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Fotogramma tratto dal noto film sulla "papessa" Giovanna.

Fotogramma tratto dal noto film sulla “papessa” Giovanna.

E’ mai esistita questa cosiddetta “papessa” Giovanna nella realtà, oltre che nei tarocchi? Ha fatto danni o ha indebolito la Chiesa? Analizziamo oggettivamente la vicenda leggendaria / mitologica.

Mitologia. La vicenda è una storia leggendaria di una donna d’origine inglese, ma nata a Magonza, che verso la metà del secolo IX andò ad Atene con un amico, acquistò una grande cultura; quindi si trasferì a Roma dove, travestita da uomo, intraprese la carriera ecclesiastica fino a raggiungere il trono pontificio nell’855, dopo la morte di Leone IV. La strana vicenda, secondo mitologia pagana, ebbe il suo più disgustoso epilogo quando, dopo qualche anno, durante un corteo papale, a poca distanza dalla chiesa di San Clemente a Roma, presa dalle doglie del parto, diede alla luce un bambino che morì con la madre. 

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La novella – sostiene il padre Zoffoli – “non figura in alcun documento fino alla metà del sec. XIII e, in seguito, si legge nel Chronicon di Martin Polono, sfruttata dalla spudoratezza degli umanisti e dall’odio antipapale dei Protestanti; nondimeno perse ogni credibilità dalla seconda metà del secolo XVI in poi“, anche per merito di storici insigni, tra cui il Gregorovius, Dòllinger ed altri. Di essa si conserva appena un vago ricordo per tantissimi anni, fino al 1972.

Il più recente storico della “papessa” Giovanna, Cesare D’Onofrio, ritiene che «tranne la “realtà fisica” di un papa di sesso femminile, tutti gl’ingredienti della storia sono assolutamente veri, compreso quello di una “realtà allegorica”  di un papa-donna» [2].

Tra i vari “ingredienti” della vicenda figurano anche due seggiole di marmo forate, poi servite – dopo il presunto inganno della “papessa” – per accertarsi del sesso, della virilità maschile (non eunuco) e della sensibilità a “sfiorate”, del neo eletto durante la cerimonia dell’esaltazione al pontificato dei successori. 

Da questa pratica ne derivano le famose frasi:

– “virgam et testiculos habet”, ossia “ha il pene e i testicoli” pertanto gli ecclesiastici ribattono: “Deo Gratias”, ossia “Sia lode a Dio”. Quindi incedono alla lieta ordinazione del Papa nominato [3]; Anche  “Testiculos qui non habet Papa esse non posset” [4].

Ora, se i singoli elementi della ridicola e assurda vicenda sono per sé veri, la loro manipolazione si deve soltanto alla fantasia, alla credulità e alla malizia di quanti trasmisero da un secolo all’altro l’incredibile avventura, raccolta più tardi da scrittori tutt’altro che seri.

Il Platina, nelle sue Vite dei Pontefici, dichiara di riferire «cose che […] si raccontano volgarmente da autori incerti ed oscuri…» [5]. Lo storico, nel concludere il racconto, sa bene di «errare col volgo», però non può escluderlo del tutto [6].

Anche Enea Silvio Piccolomini, ossia il futuro Pio II, sa che «la storia non è […] certa» [7];  ma nel 1451, trovandosi a Costanza, seppe rispondere ad un avversario della Chiesa osservando: «… in quel caso non fu errore né di fede, né di diritto: si trattò soltanto di ignoranza del fatto (cioè che fosse una donna) … » [8].

Gli elementi storicamente certi dell’intricata quanto fantastica leggenda della “papessa” Giovanna, imbastita dalla fantasia popolare e dall’astio protestante, secondo il D’Onofrio sono i seguenti:

– Tra l’VIII e la metà del IX secolo avviene il rilancio dell’antico concetto della “Sedes Apostolica Romana” … “quale Mater Ecclesia”;

– Poco prima, 847-55, le Decretales Pseudo-Isidorianae sostengono e diffondono quel concetto, che viene inserito nella liturgia dell’elezione papale in vista dell’utilizzazione di due «sellae obstetricae»;

