Per «nazionalismo»[1] intendiamo quell’eccesso di «amore», oltre il lecito, o attaccamento passionale per la propria nazione, che fa esagerarne i lati positivi, offusca probabilmente l’intelletto che invece dovrebbe godere anche di istanza autocritica, esalta le benemerenze e difende i diritti anche contro la verità storica e la giustizia rispetto ad altre nazioni. Ben più pernicioso è il «cosmopolitismo»[2] contemporaneo, contrario ad ogni distinzione di patrie, culture, quindi regole, ecc …
Mentre il «nazionalismo» con idee, dottrine e movimenti, sostiene- talvolta in maniera disordinata e per di più all’eccesso- il concetto di «identità nazionale» e di Nazione medesima, in determinate circostanze a discapito della «retta ragione»; il «cosmopolitismo» è all’opposto l’utopia eticamente lesiva che vorrebbe ogni uomo «cittadino del mondo» presunto, in un universo indefinito di «passioni disordinate» che assurgono a paventate «virtù», tanto generali quanto generiche; nel vero sono spesso «vizio», poiché «passioni disordinate» non debellate o regolate da quella «Cultura Identitaria»[3] che è oggettivamente «superiore» e storicamente «vincente».
All’atto pratico il «cosmopolitismo» se dapprima incanta e conquista l’interesse dell’uomo contemporaneo (o «qualunque»), sempre più pragmatico ma confuso e libertario[4], successivamente si manifesta per ciò che è, ovvero la «negazione della verità», con tutto quanto di sfavorevole ne consegue, a discapito del «bene comune». Nel contesto contemporaneo si può dire che la radice del male può essere determinata in alcune correnti di pensiero atroci, oggi dilaganti, come ad esempio il «neoarianesimo» delle guide e l’«umanesimo» stesso, nelle nazioni a forte impulso cristiano oggi purtroppo dominate dalle «consorterie»[5].
Accade oggigiorno che alcune correnti della teologia[6] contemporanea negano la divinità di Cristo in nome di un «antropocentrismo» di tendenza «positivistica», «agnostica», «storicista». Questo indirizzo di pensiero, il «neo-arianesimo»[7]:
… è una delle più tipiche e minacciose forme dell’eversione post-conciliare nell’ambito di un’indagine teologica contraria alle fonti della Rivelazione e soprattutto al Magistero. Essa s’ispira a quella «svolta antropologica» che ricorda l’«umanesimo ateo» del pensiero moderno, per il quale- menziona p. Enrico Zoffoli- L. Feuerbach ha potuto scrivere che «l’essere assoluto, il dio dell’uomo, è l’essere stesso dell’uomo…»; «non possiamo affermare qualche cosa d’altro, senza affermare noi stessi» (L’essenza del Cristianesimo, c. 1). «Il nostro compito è appunto di mostrare che la distinzione fra il divino e l’umano è illusoria…» (iv., c. 2). Dunque, a proposito dell’incarnazione: «Dio divenuto uomo non è che la manifestazione dell’uomo divenuto Dio; infatti, l’elevazione dell’uomo a Dio precede necessariamente l’abbassarsi di Dio a uomo. L’uomo era già un Dio, era già Dio stesso, prima che Dio divenisse uomo, ossia apparisse come uomo. Altrimenti come avrebbe potuto Dio divenire uomo?…» (iv., c. 5).
Ci troviamo di fronte a due facce della stessa medaglia, da un lato il pericoloso «nazionalismo» perché portato all’eccesso, dall’altro il biasimevole e qualunquistico «cosmopolitismo» che annulla le identità e pretende di sostituirsi all’uomo stesso, avendo già di suo negato Dio.
Lo Stato nazionale diventa nel «cosmopolitismo» come quel nemico da abbattere, distante, pericoloso, di intralcio nel perseguimento delle scelte soggettive (comuni però negli intenti globali), quindi credo sia opportuno parlare di un «qualunquismo universale» quando il «cosmopolita» conquista il popolo con l’illusione di una presunta sua partecipazione democratica, ma nel concreto ne annulla ogni complicità attiva, rendendolo spettatore passivo di una realtà che deve necessariamente ed in tutti i modi mutare, ma secondo determinate «direttive» imposte da chi non ha alcuna Potestà. Lo studio attento della «geopolitica» credo che possa facilitare la comprensione di queste dinamiche che brevemente qui accenno.
