Leggo sul sito Conciliovaticanosecondo.it, l’editoriale «Contro-rivoluzione liturgica – Il caso “silenziato” di Padre Calmel», data 2 febbraio 2014, di Cristiana de Magistris. Mi soffermo su varie proposizioni in articolo, presto rilanciate anche su Facebook con metodo massivo e da numerosi utenti:
- «[…] su un punto ben preciso la resistenza di questo figlio di san Domenico raggiunse l’eroismo: la Messa […];
- «[…] Il 1969 fu l’anno fatidico della rivoluzione liturgica, lungamente preparata e infine imposta d’autorità ad un popolo che non l’aveva chiesta né la desiderava […];
- «[…] Padre Calmel, che con i suoi articoli fu assiduo collaboratore della rivista Itinéraires, aveva già affrontato il tema dell’obbedienza, divenuto nel post-concilio l’argomento di punta dei novatores. Ma, egli affermava, è esattamente in virtù dell’obbedienza che bisogna rifiutare ogni compromesso con la rivoluzione liturgica: “Non si tratta di fare uno scisma ma di conservare la tradizione”»;
- «Il 27 novembre 1969, tre giorni prima della data fatidica in cui entrò in vigore il Novus Ordo Missae, padre Calmel espresse il suo rifiuto con una dichiarazione d’eccezionale portata, resa pubblica sulla rivista Itinéraires. “Mi attengo alla Messa tradizionale – dichiarò -, quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo, conformemente ad un uso plurisecolare. […] Rifiuto dunque l’Ordo Missæ di Paolo VI. Perché? Perché, in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente, permessa o voluta dal Papa attuale, e che riveste, per il momento, la maschera dell’Ordo Missae del 3 aprile 1969. È diritto di ogni sacerdote rifiutare di portare la maschera di questa rivoluzione liturgica. E stimo mio dovere di sacerdote rifiutare di celebrare la messa in un rito equivoco. Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante – come sostengono i due cardinali (Bacci e Ottaviani) e come dimostrano solide analisi teologiche [ho aggiunto il link al Breve Esame …., NdA]– allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno. Come accettare di rendersene complici?».
Fatta salva la ricerca storica, come commentare il significato (o senso) pratico dell’editoriale strumentale? Come commentare questa – certamente involontaria – apologia alla disinformazione neogallicana?
Posto che stimo l’editorialista e mi complimento per la sua ricerca, pertanto – come comunque sempre si conviene – il mio vuol essere esclusivamente un tentativo di confutazione sul piano dottrinale; posto inoltre che affronterò, credo adeguatamente, la materia nel testo di futura pubblicazione APOLOGIA DEL PAPATO per i tipi di EFFEDIEFFE, adesso proseguo …
Risposte brevi:
*** 1) Il senso pratico dell’editoriale spinge il lettore oltre, fino a travalicare il limite – nei diritti e nei doveri – rispettivamente di Chiesa docente e di Chiesa discente. I sostenitori di siffatte oscure e già condannate ipotesi (qui strumentalizzate a mo’ dogma) facilitano tanta belligeranza, dunque, fra Chiesa docente e Chiesa discente, mutilando, depravando o alterando l’ecclesiologia.
Il Decreto della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio del 3 luglio 1907, «Lamentabili Sane Exitu»[1] già condanna determinate proposizioni poi riesumate dal neo Modernismo, ed oggi in qualche maniera vendute per «tradizionalismo»:
«Con deplorevoli frutti, l’età nostra, impaziente di freno nell’indagare le somme ragioni delle cose, non di rado segue talmente le novità, che, lasciata da parte, per così dire, l’eredità del genere umano, cade in errori gravissimi. Questi errori sono di gran lunga più pericolosi qualora si tratti della disciplina sacra, dell’interpretazione della Sacra Scrittura, dei principali misteri della Fede. […] Le seguenti proposizioni sono da riprovarsi e da condannarsi, come si riprovano e si condannano con questo generale Decreto: – n° 6 “Nella definizione delle verità, la Chiesa discente e la Chiesa docente collaborano in tale maniera, che alla Chiesa docente non resta altro che ratificare le comuni opinioni di quella discente”; – n° 7 “La Chiesa, quando condanna gli errori, non può esigere dai fedeli nessun assenso interno che accetti i giudizi da lei dati”; – n° 8. “Sono da ritenersi esenti da ogni colpa coloro che non tengono in alcun conto delle riprovazioni espresse dalla Sacra Congregazione dell’Indice e da altre Sacre Congregazioni Romane”; – n° 53. “La costituzione organica della Chiesa non è immutabile; ma la società cristiana, non meno della società umana, va soggetta a continua evoluzione”; – n° 55 “Simon Pietro non ha mai sospettato di aver ricevuto da Cristo il primato nella Chiesa”».
Stando al parere personale di alcuni – in un certo senso – addirittura oggi il «gregge» (Chiesa discente) diverrebbe «infallibile» mentre la «colonna» (Chiesa docente) sarebbe «fallibile» e ciò secondo lo spirito incarnato appunto dal Modernismo […] o comunque celebrando astutamente le più perniciose proposizioni procacciate dal Protestantesimo [2] dietro svariate facce ed oggi riciclate maldestramente ma con abbondante convincimento pubblico. Probabilmente tutto ciò accade anche dietro parvenza di «tradizionalismo», perfino dietro la mascherina di una certa apologia della «Messa di sempre»[3]. (Cf. Apologia del Papato, C. Di Pietro, EffediEffe, pp. 8 ss.)
*** 2) Brevemente introduco dei concetti di Magistero attingendo alla nota «Enciclopedia del Papato»[4]. Si legge sull’obbedienza che si deve al Papa (ed al Magistero):
«[…] Di fronte a una parola o a un Documento pontificio il cristiano dovrà regolare la sua sottomissione e il suo assenso non tanto tenendo conto dell’argomento trattato, cioè dell’oggetto materiale che esso tocca, quanto dell’autorità, delle intenzioni che esso manifesta»
Sotto quali forme e da quali segni si riconosce l’autorità pontificia nell’esercizio della funzione dottrinale?
«[…] le definizioni ex cathedra non sono le sole manifestazioni del Magistero apostolico che s’impongono al rispetto, all’obbedienza, al religioso assenso o alla fede esplicita dei fedeli. I Padri del Concilio Vaticano [I] lo hanno voluto ricordare, e lo stesso fa il Codice di Diritto Canonico[5]: “Evitare la depravazione eretica non basta; bisogna anche evitare coscienziosamente gli errori che sono più o meno legati ad essa; e per questo tutti devono osservare anche le Costituzioni e i Decreti con cui la Santa Sede condanna e interdice questo genere di false opinioni” (Can. 1324)».
Il Papa è vero successore di san Pietro, è pertanto preservato da ogni errore nel suo insegnamento (talvolta anche solo verbale[6]), perché la sua Missione è di continuare l’insegnamento stesso di Gesù Cristo, e perché Dio non può permettere al suo Rappresentante in terra di condurre le anime all’errore[7]. Credere in Gesù Redentore è credere nella Chiesa, e credere nella Chiesa è credere nel Papa. (Op. cit., pp. 26 ss.)
