Purify my soul, O Adorable Blood

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La Madre comune ci guarda, ai piedi della croce, con il Figlio morto tra le braccia e ci invita a non rendere vano il loro sacrificio per noi, ad attingere a quei due cuori squarciati dal peccato affinché il nostro pentimento e le nostre lacrime leniscano il loro dolore.

 

Origine della devozione, sviluppi e aspetti meno noti

 

E’ convenzione accettata far coincidere la nascita della devozione del Sacro Cuore come la conosciamo al giorno d’oggi con le rivelazioni di Paray-le-Monial. Le apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque diedero effettivamente novello impulso e forma maggiormente codificata a questa materia fino ad allora praticata meno e in termini più vaghi (pensiamo solo a quanto concrete siano le promesse di Gesù riguardo i primi Venerdì del mese), ma la vera nascita di questa devozione risale addirittura alla morte in croce del Salvatore, si può dire che sia stata istituita da lui stesso.

Quando Longino trafisse il divin Cuore, per la prima volta questo tesoro nascosto si mostrò ancora palpitante di amore per gli uomini, per i trafittori stessi. E’ pia tradizione che il soldato cadesse in ginocchio guarito dalla cecità fisica e anche da quella spirituale, convertendosi al cristianesimo ed è interessante considerare come questo vero roveto ardente iniziasse fin da allora a conquistare i cuori più induriti. Un soldato era l’uomo “duro” diremmo oggi, per eccellenza, reso tale dalle esperienze di vita non proprio delicate, ne vedeva “di tutti i colori” quotidianamente. A morti ammazzati, vessazioni e ingiustizie, doveva assistere quasi quotidianamente, nella propria carriera. Eppure quel cuore reso così cinico dall’abitudine al lato meno tenero della vita, si commosse di fronte all’acqua e sangue usciti dal Cuore di Nostro Signore. E’ svelato uno dei mezzi più efficaci e potenti per inseguire le anime che smarriscono la via, per quelle che hanno perduto il fervore, per toccare le corde più intime che dal di fuori non sospetterebbe neppure il più grande predicatore o confessore.

Devozione della Chiesa nascente (i Padri della Chiesa riconosceranno proprio nel sangue e acqua sgorgati dalla ferita i segni sacramentali che identificano il Corpo Mistico[1]) ma anche e, più ancora, dei tempi ultimi.

Quali elementi ci suggeriscono questa definizione?

Anzitutto è Gesù stesso che descrivendone le meraviglie a Suor Margherita aggiunge questo dettaglio (epurato nelle traduzioni recenti del messaggio……!)

non potendo più contenere la piena del suo amore per gli uomini, voleva  in questi ultimi tempi manifestarsi a tutti loro, quale ultimo tentativo per ritirarli dalla via della perdizione”.

 

Se poteva interpretarsi “ultimi tempi” come “al giorno d’oggi” (nel seicento) non possono però sorgere ulteriori dubbi leggendo le parole seguenti che fanno esplicito riferimento al futuro calamitoso che attende la Francia e la cristianità intera. A questo proposito è bene fare cenno alla situazione religiosa e politica del tempo e al fatto –purtroppo attualmente misconosciuto- che le apparizioni del Sacro Cuore, in barba a tutti suoi sempre più numerosi  fan anche tra porporati e religiosi vari, mandarono un preciso messaggio al Re sole, esattamente cento anni prima dello scoppio della Rivoluzione Francese, nell’estremo tentativo di fermarla. Quasi a sfregio, i fanatici della triade “libertè egalitè fraternitè” si accanirono con particolare virulenza contro l’abbazia di Cluny, la “casa madre” vicino a Paray-le-Monial, nelle loro menti ideologizzate non più faro di civiltà ma simbolo dell’oscurantismo retrogrado, e dispersero significativamente, tra le altre reliquie, anche quella della lancia di Longino custodita nella Sainte-Chapelle.

Impressiona poi, la precisione dell’ammonimento divino, a conferma delle premure celesti che, prevedendo esattamente le manovre massoniche e il dipanarsi di questi piani nelle pieghe future della storia, mettono costantemente in guardia le anime ignare del pericolo, affinché chi “vuole intendere intenda”.

