsi il caos, come possa nascere confusione, come possa propagarsi il male anche in ambienti che dovrebbero battersi per la vittoria dell’ordine stesso ripudiando l’errore – di Dio sul maligno, dello Spirito sulla materia; l’Aquinate ci dice: “L’affondamento della nave si attribuisce all’influsso del pilota, per il fatto che non compie quello che si richiede per la salvezza della nave stessa”, tuttavia non dobbiamo disperare poiché “Dio non cessa dal compiere quello che è necessario per la salvezza” [S. Th. Iª q. 49 a. 2 ad 3].
L’uomo pensante che tuttavia ignora la teologia e la filosofia forse non si interrogherà mai sul perché e sul come l’evoluzione porti progresso e degrado, ciò nonostante ne percepirà sempre la presenza e ne avvertirà “pregi e difetti”, intuendo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; parimenti lo studioso che oggi vuol approfondire, certamente si interrogherà e andrà alla ricerca di soluzioni già paventate o ne contribuirà all’elaborazione.
Caos, dubbi, negligenze, senso di abbandono, scandali, addirittura repulsione: è questo quanto alcuni di noi avvertono guardando all’operato di alcuni uomini di Chiesa. Ma come è possibile?
San Pio X fu profeta e già cent’anni fa individuò nel “modernismo” quel complesso di dottrine sorte nel secolo XIX così perniciose e decadenti che avrebbero portato confusione nel mondo cattolico. Perniciose “ideologie ispirate alle moderne filosofie dell’immanenza e usate per interpretare il cristianesimo e renderlo accessibile alla cultura contemporanea”.
Il “modernismo” oggi così diffuso “nelle vene stesse e nelle viscere” della Chiesa, fu deplorato e condannato da San Pio X poiché stava prendendo piede nei salotti e nelle scuole di teologia, nei testi di filosofia e di dogmatica (censurati dal S. Uffizio), e nei seminari; fu definito come demolitore della religione poiché “infetto da agnosticismo” in quanto “discredita la ragione per esaltare il sentimento”; complesso di dottrine (“modernismo”) ispirato all’immanentismo perché “fa derivare i dogmi dal fondo della coscienza”, colmo di relativismo ed evoluzionismo dato che ha pretesa “che le formule dogmatiche debbano essere mutevoli secondo le vicende umane e secondo le personali esperienze religiose” [Dizionario del Cristianesimo, E. Zoffoli, Sinopsis, 1992, p. 321]. Sostanzialmente è l’evoluzione del protestantesimo misto di agnosticismo.
I maggiori rappresentanti del “modernismo” furono l’abate Alfredo Loisy in Francia, l’ex gesuita Tyrrell in Inghilterra, H. Schell in Germania, Romolo Murri ed Ernesto Buonaiuti in Italia. Scopo del modernista (sia egli teologo, filosofo, storico, apologeta) è quello di conciliare la dottrina cattolica con il pensiero moderno (essenzialmente immanentista), cercando una riforma della Chiesa dall’interno.
Il primo intervento di San Pio X contro il “modernismo” fu il Decreto Lamentabili, della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio del 3 luglio 1907, nel quale si elencavano e condannavano 65 proposizioni che stravolgono la dottrina cattolica pur presentandosi astutamente come derivate e fondate sulla stessa dottrina. L’intelligenza di San Pio X fu così sapiente ed ispirata che stupì gli stessi “modernisti” dell’epoca poiché il Sovrano Pontefice non trascurò alcunché.
L’8 settembre del 1907 il Decreto fu seguito dalla Enciclica Pascendi Dominici gregis, come condanna definitiva ai “modernisti” ed al “modernismo”, in quanto sintesi di tutte le eresie.
Nel Decreto prima e nell’Enciclica poi, il Santo Pontefice deplora che “anche tra i cattolici si trovino non pochi scrittori che, trasgredendo i limiti stabiliti dai Padri e dalla santa Chiesa stessa, sotto le apparenze di una più alta intelligenza e col nome di considerazione storica, cercano un tale progresso dei dogmi che, in realtà, sono la corruzione dei medesimi”.
San Pio X sottolinea inoltre con energia che “ciò che importa anzitutto è che la filosofia scolastica che Noi ordiniamo di seguire si debba precipuamente intendere quella di San Tommaso d’Aquino; intorno al quale tutto ciò che il nostro predecessore stabilì intendiamo che rimanga in pieno vigore e, se è necessario, lo rinnoviamo e confermiamo e severamente ordiniamo che sia da tutti osservato […]: discostarsi dall’Aquinate, specialmente in cose metafisiche, non avviene senza grave danno” [Pascendi, n° 94s).
L’opera di Papa Sarto proseguì con l’introduzione del Giuramento antimodernista, che è una “Dichiarazione di ripudio delle dottrine moderniste a cui era tenuto tutto il clero cattolico”. Fu prescritta da Pio X (1910) e confermata dal S. Uffizio. Il Giuramento antimodernista, obbligatorio per tutti gli uomini di Chiesa e per gli aspiranti tali, “fu un colpo mortale a questa corrente di pensiero che, caduta nel dimenticatoio per oltre cinquant’anni, riemerse come un fiume carsico soltanto a cavallo del Concilio Vaticano II” [ZENIT.org, 29/11/2007].
Il Giuramento antimodernista, che invito tutti a studiare unitamente al decreto Lamentabili ed alla Pascendi, fu abolito da Paolo VI nel 1966; venne inoltre eliminato anche l’Index Librorum Prohibitorum eretto nel 1559 (oggi “lista di libri sconsigliati”) e delegittimato notevolmente il Sant’Uffizio (oggi Congregazione per la Dottrina della Fede).
Non è facile rispondere alla propria coscienza; io non posso imporre risposte e soluzioni! Come sempre invito il lettore alla preghiera, alla riflessione ed allo studio, nella consapevolezza che la soluzione potrà avvenire solo da pronunciamenti chiarificatori da parte del supremo Magistero.
Carlo Di Pietro