*** 3) La «testimonianza»[8] è continua nella Chiesa da parte dei successori degli Apostoli e dei discepoli di Cristo fino alla fine dei tempi; essi devono per «mandato»[9] trasmettere fedelmente la dottrina di Gesù anche a costo della vita[10]; questa è la condizione indispensabile per essere riconosciuti da Gesù davanti al Padre[11]. […] L’oggetto primario del Magistero costituisce il «Deposito della fede», ovvero tutto quello che Dio ha rivelato al genere umano, sia esplicitamente che implicitamente, e che deve essere creduto, praticato e seguito. Esso riguarda i dogmi, le leggi (anche la legge naturale), l’Istituzione Chiesa, i poteri, il governo, i mezzi di santificazione e consacrazione, il culto che si deve al vero Dio, il vero culto che si deve a Dio, ecc … Sostanzialmente tutto ciò che riguarda[12] l’ordine rivelato e soprannaturale. Tutti i teologi, i Padri e Dottori della Chiesa, i Papi ed i Concilii – senza alcuna eccezione ma tranne certi contemporanei ribelli – ammettono che in tutte queste materie il Sommo Pontefice possiede una competenza ed un’autorità indiscusse. Non c’è dubbio che l’oggetto primario o secondario del Magistero pontificio, sia esso diretto o indiretto, si estende a questi diversi ordini di verità e di giudizi, implicando certamente il carisma dell’infallibilità su tutte quelle questioni che il Pontefice «ha da Dio attraverso i suoi Apostoli di cui è il legittimo successore». (Op. cit., pp. 32 ss.)
*** 4) Così come è facilmente comprensibile leggendolo, l’editoriale «Contro-rivoluzione liturgica – Il caso “silenziato” di Padre Calmel» si inserisce nel filone gherardiniano del rapporto Magistero/Tradizione. Questi insegna: «Occorre dir anzitutto che il Magistero non è una superchiesa che imponga giudizi e comportamenti alla Chiesa stessa; né una casta privilegiata al di sopra del popolo di Dio, una sorta di potere forte al quale è doveroso obbedir e basta». Avendo già dato parola ai Papi sull’argomento (nel libro), ed appresso tantissimi altri ne seguiranno (che lo smentiscono, ed il lettore liberamente saprà valutare), si capisce che in realtà questa affermazione può prestarsi a varie interpretazioni e, se dedotta in questo modo, certamente potrebbe far disaffezionare il fedele dalla Chiesa docente, con gravissime conseguenze.
Il Monsignore […] conclude l’affermazione così: «[Il Magistero, NdA] non può né deve sovrapporsi alla Chiesa, dalla quale e per la quale esso nasce ed opera»[13]. Mi dispiace, ma il Magistero manifesta l’intenzione della Chiesa docente di essere ascoltato, capito e obbedito da tutta la Chiesa discente, dato che la Chiesa docente ha la missione di istruire, illuminare e preservare dall’errore. È parzialmente vero che il Magistero «non è una superchiesa che imponga giudizi e comportamenti alla Chiesa», e questo non in senso assoluto. Poniamo il caso che un losco figuro[14] – già privato di autorità da Dio – infiltrato nella Chiesa e non attualmente «defenestrato» dall’uomo (rimosso dal governo), riesca a «sovrapporre il [suo “Magistero”] alla Chiesa» stessa, è proprio grazie a questa «superchiesa che impone giudizi e comportamenti alla Chiesa», che la Sposa di Cristo, obbedendo a questa «sorta di potere forte», riesce a smascherare il «demonio»[15], a rimuoverlo e ad annullare la sua azione già di per sé (giuridicamente e autorevolmente) nulla[16], ma non ancona incriminata da tutti apertamente. Questo serve ad annientare anche il cosiddetto relativismo dogmatico che, a mio avviso, il Monsignore invece, così scrivendo, favorisce[17] a dismisura. (Op. cit., pp. 234 ss.)
*** 5) E CONCLUDO. Io credo che oggi ci sia grande confusione fra la visibilità di fede definita (e rivelata) e quella mediatico finanziata. È innegabile che le note distintive che danno visibilità alla vera Chiesa (una, santa, cattolica, apostolica), non esistono nella «chiesa» postconciliare (come anche l’editoriale della Cristiana de Magistris ammette). Pertanto la Messa della vera Chiesa (una, santa, cattolica ed apostolica) è celebrata solo da alcuni sacerdoti, ben riconoscibili. Il resto è visibilmente antichiesa poiché manca o di unità o di santità, da cui procede l’annientamento della cattolicità. Bisogna anche vedere se in loro sussiste l’apostolicità, avendo variato forma e/o materia delle ordinazioni, secondo il concilio di Trento sarebbero ben oltre che dubbie (non è questa la sede per affrontare l’argomento). Chiarimenti maggiori li fornisce Papa Leone XIII nella «Apostolicæ Curæ». Il problema essenziale, difatti, non è la «comunione con Bergoglio» in quanto tale (comunque già sacrilega: menzione nel rito detto «una cum» – vetus o novus che sia), bensì l’appartenenza ad una società che è oggi visibilmente antichiesa, date le sue note distintive. Ciò che cito è insindacabile (in assoluto, non nel caso specifico), poiché è di fede rivelata. È la Rivelazione (tramite il Magistero) che definisce e qualifica la società Chiesa e le società antichiesa, con le rispettive note distintive, assolute nel primo caso e relative nel secondo. Il discorso inerente la «comunione con Bergoglio» è secondario e può essere analizzato o teologicamente o secondo diritto, o secondo le due discipline in riferimento al Diritto divino. Il dato grave, sempre e comunque (fatta salva la buona fede), è l’adesione ad una visibile antichiesa, della quale Bergoglio sarebbe il capo – o il simbolo – di disunità, di non santità, di non cattolicità … probabilmente anche di non apostolicità. […] anche se non comprendiamo esplicitamente le motivazioni di alcuni provvedimenti, abbiamo appreso che non è lecito giudicare l’operato del Vicario di Cristo, come non è lecito resistervi abitualmente, specie perché la liturgia (per tornare al caso concreto) celebra ed esalta in forma rituale e solenne, numerosi dogmi. Cosa ci dice, per esempio, il già citato Papa Leone XIII in «Sapientiæ christianæ»[18]?
«Nel determinare i limiti dell’obbedienza nessuno creda di dover obbedire all’autorità dei sacri Pastori, e specialmente del romano Pontefice, solamente in ciò che riguarda il dogma, il cui ostinato ripudio non può essere disgiunto dal peccato di eresia. Anzi, non basta neppure accettare con sincera e ferma approvazione quelle dottrine [di] Magistero ordinario ed universale, e si devono credere come “di fede cattolica e divina […]”»[19].
Papa Pio XII nella «Mystici Corporis»[20] insegna:
«Come osserva acutamente e sottilmente il Bellarmino[21], questo appellativo del Corpo di Cristo non deve spiegarsi semplicemente col fatto che Cristo debba dirsi Capo del Suo Corpo mistico, ma anche col fatto che Egli talmente sostenta la Chiesa e talmente vive in certo modo nella Chiesa, che essa sussiste quasi come una seconda persona di Cristo. Anche il Dottore delle Genti lo afferma, quando, scrivendo ai Corinti, senz’altra aggiunta, denota la Chiesa col nome di “Cristo”[22], imitando in ciò lo stesso Maestro il quale a lui che perseguitava la Chiesa aveva gridato dall’alto: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”[23]. Anzi, se crediamo al Nisseno, spesso la Chiesa vien chiamata dall’Apostolo semplicemente “Cristo”[24]; né vi è ignoto, Venerabili Fratelli, quel detto di Agostino: “Cristo predica Cristo”[25]. […] Tuttavia tale nobilissima denominazione non deve essere presa come se appartenesse all’intera Chiesa quell’ineffabile vincolo con cui il Figlio di Dio assunse un’individua umana natura; ma consiste in ciò che il nostro Salvatore comunica talmente con la sua Chiesa i beni Suoi propri, che questa, secondo tutto il suo modo di vivere, quello visibile e quello invisibile, presenta una perfettissima immagine di Cristo. Poiché, per quella missione giuridica con la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come Egli stesso era stato mandato dal Padre[26], è proprio Lui che battezza, insegna, governa, assolve, lega, offre, sacrifica, per mezzo della Chiesa. Con quell’alta donazione poi, del tutto interna e sublime che abbiamo sopra accennata nel descrivere il modo d’influire del Capo nelle Sue membra, Gesù Cristo fa vivere la Chiesa della sua propria superna vita, permeando con la Sua divina virtù tutto il Corpo di lei, e alimentando e sostentando le singole membra, secondo il posto che occupano nel Corpo, come la vite nutre e fa fruttificare i tralci che le sono uniti[27]».