Il Fascismo, per esempio, sembrava contrapporsi in larga misura e con ardimento al progetto di «governo globale» o «nuovo ordine mondiale», meschina evoluzione del pensiero moderno e «cosmopolita» che oggi avanza senza sosta, con pochi intralci vista anche la deriva «demagogica» e «filantropica» della «chiesa modernista»[8], che può essere definita solo quale apoteosi tangibile dell’aberrazione del «pensiero moderno», già complice della disfatta dell’«identità nazionale cristiana» sembra con l’approvazione del documento «Dignitatis Humanae». Oggi probabilmente il «neo-ariano» definisce il conservatore «neo-pelagiano», e si va oltre …
Il tema è molto delicato poiché vede contrapporsi da un lato la moderna concezione di Stato, ovvero i designati al Governo che si sentono autorizzati a promulgare e difendere anche l’errore ed il male; dall’altro la concezione di Stato che viene da Dio, che quindi- al contrario dei Primi- vuole Principi e Governati che hanno il male in «abominazione», hanno il dovere di contrastare con ogni misura lecita proprio l’errore ed il male stesso. Gli uni contro gli altri. Il «cosmopolitismo» oltrepassa addirittura questa contrapposizione e paventa uno scontro di più vasta ampiezza: «lo spirito del mondo» che vuol contrapporsi a «Dio».
Secondo la Dottrina cattolica ricordata da san Tommaso D’Aquino, la Potestà umana viene da Dio, pertanto l’uomo che esclude gli ordini di una Potestà, oggi diremmo di un Governo in uno Stato, resiste all’ordine di Dio stesso; tuttavia un Governo che non opera secondo le leggi di Dio, non “appartiene” propriamente a Dio, quindi alla Potestà adulterata di quel tale Governo iniquo corrisponde un’Autorità presumibilmente usurpata e comunque di «iniquo agente»[9]. «La legge umana in tanto ha natura di legge, in quanto si uniforma alla retta ragione- prosegue l’Aquinate- e in tal senso deriva evidentemente dalla legge eterna; ma quando si scosta dalla ragione, codesta legge è iniqua: e allora non ha natura di legge, ma piuttosto di violenza. Tuttavia anche la legge iniqua, per quell’aspetto che salva le apparenze di legge, e cioè per il potere di colui che la emana, ha una derivazione dalla legge eterna: poiché, a detta di San Paolo, “ogni potestà viene da Dio”». Attenzione, qui l’Aquinate non vuol presentare assolutamente un concetto meramente «formalistico» della legge, egli ha intenzione di denunciare le «iniquità legalizzate» che sconvolgono le nazioni ed attirano i castighi di Dio, unitamente agli «uomini iniqui» che sono «agente nel legiferare».
In barba quindi ad ogni forma di «irenismo»[10] o di contemporaneo «new age», se l’«agente nel legiferare» è iniquo, si comprende con relativa semplicità che i popoli vivono l’illusione «cosmopolita» che nella pratica si tramuta in oppressione[11] dei popoli stessi, come accade per le battenti tassazioni sproporzionate, per le consentite speculazioni finanziarie e per le, addirittura agevolate, operazioni di borsa (o scommesse sulla vita dei popoli). Il «bene comune» viene annientato dalla «dittatura cosmopolita» nei suoi diktat. Altra aberrazione del «pensiero cosmopolita» è la «globalizzazione»: l’Italia oggi è alla rovina per guai morali, che praticamente si traducono anche in tassazione iniqua, diktat dissennati europei, speculazioni finanziarie, concorrenza sleale, abbattimento delle frontiere, razzismo indigeno, ecc… tutto si traduce tangibilmente nella dissoluzione della società e della famiglia gradita a Dio.
