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Processo di scristianizzazione e “contromossa” restauratrice

 Talora, nel lamentarci dello stato pietoso in cui versano molte delle nostre chiese, in cui il tabernacolo è relegato in un angolo (quando non direttamente nello sgabuzzino insieme alle cianfrusaglie inutili) dimentichiamo che questa situazione è il risultato di un processo iniziato da molto lontano. Senz’altro dal Concilio Vaticano II i novatori hanno trovato nuovo impulso e una sorta di “imprimatur”, ma non possiamo dimenticare che se si è potuto arrivare a tanto, significa che da ben prima covava la rivolta contro il SS. Sacramento, cuore vivo e palpitante della Chiesa. Dopo i reiterati rifiuti dei potenti europei sopra menzionati (e il conseguente abbattimento delle monarchie), i poteri occulti sono passati alla corruzione interna dei cuori dei cristiani: si è iniziato a perdere Gesù nei cuori dei singoli, per poi sradicarlo dalle case e dalle famiglie (sostituito dal moderno idolo della televisione, silenziato dal frastuono del mondo penetrato nelle “chiese domestiche”), per finire all’eliminazione di Gesù dalle aule scolastiche, dal diritto, fino ad essere scalzato anche dai ministri traditori che si mettono al centro della chiesa, dello “show”, relegando (quando va bene) Gesù ad un ruolo marginale. Questi disgraziati non si rendono spesso neppure conto di riproporre il modello dei farisei che si sentivano minacciati da Gesù, essendo elemento perturbatore dell’ordine costituito e rubando loro la scena presso i fedeli. Che cosa fanno di diverso questi novelli sepolcri imbiancati? Proprio nulla, non fanno che replicare minuziosamente la Passio Christi che diviene anche Passio Ecclesiae.

 

In un quadro tanto desolante, cosa può fare un semplice fedele, sempre più solo a combattere contro i mulini a vento innescati dagli stessi pastori sviati?

 

La risposta è semplice: aggrapparsi con piena fiducia a questo Cuore che è la vera Arca di Noè dei nostri tempi.[1]

Molto chiaramente ci è stato indicato come rifugio sicuro da cui sfuggire ai peggiori mali, come abbiamo constatato dai diversi esempi illustri qui riportati. Abbiamo visto come si sia salvato chi è penetrato in questo riparo, sconosciuto al mondo e inaccessibile al demonio.

Lo ribadisce Gesù proprio parlando delle persecuzioni inevitabili che attendono i suoi apostoli

 

“Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.”[2]

 

E quale modo e “luogo” più inattaccabile che restare nel Cuore stesso della nostra “Vite”?

 

Nel quotidiano, come applicare questa devozione così nobile? Presi dai ritmi incalzanti delle nostre giornate non abbiamo tutti la ventura di intrattenerci per molto tempo quali ospiti a colloquio con il Signore: ecco qualche consiglio pratico.

 

Si potrà cominciare gradualmente consacrando sé stessi, la propria persona, al Sacro Cuore, oppure per chi è chiamato e attirato a una missione più alta a offrirsi come vittima riparatrice. Vi sono diverse preghiere molto brevi e semplici che però testimoniano il nostro attaccamento al Sacro Cuore: si può iniziare dalla minima offerta come una giaculatoria ma ripetuta con fedeltà, l’offerta della giornata al mattino, il rifugiarsi nel sacro costato al calar della sera, l’ammenda riparatrice.[3] Un altro bell’ossequio consiste nel ricordarci di quel Cuore abbandonato e solo nelle chiese: anche se siamo di corsa, facilmente ci imbatteremo in qualche tabernacolo anche solo a cui affacciarsi e salutare intimamente. Non ruba tempo alle nostre occupazioni ma con quante grazie spirituali per una sola di queste delicatezze, ci compenserà il grande dimenticato.

L’importante è sceglierne inizialmente una e portarla avanti con costanza.

 

Una delle tentazioni più comuni per le anime che si affacciano alla devozione è la “gola” spirituale: ossia il voler eccedere nelle pratiche di penitenza o di pietà. E’ una manovra subdola dell’ingannatore per eccellenza: sotto le spoglie di bene ci propone qualcosa che sa essere un peso eccessivo per le nostre ancora esigue forze e che ci sfinirà e scoraggerà. Un genitore saggio invece, se ha un bimbo piccolo, non lo costringe a lunghe veglie sfiancanti o a camminate stancanti, perché dosa bene le energie del piccolo che è sì, ansioso di esplorare e fare suo il nuovo mondo ma al contempo non ha l’allenamento necessario. Il risultato di questa sproporzione tra entusiasmo iniziale e difficoltà oggettiva è che in molti, sfiniti e sfiduciati abbandonano tutto.