[…] Poiché non sono pizzi e merletti che fanno la Tradizione, e lo abbiamo ampiamente studiato, […] credo che si debba parlare piuttosto di conservazione della vera fede contro chi «avvelena il gregge». Tale conservazione può avvenire solamente se si è caritatevoli[28], quindi se si preserva la verità e si agisce veracemente[29]. Assodato anche che la Chiesa docente deve perseguire una precisa Missio definita da Cristo con perpetuità ed invariabilità, e facendolo deve usare le «armi» lecite a sua disposizione (Magistero, Liturgia, Legge, ecc…); ove la Missio appare compromessa, è certo – per fede rivelata – che la «sorgente del male» non può ritenersi autentica Chiesa (ma sarebbe antichiesa), pertanto ogni provvedimento partorito da questa sorgente inquinante deve ritenersi non autentico, nullo, è semplicemente da ignorare. Diversa è la lecita resistenza [nel libro Apologia del Papato vi dedico numerosi capitoli, NdA], poiché la Giurisdizione è vincolata alla fede, ed in questo caso non c’è oggettivamente alcuna autorità alla quale resistere. (Op. cit., pp. 317 ss.).
ESEMPIO che smonta ogni eventuale obiezione: esiste il Novus Ordo (e questo è un dato), esiste il Vetus Ordo (e questo è un altro dato). Davanti a questi due dati certi, il fedele a chi dovrebbe domandare quale dei due Ordo è buono o quale non lo è? Ed in base a quale fortunoso criterio? Dovrebbe domandare a Padre Calmel (oggi a preti che la pensano come lui, e solo se ha la FORTUNA di conoscerli) oppure dovrebbe domandare alla Chiesa (quindi CERTAMENTE al Papa)? La risposta è semplice ed è di fede rivelata: il fedele DEVE ascoltare la Chiesa (quindi il Papa) e non l’opinione del singolo soggetto, nei suoi pruriti e venti di dottrina; soprattutto in questioni fondamentali ed universali come quella della Santa Messa. Pertanto il Novus Ordo o è Messa o non lo è, non esistono alternative, inoltre Dio NON permette che la SUA Chiesa promulghi universalmente un Ordo satanico e/o protestante (sarebbe come permettere universalmente ed imporre un falso culto al vero Dio, oppure un culto al falso dio). Non esiste un solo documento di Magistero che neghi l’assistenza divina nelle cose riguardanti il Culto universale della Chiesa. La Quo Primum Tempore di Papa san Pio V può chiarire le idee ai dubbiosi. Da una parte abbiamo la Chiesa CERTA, dall’altra abbiamo il singolo, le ipotesi, la FORTUNA, la superstizione (FALSO CULTO o CULTO AL FALSO), le chiacchiere ….
Il nulla teologico sull’argomento si apprende amaramente anche dalla Risposta della Pontificia Commissione Ecclesia Dei a due “dubia” su “legittimità” in Universae Ecclesiae. La Pontificia Commissio Ecclesia Dei (PROT. 156/2009), ad un’obiezione simile alla presente, arriva a dire: “Questa Pontificia Commissione si limiterebbe a dire che legitimas è da intendersi nel senso di 1 (a). Al secondo [dubium] è risolto da questa risposta. [ius ecclesiasticum e non anche divinum ius]”. Dove il senso 1 (a) è: “debitamente promulgata da opportune procedure di diritto ecclesiastico (ius ecclesiasticum)”, mentre l’obiezione 2 (b), non risolta, è “In accordo sia con diritto ecclesiastico e diritto divino (divinum ius), cioè né dottrinalmente non ortodossa né altrimenti non gradita a Dio”. Non c’è altro da aggiungere, poiché si commenta da sola come risposta, unitamente all’editorialista che, quasi estasiato (forse non capendo il peso reale della risposta), dice: “Con questa risposta, il PCED chiarisce che coloro che vogliono la forma più antica della messa non devono ammettere che le pratiche come la comunione in mano, o le chierichette, ecc, sono buone”. Ciò è, di suo, inconciliabile sul piano del Diritto divino (e non sto certo riferendomi al puerile capriccio della “comunione sulla mano”). Il rito può essere considerato legittimo per la legge ecclesiastica se è appunto giuridicamente valido, ovvero promulgato da legittima autorità (potestà conferita “secondo l’ordine di Dio” al solo membro del Corpo Mistico, non all’etnico ed al pubblicano, Cf. Mystici Corporis, Papa Pio XII), ovvero rispondente a criteri stabiliti ed imposti dal Diritto divino ed imprescindibili. Nel qual caso nessuno può avere nulla a pretendere, e non lo dico certo io, ma basta studiare il Liber Pontificalis e tutte le sentenze pontificie (o conciliari / sinodali) sin dal secolo II sulle questioni liturgiche, per rendersene conto!
Laudetur Iesus Christus ! Semper laudetur !
Ci rischiamo alla domanda seguente:
P. Calmel resistò alle trasformazioni liturgiche in corso nel suo tempo. Quale sono oggi i frutti visibili e vivi della sua resistenza ? Se prendo come esempio Mgr. Lefebvre, posso vedere i frutti della sua resistenza-desobbedienza alla trasformazione della liturgia e teologia cattolica del dopo Concilio Vaticano II ma da P. Calmel non ci sembra vedere frutti ben visibili oggi di quella sua eroica resistenza anche se silenziata dall’autorita ecclesiastica di allora.
A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata.
Radio Vobiscum – [GERMANIA]
http://radio-vobiscum.tumblr.com
radiovobiscum(chiocciola)gmx.de
(((†)))
Sursum corda!
Quando il Seper interrogò mons. Marcel Lefebvre circa la sua opposizione alla celebrazione secondo il «Novus Ordo Missæ» e gli domandò: «Sostenete che un fedele cattolico può pensare ed affermare che un rito sacramentale, in particolare quello della Messa, approvato e promulgato dal Sovrano Pontefice, possa essere non conforme alla fede o favens haeresim?».
Alla specifica domanda il Monsignore non rispose . Il ragionamento logico è il seguente, e lo vedremo, tuttavia per comprenderlo dobbiamo per forza di cose slegarci moralmente e mentalmente dalla situazione presente, altrimenti si rischia di far dominare il proprio intelletto dal sentimentalismo.
Avremo, quindi, INQUISITORE X, VESCOVO Y e MESSA Z.
INQUISITORE X: perché vieti ai tuoi confratelli di celebrare la MESSA Z ?