Papa Pio IX individua ben più di un secolo fa, con la «Quanta Cura», l’habitat dove questo tipo di ideologie si moltiplicano e trovano consensi ed adepti disposti all’indottrinamento quasi militare: «Tali pestilenze sono condannate più volte e con gravissime espressioni nella Lettera Enciclica Qui pluribus, 9 novembre 1846; nell’allocuzione Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nella Lettera Enciclica Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849; nell’Allocuzione Singulari quadam, 9 dicembre 1854; nella Lettera Apostolica Quanto conficiamur, 17 agosto 1863». Si riferiva a: «Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche, società clerico-liberali». Insieme ritroviamo queste «pestilenze» anche nel «pensiero moderno» (v. Modernismo, o Nuova Teologia).
Dalla legge eterna, invece, non può provenire niente di iniquo, poiché «eterna è quella legge secondo la quale è giusto che tutte le cose siano ordinate in massimo grado», tuttavia certe leggi umane sono inique, secondo Isaia (10,1): «Guai a coloro che fanno leggi inique»; non ogni legge proviene dalla legge eterna. Così san Tommaso: «Essendo dunque la legge eterna criterio di governo esistente nel governante supremo, è necessario che tutti i criteri di governo che sono nei governanti inferiori derivino dalla legge eterna. Di conseguenza tutte le leggi, nella misura in cui partecipano della retta ragione, derivano dalla legge eterna. E per questo Agostino dice, nel primo libro del De Libero Arbitrio che “nella legge temporale niente è giusto e legittimo, se non quanto gli uomini hanno derivato dalla legge eterna”»[12]. Ecco la «superiorità» del Popolo di Dio, escludendo ovviamente quegli scandali provocati dai «figli degeneri» che operano tangibilmente per il Suo nemico pur mascherandone gli intenti.
Una Società[13] è l’unione di persone che si propongono un fine comune, obbligandosi a valersi dei medesimi mezzi necessari per conseguirlo. La natura specifica di ogni Società umana dipende dal FINE voluto dai suoi membri. Ora, sostiene p. Zoffoli, tutte le Società possibili sono derivazioni particolari delle tre originarie fondate sulla natura: coniugale, familiare e civile, attraverso le quali l’individuo tende al pieno sviluppo delle sue energie nell’appagamento di tutte le esigenze relative al grado di evoluzione culturale raggiunto. «Nelle attuali condizioni storiche, il Cristianesimo aggiunge alla Società civile quella eminentemente religiosa: la Chiesa fondata da Cristo come strumento di realizzazione di valori che integrano e trascendono tutti quelli d’ordine esclusivamente naturale, umano»; in modo sostanziale quando un gruppo di persone o più famiglie si uniscono in una Società naturale, si suole parlare di Nazione; le famiglie unite e coscienti della loro unità di origine, religiosa, linguistica (quasi sempre), tradizionale, culturale, di costumi, ecc … intendono, appunto costituitisi in Nazione, difendere, conservare e sviluppare questo importante patrimonio di valori. Tuttavia dobbiamo fare distinzione fra Nazione[14] e Stato[15]. Per Stato intendiamo quella Società civile, confinata in un determinato territorio, che ha una definita Autorità la quale provvede a legiferare e garantire gli interessi temporali della Società civile medesima, ovvero che vuole uno specifico regime di Governo. Uno Stato, a prescindere dalle persone che compongono la Nazione, si prefigge un dato FINE e lo difende.
Ecco dunque, seguendo gli insegnamenti delineati dal sommo san Tommaso, arriviamo al FINE di uno Stato; il FINE è «il bene in virtù del quale l’agente si adopera»; quando il FINE dell’agente coincide oggettivamente con quello della natura, della «retta ragione», allora si può dire che è buono e quindi l’azione che produce è moralmente corretta, è degna del buon governante o buon padre di famiglia. Ne viene, come visto, che non potrà mai esserci una legittimazione di un’azione di Governo in sé assolutamente disonesta, questo perché- come ricorda Romani 3,8- è contraria al BENE-FINE. Nel «cosmopolitismo» contemporaneo il BENE-FINE non è assolutamente collimante col principio di «retta ragione», né vi aspira ad esserlo, pertanto il cristiano non può favorirne in nessun modo la diffusione neanche solo «ideologica», come pure lo «statista fascista» ben sapeva, tuttavia operava con eccessivo «zelo», era sì mosso da «amore» ma disordinato, ed era anche fortemente condizionato da alcuni massoni interni.
