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Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la storia politica del ‘900 avrà ben presente la contrapposizione in cui vengono messi i totalitarismi di stampo fascista e quelli di matrice marxista, tendenzialmente ponendo gli accenti sulla malvagità dell’uno e sulla bontà dell’altro in base al colore politico di colui che possiede una cattedra per poter spiegare quella materia.

Il breve capitolo del libro di Vittorio Messori (“Pensare la storia – Una lettura cattolica dell’avventura umana”) che mi sono permesso di citare più avanti risulta illuminante per chi volesse districarsi dall’equivoco di una radicale irriducibilità tra le due principali  ideologie che insanguinarono il cosìdetto secolo breve.

 

“ Istruttive, per un cristiano, le polemiche suscitate da un’intervista a Renzo De Felice, il nostro maggior storico del fascismo, un liberale di sicure convinzioni democratiche nonché – per maggior garanzia – di origini ebraiche.

Raccomanda, il De Felice, di finirla con «la retorica dell’antifascismo», dice che è ora di superare lo schema fascismo-antifascismo, usato per interpretare tutto; come se da una parte stesse tutta la Luce e dall’altra tutta la Tenebra. Leggendo l’intervista, pregustavo ironico lo stracciarsi di vesti («Ha bestemmiato!») dei professionisti dell’antifascismo di marca comunista. Ma mi chiedevo come mai De Felice desse la zappa sui piedi anche alla cultura liberal di cui è esponente prestigioso.

In effetti, come da previsioni, il blasfemo è stato violentemente aggredito sia da un Paolo Spriano, storico ufficiale del Pci, che da un Giorgio La Malfa, segretario di quel partito repubblicano che si dice custode dei valori “illuministi”.

E’ che, qui, le tradizioni politico-culturali che dominano il mondo contemporaneo dopo essersi spartita l’eredità cristiana, hanno tutte imbarazzanti scheletri nell’armadio.

Lo schema fascismo (visto come sempre malvagio) e antifascismo (gabellato come sempre eccellente) è stato creato innanzitutto dall’incessante propaganda comunista (ma non solo da questa, come vedremo), che ha cercato di far dimenticare una realtà oggettiva: Mussolini e Hitler da un lato e Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot e compagnia dall’altro, sono fratelli gemelli, figli entrambi della modernità. Nazifascismo e marxismo si rifanno entrambi allo stesso maestro, a Hegel, il filosofo che fonda il mondo moderno e la cui posterità si divide in una “sinistra” e in una “destra”.

Dice Moshe Zimmermann, che insegna storia tedesca all’università ebraica di Gerusalemme: «Il nazifascismo è un avatar, una incarnazione dello spirito moderno. Forse, in una prospettiva provvidenziale, è venuto per mostrarci come il male possa essere potenziato dal cosiddetto progresso».

Le accentuazioni del rosso e del nero sono diverse ma la radice è la stessa. I semi che hanno portato al totalitarismo (ai gulag da un lato e ai Lager dall’altro) vengono dalla stessa terra che ha un componente che prevale su tutti gli altri: il rifiuto del Dio biblico per sostituirlo con altri dèi come lo Spirito del Mondo, la Storia, lo Stato, la Razza, la Classe Operaia, il Proletariato, la Produzione.

Ci ingannano, facendoci credere che ci sia una incompatibilità di fondo tra fascismo e antifascismo, soprattutto se tra gli “antifascisti” poniamo gli eredi della tradizione socialcomunista. Tra l’altro: da dove veniva Mussolini se non dal socialismo (che affermò sempre di non avere rinnegato ma portato alle sue conseguenze logiche?). E il partito di cui Hitler fu il capo non era il «Partito Nazionale e Socialista dei Lavoratori Tedeschi»? Non fu l’accordo con i Soviet che gli permise di invadere Polonia e Francia, con a Parigi il Pcf come quinta colonna a favore dell’invasore, convertendosi all'”antifascismo” solo dopo il tradimento del Führer?

Nei decenni trascorsi da allora, da quella cocente delusione (Stalin non voleva credere che l’amico Hitler stesse invadendogli l’Urss), una martellante propaganda ci ha presentato il nazifascismo come il Male Assoluto, lo ha avvolto di categorie religiose, quasi non venisse dalla storia ma direttamente dall’inferno.

Alla demonizzazione hanno partecipato anche le culture di “democrazia illuminata” (vedi, ancor oggi, lo scatto di nervi di un La Malfa), segretamente consapevoli che i totalitarismi rossi e neri non sono affatto abitatori del regno di Satana, ma figli delle ideologie anticristiane del Settecento europeo, dei miti giacobini, di quell’humus che ha partorito non solo nazifascismo e socialmarxismo ma anche un certo liberalismo radicale. Quello che dalle utopie dell’89 finisce nel Terrore del ’93 e poi nel massacro napoleonico; quello del razionalismo agnostico e del positivismo ateo; quello del nazionalismo della Grande Guerra che ci regalerà Lenin e poi Hitler; quello di oggi, di cui il culto dell’aborto è la corona di gloria. Non soltanto alle sue estremità, ma anche al centro, tutta la modernità viene dal rifiuto, ora violento ora sprezzante, della ipotesi-Dio. Quali che siano le diverse accentuazioni, sempre troviamo la religione dell’Uomo (e delle sue molte divinità) al posto del riconoscimento del Figlio dell’Uomo.

Ci pare dunque che i credenti – almeno loro – dovrebbero essere consapevoli che lo schema fascismo-antifascismo non è che fumo negli occhi: è l’eclissi del Sacro che genera i mostri; è la morte di Dio che porta inevitabilmente alla morte dell’uomo. Lo schema vero per capire la tragedia dei due secoli “moderni” è, allora: fede-ateismo, prospettiva religiosa-laicismo, Dio di Gesù – divinità politico/culturali. Come ben vide quel Pio XII, che dovette fronteggiare da vivo l’odio di fascisti e di antifascisti e, da morto, la loro diffamazione. La radice, diceva infatti papa Pacelli, è l’apostasia dell’Occidente, è l'”homo homini deus” che si rovescia, sempre, nell'”homo homini lupus”.

[Tratto da Pensare la Storia – Una lettura cattolica dell’avventura umana di Vittorio Messori, Edizioni Paoline, pag. 80-82, capitolo “Fascismi e Antifascismi”]

[Segnalazione di anonimo, raccolta a cura di Piergiorgio Seveso]