VESCOVO Y: perché la MESSA Z non va bene.
INQUISITORE X: perché dici questo ?
VESCOVO Y: perché, per tutta una serie di motivi , con la MESSA Z «si vuol fare tabula rasa di tutta la teologia della Messa. In sostanza ci si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa».
INQUISITORE X: ma allora, secondo te, la Chiesa può permettere tutto ciò, così diabolicamente? Ovvero può permettere che il Popolo di Dio partecipi universalmente ad un rito «che si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa»? Ovvero il Papa e la Chiesa intera possono mai vincolare tutto il popolo ad una liturgia blasfema, pur sapendo che «il canone della Messa è esente da errori (dogmatici)»?
VESCOVO Y: .. non risponde !
Il silenzio del VESCOVO Y testimonia l’inconsistenza sistematica della sua teologia, poiché non è possibile rispondere positivamente al quesito posto senza sovvertire la dottrina di fede rivelata.
Laudetur Iesus Christus ! Semper laudetur !
GRAZIE per la sua risposta !
Il ragionamento logico ?
Nella sua logicita argomentativa: PLACET !
DOMANDA:
a) Come spiegare il crollo numerico della pratica domenicale della Chiesa cattolica romana in quasi tutti paesi dell’Europa dell’Oveste ? Il cambiamenti sociologici possono essere uno dei fattori.
b) Il cambiamento cultuale (Nuova teologia e dunque nuova liturgia) aggiunto a quel cambiamento sociologico puo pure essere uno dei fattori determinanti del crollo della Chiesa in Occidente ed in particolare nei paesi dell’oveste ? Una sovraposizione di cambiamenti in atto, aggiungendo un cambiamento teologico e cultuale proposto dai un concilio, puo forse aver provocato o amplificato un disorientamento religioso già in atto ?
A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata.
Radio Vobiscum – [GERMANIA]
http://radio-vobiscum.tumblr.com
radiovobiscum(chiocciola)gmx.de
(((†)))
Salve,
Nella storia ci sono stati momenti ben più ostili.
La Chiesa non è mai indietreggiata.
Nel mondo, non mai del mondo.
La “chiesa” conciliare, del mondo, produce i suoi frutti del mondo … evidentemente, ed il mondo sceglie Barabba, non Cristo.
Dio sia lodato.
Io verifico una trasposizione erronea tra il caso del Calmel e il paragone con le dichirazioni di Mons. Lefevre. Che Il Lefevre non rispondesse non significa nè un si nè un no. Egli non rispose e questo è il fatto puntuale che non pyuò essere interpretato se non per quello che è, nè più nè meno.
Detto questo il Calmel esplicita eccome la sua poszione, eppure a differenza del Lefevre non subì alcuna censura o punizione, come avvenne pure per San Pio da Pietralcina anch’esso assolutamente contrario alla “nuova messa”
(in realtà ve ne furono molti altri ovviamente censurati e relgati nell’oblio, uno lo conobbi io personalmente, un semplice e santo sacerdote
di paese che pure non ricevtte alcuna censura nè punizione ma che pure continuò a celebrare l’intero canone romano antico in latino e volto
coram Deo”.
Un conto è infatti seguire il ragionamento lineare e sequenziale di Calmel
un’altro è asserire che l’autorità del Sommo Pontefice è inficiata dalla promulgazione del Novus Ordo o “roba del genere”. Sono due cose differenti nella sostanza e nella forma. Fare come l’autore fa una sovrapposizione tra le due cose è operazione viziata e tutto sommato vana.
Sarebbe stata assai più significativa una eventuale critica alla serrata conseguenzialità del Calmel (senza nessuna necessità di tirare in ballo Lefevre che non figura affatto nel discorso del Calmel), ma una tale critica sarebbe stata assai complessa e per certi versi persino impossibile vista la coerenza innegabile del Calmel suddetto.
S’aggiunga poi che il Calmel parla chiaramente di un “abuso di autorità” e non di una mancanza di autorità da parte del Montini, ragione aggiuntiva che rende la trasposizione dei termini della vicenda ancor più scorretta, a ciò s’aggiunga che la promulgazione del Novus Ordo non abroga (perchè non può) il rito di San Pio V e quindi il silenzio di Lefevre e il divieto del medesimo ai suoi di celebrare in nosvus ordo è uguale al divieto di tanti vescovi che vietarono di celebrare (e ancora lo fanno) nel rito di Pio V.
Se quindi è problematica la posizione di Lefevre (caso assai raro) non lo è di più la posizione di migliaia di vescovi che pure vietarono e vietano il rito di Pio V, e se montini adoperando il suo primato promulga il novus ordo, può egli in virtù del suo primato attuale privare del suo primato
perenne San Pio V e potrebbe un papa col suo primato distruggere i dogmi
proclamati da i papi prima di lui? Può in altri termini in virtù del suo primato un papa trasformare l’eresia in retta dottrina e viceversa?
Vede in che razza di cul de sac conduce una trasposizione errata come quella fatta da Lei egregio De Pietro?
Salve.
1) lei dice: “Che Il Lefevre non rispondesse non significa nè un si nè un no. Egli non rispose e questo è il fatto puntuale che non pyuò essere interpretato se non per quello che è, nè più nè meno” …
Risp. che significa?
2) lei dice: “San Pio da Pietralcina anch’esso assolutamente contrario alla “nuova messa”” …
Risp. i sacerdoti anziani, dietro richiesta, furono dispensati dalla riforma, a prescindere.
3) lei dice: “in realtà ve ne furono molti altri ovviamente censurati e relgati nell’oblio”.
Risp. certo, difatti alcuni furono cacciati dalle chiese, privati delle case canoniche, ecc … Fondarono, dunque, comunità dette “sedevacantiste” fin dal 1969. Un rito di culto universalmente approvato, o è santo o non lo è. Nel primo caso si ubbidisce, nel secondo lo si rigetta constatando che il soggetto che lo ha voluto, promulgato ed imposto universalmente è fallibile, pertanto non autorevole, pertanto un usurpatore. E’ accaduto varie volte nella Chiesa e le condanne sin dal secolo II sono esposte nel Libert pont. !
4) lei dice: “Fare come l’autore fa una sovrapposizione tra le due cose è operazione viziata e tutto sommato vana”
Risp. ESEMPIO che smonta ogni eventuale obiezione: esiste il Novus Ordo (e questo è un dato), esiste il Vetus Ordo (e questo è un altro dato). Davanti a questi due dati certi, il fedele a chi dovrebbe domandare quale dei due Ordo è buono o quale non lo è? Ed in base a quale fortunoso criterio? Dovrebbe domandare a Padre Calmel (oggi a preti che la pensano come lui, e solo se ha la FORTUNA di conoscerli) oppure dovrebbe domandare alla Chiesa (quindi CERTAMENTE al Papa)? La risposta è semplice ed è di fede rivelata: il fedele DEVE ascoltare la Chiesa (quindi il Papa) e non l’opinione del singolo soggetto, nei suoi pruriti e venti di dottrina; soprattutto in questioni fondamentali ed universali come quella della Santa Messa. Pertanto il Novus Ordo o è Messa o non lo è, non esistono alternative, inoltre Dio NON permette che la SUA Chiesa promulghi universalmente un Ordo satanico e/o protestante (sarebbe come permettere universalmente ed imporre un falso culto al vero Dio, oppure un culto al falso dio). Non esiste un solo documento di Magistero che neghi l’assistenza divina nelle cose riguardanti il Culto universale della Chiesa. La Quo Primum Tempore di Papa san Pio V può chiarire le idee ai dubbiosi. Da una parte abbiamo la Chiesa CERTA, dall’altra abbiamo il singolo, le ipotesi, la FORTUNA, la superstizione (FALSO CULTO o CULTO AL FALSO), le chiacchiere ….