Il pontefice (dal 2 marzo 1939 al 9 ottobre 1958) che più dovette confrontarsi con la degenerazione del Fascismo in piena seconda guerra mondiale, fu Pio XII, il papa del «buon senso»[16] in un periodo di forti turbamenti. L’opposizione che si deve al Fascismo, sempre se si vuol rimanere cattolici, verte la «subordinazione»; spiego meglio: il Fascismo[17] considera lo Stato come «fine al quale ogni cosa è subordinata, è nociva alla prosperità delle nazioni; altrettanto è da respingere la pretesa del Fascismo di avocare allo Stato l’educazione della gioventù».
Certo, se guardiamo serenamente all’«educazione» giovanile del periodo fascista e la compariamo con quella contemporanea delle «pestilenze» denunciate da Pio IX, siamo «obbligati» a scegliere il male minore, ovvero l’esaltazione del «senso civico» e del «bene comune» caratterizzante il pensiero fascista ma con varie pecche (come vedremo), tuttavia in quanto cattolici non possiamo e non dobbiamo «tendere al basso» per necessità, ma abbiamo ben altre aspirazioni ed intenzioni. Se non si comprende che non può esserci «subordinazione» ad alcunché se non a Dio ed a chi che da Lui riceve Potestà e la onora, mal si capirà anche il senso dei moniti di Pio XII contro il Fascismo.
Il 20 ottobre 1939 viene pubblicata la «Summi Pontificatus» di papa Pio XII, nei quarant’anni dalla sua ordinazione presbiterale e dalla consacrazione dell’umanità a Cristo Re voluta da papa Leone XIII. «L’enciclica vuole essere il documento programmatico del pontificato. Introduce il concetto di convivenza pacifica, che non ha solo il significato negativo della rinuncia alla violenza, ma quello positivo della fratellanza tra gli uomini ed i popoli»[18]. Si intende una «fratellanza» cristiana e non «new age» o «irenista», così come invece traspare dall’insegnamento post-conciliare.
Il «dall’Oglio» introduce la «Summi Pontificatus» in questo modo[19]:
Dettata nell’ora più buia e tempestosa dell’epoca contemporanea, dopo il fallimento degli sforzi messi in opera per scongiurare il conflitto che doveva travolgere il mondo, questa prima enciclica di Pio XII è un approfondito esame della “crisi” dell’Occidente (e non del solo Occidente ma dell’umanità) già denunciata da pensatori europei di alto prestigio. In essa sono enunciati temi sui quali il Pontefice non si stancherà di richiamare l’attenzione del mondo. La tragica situazione dell’umanità è di conseguenza d’una serie di perniciosi errori che derivano con logica progressione da un’unica causa: il distacco crescente degli uomini dalla nozione della carità e della solidarietà, imposta dalla comunanza della loro origine e sancita dal cruento sacrificio di Gesù Cristo. L’enciclica — autorevole e vibrato atto d’accusa contro tutte le deviazioni dottrinarie e gli errori di potere che mettono capo alle varie forme di statolatria dei regimi cosiddetti autoritari — si risolve pertanto in un richiamo alla legge evangelica dell’amore; e fa balenare, al di là dell’imperversante tempesta, la visione di una convivenza umana spiritualmente rinnovata dall’amarissima esperienza.