Un altro dato significativo ci viene dal secolo precedente: infatti se la Borgogna non fosse stata riconquistata proprio dai monaci cluniacensi tanto perseguitati dai partigiani della rivoluzione, già da 150 anni, il monastero di Santa Margherita probabilmente non sarebbe più stato quella “promenade des anges” come veniva leggiadramente descritta, ma un mucchio di rovine in mano ai nobili calvinisti, essendo per posizione geografica, una zona di “confine” contesa aspramente tra le due confessioni.[2]

Giova riportare più diffusamente i termini precisi dell’avvertimento al monarca francese, essendo di terribile attualità e purtroppo anche ripetitività storica (abbiamo potuto constatare come richiami molto simili siano stati fatti da don Bosco alla casa Savoia o da Suor Elena Aiello a Mussolini, entrambi i casi inascoltati e…puntualmente realizzatisi con somma rovina per le anime e per la nazione intera, così come ancora oggi pende sul mondo intero la conseguenza dell’aver silenziato e disobbedito alle richieste della Madonna a Fatima).

Riportiamo qui dunque i fatti, così come sono stati già a più riprese in diverse pubblicazioni rammentati agli uomini:

 

Quale era, in concreto, il “piano” del Sacro Cuore per arrestare il processo rivoluzionario?

Il Sacro Cuore voleva essere venerato da tutti, ma in modo speciale dalle élites, le quali, mediante il loro esempio, potevano facilitare la diffusione della fede e delle virtù nell’intera società. L’appello era rivolto personalmente al Re Luigi XIV, figura di riferimento di tutte le classi nobili nel mondo. Con l’irraggiamento del suo esempio sulla Francia e sugli altri regni europei, Luigi XIV poteva diventare una guida di questa apostolica impresa.

Nel 1689, la santa ricevette da Gesù una rivelazione, con il compito di trasmetterla al Re francese. Margherita Maria scrisse che Gesù le aveva detto, riferendosi al Re: “Fà sapere al figlio primogenito del mio Sacro Cuore che, come la sua nascita temporale fu ottenuta grazie alla devozione ai meriti della mia santa Infanzia, così la sua nascita alla grazia e alla gloria eterna verrà ottenuta mediante la consacrazione che egli farà di se stesso al mio adorabile Cuore, che vuole trionfare sul suo e, mediante questo, sui cuori dei grandi della terra”.

Continuava Nostro Signore: “Il Sacro Cuore desidera entrare con pompa e magnificenza nei palazzi dei prìncipi e dei Re, per esservi oggi onorato tanto quanto venne oltraggiato, umiliato e disprezzato durante la sua Passione. Egli desidera di vedere i grandi della terra tanto abbassati e umiliati ai suoi piedi, quanto allora venne annichilito”.

Va notato che la consacrazione non doveva restare confinata nel suo aspetto privato, ma doveva ridondare nella vita pubblica del regno. Aggiungeva infatti il messaggio a Luigi XIV: “Il Sacro Cuore vuole regnare nella sua reggia, essere raffigurato sui suoi stendardi e inciso sulle sue armi, per renderle vittoriose su tutti i suoi nemici, abbattendo ai suoi piedi le teste orgogliose e superbe, per farlo trionfare su tutti i nemici della Chiesa”.

Margherita Maria così descriveva gli omaggi religiosi che il Re doveva compiere: “Volendo riparare le amarezze e le angosce sofferte, fra le umiliazioni e gli oltraggi della sua Passione, dal Cuore adorabile del suo Figlio nei palazzi dei potenti della terra, l’Eterno Padre vuole stabilire il suo impero nella Corte del nostro gran sovrano, servendosi di lui per eseguire un gran progetto, da realizzare in questo modo: far costruire un tempio nel quale venga esposto un quadro raffigurante il Cuore divino, affinché Esso possa ricevervi la consacrazione e gli omaggi del Re e di tutta la Corte.

“Gesù ha scelto lui [il Re] come suo fedele amico, per ottenere dalla Santa Sede Apostolica l’autorizzazione della Messa in suo onore, con tutti i privilegi che devono accompagnare la diffusione di questa devozione. In questo modo, Egli vuole dispensare i tesori delle sue grazie di santificazione e di salvezza, cospargendo di benedizioni tutte le imprese del Re, rivolgendole a sua gloria e rendendone vittoriose le armi”.

Non sappiamo se Luigi XIV ricevette effettivamente questa richiesta. Quello che è certo, è che questa richiesta del Sacro Cuore non venne esaudita. E le conseguenze di questa inadempienza furono tragiche.