5) lei dice: “Sarebbe stata assai più significativa una eventuale critica alla serrata conseguenzialità del Calmel (senza nessuna necessità di tirare in ballo Lefevre che non figura affatto nel discorso del Calmel), ma una tale critica sarebbe stata assai complessa e per certi versi persino impossibile vista la coerenza innegabile del Calmel suddetto”.
Risp. Affatto, le medesime parole e posizioni sono riscontrabili sia in p. Camel che in Mons. Lefebvre. Cambia solamente il seguito, ovvero le misure disciplinari eventualmente prese “contro” i soggetti citati.
6) lei dice: “S’aggiunga poi che il Calmel parla chiaramente di un “abuso di autorità” e non di una mancanza di autorità da parte del Montini” .
Risp. Non è lecito, per fede rivelata, parlare di “abuso di autorità” nella promulgazione di culto universalmente imposto alla Chiesa universale. Ripeto: “Non esiste un solo documento di Magistero che neghi l’assistenza divina nelle cose riguardanti il Culto universale della Chiesa. La Quo Primum Tempore di Papa san Pio V può chiarire le idee ai dubbiosi”. Il culto o santifica, ed è cattolico, o non santifica, ed è anticattolico!
7) lei dice: “Se quindi è problematica la posizione di Lefevre (caso assai raro) non lo è di più la posizione di migliaia di vescovi che pure vietarono e vietano il rito di Pio V, e se montini adoperando il suo primato promulga il novus ordo, può egli in virtù del suo primato attuale privare del suo primato perenne San Pio V e potrebbe un papa col suo primato distruggere i dogmi proclamati da i papi prima di lui? Può in altri termini in virtù del suo primato un papa trasformare l’eresia in retta dottrina e viceversa? Vede in che razza di cul de sac conduce una trasposizione errata come quella fatta da Lei egregio De Pietro?”
Risp. Forse lei non ha capito. Chi ha rigettato il Novus Ordo lo ha fatto per questioni dottrinali, ritenendo il nuovo rito: “favens haeresim”. Un vero Papa, in quanto tale (Pontefice) NON può promulgare universalmente un falso culto a Dio, oppure un culto al falso dio. Se ciò dovesse accadere, sarebbe chiara testimonianza che il soggetto non è assistito da Cristo nel governo, pertanto sarebbe privo di qualsiasi giurisdizione.
Buona domenica!
Lei continua a confondere e confonde la giurisdizione con l’infallibilità e confonde l’azione dello Spirito Santo con la predestinazione.
Un Papa che volesse promulgare un’eresia non potrebbe essere “costretto” a non farlo dallo Spirito Santo perchè in tal caso egli sarebbe privo del libero abitrio, ovvero si troverebbe predestinato nel servo arbitrio di lutero.
Che quindi un papa possa errare nel promulgare una norma (liturgica o meno che sia) non c’è dubbio. La questione è se fatto ciò resti o meno papa, o se quando la promulga (in conseguenza del suo abuso o errore) tale norma pur lui restando papa non sia vincolante.
Se lei sostiene che un papa essendo papa è infallibile “PER FORZA” lei è in eresia se invece sostiene che PAOLO VI fece bene a fare ciò che fece
deve spiegarci perchè esattamente come il calmel spiegò il contrario e deve anche spiegarci perchè necessiti indulto per ciò che è valido in perpetuo
mentre sia lecito l’imporre il suo contrario.
Quello che è sicuro è solo che IL PAPATO rettamente condotto è infallibile.
Per quel che mi riguarda io non ritengo invalida la messa di Paolo VI,
ma la ritengo una mutilazione sovversione e svlimento della vera messa. Mutilazione sovversione
e svilimento che deriva non da GIURISDIZIONE ma da COLPA.
E siccome vi sono poteri di giurisdizione propri del vescovo di roma
che pur restando efficaci non impegnano l’infallibilità del papato e molto importante non confondere la giurisdizione con la certezza di infallibilità.
Salve.
Lei scrive: “Lei continua a confondere e confonde la giurisdizione con l’infallibilità e confonde l’azione dello Spirito Santo con la predestinazione.”
Risp. Gentile amico, anzitutto lei non dovrebbe attribuire “confusione” su “confusione” al suo prossimo, per di più non conoscendone né preparazione e né scritti pubblicati. Lei, invece, probabilmente non conosce il Codex Iuris Canonici o un qualsiasi Documento sulla Vacanza della Sede. E’ un canonista? Se si, ho seri dubbi sul conto del suo docente. Papato = primato di giurisdizione = requisiti sesso maschile, età di ragione maggiore, fede cattolica, intenzione a ricevere l’Ordine episcopale, sanità mentale. Se sussistono i requisti, il designato riceve per conferimento da NSGC il primato, ovvero la potestà. Cosa significa? Significa essere Papa, ovverosia essere infallibile nella docenza (Chiesa docente). Significa anche essere impeccabile? No, affatto! La peccabilità del dottore privato o uomo è altro e non è inerente al discorso qui fatto.
Alcuni suggerimenti: L’Ecclesia Christi, la comunità dei chiamati da Dio, è una commistione tra una comunità esterna di soggetti che professano la stessa fede, partecipano agli stessi sacramenti e tendono alla realizzazione dei medesimi fini spirituali sotto la potestà del Romano Pontefice, e una realtà interiore (Corpo Mistico di Cristo), che ha al suo centro un elemento invisibile e divino. La Chiesa cattolica è una società giuridicamente perfetta (in quanto non riceve da nessuno il suo potere) e autosufficiente. È una società ecclesiale, il cui imperativo primario è la salvezza delle anime. Le sue finalità sono essenzialmente spirituali, ovvero custodire e insegnare le realtà rivelate, condurre gli uomini a seguire le leggi di Dio».
È così fondamentale questa nozione – «custodire e insegnare le realtà rivelate, condurre gli uomini a seguire le leggi di Dio» – che addirittura il Romano Pontefice, qualora dovesse venir meno a questo FINE (nel suo «oggetto sociale») con «pubblica defezione dalla fede», verrebbe privato da Cristo della sua autorità, perderebbe – ipso facto – ogni ufficio, e questo perché la potestà di giurisdizione è vincolata alla fede, all’appartenenza al Corpo Mistico di Cristo.
Codex Iuris Canonici, 1917, can. 188 §4 cui si aggiunge il can. 108 §3 che acclude chiaramente anche il Pontefice alla categoria. Privato già della giurisdizione ipso facto, non resta che formalizzarne il fatto, questo lo si fa mediante una constatazione legale (rif. alla imputabilità can. 2197 ad alla prova di reato can. 2200). Anche la disposizione morale (o volontà) di designare un successore di san Pietro fa vivere la Chiesa fino alla fine dei tempi, come nel caso della morte di un Papa ed in attesa di eleggerne legittimamente uno nuovo. La potestà di governo differisce dalla disposizione di designare, la prima si perde, la seconda no. Basti pensare al caso dello Scisma d’Occidente quando designarono ben 3 linee differenti.
