In teologia[1] l’errore e l’ignoranza non si equivalgono. Errore è infedeltà anzitutto, è rigetto della verità, pertanto l’effetto principale dell’errore è l’errare, cui segue inevitabilmente un castigo (Is 13,14; 53,6; Ez 34,16). Erra gravemente la pecora senza pastore (Is 13,14; 53,6; Ez 34,16), come erra il cieco che pretende di guidare un altro cieco (Lc 6,39) e tutti e due per castigo finiscono nel fossato (Ivi). Chi erra deve essere ricondotto nell’ovile (Lc 15,4-7; 1 Pt 2,25), e l’arduo compito spetta in prims a Pietro, «pasci le mie pecorelle» (Gv 21,16), ma anche «pasci i miei agnelli» (Gv 21,15) riferito ad altri (uomini ben più importanti di me); per la terza volta Gesù dice a Pietro «pasci le mie pecorelle» (Gv 21,17); Pietro «io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,32) affinché «non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore» (Ef 4,14); e finalmente, giunti al termine, possiamo dire con san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno» (2Tm 4,7-8).
Ricevuta la potestà, il primato di giurisdizione, Pietro nella sua docenza su questioni di fede e costume, legge e culto che si deve a Dio, non può errare[2]. Pietro governa, insegna e giudica, ha «le chiavi del regno dei cieli», e tutto ciò che «scioglie e lega» qui in terrà, in virtù della potestà stessa che Cristo medesimo gli ha conferito, sarà sciolto o legato nei cieli (cf. Mt 16,13-19). Non può esistere un papa notoriamente eretico, e Liberio non lo fu; non lo furono giammai altri come meglio sostiene il Liguori, la cui dottrina «è immune da qualsiasi censura teologica»[3]; lo stesso dice l’Aquinate, la cui filosofia ha «carattere vincolante»[4].
Così si esprime la Chiesa sull’errore che possiede gli erranti (Os. 9,1 ss.), verosimilmente monito più attuale che mai: «Non darti alla gioia, Israele, non far festa con gli altri popoli, perché hai praticato la prostituzione, abbandonando il tuo Dio, hai amato il prezzo della prostituzione»; cui segue l’amara sentenza (7): «Sono venuti i giorni del castigo, sono giunti i giorni del rendiconto, – Israele lo sappia: un pazzo è il profeta, l’uomo ispirato vaneggia – a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto»; fino al castigo, il rigetto totale da parte di Dio (17) poiché non hanno obbedito a Lui, pertanto «andranno raminghi fra le nazioni».
Il 10 agosto 1863 papa Pio IX indirizzava all’Episcopato italiano la Quanto conficiamur, condanna agli errori del tempo moderno, alla diffusione delle idee liberali, quindi alle emancipazioni del Clero peninsulare ed alle Società clerico-liberali. Sebbene il documento sia datato, ma in sé vincolate, tutto significativo e potente per il credente, la dichiarazione della Quanto conficiamur più dimenticata attualmente, quasi censurata, è la condanna senza esclusione di colpi alle pestilenziali ideologie che volevano sovvertire il dogma cattolico dietro pretesto di nuove intelligenze ed ispirate scappatoie. Può esserci premio, insegna la Chiesa, anche in coloro che, fuori dalla Chiesa, «osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori», essi possono «con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna», ma solamente se essi sono «invincibilmente ignoranti circa la nostra santissima religione».
Il Concilio Vaticano I, nella pubblica Sessione solennemente celebrata nella Basilica Vaticana nel 1870, il 24 aprile, nell’anno ventiquattresimo del papato di Pio IX, che la Provvidenza volle il più lungo dopo quello di san Pietro, ci faceva dono della Dei Filius, nella quale si ritorna sul dogma per ancor meglio tutelare efficacemente l’etica evangelica, nella sua dottrina immutabile: «la Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall’intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm 1,20)».
Quanto detto, insegnato dalla Rivelazione e celebrato dalla Dei Filius, per «porre conveniente freno alle menti presuntuose»[5] così ostili al Santo Concilio di Trento, da sempre odiato da eretici, apostati, novatori, modernisti ed altri indegni, coloro che «hanno disprezzato la conoscenza di Dio, e Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno» (Rm 1,28).
Nella Quanto conficiamur il longevo Pontefice di Senigallia, terziario francescano e Sovrano dello Stato Pontificio, con dolore denunciava della «guerra crudele e sacrilega mossa in tutto il mondo», e da poco anche in Italia, dalle «consorterie» coalizzatesi contro la Chiesa cattolica, guerra che «di giorno in giorno infuria sempre di più»; alla luce del documento Dignitatis Humanae, di vari altri documenti ritenuti di magistero universale e promulgati dal Concilio Vaticano II, delle recenti altre proposizioni esposte nella Evangelii Gaudium, ecc… , pare che il grido di dolore di Pio IX, citando il predecessore Leone, sia attuale più che mai, indirizzabile probabilmente a ben altri destinatari, tuttavia preghiamo Dio di rimanere saldi: «Quantunque condivida con tutto il mio cuore le afflizioni che avete sopportato per la difesa della fede cattolica e consideri ciò che avete sofferto non altrimenti che se io stesso avessi patito, tuttavia sento che vi è più motivo di gaudio che di lamento nel fatto che Voi, confortandovi in Nostro Signore Gesù Cristo, siate rimasti invincibili nella dottrina evangelica ed apostolica e che, cacciati dalle vostre Chiese ad opera dei nemici della fede cristiana, abbiate preferito soffrire i dolori dell’esilio piuttosto che insudiciarvi al contatto con la loro empietà».
Torneremo forse nelle catacombe?
Per esigenze pratiche non posso andare oltre nelle citazioni e nell’elencazione dei documenti di magistero del pontefice e sovrano Pio IX, anche se ne ho un gran desiderio; in questo contesto mi limito a ricordare, in ultimo, il suo «urlo papale», Quanta Cura dell’8 dicembre 1864 cui è annesso il Sillabo degli errori dell’epoca, oggi ancor più divampati e camuffati in ogni modo nel camaleontico modernismo: «i suddetti Nostri Predecessori con apostolica forza continuamente resistettero alle nefande macchinazioni di uomini iniqui che, schizzando come i flutti di procelloso mare la spuma delle loro fallacie e promettendo libertà mentre sono schiavi della corruzione, con le loro opinioni ingannevoli e con i loro scritti perniciosissimi si sono sforzati di demolire le fondamenta della Religione cattolica e della società civile, di levare di mezzo ogni virtù e giustizia, di depravare gli animi e le menti di tutti, di sviare dalla retta disciplina dei costumi gl’incauti, e principalmente la gioventù impreparata, e di corromperla miseramente, di imprigionarla nei lacci degli errori e infine di strapparla dal seno della Chiesa cattolica».
Tutti i Pontefici hanno sempre operato nella dottrina- nella docenza- in tal senso, e mai hanno «aperto» al male, non è previsto dalla nostra fede, poiché «ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, custodissero inviolabilmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ossia il deposito della Fede»[6]; pertanto, aggiunge Pio XII[7], «dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro»; e Leone XIII[8]: «Per questo i padri del concilio Vaticano (Primo) nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale magistero come verità da Dio rivelata”»; in aggiunta cito il fondamentale dogma sull’interpretazione della Scrittura secondo il tradizionale principio di «convergenza dei Padri»[9], come sintetizzato, quale giuramento, anche nella Professio Fidei Tridentina: «Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell’interpretazione delle sacre Scritture, né mai l’intenderò e l’interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei padri»; e quello sui dogmi rivelati, come insegna la Chiesa dalla sua fondazione e come la Dei Filius commemora: «Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione».
Come ipotizzato già in precedenza, e quindi non mi dilungherò nell’esposizione, pare che invece- oggigiorno- il popolano che pretende il rispetto dei dogmi, a guisa della retta ragione ed anche perché contribuisce ai comodi agi di chi questi dogmi deve ossequiarli e farli rispettare, sembra etichettato con spregio: «neopelagiano autoreferenziale»[10], perché «irremovibilmente fedele ad un certo stile cattolico proprio del passato».