– La convinzione del primato della “Sedes Apostolica Romana” quale “Ecclesia Mater et Caput” di tutte le chiese del mondo, si riferisce, in concreto, alla basilica del Laterano, che alla metà del XII secolo si fregia del titolo di “Mater et Caput”, titolo però che acuisce l’antica rivalità col Capitolo della basilica vaticana […];

– Le due sedie marmoree, di cui sopra, sono seggiole da parto, di età romana, rimaste “ab immemorabili” nel Patriarchio lateranense, forse già servite a mogli di imperatori. Esse, sembra dal sec. X, furono utilizzate di nuovo nel rito dell’elezione dei papi. I quali dovevano sedervisi “come se fossero distesi, e quindi prendere l’atteggiamento della donna-madre all’’atto del parto”. In quel preciso momento infatti al Papa, semi-disteso, “venivano consegnate le chiavi”, gesto che significava la ri-fondazione della Chiesa: la “Mater Ecclesia”, capo di tutte le chiese, superiore ad ogni altra “autorità religiosa e civile”;

– Il D’Onofrio conclude affermando che l’avvio della leggenda della “papessa” Giovanna dovrebbe attribuirsi alla “rivalità del Capitolo Vaticano, insofferente della superiore dignità di quello del Laterano […]”;

– Ne deriva che l’invenzione di un “papa – femmina” e madre “è stata la conseguenza [non la causa] della utilizzazione delle sellae obstetricae” nel rito dell’elezione pontificia. Invenzione favorita dalla presenza, nella Roma dei primi decenni del sec. X, di papi (nella loro natura umana) alla mercé di donne prive di scrupoli, come Teodora e soprattutto Marozia, “prostitute senza pudore” [9]. Favorevolissimo quindi il terreno di coltura per una leggenda d’una “femmina – papa”;

– A poca distanza dalla chiesa di San Clemente, e precisamente in Via dei Querceti, – ci riferisce padre Zoffoli nel suo Dizionario del Cristianesimo – sorge ancora un’edicola, sacello con un affresco della Madonna col Bambino in braccio. “Sarebbe stato in quel punto che la strada, facendo gomito e rendendosi pericolosa per l’affollatissimo percorso papale, Giovanna – pressata dalla calca – avrebbe partorito e sarebbe morta. Quella via, per questo, si chiamò Vicus Papissae ed il sacello sarebbe stato costruito in memoria della disgraziata. Sempre secondo la leggenda, in guito all’accaduto, il corteo papale non sarebbe più passato in quel punto; mentre risulta che ciò fu deciso unicamente per l’angustia del luogo, già causa di disgrazie”;

– La “papissa” che diede il nome al “vicus” non è affatto la “famigerata Giovanna”, bensì un certo Giovanni Papa, proprietario di una casa che sorgeva in quel luogo, e che lui soleva addobbare per il passaggio del corteo papale. Per questo, infatti, “riceveva dalla Camera Apostolica otto soldi provesini” [10]. La “papissa poté essere soltanto la moglie o la madre di quel nobile Papa che dominava nella zona […]”;

– La “papessa” Giovanna avrebbe regnato dall’855 all’858, ma è certo che proprio in quegli anni – dopo san Leone IV (847-855) – regnò Benedetto III eletto dopo pochissime settimane (29 settembre 855 – 17 aprile 858), mentre l’unico Giovanni VIII fu Papa dal 14 dicembre 872 al 16 dicembre 882;

– Nella casa del “visus papissae” figura quel Giovanni che – secondo il Liber Censuum di Cencio – “non è un ottavo da attribuire a lui, bensì al compenso in soldi provesini”. L’attribuzione si deve ad un errore di impaginazione del testo: «Deinde usque ad domum Johannis Pape VIII /soldi provesini».  “In altre parole […]: come il toponimo vicus Papissae venne arbitrariamente creduto della papessa; così la domus Johannis Papae divenne l’abitazione del Papa Giovanni. L’errata, o, piuttosto, oculata cattiva lettura di una copia del Liber Censuum, dove si parlava di VIII soldi che spettavano al signor Giovanni Papa, fece il resto” [11];

– Il 29 giugno 1633, a San Pietro, fu inaugurato il baldacchino del Bernini eretto sulla tomba dell’Apostolo, concepito da Urbano VIII, che volle si scolpissero sulle basi che sostengono le colonne sei volti di donna nelle varie fasi della maternità, dal concepimento ai dolori del parto, eternando così la grande idea della “Mater Ecclesia”. Il Pontefice, come noto, conosceva bene la leggenda della “papessa” Giovanna [12][13].