Per fare un esempio sempliciotto, Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama, nella sua condizione corrente (immutata) non potrebbe mai ricevere da Cristo alcuna giurisdizione, pertanto se anche fosse designato Pontefice in conclave e riconosciuto tale da tutta la Chiesa, sarebbe privo di qualsivoglia autorità, i suoi atti di governo sarebbero nulli (allo stesso modo dell’eretico notorio, dell’apostata, del demente, ecc…). Potrebbe farsi anche l’esempio dell’ostia che, se fosse di ananas, non sarebbe mai transustanziata per vizio di materia, anche se tutta la Chiesa, in adorazione universale, in quel momento la riconoscesse vera.
L’infallibilità è (detto sbrigativamente) assistenza dello Spirito Santo nell’esercizio della Potestà di giurisdizione, ovverosia nel governo e nella docenza!
**********
Lei dice: “Che quindi un papa possa errare nel promulgare una norma (liturgica o meno che sia) non c’è dubbio.”
Risp. Meglio che in futuro evita di scrivere certe dottrine già condannate in passato, per 2 motivi: 1) L’Ordo della messa di cui qui si discute NON è una semplice “norma liturgica”, ma è il CULTO UNIVERSALE CHE SI DEVE A DIO; 2) L’Ordo universale deve santificare, difatti come spiega la Chiesa nel suo vivo Magistero sin da secolo II (di cui abbiamo traccia scritta nel Liber Pontificalis), Dio stesso assiste il Pontefice e la Chiesa nel promulgare ed imporre il culto VERO che si deve al VERO Dio.
QUINDI DOPO DI CIO’ MUORE TUTTO IL DISCORSO che segue, poiché quello che lei vuol intendere (e dice) è “Che quindi un papa POSSA ERRARE nel promulgare ed imporre il Culto universale VERO che di deve al VERO Dio non c’è dubbio.”
La Chiesa cattolica insegna il contrario. Dovrebbe, lo dico con amore, farsi evangelizzare!
Santa notte.
Lei continua a voler glissare la questione e lo fa richiamando codifiche canoniche e sovrapposizioni filologiche non cogenti, ovvero continua a confondere.
Lei non può stabilire che il papa è nel giusto perchè il papa è giusto e che quello che fa
il papa è sempre giusto perchè il papa è sempre papa.
Le sue tautologie sono estranee sia ai dettami del magistero solenne che Lei richiama sia alla pura e semplice logica.
Il punto qui (ed è questo il punto sollevato dal Calmel e su cui Lei continua a glissare)
è il seguente:
Può un papa comportarsi liberamente come e quando vuole?
La risposta non può che essere si.
Essendo libero sempre e comunque può imporre liberamente una legge o un dettame errato utilizzando la giurisdizione di cui è depositario?
La risposta resta ugualmente si (a meno di non voler sostenere l’assurdo di un servo arbitrio
unico ed eccezionale nel caso uno venga eletto papa).
Premesso questo ora e soltanto ora possiamo discutere finalmente sulla specifica questione sollevata dal Calmel, se cioè il Novus Ordo che pure è promanazione propria al papa è in realtà coerente coi doveri del papato o piuttosto è viziato da un abuso della sua pur contingente autorità.
Solo successivamente alle deduzioni e controdeduzioni possiamo stabilire il resto eventuale.
Lei non può impropriamente porre al posto di quello che dovrebbe essere quello che è e poi far finta che sia quello che dovrebbe essere o pretendere che lo sia solo perché così è stato.
Il punto che va discusso sul piano teologico piuttosto che canonistico (su cui pure non sono affatto digiuno come non lo è Lei) è il seguente:
Ammesso che un papa può sbagliare essendo libero sempre come qualunque uomo
e dato per infallibile il dettato del Vaticano I che certo Lei conosce quanto me, nel caso improvvido che un papa sbagli, non potendo venire meno l’infallibilità del papato che è dogma di fede, è il papa che smette d’essere papa o è la regola che ha fallibilmente proposta che diviene non impegnativa?
Questa riflessione strettamente specifica non è risolvibile né richiamando il CIC 17 (peraltro non più efficace) né quello dell’83 e richiede un approfondimento urgente proprio oggi che la Chiesa sperimenta il papato di Bergoglio, non immune da oggettive derive filologiche e dottrinali.
Lo spirito Santo nel governo della docenza assiste ma non può costringere e l’errore resta ipotesi sempre plausibile oltre che inciampo sempre in agguato, per ogni uomo, anche per coloro che fossero eletti vescovi di roma, questo non inficia certo il dogma dell’infallibilità papale né significa che il papa affermando qualcosa di erroneo o promulgando norme viziate abbia scelto la via della “pubblica defezione dalla fede” e questo è il punto nodale vede?
La questione in altri termini va approfondita e meglio delineata in chiave teologica (e non solo) ma non è cosa da rinviare, anzi è argomento urgente.
Chiudersi ad ogni ipotesi di approfondimento di questa analisi che ripeto è primariamente teologica e solo secondariamente canonistica è a mio avviso modesto assai sconsigliabile
e controproducente.
Anche io lo dico con amore, confidando nella assistenza dello Spirito Santo non si chiuda di fronte a questa riflessione per il bene tanto Suo che di tutta la Chiesa perché oggi il problema è grave e domani temo lo sarà ancora di più.
Non deve convincermi di nulla Le garantisco, perché pochi quanto me sono già ampiamente convinti tanto della infallibilità papale espressa nel Vaticano I, quanto della assistenza certa dello Spirito Santo alla Chiesa ed al Suo capo visibile e principio unificativo che è il Sommo Pontefice, questo però non può esimerci dal procedere in onestà di coscienza e spirito di verità riflettendo su questo spinoso argomento.
La saluto in fede.
Salve.
Rispondo puntualmente.
LEI DICE: “Lei continua a voler glissare la questione e lo fa richiamando codifiche canoniche e sovrapposizioni filologiche non cogenti, ovvero continua a confondere”.
RISPOSTA: Non credo proprio e la Chiesa conferma ampiamente ciò che scrivo. Studi:
1) https://www.radiospada.org/2013/06/linfallibilita-della-chiesa-e-del-papa-magistero-universale-e-ordinario/
2) https://www.radiospada.org/2013/08/sulla-necessita-dellinfallibilita-del-pontefice-e-sulla-condanna-della-collegialita/
3) https://www.radiospada.org/2013/07/sullinfallibilita-nella-canonizzazione/
4) https://www.radiospada.org/2013/10/quando-linfallibilita-del-gregge-diventa-la-fallibilita-della-chiesa-le-novita-sul-caso-liberio/
LEI DICE: “Lei non può stabilire che il papa è nel giusto perchè il papa è giusto e che quello che fa il papa è sempre giusto perchè il papa è sempre papa. Le sue tautologie sono estranee sia ai dettami del magistero solenne che Lei richiama sia alla pura e semplice logica.”
RISPOSTA: Negli studi su citati ed in tanti altri, io dimostro che il Magistero della Chiesa conviene con ciò che scrivo. Lei citi qualche documento di Magistero per confutare, diversamente il suo parere è personale e per tale va qualificato.
LEI DICE: “Il punto qui (ed è questo il punto sollevato dal Calmel e su cui Lei continua a glissare) è il seguente: Può un papa comportarsi liberamente come e quando vuole? La risposta non può che essere si.”
RISPOSTA: Falso. Nella materia del Diritto divino un Pontefice che dovesse DEVIARE DALLA FEDE con eresia notoria (pertiance già di suo poiché resasi formale) diverrebbe inabile al Pontificato. Ciò dimostrerebbe: a) non è probabilmente mai stato Papa per vizio di elezione; b) ha perduto il Pontificato successivamente per vizio di docenza.