È vero, talvolta una «presunta sicurezza dottrinale o disciplinare» può produrre un «elitarismo narcisista e autoritario», ed io comunque non conosco le intenzioni del soggetto che si è espresso così, però non posso far altro che guardare al «foro esterno» e ben comprendo che questi non sta etichettando i talmudisti, i protestanti, gli ortodossi[11] scismatici eretici, ecc …, ma pare proprio che si offenda il mite cattolico, genericamente anche quello timorato di Dio; se dal giudizio espresso si elimina il termine «presunta» e se si guarda invece alla sola «sicurezza dottrinale o disciplinare» della Chiesa, nella carità che si compiace della verità (cf. 1Cor 13,6), credo piuttosto si debba parlare non di «neopelagiani autoreferenziali» bensì di uomini che bramano la «testimonianza vera», la correzione, affinché tutti rimangano nella sana dottrina (cf. Tt 1,13).
Chi ha ragione e chi ha torto? San Paolo ci dice: «se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema» (Gal 1,8); beh, alcuni venuti dalla Giudea insegnavano: «Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete esser salvi» (At 15,1), ma san Paolo e Barnaba si «opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro» (ss.); il dogma[12] ci insegna che Abramo è padre di tutti i non circoncisi che credono, poiché «egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso» (cf. Rm 4,9 ss.).
Nelle sue «Riflessioni sulla Passione di Gesù», il Dottore utilissimo: «Soggiunge l’Apostolo: Et ideo novi testamenti mediator est (Hebr. IX, 15). Mosè fu mediatore dell’antico Testamento, cioè dell’antica alleanza, la quale non avea virtù di ottenere agli uomini la riconciliazione con Dio e la salute: poiché, come spiega S. Paolo in altro luogo, la vecchia legge nihil… ad perfectum adduxit (Hebr. VII, 19): ma Gesù Cristo, nella nuova alleanza, pienamente soddisfacendo la divina giustizia per li peccati degli uomini, ottenne loro per li suoi meriti il perdono e la divina grazia … ciò avvenne [lo squarcio del velo, N.d.R.] per significare che Dio non volea più questo santuario chiuso, ordinato dalla legge: ma ch’egli stesso d’allora innanzi voleva essere il santuario aperto a tutti per mezzo di Gesù Cristo. Scrive S. Leone (Serm. X, de Pass. cap. 5) che il Signore con tale squarciamento dimostrò chiaramente che finiva l’antico sacerdozio e cominciava il sacerdozio eterno di Gesù Cristo: e che restavano. aboliti i sagrifici antichi e costituita una nuova legge, secondo quel che scrisse l’Apostolo: Translato enim sacerdotio, necesse est ut et legis translatio fiat (Hebr. VII, 12). E con ciò noi siamo stati fatti certi che Gesù Cristo è il fondatore cosi della prima, che della seconda legge; e che la legge antica, il tabernacolo, il sacerdozio e gli antichi sagrifici, non miravano che il sagrificio della croce che dovea operare la Redenzione umana. E cosi tutto quel che prima nella legge, ne’ sagrifici, nelle feste e nelle promesse, era oscuro e misterioso, divenne chiaro nella morte del Salvatore. In somma dice Eutimio che il velo diviso dinotò esser già tolto il muro che frapponeasi tra il cielo e la terra, sicché restava aperta agli uomini la via per andare al cielo senza impedimento: Scissum velum significavit divisum iam esse parietem inter caelum et terram, qui inter Deum erat et homines, et factum esse hominibus caelum pervium».
Papa Benedetto XV ebbe a dire: «Vogliamo pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da cattolici … Il cattolicesimo, in ciò che gli è essenziale, non può ammettere né il più né il meno: “Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo“; o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: “Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome“; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina. Del resto, dai nostri che si sono dedicati al comune vantaggio della causa cattolica, ben altro richiede oggidì la Chiesa che il persistere troppo a lungo in questioni da cui non si trae nessun utile: richiede invece che si sforzino a tutto potere di conservare integra la Fede ed incolume da ogni alito d’errore, seguendo specialmente le orme di colui che Cristo costituì custode ed interprete della verità»[13].
Talvolta certe esternazioni offensive, anche criminali, sono probabilmente un rigurgito mosso da gelosia male illuminata (cf. Rm 10,2 ss.)? O piuttosto potrebbero essere una devota osservanza ad un aborto di consorteria (cf. 1Gv 4,3), iniquo, violento … mentre all’incontrario Cristo esalta l’obbedienza santa e salva quell’amore totale verso il Regno di Dio che «soffre violenza» (Mt 11,12). Così san Paolo: «Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede» (Rm 10,4), non più quell’«effimero» che «era glorioso e non lo è più a confronto della gloria della Nuova Alleanza» (2Cor 3,10 ;cf. Mt 26,28; Mc 14,24; Eb 7,22; Eb 8).
La Chiesa insegna che alcune persone hanno probabilmente un «velo sul cuore», le loro menti sono «accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato» (2Cor 3,14) … «ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto» (15). Eppure ogni uomo intelligente, per il sol fatto di esserlo, può riuscire a capire[14] che ciò che possiede non l’avrebbe altrimenti ottenuto se Dio non lo avesse concesso (cf. Sap 8,21), e Dio è Uno e Trino; un unico Dio ma in tre Persone: il Padre è Dio[15]; Il Figlio è Dio[16]; Lo Spirito Santo è Dio[17]. E le tre Persone sono un unico Dio.
Finora ho quindi accennato all’insulto gratuito probabilmente presente al n° 94 della «Evangelii Gaudium», come anche alla strana dottrina conciliare sull’Antica Alleanza presente nel medesimo documento (n° 247 e 249) ed in varie altre dichiarazioni conciliari antecedenti, tuttavia vorrei guardare anche ad altro, sebbene brevemente ma sempre attentamente.
Forte della scristianizzazione provocata evidentemente dalla «nuova Pentecoste», ovvero dal Concilio Vaticano II, la «Evangelii Gaudium» al n° 33 sembra fare la voce grossa; «La pastorale in chiave missionaria- si legge- esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”» … «Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia».
Effettivamente anche io la penso come la «Evangelii Gaudium» al n° 33 e la storia inequivocabilmente credo mi dia ragione: la pastorale che «si è fatta sempre così» negli ultimi 50 anni, ovvero da Roncalli fino a Bergoglio, è «mera fantasia» ed i risultati si vedono abbondantemente (cf. Mt 17,17). Quando oggettivamente si va contro la parola di Dio c’è poco da esser sereni (1Gv 2,18) e mentre tutti noi crediamo nel dogma, abbiamo fede, sembrano esserci alcuni uomini determinanti che in contro bramano altro. Che fare? Il ritorno alla fede, condannando le eresie moderne: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16); Colossesi 2,8: «Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo»; e con la Chiesa docente gridiamo tutti uniti anche noi comuni popolani: «Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio» (At 20).
Ci sarebbe tanto da scrivere ma, come sempre, ad un tratto devo tagliare altrimenti divento prolisso e se già lo sono stato me ne scuso col lettore; chiudo non prima di aver appuntato altre due o tre idee. Ad un primo sguardo, la «Evangelii Gaudium» risulta esporre concetti che si prestano a varie interpretazioni, metodo biasimevole già condannato dalla Auctorem Fidei di papa Pio VI, al n° 94 si avvicina pericolosamente a varie proposizioni condannate dal Lamentabili Sane Exitu (n° 58,62,63,64) e dalla Pascendi Dominici Gregis di papa s. Pio X, ai n° 246 e n° 254 sembra incentivare il pancristianesimo, se non addirittura l’irenismo (forse il new age) condannati dalla Mortalium Animos di papa Pio XI; sembra frattanto che alcune interpretazioni date alla Scrittura siano in parziale irruzione al dogma cattolico definito dalla Provvidentissimus Deus di papa Leone XIII, contro le promesse del Giuramento Antimodernista di papa s. Pio X, contro la Professio Fidei Tridentina e contro la stessa Costituzione dogmatica Dei Filius di papa Pio IX.
