Ci siamo, ormai siamo arrivati. La tanto agognata “soluzione politica” per la Siria sembra essere dietro l’angolo. Al tavolo le superpotenze mondiali, con USA e Russia in pole position, più defilata la Francia. Ma la novità di grande rilievo, è che l’Iran sarà dalla parte dei “buoni”, con i sauditi messi all’angolo…

 

Da qualche mese c’è un Iran diversamente percepito, non più visto come Stato canaglia. L’attenzione è tutta sul “nuclear deal”: adesso dalle agenzie di stampa ci viene mostrato un paese che tratta direttamente con i poliziotti del mondo, capace di coinvolgere tutti nei negoziati e di dimostrare la volontà politica di aprirsi nuovamente, nonostante delle ferite che si fatica molto a considerare del tutto rimarginate, vedasi la rivoluzione del ‘79. Finalmente il ruolo dell’Iran nella regione viene riconosciuto, dopo esser stato per anni lo stereotipo di regime retrogrado e criminale, al punto da aver personalmente sentito più e più volte espressioni come “non siamo mica in Iran”, il cui significato è facilmente intuibile.

 Il target dei media si è però solo spostato, con timidi attacchi a quel paese che è da anni il principale fautore del terrorismo islamico wahabita e non solo. Che l’aria di accordo si respirasse prima dei negoziati era abbastanza chiaro. In un paese come l’Italia, che per interesse popolare alla politica estera è forse all’ultimo posto nei paesi G20, leggere di un’iniziativa delle donne per il diritto alla guida in Arabia Saudita arriva come un fulmine a ciel sereno1. La maggior parte dei lettori medi si sarà domandata: – “Ma perché, le donne lì non guidano?” – e giustamente che potevano saperne, nessuno gli ha mai spiegato chi sia e cosa faccia Abdul-Aziz. E’ sempre stato esente da attacchi frontali e probabilmente lo è tuttora, ma il risalto che la stampa estera ha dato a quest’avvenimento è un segnale che le carte in tavola stavano per cambiare.

L’interesse americano, dopo l’apertura all’Iran e, per vie meno ufficiali, al governo siriano è di ottenere qualcosa di concreto. Del resto lo stesso nuclear deal si basa sul fatto che in negli Stati Uniti anche la politica è vista come una società di capitali, dunque valutata per gli obiettivi raggiunti, non importa né quali siano né a che prezzo per la propria credibilità: con Obama ai minimi storici bisognava ottenere un risultato e, con l’attuale situazione geopolitica, l’alleato sciita fa comodo nella regione, Israele permettendo. Va da sé che, essendo quasi tutte le organizzazioni sovranazionali e i singoli Stati dei semplici attori agli ordini degli USA, i presupposti per un altro deal non possono che essere considerati quantomeno possibili, basti pensare che la Lega Araba ha fatto un’inversione a U non appena ha sentito odor di Ayatollah2. La stessa che è stata forse la prima ad isolare la Siria e che ora si sta già adoperando per ripristinarne il seggio permanente.

Ma torniamo dalle parti del Golfo. E’ evidente che scontentare uno Stato che fa transitare giornalmente circa 8 miliardi di dollari in petrolio per lo stretto di Hormuz, e che ha una fortissima influenza in tutti i paesi arabi a maggioranza sunnita e non solo, possa dare più d’un grattacapo. Soprattutto se, per comprare l’appoggio della Russia, ha offerto denari sonanti, uniti alla minaccia che, in caso di rifiuto, sarà guerra anche con loro, con la stessa arma usata nelle primavere arabe: il terrorismo.

L’avvertimento sarebbe da prendere in seria considerazione in tempi normali, figurarsi quando mancano tre settimane scarse all’inizio dei Giochi Invernali di Sochi, con già due attentati kamikaze riusciti a fine Dicembre ed una chiarissima e diretta minaccia appena ricevuta da una cellula daghestana3.Lo scrivente ritiene con buone probabilità che la risposta di Putin ci sia già stata, ma che sia finita fuori dai radar dei media, non da quelli militari però. Dalle parti dell’India, ad esempio, dove da poco si è concluso un grande contratto di armamenti (una portaerei e diversi caccia e elicotteri4) ed è in corso una  piena espansione dei legami strategici5. Colpire la Russia, però, non è facile, soprattutto nel momento di massima popolarità di Vladimir Putin, che oltre ad essere un sapiente statista, è stato de facto l’unico ad ergersi garante di quelli che sono i nostri veri valori da secoli, pur coniugandovi una sostanziale tolleranza alle idee altrui, a patto che non vengano imposte.

 Le premesse per un accordo preparatorio alla pace in Siria ci sono tutte. Il peso negoziale si è nettamente spostato a favore del governo siriano e al contempo tutti gli elementi utilizzati dai media per far apparire il Presidente Assad un macellaio si stanno smaterializzando ad uno ad uno, con l’attacco chimico di Ghouta6 posto per ultimo in ordine cronologico.

Un accordo dai negoziati di Ginevra 2 cambierebbe sul serio il Medio Oriente, col Libano che penderebbe più verso Hezbollah, che verso Hariri (a proposito, lì sono senza governo da 8 mesi), con il martoriato Iraq a seguire e con tutta probabilità lo stesso Afghanistan, col ritiro delle truppe USA, finirebbe sotto l’influenza iraniana. Gli Stati del Golfo verrebbero così degradati a meri spettatori, con buona pace del re saudita.

 

La bandiera Siriana

1:http://www.huffingtonpost.it/2013/10/21/arabia-saudita-donne-26-ottobre_n_4134629.html

2:http://www.reuters.com/article/2013/11/04/us-syria-crisis-arabs-idUSBRE9A30EQ20131104

3:http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2014/01/20/Sochi-nuova-minaccia-jihadista-Putin_9928734.html

4:http://indrus.in/news/2014/01/08/the_aircraft_carrier_vikramaditya_arrives_at_indian_base_32137.html

5:http://www.newindianexpress.com/nation/India-Russia-to-hold-first-ever-air-force-war-game-in-2014/2013/11/18/article1897845.ece

6:http://rt.com/news/study-challenges-syria-chemical-attack-681