LEI DICE: “Essendo libero sempre e comunque può imporre liberamente una legge o un dettame errato utilizzando la giurisdizione di cui è depositario? La risposta resta ugualmente si (a meno di non voler sostenere l’assurdo di un servo arbitrio unico ed eccezionale nel caso uno venga eletto papa).”
RISPOSTA: Falso, se ciò dovesse accadere – su questioni di Diritto divino (Magistero solenne universale e ordinario – docenze su questioni di fede e costume), approvazione universale di culto a Dio, Legge che regolamenta la fede ed il costume, canonizzazione di santi, approvazione di Ordini religiosi come via di santità – ovverosia se il designato dovesse palesare l’eresia formale (notoria / pertinace) ai sensi del can 188 §4 in rif al can 108 § 3 del CJC 1917, questi perderebbe ipso facto ogni suo ufficio per defezione dalla fede, pertanto sarebbe inabile ad insegnare e governare. I suoi atti sarebbero nulli (nulli ripeto) e l’unica forma di resistenza consentita dalla Chiesa è la constatazione di vacanza della Sede apostolica.
Mi citi, lo ripeto, un qualsiasi documento di Magistero che supporti questa sua tesi protestante. Sulla materia di fede e costume, sul culto e sulla legge, nonché sulle canonizzazioni e sull’approvazione degli ordini religiosi come via di santità certa, la Chiesa ed il Pontefice nel loro Magistero autentico hanno assistenza e garanzia di infallibilità. Lei dimostra di non conoscere né la missione redentrice di Cristo, né il Corpo Mistico, né l’origine e la natura (scopo) del Papato. Le consiglio di studiare tempestivamente la Mystici Corporis di Papa Pio XII che lei dimostra ampiamente di non aver studiato. Le consiglio di studiare urgentemente la Pastor Aeternus, la Dei Filius, la Satis cognitum, la Munificentissimus Deus, la Pascendi Dominci gregis, la Quanta Cura, l’Auctorem Fidei e, da principio, il Primato del Pontefice nella Sacra Scrittura, per esempio spiegato da sant’Alfonso Maria de Liguori nella parte III del suo libro Verità della Fede.
Ciò che lei scrive è condannato apertamente dalla Chiesa.
Muore tutto il resto che lei ha scritto poiché presuppone, come lei scrive, “premesso ciò” … Lei ha premesso delle sue idee già condannate dal Magistero e dalla Chiesa, pertanto cosa vogliamo premettere? Forse il Gallicanesimo?
La invito prudentemente, prima di fare dell’apologetica cattolica, a documentarsi su scritti di MAGISTERO DELLA CHIESA, che lei non è in grado di citare poiché probabilmente legge altro.
Dio sia lodato.
Buona giornata.
Il vizio di docenza di cui lei parla non è affatto esplicitato in modo esaustivo e completo dal magistero. Gli estremi di questo vizio di docenza infatti possono essere estremamente sfumati come lo sono nella casistica e possono essere intesi quali efficaci nella ipotesi di decadenza dal papato unicamente ad alcune specifiche condizioni che Lei stesso per altro accenna e che non sempre si concretizzano.
Mi citi lei un documento (quello si che sarebbe protestante) che ammettesse il servo allo Spirito Santo arbitrio di chi venisse eletto papa.
O mi citi Lei un documento che affermi che se un papa nell’esercizio delle sue funzioni ordinarie proprie (quali sono per esempio le omelie nei suoi pontificali o celebrazioni), affermando una eresia o emettendo una affermazione erronea dottrinalmente decadesse dal papato.
Non sono io che debbo dimostrare che proprio in materia di fede e costume un papa
che dichiarasse ad esempio che il culto anticristico del ramadan dà frutti spirituali decade dal papato, è lei che deve farlo, né debbo essere io a dimostrare che un papa che
ascrivesse al ramadan frutti spirituali (ovvero grazie) è infallibile. Io stò dicendo
che c’è una via di mezzo e lo dico perchè è talmente evidente che c’è che il negarlo e ridicolo, il punto ora è approfondire i termini della questione.
La prego ribadisco evitare di irrigidirsi arroccandosi dietro elenchi di documenti magisteriali e riferimenti a pregressi articoli. Se vuole ribattere lo faccia serenamente
ma apra il suo dialogo al campo semantico che le stò sottoponendo. Siamo ad una ipotesi teologica lecita e plausibile su cui il magistero non ha espresso né condanne specifiche né avalli definitivi. Se vuole avventurarsi su questo campo sono disponibile se vuole invece continuare a ergersi sullo scranno alto dei suoi “accademia” temo dovrò rassegnarmi a sospendere i miei contributi sulla questione.
Aggiungo anche che proprio su questo blog non mancano contributi di altri autori
che aprono esplicitamente a questa mia ipotesi né mancano d’altro canto sostenitori
puri e semplici del sedevacantismo innescato proprio dalla promulgazione del vaticano secondo e della liturgia riformata.
Non rilevo però da parte sua l’acredine ed il piglio “evangelizzante” verso questi colleghi
di redazione che non fanno certo nascondimento di sostenere i vari “cassicianesimi” e similia.
Commento a parte questo finale:
——————————————————–
L’infallibilità è (detto sbrigativamente) assistenza dello Spirito Santo nell’esercizio della Potestà di giurisdizione, ovverosia nel governo e nella docenza!
**********
Lei dice: “Che quindi un papa possa errare nel promulgare una norma (liturgica o meno che sia) non c’è dubbio.”
Risp. Meglio che in futuro evita di scrivere certe dottrine già condannate in passato, per 2 motivi: 1) L’Ordo della messa di cui qui si discute NON è una semplice “norma liturgica”, ma è il CULTO UNIVERSALE CHE SI DEVE A DIO; 2) L’Ordo universale deve santificare, difatti come spiega la Chiesa nel suo vivo Magistero sin da secolo II (di cui abbiamo traccia scritta nel Liber Pontificalis), Dio stesso assiste il Pontefice e la Chiesa nel promulgare ed imporre il culto VERO che si deve al VERO Dio.
QUINDI DOPO DI CIO’ MUORE TUTTO IL DISCORSO che segue, poiché quello che lei vuol intendere (e dice) è “Che quindi un papa POSSA ERRARE nel promulgare ed imporre il Culto universale VERO che di deve al VERO Dio non c’è dubbio.”
La Chiesa cattolica insegna il contrario. Dovrebbe, lo dico con amore, farsi evangelizzare!
Santa notte.
————————————————————-
L’infallibilità E’ (come lei pure dice) “assistenza” dello Spirito Santo nell’esercizio della podestà di giurisdizione (ovvero nel governo e docenza) ma NON E’ “costrizione” o “predestinazione” o “sostituzione”…. è e resta assistenza e come tale può essere liberamente accettata o (ed improvvidamente) rifiutata come tutte le grazie che Dio offre all’uomo.