Attenzione, la «Summi Pontificatus» non ha nulla a che vedere con lo sbandierato buonismo contemporaneo, con la falsa carità propagandata negli «ambienti moderni», quei luoghi dove dilaga la «sintesi di tutte le eresie»[20] nel «modernista», il quale arriva finanche a bestemmiare san Francesco d’Assisi. Papa Benedetto XV promulgò la «Sacra Propediem»[21], proprio per denunciare gli eresiarchi che deformano la figura e l’opera di san Francesco:
«Innanzi tutto conviene che ognuno abbia un’idea esatta della figura di San Francesco, in quanto taluni, secondo l’invenzione dei modernisti, presentano l’uomo di Assisi poco obbediente a questa Cattedra apostolica, come il campione di una vaga e vana religiosità, tanto che egli non può essere correttamente chiamato né Francesco d’Assisi né santo» … Di lui va ricordato quanto egregiamente dice Tommaso da Celano: «Artefice veramente esimio, sotto la cui formazione religiosa, con lode degna di essere esaltata, si rinnova nell’uno e nell’altro sesso la Chiesa di Cristo, e trionfa una triplice schiera di gente che vuole salvarsi». Il Pontefice ricorda inoltre la vera carità di san Francesco, che non è il buonismo, e lo esalta ad esempio contro «le passioni predominanti in questa incredibile perversità di costumi, l’amore sconfinato delle ricchezze e un’insaziabile sete di piaceri».
Posto che la «Summi Pontificatus» andrebbe conosciuta a memoria specialmente da chi si fa «anticlericale» di professione, cito solo alcuni estrapolati. Pio XII ribadisce l’inconciliabilità dell’insegnamento della Chiesa con tutte quelle teorie filosofico-politiche che considerano lo Stato come l’unico fine della vita associata, teorie che avevano la loro pratica attuazione nel Fascismo e nel Nazismo, come le hanno oggigiorno nel Comunismo (visibile o criptato). Si legge:
Considerare lo stato come fine, al quale ogni cosa dovrebbe essere subordinata e indirizzata, non potrebbe che nuocere alla vera e durevole prosperità delle nazioni. E ciò avviene, sia che tale dominio illimitato venga attribuito allo stato, quale mandatario della nazione, del popolo, o anche di una classe sociale, sia che venga preteso dallo stato, quale padrone assoluto, indipendente da qualsiasi mandato. Se lo stato infatti a sé attribuisce e ordina le iniziative private, queste, governate come sono da delicate e complesse norme interne, che garantiscono e assicurano il conseguimento dello scopo ad esse proprio, possono essere danneggiate, con svantaggio del pubblico bene, venendo avulse dall’ambiente loro naturale, cioè dalla responsabile attività privata. Anche la prima ed essenziale cellula della società, la famiglia, come il suo benessere e il suo accrescimento, correrebbe allora il pericolo di venir considerata esclusivamente sotto l’angolo della potenza nazionale e si dimenticherebbe che l’uomo e la famiglia sono per natura anteriori allo stato, e che il Creatore diede ad entrambi forze e diritti e assegnò una missione, rispondente a indubbie esigenze naturali.
Sul piano strettamente economico e di «politica sociale», già papa Leone XIII nella «Rerum Novarum»[22], altro documento da conoscere:
… abbiamo dimostrato che l’inviolabilità del diritto di proprietà è indispensabile per la soluzione pratica ed efficace della questione operaia. Pertanto le leggi devono favorire questo diritto … Ne seguirà un terzo vantaggio, cioè l’attaccamento al luogo natio; infatti non si cambierebbe la patria con un paese straniero, se quella desse di che vivere agiatamente ai suoi figli. Si avverta peraltro che tali vantaggi dipendono da questa condizione, che la privata proprietà non venga oppressa da imposte eccessive. Siccome il diritto della proprietà privata deriva non da una legge umana ma da quella naturale, lo Stato non può annientarlo, ma solamente temperarne l’uso e armonizzarlo col bene comune. È ingiustizia ed inumanità esigere dai privati più del dovere sotto pretesto di imposte.