Gli anni che seguirono la mancata corrispondenza di Luigi XIV alle richieste del Sacro Cuore segnarono l’inizio della decadenza del regno, con l’arrivo di umiliazioni e sconfitte. Dopo la sua morte, quella Francia che avrebbe dovuto diventare promotrice della riscossa cristiana, cedette alla crescente influenza del razionalismo e del libertinismo, che la indebolirono spiritualmente e moralmente. Ma anche l’intero continente entrò in un lungo periodo di crisi, indicato dagli storici come inizio della decadenza europea, e che sfociò nella tragedia della Rivoluzione francese.[3]

 

 

 

Come possiamo arguire da questo esempio, Gesù vuole regnare, non solo, come osano affermare gli eretici moderni, in termini spirituali o alla fine del mondo, ma vuole stabilire il suo dominio partendo dai cuori, principale “regno” di conquista di Dio. Da questo primo passo, però, Egli desidera regnare sui focolari domestici, sulle nazioni e ovviamente nella Chiesa, come centro prepulsore di fervore e grazia. E’ questa devozione un potente quanto rigettato contravveleno per i mali dei tempi più difficili, e porto sicuro nei marosi delle persecuzioni. Questo concetto è continuamente ribadito in diverse encicliche pontificie: da quelle di Leone XIII, vero apostolo instancabile del Sacro Cuore, a quelle di Pio XI, cui era parimenti molto cara.[4]

Pensiamo anche agli effetti benefici che ha potuto profondere il Sacro Cuore laddove è stato accolto dalla buona volontà umana: Longino si vuole tosto convertito alla fede, così come è rimasta monumentale la conversione dell’ apostolo San Tommaso, immagine di tutti gli increduli che ritrovano la fede. Dove trova la propria resurrezione spirituale Tommaso che, pervicacemente nega la resurrezione del Maestro? Mettendo il dito nel costato aperto crolla la sua ostinazione e finalmente erompe nella stupefatta ammissione: “Dominus meus et Deus meus”. Se dunque vogliamo ricondurre le anime più indurite all’ovile è questa la piaga suprema che sana quella così sfigurante dell’ateismo, oggi militante in forma esplicita o subdola.

Per concludere diremo che è talmente cristallino definire questa pratica come un gesto “istintivo” di pietà! Se un fanciullo è angustiato da una qualsiasi paura o turbamento, infatti, si getta senza troppi scrupoli nell’abbraccio del genitore, con abbandono totale: così pure noi, ben lontani dalle smanie indipendentiste dei “cattolici adulti”, ci slanciamo confidenti su quel petto. Quello stesso che per il Discepolo prediletto era ancora “chiuso”, per noi, discepoli di tempi terminali, è offerto in tutto il suo splendore, ci viene letteralmente incontro, uscendo dalla propria sede naturale perché nessun ostacolo, seppur minimo possa frapporsi tra la sua sete di ricondurci alla salvezza e noi stessi, oggetti indegni di tanta tenerezza.

Ci è caro a questo proposito ricordare l’immagine di Gesù quale “pio Pellicano”, come lo definì il grande aquinate:

 

S. Tommaso utilizzò  l’allegoria del pellicano per descrivere l’efficacia del sacrificio di Cristo: “Pie pellicane, Jesu Domine” (o Pio pellicano, Nostro Signore); Dante la cita in riferimento all’episodio dell’ultima cena in cui l’apostolo Giovanni reclinò il capo sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, 112-114). Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca ha indotto alla credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a diventare “emblema di carità”. Pertanto il pellicano è assurto a simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini.[5]

 


[1]  Citiamo solo a titolo esemplificativo tra i nomi autorevoli numerosissimi San Cipriano: “Da questo cuore aperto dalla lancia discende la sorgente dell’acqua viva che  zampilla fino alla vita eterna”, Sant’Ambrogio ci invita a bere alla ferita del Cuore di Gesù il prezzo della nostra salute, affinché siamo redenti. Sant’Agostino invitava così i fedeli  al Sacro Cuore “Come nella finestra dell’arca entrarono gli animali che non dovevano perire nelle acque del diluvio, così nella ferita del Cuore di Gesù sono invitate ad entrare tutte le anime, affinché tutte si salvino.”