Terrificante la paventata e desiderata maggiore autonomia alle conferenze episcopali nazionali, ovvero presumibilmente il sesto prodromo all’eresia della collegialità (ereditata dagli ortodossi, che la Chiesa considera per evidenti ragioni scismatici ed eretici) e la morte definitiva della monarchia.
Sembra essere il solito trionfo dell’indifferentismo e del latitudinarismo, un’esplosione di proposizioni vaghe già condannate con anatema a più riprese dalla Chiesa ed invece difese- con denaro, canonizzazioni record e scandali inimmaginabili- dall’ambiente conciliare. Cito per brevità solo alcune di queste proposizioni, apertamente carcerate dal Syllabus[18], poiché finalizzate a «levare di mezzo ogni virtù e giustizia, depravare gli animi e le menti di tutti, sviare dalla retta disciplina dei costumi gl’incauti, e principalmente la gioventù impreparata, e corromperla miseramente, imprigionarla nei lacci degli errori e infine di strapparla dal seno della Chiesa cattolica». Da biasimare con tutte le forze espressioni eretiche del tipo:
- XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera;
- XVI. Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l’eterna salvezza;
- XVII. Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo;
- XVIII. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.
Purtroppo per noi cattolici non è affatto facile vivere con alle spalle il macino della «Dignitatis Humanae»; bando ai sentimenti e adesso ragioni il credente pensante: modernismo non è Chiesa[19] di Cristo. Il prossimo studio affronterà la calamità mostruosa del modernismo: «sintesi di tutte le eresie» (cf. Pascendi Dominici gregis, san Pio X, Lettera Enciclica, 8 settembre 1907).
Prego Dio; non credo di essere io, in questo piccolo contesto di nicchia e data l’evidenza dei fatti, lo scandalizzatore (cf. Rm. 14,13).
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Buon giorno,
l’Abbé Barbier ricordava ne I Tesori di Cornelio ALapide:
“l’intervallo non distrugge la successione, perchè allora il clero ed il corpo dei vescovi sussiste tuttavia nella Chiesa, con intenzione di dare un successore al defunto Pontefice non appena le circostanze lo permettano”
Ma seguendo la tesi di Cassiciacum, con i nuovi riti di ordinazione presbiterale ed episcopale di Paolo VI del 1968, “il clero ed il corpo dei vescovi sussiste tuttavia nella Chiesa”???
Ratzinger non sarebbe stato vescovo, ma bergoglio nemmeno prete! E quindi nemmeno potenzialmente papa! ( Si dovrebbe prima far riordinare da un Mons. Stuyer ) E oramai gli ordinati sacerdoti prima del 1968 tendono ad estinguersi , ma di ordinati vescovi pre ’68 non ce n’è già quasi nessuno!
Praticamente sia come ordine che come giurisdizione oggi ci troveremmo in una vacanza semi totale di tutta la gerarchia, non più solo del papa come ai tempi della formulazione della tesi da parte di Gerard de Lauriers!
Allora le domando quali circostanze permetterebbero oggi di dare un successore al defunto Pontefice Paolo VI?
Io sono un ragazzo, non le scrivo in quanto portatore di una qualche specifica posizione, tesi o soluzione, (e non sono nemmeno un espertissimo della materia) diciamo che la tesi mi sembrava la più convincente, ma ora mi sembra impossibile perché non mi pare fornisca soluzioni alla crisi. Sarebbe interessantissimo se volesse illustrare lo “stato dell’arte” delle posizioni in campo con i loro rispettivi pro e contro.
Salve.
Il fronte si sposta sulla facoltà di designare.
Lo spiega bene il rev. Sanborn nel testo De papatu materiali.
CLS, Verrua.
Saluti.
Papa può essere il designato laico che abbia intenzione di ricevere l’Ordine episcopale. 3 gli elementi nel papato: ordine, giurisdizione, designazione.
Fin quando sussistera’ l’intenzione di designare degli elettori, la tesi non perde di attualità.
A tempo debito e quando Dio vorrà, il designato si farà ordinare sub c.
L’essere legislatore differisce dall’essere designatore.
Es. Il popolo designa chi deve governare. Il popolo non governa. Ciò non impedisce al popolo di designare.
Cerchiamo di non fare confusione.
Ho letto Mons.Sanborn.
Mi sembra che allora il fronte si sposti sulla facoltà di designare che dovrebbe problematicamente permanere nel corpo elettorale della chiesa cioè nel collegio dei cardinali elettori,
A) perchè questi cardinali elettori oggigiorno sono a loro volta designati tutti da papi designati da designatori designati da papi designati.
B) perchè questi cardinalali elettori
PROBLEMA
Colui che riceve il diritto di eleggere da un non-papa non ha un diritto valido e legale a eleggere un vero papa. Ora gli elettori dei “papi del concilio” sono designati elettori da un non-papa. Quindi, non hanno un diritto valido e legale ad eleggere un vero papa ??
RISPONDE SANBORN (sintetizzo io)
-l’autorità ha un duplice oggetto: uno, che riguarda il legiferare, l’altro che riguarda la continuità del corpo della Chiesa.
-il diritto di designare che propriamente parlando non è autorità, riguarda l’altro oggetto e proviene dalla Chiesa.
-può succedere che colui che è stato eletto al papato riceva in sé il diritto di designare, che riguarda la continuità del corpo della chiesa, ma non riceva l’autorità che riguarda l’emanare leggi; in tal caso il papa eletto (cioè papa solo materialmente) designerà validamente e legalmente gli elettori dei papi, ma non potrà validamente e legalmente legiferare. Questo è il caso dei “papi del concilio”, che quindi designano validamente e legalmente gli elettori dei papi, anche dei papi del Novus Ordo.
-(anche riguardo gli elettori dei papi) il diritto di eleggere (o designare) non è giurisdizione. Non è un diritto di legiferare. Non è un ufficio. È una pura facoltà morale di designare legalmente colui che deve ricevere l’autorità suprema. Quindi per possedere e per esercitare questo diritto non si richiede null’altro se non che qualcuno sia legalmente designato da chi ha il diritto legale di designare gli elettori del papa.
-il possesso del diritto di designazione richiede soltanto che il possessore voglia il bene della continuità della gerarchia della Chiesa. Ora gli attuali elettori, anche se in generale sono favorevoli al Concilio Vaticano II e al Novus Ordo, vogliono obiettivamente il bene della continuità della gerarchia ecclesiastica. Quindi, possiedono validamente e legalmente il diritto di designare, e colui che è stato eletto è stato eletto validamente e legalmente e possiede un diritto legale al papato.
PROBLEMA
gli elettori dei “papi del concilio” non hanno il diritto di eleggere un papa perché sono eretici (favorevoli al Concilio Vaticano II e al Novus Ordo) e allora la persona da loro eletta non è veramente designato al papato
RISPONDE SAMBORN (sintetizzo io)
la loro defezione dalla Fede cattolica non è né dichiarata né notoria per la ragione detta sopra (Obiezione VI). Quindi non c’è né tacita rinuncia né censura
VI. Il Canone 188 §4 dice che colui che pubblicamente si sia allontanato dalla Fede cattolica tacitamente rinunzia ai suo ufficio. Ora i “papi conciliari” pubblicamente si sono allontanati dalla fede cattolica. Quindi hanno rinunciato tacitamente al loro ufficio. Quindi non sono papi né forma/mente né materialmente.