Papa Pio XII insiste molto anche sulla condanna al Fascismo per ciò che concerne la «potestà educativa», ovvero l’edificio su diritti di Stato ad essere il solo educatore della gioventù, con tanto clamore costruito dai teorici del Fascismo, viene contrastato con la Dottrina della Chiesa:
L’educazione delle nuove generazioni non mirerebbe a un equilibrato armonico sviluppo delle forze fisiche e di tutte le qualità intellettuali e morali, ma ad una unilaterale formazione di quelle virtù civiche, che si considerano necessarie al conseguimento di successi politici; quelle virtù invece, che dànno alla società un profumo di nobiltà, d’umanità e di rispetto, meno s’inculcherebbero, quasi deprimessero la fierezza del cittadino. Davanti al nostro sguardo si profilano con dolorosa chiarezza i pericoli che temiamo potranno derivare a questa generazione e alle future dal misconoscimento, dalla diminuzione e dalla progressiva abolizione dei diritti della famiglia. Perciò Ci eleviamo a fermi difensori di tali diritti in piena coscienza del dovere che Ci impone il Nostro apostolico ministero. Le angustie dei nostri tempi, sia esterne che interne, sia materiali che spirituali, i molteplici errori con le loro innumerevoli ripercussioni da nessuno vengono assaporati così amaramente come nella piccola nobile cellula familiare. Un vero coraggio e, nella sua semplicità, un eroismo degno di ammirato rispetto sono spesso necessari per sopportare le durezze della vita, il peso quotidiano delle miserie, le crescenti indigenze e le ristrettezze in una misura mai prima sperimentata, di cui spesso non si vede né la ragione né la reale necessità. Chi ha cura d’anime, chi può indagare nei cuori, conosce le nascoste lacrime delle madri, il rassegnato dolore di numerosi padri, le innumerevoli amarezze, delle quali nessuna statistica parla né può parlare; vede con sguardo preoccupato crescere sempre più il cumulo di queste sofferenze e sa che le potenze dello sconvolgimento e della distruzione stanno al varco, pronte a servirsene per i loro tenebrosi disegni. Nessuno, che abbia buona volontà e occhi aperti, potrà rifiutare nelle condizioni straordinarie, in cui si trova il mondo, al potere dello stato un corrispondente più ampio diritto eccezionale per sovvenire ai bisogni del popolo. Ma l’ordine morale, stabilito da Dio, esige, anche in tali contingenze, che s’indaghi tanto più seriamente e acutamente sulla liceità di tali provvedimenti e sulla loro reale necessità, secondo le norme del bene comune …
Quindi possiamo dire che due sono le principali «inimicizie» del Fascismo contro la Chiesa: 1) Lo Stato come fine assoluto; 2) L’educazione della gioventù nelle mani del solo Stato.
Già papa Pio XI con la «Non abbiamo bisogno» aveva condannato il Fascismo, accusandolo di «statolatria pagana»:
Or eccoci in presenza di tutto un insieme di autentiche affermazioni e di fatti non meno autentici, che mettono fuori di ogni dubbio il proposito — già in tanta parte eseguito — di monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa. Proporsi e promuovere un tale monopolio, perseguitare in tale intento, come si veniva facendo da qualche tempo più o meno palesemente o copertamente, l’Azione Cattolica; colpire a tale scopo, come ultimamente si è fatto, le sue Associazioni giovanili equivale ad un vero e proprio impedire che la gioventù vada a Gesù Cristo, dacché è impedire che vada alla Chiesa, perché dov’è la Chiesa ivi è Gesù Cristo. E si arrivò fino a strapparla, con gesto violento dal seno dell’una e dell’Altro».
Per ulteriori approfondimenti rimando gli interessati allo studio della storia di papa Pio XI e precisamente del 23 luglio 1931 nel «concistoro segreto», un’idea anche di mons. Pacelli: «principi contrari alle dottrine e ai diritti della Chiesa» che «limitano alla Chiesa il diritto di educare ossia l’Azione Cattolica. Il resto delle problematiche credo siano da considerarsi come degenerazioni pratiche dell’agire spesso contro l’ideologia stessa, dovute alle particolari contingenze storiche, pertanto non entrerò nel merito. Qui il discorso è esclusivamente «ideologico».
Sulle aberranti leggi razziali: «Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal. 3,26-29).
