Priebke1

 

«Siamo tutti antifascisti», «Priebke boia», «fascista carogna ritorna nella fogna», «il vostro posto è il cimitero», «10, 100, 1000 Acca Larenzia»… questi i cori tolleranti, democratici, tranquilli e corretti lanciati ieri verso il priorato della FSSPX di Albano Laziale, che ha cristianamente accettato di celebrare il funerale di un Cattolico, povero peccatore come ognuno di noi, morto in stato di grazia. Esequie, tra l’altro, legittimate dal Codex pio-benedettino del 1917, can. 1240, non essendo stato il defunto pubblico peccatore (vedi adulteri), siccome obbedí ad un legittimo ordine affidatogli da un superiore, in tempo di guerra. In piú la religiosità del defunto è stata ampiamente attestata, dato che io stessa conosco personalmente don Curzio Nitoglia, il sacerdote che abitualmente lo confessava.

L’atmosfera è surreale: urla rabbiose, continui tentativi di sfondare il cordone della polizia, lancio di oggetti tra sanpietrini e bottiglie, bestemmie, odio, aggressioni a sacerdoti e suore. Il tutto culminato all’arrivo del carro funebre, barbaramente assaltato tra calci, pugni, lanci di pietre e uova. Cosí, ammaccato e malconcio, ha fatto ingresso il carro con la salma del defunto tra le mura del priorato. All’interno, dall’altra parte della barricata, la situazione è ben diversa: si sgranano rosari uno dietro l’altro, alcuni hanno facce spaventate, altri organizzano una difesa nel caso qualcuno riuscisse a entrare, ma i sacerdoti hanno il pieno controllo della situazione. La cappella è pronta, paramenti indossati, le suore pronte a cantare, come se non si sentissero le urla inferocite di 400 persone impazzite proprio lí fuori. Questi sacerdoti sono abituati alle battaglie, la loro esistenza è stata una battaglia fin dalla fondazione della loro comunità. Ma loro non fanno niente di eccezionale, continuano a ripetere, fanno solo il loro dovere. Ma il funerale non si è svolto come era stato previsto, a causa di problemi legati all’entrata di amici e conoscenti all’interno del priorato; entrata tassativamente negata dalla polizia. La situazione non sembra sbloccarsi fin quando don Pierpaolo Petrucci, superiore del distretto italiano della FSSPX, ha annunciato che avrebbe comunque celebrato una Messa per il defunto, pur senza la bara presente. È sera ormai, ma i facinorosi là fuori non hanno intenzione di andare via. La tensione aumenta, le urla sono assordanti, si sente un’esplosione: è una bomba carta, si teme il peggio. Due persone riescono addirittura ad entrare, ma vengono immediatamente respinti dall’altra parte. La bara resta all’interno del priorato fino all’una di notte, quando la polizia decide di caricarla su un camionetta blindata. La folla fuori impazzisce, a quel punto è il momento di chiudere la faccenda: lacrimogeni e carica della polizia, dispersi i manifestanti.

Ritorna la calma.

Si ironizza. Si sdrammatizza. «Tutti a letto adesso, abbiamo avuto una giornata particolare. Ci sono tante cose da fare domani, buonanotte».

Cosa commentare dopo una giornata del genere? Il vicariato di Roma ostile, il vescovo di Albano anche, Pacifici delirante, ma soprattutto la Santa Sede in silenzio. Ma, al di là di tutto ciò, il Cattolicesimo, la religione che salva e perdona, la sua eroicità, erano ad Albano Laziale ieri. Dentro quelle mura si concretizzavano le parole consolanti di Cristo, contro tutto e tutti, contro la violenza tipica dei rossi, contro le loro urla, ma soprattutto contro il silenzio assordante della Santa Sede. Dov’è la chiesa del «volemose bene» tutti quanti, dell’ecumenismo sfrenato, della comunione data ai trans buddisti, dei funerali a suicidi e divorziati? Oggi quella chiesa resta in silenzio e mi fa tremare il pensiero che potrebbe parlare. La carità cristiana di cui hanno dato prova i sacerdoti e la FSSPX tutta, oggi, intorno a noi, non esiste piú: esiste solo la dittatura del buonismo e del politicamente corretto, che crolla davanti alla forza di azioni genuinamente cristiane.

A cura di Vera Provenzale