Si guardino i neofiti da questo errore fatale, così come dallo scambiare il fervore sensibile con l’acquisizione della vera devozione. E’ il secondo trabocchetto che si prospetta a chi si affaccia alla vita spirituale: veri Scilla e Cariddi che, ahimè, mietono numerose vittime. La devozione è la pratica costante del bene, dell’obbedienza fedele al nostro dovere e alle ispirazioni che ci invia il buon Dio, d’ordinario durante l’orazione, la S. Messa, la S. Comunione, in una visita al SS. mo ecc.

Il fervore talvolta sembra del tutto oscurato: molti santi hanno provato desolazioni e aridità durate anni e anni. In questa “notte dello spirito” restavano come paralizzati, raggelati: non provavano alcuna consolazione, nessun piacere nel compiere opere buone o nell’invocare l’aiuto del cielo. Dopo un’infanzia di zuccherini e allettamento, segue infatti una maturità spirituale in cui il devoto sperimenta questa prova terribile in cui gusta tutta l’amarezza dell’apparente abbandono divino. E’ altresì il momento in cui, senza rendersene pienamente conto, guadagna in realtà più merito con il mantenersi attaccato alla condotta un tempo piacevole e ora improvvisamente gravosa. Una simile prova può arrivare per volontà divina, ma delle volte anche per correggere una mancanza o una devozione difettosa in qualche punto, solitamente qualche mancanza di umiltà.

Una volta radicati nella “fedeltà nelle piccole cose” per diverso tempo e possibilmente dopo qualche difficoltà di questo tipo vinta, guadagnata così la stabilità, potremo proporci per un “avanzamento”.

Si suggeriscono i primi nove venerdì, l’Ora Santa, l’Ora di Guardia, una qualche forma di apostolato per promulgare la devozione oppure, se si ha una famiglia, la bellissima quanto sconosciuta Intronizzazione del Sacro Cuore.[4]

Con questa pia pratica, propugnata da P. Crawley, zelante sacerdote di molti esempi de “La Grande Promessa”, entriamo nella “fase due” della strategia di restaurazione dei diritti di Nostro Signore, passando dalla riconquista delle singole anime, a quella delle famiglie, la cellula fondante della società intera, e dunque una sorta di “microcosmo”, vero e proprio piccolo, limitato ma perfetto nucleo. In questa pratica solenne (solitamente guidata da un sacerdote o in reale impossibilità, dal padre di famiglia) si consacra la propria famiglia al Sacro Cuore, affinché  prenda possesso e trionfi sulle sue vicende e sulle sue miserie, affinché sorregga l’unione sponsale e instauri il suo giogo “dolce e leggero” in luogo della tirannia della discordia che purtroppo vediamo devastare sempre più case e travolgere colpevoli e innocenti.

Un simile atto, specialmente oggi che con ogni mezzo si tenta di affondare definitivamente anche a livello legale la famiglia naturale e tradizionale, ha un valore incommensurabile. Solo in cielo sapremo quanta protezione e quanta gloria di riparazione avrà apportato, da quali disastri ci avrà tenuto al riparo.

Non si potrà mai caldeggiare abbastanza una simile devozione che ribadisce i diritti di Dio sulle nostre vite con un doppio nodo: come singole anime e come familiari. Quanti figli dispersi dai dubbi sulla fede ritroverebbero la pace, quanti amori logorati tornerebbero a ricongiungersi e perdonarsi vicendevolmente. Quanti mostruosi fatti di cronaca si potrebbero evitare con questo mezzo di salute efficacissimo.