Risposta: Distinguo la maggiore: il Canone 188 § 4 dice che chi pubblicamente si sia allontanato dalla Fede cattolica tacitamente rinuncia al suo ufficio, se la sua imputabilità è pubblica, Concedo; tuttavia se è occulta Nego. La ragione è che la defezione dalla Fede deve essere constatata legalmente, il che avviene o con una dichiarazione o per notorietà. Ma la notorietà esige che non soltanto il fatto del reato sia noto pubblicamente, ma che lo sia anche la sua imputabilità (Canone 2197). Ora, nel caso di defezione dalla Fede cattolica o per eresia o per scisma, è necessario per essere imputabile che la defezione sia pertinace. Altrimenti la legge diventerebbe assurda: qualsiasi sacerdote che inavvertitamente in una omelia esprimesse un’eresia sarebbe reo di eresia notoria, con tutte le pene connesse e rinuncerebbe tacitamente al suo ufficio. Ora la defezione dalla Fede cattolica da parte dei “papi conciliari”, benché sia pubblica riguardo al fatto, non è pubblica riguardo all’imputabilità. Quindi non vi è tacita rinuncia. Ciò che è pubblico, è l’intenzione di questi “papi” di promulgare gli errori condannati dal magistero ecclesiastico e una prassi sacramentale che è eretica e blasfema. Dato che la situazione è questa, si deve concludere che necessariamente essi non posseggono l’autorità apostolica, né più né meno. Né più, perché soltanto l’autorità competente può accertare e dichiarare legalmente la realtà della loro defezione dalla Fede cattolica; né meno, perché è impossibile che l’autorità apostolica, a causa dell’infallibilità e dell’indefettibilità della Chiesa promulghi errori che sono stati condannati dal magistero ecclesiastico, e una prassi sacramentale che è eretica e blasfema.
Istanza: Ma il Canone 188 dice che la rinuncia non richiede dichiarazione.
Risposta: Non richiede dichiarazione di vacanza dell’ufficio, se la defezione imputabile è notoria o dichiarata per legge, Concedo; se la defezione non è notoriamente imputabile o dichiarata, Nego. In altre parole, è necessario che la defezione pubblica dalla Fede cattolica abbia un certo riconoscimento giuridico o per notorietà dell’imputabilità o per dichiarazione legale.
Istanza: Ma l’imputabilità della defezione di questi “papi” è notoria.
Risposta: Nego. Perché l’imputabilità sia notoria, è necessario che 1) colui che ha espresso l’eresia riconosca pubblicamente di professare una dottrina contraria al magistero della Chiesa, come fece Lutero; oppure che 2) dopo essere stato ammonito dall’autorità ecclesiastica rifiuti pubblicamente detta autorità. Ora nei “papi conciliari” non sono soddisfatte nè l’una nè l’altra di queste condizioni. Quindi l’imputabilità della defezione non è notoria.
Istanza: Ma il Canone 2200 presume l’imputabilità se il fatto del reato è stato provato.
Risposta: Distinguo: presume l’imputabilità, quando c’è stata violazione esterna della legge, Concedo; presume l’imputabilità quando non c’è stata violazione esterna della legge, Nego. Nel caso di defezione dalla Fede cattolica, la violazione della legge sottintende la pertinacia, se questa manca, la legge non è violata. Quindi, ove la pertinacia non sia né notoria né dichiarata per legge, non si può applicare il Canone 2200. Penso tuttavia che non vi sia una vera contraddizione tra coloro che sostengono il Canone 188 ed i sostenitori della Tesi: tutti concordano che Giovanni Paolo II non possiede l’ufficio del papato perché possedere l’ufficio è la stessa cosa che godere dell’autorità o giurisdizione. La Tesi insegna che Giovanni Paolo II mantiene il diritto al papato (ius in papa-tu) cioè mantiene una legale designazione al papato. Ora la designazione all’ufficio non è possesso dell’ufficio. Quindi non vi è incompatibilità tra le due argomentazioni. Tuttavia, facciano attenzione i fautori del Canone 188 perché logicamente la loro argomentazione implica che 1) Giovanni Paolo II è stato eletto legalmente al papato; 2) che egli, almeno per un periodo ha avuto il possesso del papato legittimamente e con pienezza [!], perché nessuno può rinunciare a un ufficio se prima non l’ha avuto; 3) che Giovanni Paolo II quale pieno possessore del papato è al di sopra del diritto canonico e perciò questo canone non può essere a lui applicato. La Tesi invero va oltre il diritto canonico e poggia su nozioni filosofiche dell’autorità stessa che possono essere applicate persine alla suprema autorità del Romano Pontefice.
Ho letto Mons.Sanborn.
Mi sembra che allora il fronte si sposti sulla facoltà di designare che dovrebbe problematicamente permanere nel corpo elettorale della chiesa cioè nel collegio dei cardinali elettori,
A) perchè questi cardinali elettori oggigiorno sono a loro volta tutti designati da papi designati da designatori designati da papi designati.
B) perchè questi cardinalali elettori, in quanto favorevoli al Concilio Vaticano II e al Novus Ordo, sarebbero eretici.
PROBLEMA A
Colui che riceve il diritto di eleggere da un non-papa non ha un diritto valido e legale a eleggere un vero papa??
Ora gli elettori dei “papi del concilio” sono designati elettori da un non-papa. Quindi, non hanno un diritto valido e legale ad eleggere un vero papa ??
RISPONDE SANBORN (sintetizzo io)
-l’autorità ha un duplice oggetto: uno, che riguarda il legiferare, l’altro che riguarda la continuità del corpo della Chiesa.
-il diritto di designare che propriamente parlando non è autorità, riguarda la continuità del corpo della Chiesa. e proviene dalla Chiesa.
-può succedere che colui che è stato eletto al papato riceva in sé il diritto di designare, che riguarda la continuità del corpo della chiesa, ma non riceva l’autorità che riguarda l’emanare leggi; in tal caso il papa eletto (cioè papa solo materialmente) designerà validamente e legalmente gli elettori dei papi, ma non potrà validamente e legalmente legiferare. Questo è il caso dei “papi del concilio”, che quindi designano validamente e legalmente gli elettori dei papi, anche dei papi del Novus Ordo.
-(anche riguardo gli elettori dei papi) il diritto di eleggere (o designare) non è giurisdizione. Non è un diritto di legiferare. Non è un ufficio. È una pura facoltà morale di designare legalmente colui che deve ricevere l’autorità suprema. Quindi per possedere e per esercitare questo diritto non si richiede null’altro se non che qualcuno sia legalmente designato da chi ha il diritto legale di designare gli elettori del papa.
-il possesso del diritto di designazione richiede soltanto che il possessore voglia il bene della continuità della gerarchia della Chiesa. Ora gli attuali elettori, anche se in generale sono favorevoli al Concilio Vaticano II e al Novus Ordo, vogliono obiettivamente il bene della continuità della gerarchia ecclesiastica. Quindi, possiedono validamente e legalmente il diritto di designare, e colui che è stato eletto è stato eletto validamente e legalmente e possiede un diritto legale al papato.
PROBLEMA B
gli elettori dei “papi del concilio” non hanno il diritto di eleggere un papa perché sono eretici (favorevoli al Concilio Vaticano II e al Novus Ordo) e allora la persona da loro eletta non è veramente designato al papato ??
RISPONDE SAMBORN (sintetizzo io)
la loro defezione dalla Fede cattolica non è né dichiarata né notoria per la ragione detta sopra (Obiezione VI). Quindi non c’è né tacita rinuncia né censura.
Riporto integralmente l’obiezione VI da riferirsi non solo ai “papi conciliari”, ma anche ai “cardinali elettori conciliari”:
VI. Il Canone 188 §4 dice che colui che pubblicamente si sia allontanato dalla Fede cattolica tacitamente rinunzia ai suo ufficio. Ora i “papi conciliari” pubblicamente si sono allontanati dalla fede cattolica. Quindi hanno rinunciato tacitamente al loro ufficio. Quindi non sono papi né formalmente né materialmente.