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
L’Enciclica “Summi Pontificatus” di Papa Pacelli è difficilmente interpretabile in senso critico verso l’allora regime fascista. All’inizio del documento pontificio, si poteva leggere un chiaro elogio del clima venutosi a creare nell’Italia fascista in seguito alla Conciliazione del 1929: “Ma in singolar modo Ci sentiamo mossi dall’animo Nostro a far palese l’intima Nostra gratitudine per i segni di riverente omaggio pervenutiCi da sovrani, da capi di stato e da pubbliche autorità di quelle nazioni, con le quali la Santa Sede si trova in amichevoli rapporti. E a particolare letizia si eleva il Nostro cuore nel potere, in questa prima enciclica indirizzata a tutto il popolo cristiano sparso nel mondo, porre in tal novero la diletta Italia, fecondo giardino della fede piantata dai prìncipi degli apostoli, la quale, mercè la provvidenziale opera dei Patti Lateranensi, occupa ora un posto d’onore tra gli stati ufficialmente rappresentati presso la sede apostolica. Da quei Patti ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile, la «pace di Cristo restituita all’Italia»; pace, per il cui sereno cielo supplichiamo il Signore che pervada, avvivi, dilati e corrobori fortemente e profondamente l’anima del popolo italiano, a Noi tanto vicino, in mezzo al quale respiriamo il medesimo alito di vita, invocando e augurandoci che questo popolo, così caro ai Nostri predecessori e a Noi, fedele alle sue gloriose tradizioni cattoliche, senta sempre più nell’alta protezione divina la verità delle parole del Salmista: «Beato il popolo, che per suo Dio ha il Signore» (Sal 143,15). Questa auspicata nuova situazione giuridica e spirituale, che quell’opera, destinata a lasciare una impronta indelebile nella storia, ha creato e suggellato per l’Italia e per tutto l’Orbe cattolico, non Ci apparve mai così grandiosa e unificatrice, come quando dall’eccelsa loggia della Basilica Vaticana Noi aprimmo e levammo
per la prima volta le Nostre braccia e la Nostra mano benedicente su Roma, sede del papato e Nostra amatissima città natale, sull’Italia riconciliata con la chiesa, e sui popoli del mondo intero”. Quando in vari giornali stranieri si sostenne che le frasi in cui Pio XII condannava la statolatria fossero rivolte al fascismo come tale, così puntualizzò “La Civiltà Cattolica”, rivista come noto vistata preventivamente dalla Segreteria di Stato vaticana: “Due fatti non debbono perdersi di vista: il primo è che il Papa ha esposto lucidamente il suo insegnamento, risparmiandosi di colpire in blocco e nominatamente gli stati totalitari in concreto, anzi evitando le stesse espressioni ambigue di “dittatura” e di “totalitarismo”. Secondariamente nella stessa Enciclica vi è una pagina che onora altamente l’Italia, così come oggi essa è. Altro è la condanna dello Stato assolutista nei termini descritti dall’Enciclica e altro è determinare quale Stato traduce nella sua costituzione questi termini. Sarebbe perciò temerario insinuare o applicare la disapprovazione contenuta nell’Enciclica a uno Stato che, per un momento storico più o meno lungo, per cause ragionevoli, come sarebbe il risveglio sociale, politico, economico di un popolo altre volte sonnacchioso, ma consenziente la maggioranza dei cittadini, e prestate le debite garanzie alle inalienabili libertà dell’individuo: religione, educazione, famiglia ecc., ha creduto opportuno di adottare un sistema dove l’autorità ha una certa preponderanza sulle cosiddette libertà democratiche”. L’autorevole rivista dei gesuiti citava positivamente, nel medesimo articolo (quad. 2155 del 6 aprile 1940),un pensiero di Roberto Cantalupo come rappresentativo delle posizioni fasciste: “Il nostro Stato totalitario, essendo cattolico, ha garantito al Cattolicesimo in Italia una libertà assoluta di culto e di apostolato, tutelandolo con le leggi, ed ha assicurato, col riconoscimento della sovranità pontificia sulla Città Vaticana, quella indipendenza e visibilità d’indipendenza di cui la Chiesa aveva assoluto e incontestato bisogno. Fenomeno unico in Italia, più i due Poteri si avvicinano e sembrano confondersi talora agli occhi dei profani e dei timidi, più delimitano nettamente i confini delle zone delle singole facoltà e responsabilità”.