[2] Nel XVII secolo l’intera Borgogna vive ancora all’ombra delle strutture monastiche, come ai tempi della loro creazione. Cluny, retta successivamente dai cardinali Richelieu e Mazarino, è l’indiscussa capitale del monachesimo benedettino francese e la più grande cattedrale del mondo, tanto che la Rivoluzione sentirà la necessità d’abbatterla come simbolo dell’oscurantismo religioso. Paray le Monial è una città fortificata, chiusa accuratamente nelle sue mura come un borgo medioevale, con un governatore, un capitano del castello, che tuttavia non dispone d’una regolare guarnigione militare, un municipio per gli affari economici, un granaio di sale, un deposito di tabacco ed una piccola manifattura di stoffe. L’orgoglio della cittadinanza parodiana si concentra sull’abbazia fondata direttamente da Hugues di Cluny nel 1109, severa costruzione romanica affiancata alla spettacolare basilica, di quel romanico slanciato d’oltralpe, che prelude già al gotico. Il chiostro è tanto bello da meritare il soprannome di “passeggiata degli angeli”. Distante quasi trecento chilometri da Parigi e meno di duecento da Ginevra, rappresenta un po’ un territorio di frontiera nel conflitto religioso. Come in tante città francesi si tratta soprattutto d’una scelta di tipo economico: la borghesia è tutta calvinista, i nobili cattolici. Nel 1562 sembra che tutta la Borgogna del sud cada in mano protestante: il 3 giugno il chiostro è saccheggiato, il nartece incendiato, si costruiscono un collegio ed un tempio per la nuova religione. La riscossa di Cluny non si fa attendere ed i protestanti vengono ricacciati fuori dalle mura, mentre i Benedettini tornano, affiancati dai Gesuiti e da tre nuove comunità femminili: contemplative (le nostre Visitandine), insegnanti (Orsoline) ed ospedaliere (otto suore di santa Marta organizzeranno l’ospedale di Sant’Antonio). Il parroco sarà d’ora in poi nominato espressamente dall’abate di Cluny, i nobili otterranno facilmente il privilegio di farsi seppellire in chiesa ed il popolo viene riconquistato con generose elemosine: tre volte la settimana (in quaresima e durante l’avvento tutti i giorni) viene distribuito gratuitamente il grano e pane fresco. Tuttavia l’equilibrio resterà precario fino alla revoca dell’Editto di Nantes, nel 1685, quando partiranno da Paray una quindicina di famiglie, tutte appartenenti alla buona borghesia. Quando la baronessa di Chantal cominciò a raccogliere informazioni per la fondazione della propria casa le fu risposto che “le nere ombre dell’eresia coprono una parte così grande degli abitanti di questo piccolo luogo, che sono i più ostinati che si possano trovare”, mentre il curato si dichiarava preoccupato all’idea d’inviare delle fanciulle “in un luogo tanto cattivo, in mezzo a tanti ugonotti”. Ma evidentemente non furono convincenti, perché il 4 settembre 1626, un primo venerdì del mese, data che dovrà diventare significativa nella devozione al Sacro Cuore, nacque l’istituto femminile della Visitazione “le Sante Marie” (come affettuosamente le hanno soprannominate in paese) che seguono la regola istituita dalla baronessa, sotto la direzione spirituale del grande Francesco di Sales. Il monastero era affiliato a quello di Lyon en Bellecour, più antico; i due fondatori non presero parte attiva alla vita della comunità appena fondata: San Francesco di Sales è morto nel 1622 (ed il 19 aprile 1665 è già canonizzato), Santa Giovanna di Chantal, nel 1641, ma la loro fama eccellente ha dato un ottimo impulso all’istituto, che non ha mai conosciuto scandali e merita bene la reputazione di luogo santo. Solo un piccolo incidente venne ad interrompere l’idillio: s’è visto che il popolo era stato riconquistato al cattolicesimo dalle generose distribuzioni di grano e pane. Il forno era per l’appunto situato accanto al monastero, dato che un tempo il tutto faceva parte d’un unico grande complesso monastico e funzionava giorno e notte diffondendo nell’aria odore di pane, arrosti e dolci e meta d’un incessante via vai. Le suore pensarono bene d’acquistare tutta la strada e di far demolire il luogo di perdizione. Per tutta risposta la gente gettò fuliggine nel pozzo del convento, inquinando l’acqua. Si diede corso ad un regolare processo e le suore furono condannate a ricostruire un nuovo forno a spese proprie, ma col permesso di spostarlo nell’attuale “strada del forno”. Così gli odori si diffusero altrove e la pace tornò al convento.  [continua]

 

Sabina Frauzel

 

[3] Guido Vignelli, «Il Sacro Cuore salvezza delle famiglie e della società», Roma, Luci sull’Est, 2004.

[4] Per un breve rimando che ne cita diverse rimandiamo alla Miserentissimus Redemptor di Pio XI consultabile anche in rete all’indirizzo http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19280508_miserentissimus-redemptor_it.html

[5] Mons. Ignazio Sanna, Celebriamo la vita. Lettera pastorale della Chiesa di Dio che è in Oristano. Edizioni l’Arborenze, Oristano 2010, pp. 49-51