Lo stesso David  Blondel (Châlons-sur-Marne 1591 – Amsterdam 1655), pastore protestante del diciassettesimo secolo, analizzò il caso della cosiddetta “papessa” Giovanna e ne screditò totalmente ogni veridicità; testimonianza, quella del Blondel, che fa comprendere come addirittura un protestante, all’epoca nemici acerrimi di Roma, non potesse accettare tali falsità, per altro diffuse dai seguaci di Lutero stesso. Il Blondel, nel suo testo [14], fece notare che:

1)  All’epoca dei presunti fatti mitologici, la tradizionale processione papale di Pasqua non passava nella strada dove la presunta nascita sarebbe avvenuta; 2) Non esiste alcun documento d’archivio su un tale evento e mai risulta che alcun documento sia stato distrutto; 3) La “sedia dei testicoli”, su cui i papi sederebbero per avere la propria mascolinità accertata, è di molto precedente all’epoca della papessa Giovanna e non ha niente a che fare con il requisito che ai papi vengano controllati i testicoli; 4) Papa Leone IV regnò dall’847 fino alla sua morte nell’855; Benedetto III gli succedette nel giro di pochissime settimane, rendendo impossibile che Giovanna abbia regnato dall’853 all’855.

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Il bacio di Giuda.

Il bacio di Giuda.

Secondo me anche il caso della “papessa” Giovanna può essere ricondotto alla sfera di quella che una volta veniva definita “satira anti papale” e che ebbe inizio dal conflitto che vide protagonisti Federico II di Svevia ed il papato.

Tutti gli storici accreditati, salvo qualche romanziere di bassa categoria e qualche narratore luterano o calvinista, concordano – da sempre – che la leggenda ebbe inizio dallo scontro fra la Chiesa ed il Sacro Romano Impero e, da semplice barzelletta, divenne oggetto di mitologia, al pari del Minotauro o di Medusa.

Vale la pena deridere e rinnegare la Chiesa cattolica, quindi Cristo, per una favola inventata e riprodotta dal grande schermo e dal cinema che, come è stato ben evidenziato dal caso “The Passion” di Mel Gibson, sembra essere nelle mani di talmudisti critici e massoni (nemici di Cristo e della Chiesa)?

A me pare che si tratta sempre del solito scetticismo che spesso diviene anti-clericalismo e tradimento, tentazione di Satana, che si manifesta grossomodo sempre così come la Scrittura ci insegna.

Seduzione. “Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani. Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. Egli fu d’accordo e cercava l’occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla” (Luca 22,3-6).

Tradimento. “Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?»” (Luca 22,47-48).

Castigo.Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi” (Matteo 27,3-5).

Oggi.Ecco, dunque, Satana è principe dell’inganno, è colui che seduce il mondo e che sulla Terra fu precipitato; avendo perso, in veste di Lucifero la battaglia con gli Angeli di Dio, questi diviene Satana e ruba anime al Creatore. Lo fa studiando attentamente le vulnerabilità umane, le caratteristiche e capacità ed ogni cattiva inclinazione, ne riesce ad ottenere divina condanna susseguente al peccato dell’uomo ed al suo asservitismo allo spirito immondo” [15].

Ricerca a cura di Carlo Di Pietro

Note:

[2] Mille anni di leggenda. Una donna sul trono di Pietro, Romana Soc. Editr. 1978, p. 6
[3] Felix Hamerlin, De nobilitate et Rusticate Dialogus (ca. 1490)
[4] Francesco Sorrentino, Prova di Virilità
[5] cf. C. D’Onofrio, op. cit., p. 91
[6] iv.
[7] iv., p. 97
[8] iv.
[9] iv., p. 181
[10] iv., p. 204
[11] C. D’Onofrio, op. cit., p. 210
[12] iv., pp. 211 ss.
[13] Enrico Zoffoli, Dizionario del Cristianesimo, Sinopsis In. Cult. 1992, v. papessa
[14] David Blondel, Dissertazione sulla leggenda della papessa Giovanna, 1647
[15] Stanzione – Di Pietro, i Santi e il Demonio, Milano Sugarco Ed., 2012