Risposta: Distinguo la maggiore: il Canone 188 § 4 dice che chi pubblicamente si sia allontanato dalla Fede cattolica tacitamente rinuncia al suo ufficio, se la sua imputabilità è pubblica, Concedo; tuttavia se è occulta Nego. La ragione è che la defezione dalla Fede deve essere constatata legalmente, il che avviene o con una dichiarazione o per notorietà. Ma la notorietà esige che non soltanto il fatto del reato sia noto pubblicamente, ma che lo sia anche la sua imputabilità (Canone 2197). Ora, nel caso di defezione dalla Fede cattolica o per eresia o per scisma, è necessario per essere imputabile che la defezione sia pertinace. Altrimenti la legge diventerebbe assurda: qualsiasi sacerdote che inavvertitamente in una omelia esprimesse un’eresia sarebbe reo di eresia notoria, con tutte le pene connesse e rinuncerebbe tacitamente al suo ufficio. Ora la defezione dalla Fede cattolica da parte dei “papi conciliari”, benché sia pubblica riguardo al fatto, non è pubblica riguardo all’imputabilità. Quindi non vi è tacita rinuncia. Ciò che è pubblico, è l’intenzione di questi “papi” di promulgare gli errori condannati dal magistero ecclesiastico e una prassi sacramentale che è eretica e blasfema. Dato che la situazione è questa, si deve concludere che necessariamente essi non posseggono l’autorità apostolica, né più né meno. Né più, perché soltanto l’autorità competente può accertare e dichiarare legalmente la realtà della loro defezione dalla Fede cattolica; né meno, perché è impossibile che l’autorità apostolica, a causa dell’infallibilità e dell’indefettibilità della Chiesa promulghi errori che sono stati condannati dal magistero ecclesiastico, e una prassi sacramentale che è eretica e blasfema.
Istanza: Ma il Canone 188 dice che la rinuncia non richiede dichiarazione.
Risposta: Non richiede dichiarazione di vacanza dell’ufficio, se la defezione imputabile è notoria o dichiarata per legge, Concedo; se la defezione non è notoriamente imputabile o dichiarata, Nego. In altre parole, è necessario che la defezione pubblica dalla Fede cattolica abbia un certo riconoscimento giuridico o per notorietà dell’imputabilità o per dichiarazione legale.
Istanza: Ma l’imputabilità della defezione di questi “papi” è notoria.
Risposta: Nego. Perché l’imputabilità sia notoria, è necessario che 1) colui che ha espresso l’eresia riconosca pubblicamente di professare una dottrina contraria al magistero della Chiesa, come fece Lutero; oppure che 2) dopo essere stato ammonito dall’autorità ecclesiastica rifiuti pubblicamente detta autorità. Ora nei “papi conciliari” non sono soddisfatte nè l’una nè l’altra di queste condizioni. Quindi l’imputabilità della defezione non è notoria.
Istanza: Ma il Canone 2200 presume l’imputabilità se il fatto del reato è stato provato.
Risposta: Distinguo: presume l’imputabilità, quando c’è stata violazione esterna della legge, Concedo; presume l’imputabilità quando non c’è stata violazione esterna della legge, Nego. Nel caso di defezione dalla Fede cattolica, la violazione della legge sottintende la pertinacia, se questa manca, la legge non è violata. Quindi, ove la pertinacia non sia né notoria né dichiarata per legge, non si può applicare il Canone 2200. Penso tuttavia che non vi sia una vera contraddizione tra coloro che sostengono il Canone 188 ed i sostenitori della Tesi: tutti concordano che Giovanni Paolo II non possiede l’ufficio del papato perché possedere l’ufficio è la stessa cosa che godere dell’autorità o giurisdizione. La Tesi insegna che Giovanni Paolo II mantiene il diritto al papato (ius in papatu) cioè mantiene una legale designazione al papato. Ora la designazione all’ufficio non è possesso dell’ufficio. Quindi non vi è incompatibilità tra le due argomentazioni. Tuttavia, facciano attenzione i fautori del Canone 188 perché logicamente la loro argomentazione implica che 1) Giovanni Paolo II è stato eletto legalmente al papato; 2) che egli, almeno per un periodo ha avuto il possesso del papato legittimamente e con pienezza [!], perché nessuno può rinunciare a un ufficio se prima non l’ha avuto; 3) che Giovanni Paolo II quale pieno possessore del papato è al di sopra del diritto canonico e perciò questo canone non può essere a lui applicato. La Tesi invero va oltre il diritto canonico e poggia su nozioni filosofiche dell’autorità stessa che possono essere applicate persine alla suprema autorità del Romano Pontefice.
Il testo delle 12:42 am è quello corretto
Riguardo la mia capacità di comprensione, quello che ho chiamato problema A lo ritengo risolto .
Mi restano difficoltà per la soluzione al “problema B” sul concetto di “pertinacia nella defezione dalla Fede cattolica”, che il Sanborn nega si presenti nei “papi conciliari”.
“Pertinacia” fondamentale perché porterebbe l'”imputabilità” che consentirebbe la “notorietà” bypassando la dichiarazione di vacanza dell’ufficio, se appunto la “defezione imputabile è notoria”
Cito:
Istanza: Ma il Canone 2200 presume l’imputabilità se il fatto del reato è stato provato.
Risposta: Distinguo: presume l’imputabilità, quando c’è stata violazione esterna della legge, Concedo; presume l’imputabilità quando non c’è stata violazione esterna della legge, Nego. Nel caso di defezione dalla Fede cattolica, la violazione della legge sottintende la pertinacia, se questa manca, la legge non è violata. Quindi, ove la pertinacia non sia né notoria né dichiarata per legge, non si può applicare il Canone 2200.
Cito ancora:
“nel caso di defezione dalla Fede cattolica o per eresia o per scisma, è necessario per essere imputabile che la defezione sia pertinace. Altrimenti la legge diventerebbe assurda: qualsiasi sacerdote che inavvertitamente in una omelia esprimesse un’eresia sarebbe reo di eresia notoria, con tutte le pene connesse e rinuncerebbe tacitamente al suo ufficio. Ora la defezione dalla Fede cattolica da parte dei “papi conciliari”, benché sia pubblica riguardo al fatto, non è pubblica riguardo all’imputabilità. Quindi non vi è tacita rinuncia.”
Mi domando: non è per il Sanborn ben diversamente pertinace la defezione dalla fede cattolica di un bergoglio da quella di un “qualsiasi sacerdote che inavvertitamente in una omelia esprimesse un’eresia” [per il cui paradosso dice che legge (Canone 188 § 4) diventerebbe assurda] ?!?
ho letto lo studio che mi hai segnalato dello stimato don Curzio.
Allora link: http://doncurzionitoglia.net/2013/02/20/251/#_ftnref6
Mie riflessioni senza alcunchè a pretendere:
1) Cit: Ossia Paolo VI era Papa soltanto materialmente o in potenza, ma non formalmente o in atto.
Risp: va aggiunto che la “non forma” non significa non designazione. La designazione è una disposizione morale. E’ differente dalla giurisdizione.
2) Cit. La distinzione tra materia/forma, potenza/atto … è stata canonizzata dal Magistero sin dal XIII secolo … Tuttavia, se viene applicata al Papato, essa può funzionare sino alla morte del Papa materiale, ma non oltre..
Risp. Il Diritto canonico distingue 3 uffici in caso di vacanza: 1) de jure e de facto; 2) de jure ma non de facto; 3) de facto ma non de jure. Nel nostro caso si parla di vacanza de facto ma non de jure. Ovvero il diritto al papato non termina nel possesso, mentre invece non c’è l’ufficio del papato. La tesi parte dal presupposto che la defezione dalla fede (CJC 188 § 4) comunque deve essere constata legalmente e notoriamente. La notorietà vuole non solo che il fatto sia noto, ma che sia anche stato imputato come reato (CJC 2197). Inoltre il CJC 2200 presume l’imputabilità se il fatto del reato viene provato. Quindi, venendo ad oggi, l’intenzione di promuovere il male è oggettivamente evidente, ma secondo alcuni non c’è imputazione di reato. Ecco perché parliamo di “papato materiale”. Un soggetto può avere addirittura la giurisdizione episcopale senza essere stato consacrato vescovo (sacramento)! Questa è dottrina infallibile della Chiesa ed in passato è anche stato praticato molte volte. In Irlanda i vescovi ricevevano solo la consacrazione (sacramento) senza la giurisdizione. La giurisdizione episcopale veniva conferita agli abati, che NON ERANO VESCOVI (sacramento). Nella storia più volte un vescovo riceveva la Missio canonica (giurisdizione) prima di essere consacrato (sacramento): ed esercitava la sua autorità avvalendosi di un vescovo ausiliario per i sacramenti di competenza episcopale (Cresime ed Ordinazioni). A maggior ragione si trasmette la “facoltà di designare”: se l’eresia non fosse notoria, e quindi la sede sarebbe formalmente vacante (ma non materialmente = TESI), pur non avendo la giurisdizione (non essendo Papa, perché non papa formalmente), tuttavia sarebbe designato, e, designando i vescovi, questi rimarrebbero materialmente delle proprie sedi. La facoltà di designare si trasmette anche senza ordine sacro. Così come la giurisdizione (se vi fosse).