Infine, per i sacerdoti e i religiosi: il Cuore sacratissimo di Gesù ha una premura del tutto speciale per i suoi eletti, i più esposti all’azione demolitrice dell’antico Avversario che è più conscio dei sacerdoti stessi della loro potenza e del danno che possono provocare all’impero delle tenebre. Il  Sacro Cuore mostra di comprendere pietosamente lo scoraggiamento che può inondare l’animo di un apostolo dei nostri giorni, nel vedere ostacoli apparentemente insormontabili all’apostolato di cuori incancreniti nel male e insensibili ai richiami più accorati. Ecco allora che promette a quei consacrati che si affideranno al Sacro Cuore una grazia segnalata nel vincere le resistenze dei cuori più cinici. Sacerdoti, immergendovi in quel cuore ritrovate voi stessi, la vostra vocazione, la dignità sovrangelica che raggiunge un Alter Christus. Come potete limitare la vostra azione ad un assistenzialismo appiattito e orizzontale quando avete una potestà che scaccia i demoni, che cura le ferite dell’uomo abbrutito dal peccato e lo fa resuscitare alla grazia, alla vita divina? Vi è stato conferito un potere che deriva da quello di Cristo stesso: Sommo Sacerdote che vi ha scelti quali “canali preferenziali” per comunicarsi alle creature. Voi che avete la possibilità, non rimandate a domani: consacrate il vostro apostolato al Sacro Cuore, riportatelo al centro delle parrocchie (sia materialmente che spiritualmente!) e vedrete coi vostri occhi il miracolo di  una comunità che rifiorisce. Il santo Curato d’Ars, modello dell’Anno della Fede appena concluso, nel vedere la rovina della parrocchia affidatogli non pensò neppure lontanamente a organizzare tornei di calcetto,  trasformare gli oratori in cinema o ludoteche per ragazzini annoiati pur di tenerli lontani da cose peggiori. Non si accontentò del male minore, di dare qualche surrogato che non è Nostro Signore. Iniziò dal “darsi la disciplina” e dalle veglie eucaristiche notturne. Consumatevi in questo Cuore che vi infiammerà tanto del suo desiderio per le anime che sarà impossibile non raccogliere frutti sovrabbondanti.

 

Non vogliamo illuderci di essere dei “supereroi”: la crisi della Chiesa e della società non si risolverà senza uno sforzo collettivo e una grazia straordinaria ma possiamo propiziare quell’ora attraverso questi gesti piccoli ma graditi al cielo. Non ci costano sforzi straordinari, solo la buona volontà, Dio farà il resto. Affidiamo i nostri sforzi a Colui che tutto può e che dà valore meritorio anche ad una vecchina che spazza la casa per puro amore. Non esiste nulla di sufficientemente grandioso per Dio ma noi non potremmo nulla se non in Colui che ci dà la forza. Agli occhi di Nostro Signore hanno lo stesso valore un bimbo che coglie un fiore per adornare un altare come un missionario che battezza mille pagani nella giungla sperduta purché ognuno dei due compia il gesto con lo stesso grado di amore e in proporzione alle proprie possibilità e capacità. Non grandi cose dunque, si aspetta da noi il Signore, ma si aspetta che rendiamo grandi le piccole cose di cui semina incessantemente le nostre vite.[5] [Continua]

Sabina Frauzel


[1] Come già in S. Agostino, vedi nota 1.

[2] Gv 15, 5-6

[3] Vedere per queste preghiere la conclusione dell’articolo

[5] Queste parole sono tratte dal Messaggio che il Signore affidò a sorella Josefa Menèndez  r.s.c.j. il testo si trova nel libro “ Colui che parla dal Fuoco” 

“ Il mio Amore tanto può, che dal nulla può ricavare alle anime immensi tesori:quando unendosi a Me al mattino offrono tutta la loro giornata con l’ardente desiderio che il mio Cuore se ne serva per il vantaggio delle anime.. quando con amore compiono ogni loro dovere momento per momento. Quali tesori accumulano in un giorno! Non è l’azione in sé che ha valore ma l’intenzione e l’unione al mio Cuore. L’anima che vive una vita costantemente unita alla mia, mi glorifica e lavora molto al bene delle anime. Il suo lavoro è forse per sé insignificante, ma se lo immerge nel mio Sangue e lo unisce al lavoro che feci nella mia vita mortale ne trarrà gran frutto. Se l’anima si trova calma le è facile pensare a Me, ma se è oppressa dall’angoscia non tema! Mi basta uno sguardo: la capisco e quello sguardo otterrà dal mio Cuore le più tenere delicatezze. Il mio Cuore non è soltanto un abisso di Amore ma anche una abisso di Misericordia. Conosco tutte le miserie umane, di cui neppure le anime più amate vanno esenti: ho voluto che le loro azioni anche minime potessero rivestirsi per mezzo mio di un valore infinito. Poco m’importano le miserie: voglio l’amore. Poco m’importano le debolezze: ciò che voglio è la fiducia