– di Andrea Giacobazzi –
Aggirandomi questa mattina per un mercatino organizzato tra le colline dell’Appennino, sono incappato in un singolare santino. Nella sua estrema semplicità non può non essere considerato un documento storico-teologico di valore: nelle poche righe del testo, volto a fissare il programma del Concilio (concedendo ampie indulgenze a chi lo recitava), si coglie il radicale fallimento dello “spirito conciliare”. Le parole sono quelle della preghiera di Giovanni XXIII.
Se l’auspicio era quello di portare “salutare aumento del costume cristiano”, va constatato il non raggiungimento dell’obbiettivo. Ci sarà ovviamente chi dirà “è colpa del mondo”, “la strada era buona ma non è stato possibile percorrerla”. Vecchie scuse, peraltro smascherate poche righe dopo. Uno degli scopi fissati era così descritto: “Ti preghiamo ancora per le pecorelle, che non sono più dell’unico ovile di Gesù Cristo, affinchè, anch’esse che pur si gloriano del nome cristiano, possano finalmente ritrovare l’unità sotto un solo Pastore”. Questa frase ci dice molto sulla devianza che è seguita. In particolare risulta chiaro:
1) Le pecorelle che si chiamano “cristiane” ma non “cattoliche” (scismatici orientali, protestanti, ecc.) non fanno parte dell’unico ovile di Cristo.
2) L’espressione “esse che pur si gloriano del nome cristiano” ribadisce che gli unici titolati a chiamarsi “cristiani” (ovvero seguaci di Cristo) sono i “cattolici”. Il testo di questa preghiera di Giovanni XXIII riprende esattamente il testo della Orientalis Ecclesiae (Enciclica di Pio XII, 9 aprile 1944) in cui si chiarisce in modo inequivocabile: “Niente altro ormai Ci resta, venerabili fratelli, se non implorare con le supplici Nostre preghiere, durante questo XV centenario di s. Cirillo, sulla chiesa tutta, ma specialmente su quelli che in oriente si gloriano del nome cristiano, il propizio patrocinio di questo santo dottore, domandando soprattutto che nei fratelli e nei figli dissidenti felicemente si compia ciò che egli un giorno congratulandosi scrisse: «Ecco che le membra avulse del coro della chiesa di nuovo si sono tra loro riunite, e nulla ormai più rimane che per discordia divida i ministri dell’evangelo di Cristo»”.
3) Le premesse del Concilio – nel 1959 – erano sostanzialmente allineate con l’Eterna Dottrina, cosa che non si può dire per i suoi frutti.
4) Le intenzioni di Giovanni XXIII relative al “buon esito” del Concilio hanno visto fiorire risultati antitetici.
Non solo, nelle dichiarazioni ufficiali di Giovanni XXIII, nell’indire il concilio Vaticano II si legge.
Introduzione al concilio:
“… anzitutto di un clero sempre più all’altezza della sua missione per dottrina e virtù …”
“… la chiesa avverte più vivo desiderio di fortificare la sua fede … la diffusione della verità rivelata … pur restando sempre identica a se stessa , fedele alla immagine divina impressa sul suo volto dallo sposo …”
“… è ben naturale che il prossimo Concilio (Vaticano II) comporti le premesse di chiarezza dottrinale …”
Discorso di apertura 11 ottobre 1962:
“… ancora una volta, la continuità del Magistero ecclesiastico, per presentarlo in forma eccezionale a tutti gli uomini …”
“ciò che massimamente riguarda il Concilio Ecumenico (Vaticano II) è questo: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace …”
“… cioé il XXI Concilio Ecumenico … vuole trasmettere pura e integra la dottrina senza attenuazioni o travisamenti …”
“… una cosa è il Depositum fidei … un’altra è il modo col quale esse sono enunziate , sempre però conservando lo stesso senso e la stessa sentenza …”
“… un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienza in corrispondeza più perfetta alla fedeltà all’autentica dottrina …”
ecc … ecc … ecc …
Evidentemente, l’anima pia e candida che scrisse questo santino non conosceva il pensiero di san Gregorio Nazianzeno sui Concili: «Temo i concili, non ne ho mai visto alcuno che non abbia fatto più male che bene, e che abbia avuto una buona riuscita: lo spirito polemico, la vanità, l’ambizione vi dominano; colui che vuole riformare i maliziosi si espone a essere a sua volta accusato senza averli corretti»
I Concili hanno sempre rappresentato un momento controverso della Storia della Chiesa: il CVII è stato un trauma, come furono un trauma il Concilio di Nicea, il Concilio di Costantinopoli, o il tremendo Concilio di Costanza.
Nihil sub sole novum…
la vera unica chiesa è quella cattolica,
le altre sono solo scismi