La cit. 2 tratta dallo studio dello stimato don Curzio era già stata presentata come presupposto ipoteticamente vincente nell’ipotesi di Velletri, e la risposta è sempre la medesima. Rif. 1 da ipotesi di Vel. “1°) Secondo p. Guérard des Lauriers, siccome il nuovo rito delle consacrazioni episcopali è dubbio, qualora fosse stato eletto Papa un soggetto consacrato con il nuovo rito, non sarebbe stato validamente vescovo e quindi non potrebbe essere neppure Papa (ossia vescovo di Roma) neanche materialmente. Padre Guérard parlava, in tale evenienza, di “pure comparse di papi” (Il problema dell’Autorità e dell’episcopato nella Chiesa, Verrua Savoia, CLS, 2005, p. 37).” Rif. 2 “2°) Con l’elezione al Soglio Pontificio di Benedetto XVI (2005), ci siamo venuti a trovare esattamente in questa situazione: J. Ratzinger infatti è stato consacrato vescovo con il nuovo pontificale e quindi – per p. Guérard – non sarebbe stato vescovo né tanto meno Papa, neanche materialmente. Dunque a partire dal 2005 la Chiesa si troverebbe, stando a ciò che p. Guérard aveva scritto nel 1978-1987, in uno stato di vacanza totale (materiale e formale) di Autorità.”
Risp. Come sopra, non ci sono dubbi!
3) Cit. … “Movimento religioso” (TESI) con una disciplina morale e liturgica estremamente dettagliata, la quale applica la “Tesi” ai casi pratici ed arriva a negare i Sacramenti a chi non è d’accordo con la suddetta “Tesi”, ritenuta una “specificazione di un atto di Fede.
Risp. Nego assolutamente. La dichiarazione va provata. Frequento i tesisti e non ho rilevato tale atteggiamento. L’invalidità dei Sacramenti è un altro discorso che si può affrontare eventualmente ma non in questo contesto. Ciò dipende dalle modifiche apportate dalla Riforma di Montini (valutare materia, forma, intenzione —> comparare con il tridentino ss.)
4) Cit. … critiche con le loro teorie ed il loro atteggiamento portato agli “eccessi”. … ossia il sostenere che certamente tutti i Sacramenti dei sacerdoti ‘non-sedevacantisti’ sono invalidi o gravemente peccaminosi e quindi non bisogna accostarvisi
Risp. come sopra. Nego assolutamente. Io mi confesso straordinariamente da un sacerdote consacrato prima nel 1967 e nessuno mi ha mai impedito di farlo. Per prudenza evito il post Riforma, ma è una questione di foro interno. Il caso concreto verte l’UNA CUM, ovverosia se sei in comunione con l’eresia modernista, sei “etnico e pubblicano” qualora la tua consapevolezza ti rende eretico. «Eretico è il battezzato che non si sottomette al giudizio della chiesa riguardo alle verità rivelate. Seguendo il suo criterio o le sue passioni fa una scelta, accetta alcune verità ed altre le rigetta, facendo se stesso giudice della verità». L’eresia detta «materiale» si ha in chi non è consapevole; l’eresia detta «formale» si ha in chi è consapevole; il «peccato di eresia» si ha nell’errante consapevole che non fa pubblica confessione; il «delitto di eresia» si ha nell’errante consapevole che fa pubblica confessione, ovvero si manifesta eretico «formale». L’«Autorità legittima» constata l’eresia nel soggetto, il reo è «fuori della comunione dei santi». L’eretico «formale» si rifiuta con ostinazione di sottomettersi all’insegnamento ed al giudizio della Chiesa; viene espulso; non partecipa alla «comunione dei santi» e non può salvarsi; non può né insegnare e né governare, a tal proposito la Scrittura: «Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Mt 15,14). (cf. https://www.radiospada.org/2013/11/puo-esistere-un-papa-notoriamente-eretico/)
5) Cit 1. È di Fede definita che Cristo ha dato alla sua Chiesa una Gerarchia (Papa e Vescovi), che durerà sino alla fine della Chiesa (Conc. Trid., DB 966). … Il Concilio Vaticano I definisce di Fede: “Cristo volle che nella sua Chiesa, sino alla fine del mondo, vi fossero Pastori e Maestri” (DB 1821), che sono i Vescovi successori degli Apostoli e sottomessi al Primo o al Principe degli Apostoli, che è Pietro e i suoi successori nella Sede Romana (DB 1828). Togli il “primo” e tutto crolla. Inoltre è di Fede che “Cristo ha stabilito Pietro primo di tutti gli Apostoli e Capo visibile di tutta la Chiesa” (Conc. Vat. I, DB 1823).
Risp. Nego. Il Magistero prevede esplicitamente anche altro. La Chiesa cattolica, apostolica, romana rimase invariabile da Gesù Cristo in qua per la sua unità nella fede, nei sacramenti, nelle sue leggi, nel’ suo capo. E non importa se si è talvolta protratta per mesi ed anche per anni l’elezione di un nuovo Papa, o se sorsero antipapi; l’intervallo non distrugge la successione, perchè allora il clero ed il corpo dei vescovi sussiste tuttavia nella Chiesa, con intenzione di dare un successore (disposizione morale alla designazione) al defunto Pontefice non appena le circostanze lo permettano. (cf. https://www.radiospada.org/2013/09/sulla-perpetuita-ed-invariabilita-della-chiesa-anche-in-caso-di-sede-vacante/)
6) Cit. come potrebbe poggiare la Chiesa su un Papa che non è ancora Papa in atto, ma che è un battezzato eletto dai Cardinali, il quale non ha ancora accettato l’elezione canonica e quindi non è Papa? La Chiesa (come qualsiasi ente) non può poggiare e fondarsi sulla potenzialità e sul divenire, ma solo sull’atto e sull’essere; altrimenti sarebbe una Chiesa potenziale, virtuale ed in fieri
Risp. Nego. Vedi risp. 5 e risp. in premessa 1. La Chiesa ha poggiato numerose volte sulla Chiesa medesima senza il pontefice (sede vacante) o con il pontefice solo materiale (vizi di forma vari), non ancora formale.
7) Cit. Collegio cardinalizio soltanto materiale, il quale può eleggere validamente un Papa, ma non governare in atto la Chiesa, non salva l’apostolicità formale
Risp. Ha risposto il Barbier al punto 5
8 ) Cit. L’Unità è una nota essenziale della Chiesa ed è essenzialmente concentrata nell’unico Capo visibile della Chiesa, il Pontefice Romano, al quale rimonta il principio della successione apostolica (o Apostolicità formale, la sola ‘apostolicità materiale’ non basta come nota della Chiesa di Cristo). … Cristo ha fondato la Sua Chiesa su un’unica catena ininterrotta di Papi in atto d’essere e non in divenire perpetuo o ad intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi in atto e formalmente, non in potenza, in fieri o solo materialmente.
Risp. Vedi 5 , inoltre l’unità nella fede, nella morale, nella legge e nel culto. Ciò non termina in caso di vacanza della sede apostolica. Nella misura in cui non termina la facoltà di designare. Una nazione, per esempio, governata da un parlamento. Se il parlamento non c’è, comunque non implode. Il parlamento governa, il popolo designa. Fino a quando ci sarà la disposizione morale del popolo di designare, prima o poi una forma di governo ci sarà. L’interruzione non interrompe né la successione e né l’unità. Inoltre, detto brevemente, il papato poggia sulla giurisdizione e non sull’ordine.
9) Cit. Per cui tutto ciò che avviene fuori dell’unica catena ininterrotta di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’Unità e Apostolicità formale della Chiesa ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo. … Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. …
Risp. Certamente, ma il Liguori specifica bene: in Verità della fede, parte III, cap. VIII, il Liguori scrive: “Niente ancora importa che ne’ secoli passati alcun pontefice sia stato illegittimamente eletto, o fraudolentemente siasi intruso nel pontificato; basta che poi sia stato accettato da tutta la chiesa come papa, attesoché per tale accettazione già si è renduto legittimo e vero pontefice. Ma se per qualche tempo non fosse stato veramente accettato universalmente dalla chiesa, in tal caso per quel tempo sarebbe vacata la sede pontificia, come vaca nella morte de’ pontefici. Così neppure importa che in caso di scisma siasi stato molto tempo nel dubbio chi fosse il vero pontefice; perché allora uno sarebbe stato il vero, benché non abbastanza conosciuto; e se niuno degli antipapi fosse stato vero, allora il pontificato sarebbe finalmente vacato.” Nella versione del testo Verità della Fede, Volume primo, Giacinto Marietti, Torino, 1826, alla pagina 142, si leggono le parole del santo Dottore: “La seconda cosa certa si è, che quando in tempo di scisma si dubita, chi fosse il vero papa, in tal caso il concilio può esser convocato da’cardinali, e da’ vescovi; ed allora ciascuno degli eletti è tenuto di stare alla definizione del concilio, perchè allora si tiene come vacante la sede apostolica. E lo stesso sarebbe nel caso, che il papa cadesse notoriamente e pertinacemente in qualche eresia. Benché allora, come meglio dicono altri, non sarebbe il papa privato del pontificato dal concilio come suo superiore, ma ne sarebbe spogliato immediatamente da Cristo, divenendo allora soggetto affatto inabile, e caduto dal suo officio.” (cf. https://www.radiospada.org/2013/08/sulla-necessita-dellinfallibilita-del-pontefice-e-sulla-condanna-della-collegialita/)
10) Cit. Quindi, pur essendo morto il Papa, i Cardinali hanno ancora un certo potere nella Chiesa universale, come i Vescovi mantengono la Giurisdizione nelle loro Diocesi ed i Parroci nelle Parrocchie. Mentre nel caso pratico del “Sedevacantismo” ci si trova in una vacanza totale (o solo formale) del potere di Giurisdizione del Papa, dei Cardinali e dei Vescovi sparsi nel mondo (a partire dal 1958/1965) ed anche in uno stato di privazione del potere di Ordine (a partire dal 1970).
Risp. Non vengono elencati i poteri nello specifico. Hanno dei limiti, e tutti ben li conosciamo. Fintanto che sussiste la disposizione morale di designare un successore … ecc …. Se opportuno volentieri entrerò nel dettaglio, ora no, mi saprebbe tanto di ostentazione e sapor di saccenza.
11) Cit. Perciò la Sua Chiesa durerà sino alla fine del mondo, conservando 1°) la Gerarchia, poiché la Chiesa è gerarchica e monarchica per Volontà divina e tale resterà sino alla fine dei tempi; 2°) il Sacerdozio, in quanto senza Sacerdozio e Sacrificio non resta la Religione.
Risp. La Tesi dimostra proprio questo, che nonostante i gravi guai conciliari, comunque sopravvive sia l’ordine che la giurisdizione. Al momento opportuno, Dio consentirà che tutto possa tornare alla normalità. La tesi risolve proprio questo problema e offre spiegazioni concrete circa la triste vicenda conciliare che tutti conosciamo. Ora, pochi soggetti credono che il Magistero ordinario universale non gode di infallibilità Noi tutti sappiamo che questo è palesemente falso. Solo la tesi offre soluzioni in linea con il dogma. … poiché «ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, custodissero inviolabilmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ossia il deposito della Fede»[24]; pertanto, aggiunge Pio XII[25], «dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro»; e Leone XIII[26]: «Per questo i padri del concilio Vaticano (Primo) nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale magistero come verità da Dio rivelata”»; in aggiunta cito il fondamentale dogma sull’interpretazione della Scrittura secondo il tradizionale principio di «convergenza dei Padri»[27], come sintetizzato, quale giuramento, anche nella Professio Fidei Tridentina: «Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell’interpretazione delle sacre Scritture, né mai l’intenderò e l’interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei padri»; e quello sui dogmi rivelati, come insegna la Chiesa dalla sua fondazione e come la Dei Filius commemora: «Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione». (cf. https://www.radiospada.org/2013/12/breve-dissertazione-sul-modernismo-cosa-bisogna-sapere/)
12) Morto il Papa cessano gli uffici di tutti i Cardinali, tranne … c) le “Sacre Congregazioni”[13] ed i “Tribunali Ecclesiastici”[14] che continuano a funzionare limitatamente alle facoltà ordinarie, tranne quelle non urgenti, che possono essere rimandate alla futura elezione del Papa.
Risp. Dovrebbe dirlo ad Econe, dove non certo ci si rivolge ai tribunali che “non cessano”, ma ad altri privati, all’uso gallicano.
13) Cit. Inoltre San Pio X ha voluto, saggiamente, che la certezza e la validità dell’elezione del Papa dovesse essere fuori ogni discussione e perciò eliminò qualsiasi sanzione invalidante l’elezione del Pontefice apportata da alcuni Papi precedentemente regnanti (per esempio, papa Giulio II, nel 1505, aveva sanzionato la Simonia come invalidante l’elezione pontificia) … riporta l’ipotesi di Velletri: “a) secondo san Tommaso d’Aquino “la simonia viene considerata eresia (simonia haeresis dicitur)” (S. Th., II-II, q. 100, a. 1, ad 1um), ma nello stesso tempo l’Angelico insegna che “il Papa può incorrere nel peccato di simonia” (ad 7um) e non dice che non è Papa in atto o neppure in potenza. Ad esempio, è storicamente certo che Alessandro VI prima di divenire Papa comprò simoniacamente il Papato, ma de facto è annoverato universalmente nel catalogo ufficiale dei Papi.”
Risp. E il caso, invece, di papa Alessandro VI che praticava la “simonia”? Alcuni dicono, non è forse la “simonia una eresia” che dovrebbe, quindi, rendere invalida l’elezione, poiché noi sappiamo essere certo che un pontefice non può essere pertinacemente eretico né prima (ante electionem) e né durante il papato? Sebbene l’Aquinate annovera la simonia nei peccati di irreligiosità e quindi la considera un’eresia (S. Th. II-II, q. 100, a. 1), poi ci dice anche che «Il Papa può incorrere nel peccato di simonia, come qualsiasi altro uomo» (ad 7um). Difatti San Pio X nella “Vacante Sede Apostolica” del 25 / 12 / 1904, num. 79, dispone che “la eventuale pattuizione simoniaca la quale venisse fatta intorno all’elezione del Papa non comporta la sua nullità”. In questo caso ci troviamo difronte ad una Costituzione Apostolica (di Papa San Pio X) che vincola dogmaticamente e ha valore giuridico universale, implica quindi certamente l’infallibilità. Solo i gallicani e pochi altri ribelli sostengono il contrario. Ora cercherò di sintetizzare all’osso e di semplificare al massimo, tuttavia per approfondimenti dettagliati e citazioni è possibile porre precise domande nei commenti. L’impedimento stabilito da Giulio II per un eletto simoniaco era ovviamente di diritto ecclesiastico, altrimenti San Pio X avrebbe errato nel riformarlo o rimuoverlo. E’ di DIRITTO DIVINO (quindi IRREFORMABILE) che per essere eletto validamente al Papato un uomo deve essere membro della Chiesa Cattolica (cf. San Bellarmino, Sant’Alfonso, Card. Billot, ecc). Se non lo è l’elezione è nulla, venisse anche accettata da tutti. [Esempio: così come se un prete celebrasse con un’ostia di cioccolata bianca: venisse anche fatta l’adorazione eucaristica da TUTTA la Chiesa in una piazza immensa, quella rimane cioccolata, non è Corpo di Cristo]. Questa è dottrina cattolica e dobbiamo essere d’accordo. Di DIRITTO DIVINO se un uomo è eretico veramente (quindi non materialmente o per ignoranza, ma per SCELTA consapevole di aderire all’errore), quindi dicevamo se la sua eresia è manifesta non è membro della Chiesa; per DIRITTO DIVINO, lo è necessariamente anche senza la scomunica e prima della scomunica, la quale, SE E QUANDO ARRIVA, aggiunge un provvedimento esclusivamente di diritto ECCLESIASTICO. Su queste distinzioni vedasi Mystici Corporis di Pio XII (distingue tra chi esce dalla Chiesa da se stesso tramite eresia, scisma o apostasia e chi ne è cacciato fuori dall’Autorità, dunque diritto ecclesiastico, cioè tramite la scomunica). Nel primo caso, invece, Pio XII dice chiaramente “secondo l’ordine di Dio”, si parla di Diritto Divino: In realtà, tra i membri della Chiesa bisogna annoverare esclusivamente quelli che ricevettero il lavacro della rigenerazione, e professando la vera Fede, né da se stessi disgraziatamente si separarono dalla compagine di questo Corpo, né per gravissime colpe commesse ne furono separati dalla legittima autorità. “Poiché — dice l’Apostolo — in un solo spirito tutti noi siamo stati battezzati per essere un solo corpo, o giudei o gentili, o servi, o liberi” (I Cor. XII, 13). Come dunque nel vero ceto dei fedeli si ha un sol Corpo, un solo Spirito, un solo Signore e un solo Battesimo, così non si può avere che una sola Fede (cfr. Eph. IV, 5), sicché chi abbia ricusato di ascoltare la Chiesa, deve, secondo l’ordine di Dio, ritenersi come etnico e pubblicano (cfr. Matth. XVIII, 17). Perciò quelli che son tra loro divisi per ragioni di fede o di governo, non possono vivere nell’unita di tale Corpo e per conseguenza neppure nel suo divino Spirito. Quanto alla simonia, perché un uomo dovrebbe essere per forza ateo commettendo quel grave peccato? Magari è PARAGONABILE all’ateismo, ma non è detto che sia ateismo; concludere ciò sarebbe una forzatura. Mi spiego: non è che se un Papa pecca, anche mortalmente, posso dire: “se credesse in Dio non commetterebbe questo peccato perché sa che è una cosa assurda farlo, dunque non crede in Dio”. No! Perché avere la fede non significa necessariamente OBBEDIRE a quello che la fede ti dice di fare. Un uomo può credere in Dio e disobbedirgli per corruzione morale; dunque un uomo, per attaccamento disordinato grave al potere, perché moralmente molto corrotto, può accettare di essere eletto per simonia, pur sapendo che pecca mortalmente. Quanta gente pecca pur sapendo di peccare? Si può dire che c’è la PROBABILITA’ che uno sia anche ateo, per tornare al ragionamento che fa San Pio X, ma non la certezza IN ASSOLUTO. Allora probabilmente si capisce perché Giulio II ha stabilito esclusivamente di DIRITTO ECCLESIASTICO, che l’elezione sarebbe nulla; e si capisce anche perché San Pio X si è permesso di annullare tale provvedimento, in quanto appunto era annullabile. A mio avviso è stato anche saggio, perché avrebbe potuto creare problemi ai papi in quanto, in caso di minimo dubbio o anche di accusa calunniosa di simonia, avrebbe sollevato in tutti il dubbio circa la legittimità dell’autorità dei papi. Ma se un uomo fosse CERTAMENTE ATEO (quindi non per “ragionamento indiretto”, bensì perché lo manifesta chiaramente), noi avremmo la certezza per DIRITTO DIVINO che quello non è un membro della Chiesa (lo abbiamo visto prima citando il Catechismo Maggiore), e quindi che non è nemmeno Papa. (cf. https://www.radiospada.org/2013/09/sulla-perpetuita-ed-invariabilita-della-chiesa-anche-in-caso-di-sede-vacante/)
14) Cit. Quindi se Ratzinger non fosse Vescovo non sarebbe neppure in potenza prossima a diventare Papa perché la Giurisdizione suppone l’Ordine e non avendo egli l’Ordine dell’Episcopato non può avere in potenza prossima la Giurisdizione sulla Chiesa Universale come Vescovo di Roma. Perciò egli non sarebbe materialmente Papa, ma solo “una comparsa di Papa”
Risp. Non credo proprio. Posto che la situazione è molto complessa, quindi lo stesso don Nitoglia dice di ipotizzare e non di teorizzare, va detto che Pio XII stabilì i requisiti per ottenere giurisdizione. Fra questi c’è la volontà di ricevere l’ordine episcopale, non l’essere vescovo. VOLONTA’ è diverso da essere. Il designato deve essere sano di mente, uomo, cattolico, maggiorenne, disponibile all’ordine episcopale. Non si può parlare di “comparsa” ma di “materialiter”, appunto perché “manca la forma” ma non l’intenzione. (qui trovi tutti i documenti: http://www.conclave.name/home.php)
15) Cit. Il ‘Sedevacantismo’, dunque, è sostanzialmente diverso dalla Vacanza della Sede Apostolica ad ogni morte di Papa. Infatti esso praticamente coincide con la “Chiesa vacante” e, perciò, incappa in questa difficoltà: se il Papa materiale muore senza divenire Papa in atto o formalmente, allora la catena ininterrotta della serie di Papi si spezza e le porte degli Inferni avrebbero prevalso
Risp. Assolutamente no e lo abbiamo visto già. Ho citato per maggiore credibilità anche il Liguori ed il Barbier che non sono degli sbarbatelli come me!
16) Cit. Onde se Giovanni Paolo I si fosse “convertito” (come vorrebbe la ‘Tesi di Cassiciacum’) non sarebbe stato il successore di Paolo VI, perché la catena ininterrotta dei Papi
Risp. Esatto, assolutamente. Sarebbe stato semplicemente il Legittimo successore dopo la vacanza della sede apostolica dovuta alla privazione della giurisdizione posta in essere da Cristo stesso nei confronti di Montini per defezione dalla fede cattolica, come previsto dal CJC e dal Magistero. O addirittura alla nullità totale della sua elezione se il requisito (eresia , apostasia ) fosse già stato presente nel soggetto, al pari se fosse stato transessuale.
17) Cit. La Tesi del Papato materiale o in potenza ha avuto uno spessore filosofico e teologico iniziale notevole, ma si è esaurita con la morte di Paolo VI ed è completamente superata con l’elezione di Benedetto XVI, il quale viene ritenuto, dalla medesima Tesi, non essere vescovo e quindi “una comparsa” di Papa (Guérard des Lauriers)
Risp. Non è vero. Il rev. Sanborn nel testo lat-ita DE PAPATU MATERIALI ha perfezionato la tesi ed ha dimostrato che non è così, come ho qui brevemente accennato. Padre Guérard des Lauriers ipotizzò, ma non era Dio.
18) Cit. Per questi motivi mi sembra che non si possa ammettere il ‘Sedevacantismo’ come teologicamente probante, mentre la ‘Sede Vacante ad ogni morte di Papa’ è un fatto e “contra factum non valet argumentum”.
Risp. Io ho tratto conclusioni differenti.
Mi scuso con il caro don Curzio per questa mia tentata confutazione, ciò nulla toglie alla stima che ho di lui ed al fatto che sono culturalmente oggettivamente meno preparato di lui.
I miei ossequi.
Dio sia lodato.
Carlo Di Pietro (per Radio Spada 2013, se gradisce – Pubblicazione riservata)