In merito poi alla definizione di ordo missae quale
CULTO UNIVERSALE CHE SI DEVE A DIO, tale definizione è propria nel caso del rito di San Pio V ma è già improprio nel caso del messale elaborato da Bugnini essendo di fatto tale ordo unicamente una pallida traccia peraltro affatto seguita ed assai distorta dalle conferenze episcopali nazionali che non dispongono ovviamente della grazia di stato del papato né della infallibilità dogmatica. Il novus ordo potrebbe avere questa definizione sua più propria se esistesse unicamente nella versio tipica latina, per tutta l’orbe cattolica e come tale fosse stato promulgato, mentre invece sappiamo bene non è così, e che anzi la versio tipica latina è di fatto misconosciuta ed è stata abbandonata appena prodotta; definire d’altro canto quale universale l’ordo italiano, o l’ordo francese o l’ordo olandese quali essi sono è ovviamente erroneo ed impossibile, ma sono questi che vengono utilizzati nel culto celebrato e non mai o quasi il tipico (tranne pochissime eccezioni in Vaticano o in alcuni altri rarissimi casi).
A questa assurda contraddizione di orizzonte si aggiunga poi lo specifico di questa nostra riflessione sulla essenza stessa della riforma liturgica e sul fatto se sia o no plausibile la stessa quale coerente espressione dell’infallibilità papale o meno.
Come Lei stesso riconferma, DIO “assiste ovvero non “costringe” il pontefice nel promulgare ed imporre il culto della Chiesa universale dovuto a Dio e su questo non c’è dubbio, il dubbio è sul capire se sempre e comunque e specie ultimamente si sia sempre fatto (o meno) retto e completo uso di questa sicura assistenza.
Personalmente mi sforzo sempre d’essere il più possibile mansueto ai consigli evangelici
ma questo non può esimere dal dovere di verità presupposto per ogni forma coerente
di fede e di carità realmente cattoliche.
Come è evidente da quanto ho posto in sintesi quello che stò sollevando è un problema irrisolto ad oggi dal magistero e non rispecchia punto le varie tesi sedevacantiste o lefevriane (per dirla in termini semplicistici), tutt’altro, la tesi che stò discutendo con Lei e che sostengo in una dimensione dialogico/riflessiva e di approfondimento non è mai stata né condannata né confermata dalla Chiesa Cattolica, indi ci stiamo muovendo in un campo
di lecita e per certi doverosa indagine teologica che ripeto è a mio modesto avviso persino urgente, per il bene della Chiesa tutta.
Buona sera
Gentile amico,
lei insiste adducendo proposizioni che sono state già condannate apertamente dalla Chiesa.
Io più di segnalare i documenti che lo fanno, e tanti altri ne potrei segnalare, non posso fare.
Non è in mio potere obbligarla con la forza.
Schematizzo.
1) L’Ordo della Messa approvato universalmente dalla Chiesa (significa con la firma del Pontefice o di un suo Legato) non può: a) contenere eresie; b) deviare dalla fede; c) essere non santo; d) essere un falso culto; e) essere un culto al falso;
2) Se ciò dovesse accadere, il Diritto divino dapprima ed il diritto ecclesiastico poi (insieme nel Diritto canonico), come la teologia insegna, prevedono una sola possibilità: CHI HA APPROVATO IL DOCUMENTO E SI RIFIUTA DI ABOLIRLO DOPO CORREZIONE O MONIZIONE, E’ IPSO FACTO UN USURPATORE, E’ PRIVATO DI OGNI UFFICIO, SOSTANZIALMENTE E’ UN ANTIPAPA.
Se il Novus Ordo, stando ai molti, contiene eresie o prossimità all’eresia, non è un culto santo, è un falso culto o è un culto al falso …. Se le cose stanno così, e se l’errante non ha ritrattato dopo canonica correzione o monizione (di autorità preposta), il soggetto si palesa inabile al Pontificato.
Nell’attesa di una dichiarazione di Sede vacante, la Chiesa – secondo la propria competenza e secondo il proprio status – prende già di suo le distanze dal soggetto che è già stato incriminato da Dio, tuttavia in attesa di giudizio umano.
Quando papa Pio XII nella Mystici Corporis dice “secondo l’ordine di Dio”, spiega chiarissimamente il concetto, in tempi relativamente recenti e proprio per togliere ogni dubbio di modernismo.
Santa serata.
Lei insiste a non voler affrontare la questione nei termini che propongo:
Io non ho detto che il novus ordo contiene eresie né ho detto che è un falso culto o un culto al falso, né che non sia santo né che devia dalla fede, ho invece sostenuto che non è universale (purtroppo) e che a differenza del rito di San Pio V è una riduzione umiliazione ed una mistificazione del senso profondo della Messa. Sono cose differenti e non è in ballo qui la validità assoluta ma l’efficacia relativa.
Io ritengo la messa nuova una specie di “messa di emergenza”, un rimedio
di rattoppo ad una deriva e crisi che stà devastando la Chiesa Cattolica e che anziché
rimediare al danno lo stà ampliando. Il male però non è originariamente nel rito della messa nuova, bensì è sul rito della messa nuova che il male ha esteso le sue propaggini.
“Se ciò dovesse accadere ……. dice lei” lei avrebbe ragione ma siccome io non sostengo quello che lei stà configurando come fattispecie è il suo ragionamento che decade e non il mio.
Lei taccia di modernismo me o traspone a me le responsabilità e le azioni dei papi
postconciliari? Non la capisco.
Io stò ribadendo che la sede non può essere vacante perchè la messa nuova è invalida in quanto non sostengo la sua invalidità, sostengo invece la sua inferiore degnità e fruttuosità in riferimento al culto dovuto a Dio e al senso primo del Santo Sacrificio della messa, evidenza che per altro non solo io ma molti
prima di me e con ampia documentazione hanno sottolineato, e nessuno tra questi è eretico o ignorante.
Ammessa questa ipotesi la sede comunque non sarebbe vacante, ma comunque la questione andrebbe dipanata senza dover richiamare strali di eresia che sono fuori luogo.
Lei su questo campo continua a non voler argomentare ma questo è il punto.
Aggiungo e poi non replico poiché non posso dedicare altro tempo a questa discussione.
Lei dice: “Il vizio di docenza di cui lei parla non è affatto esplicitato in modo esaustivo e completo dal magistero. ”
Rispondo: FALSISSIMO. Se lei solo avesse letto i documenti che le ho citato si ricrederebbe. E’ così ben spiegato e definito il concetto che se lei cerca sul Denzinger anche solo “lex orandi”, numerosi Pontefici le spiegheranno il Vangelo.
In attesa di una sua cristiana ritrattazione, prego per lei.
Dio la benedica.
Guardi che non è il solo a possedere e consultare di frequente il Denzingher ed il vizio di docenza è esplicitato nella misura in cui è esplicitato e non oltre. Purtroppo qui siamo in una casistica specifica che esula da quelle esplicitate con certezza. La lex orandi è quello che è, il vizio di docenza che fa decadere dal papato è quello che è e sono due cose distinte. Ad ogni modo ripeto: siamo in una fattispecie differente.
La ringrazio di pregare per me, come tutti ne ho bisogno e ricambio.
Dio benedica Lei e mi perdoni per i fastidi ed il tempo che Le ho sottratto.
Dio sia lodato.
Io le consiglio di consultare un canonista prima di scrivere ” Purtroppo qui siamo in una casistica specifica che esula da quelle esplicitate con certezza “.
Lei cosa sta dicendo?
Nel mio testo APOLOGIA DEL PAPATO (sarà edito da EffediEffe ad aprile/maggio 2014) dimostro con esempi concreti e verificatisi come è stato applicato il Diritto divino al caso specifico: defezione di un Pontefice = Sede di san Pietro vacante / defezione di un vescovo residente = Sede diocesana vacante.
Lei aggiunge: “Guardi che non è il solo a possedere e consultare di frequente il Denzingher “. Io le dico che per brevità la invitavo a studiare il vero Magistero così come il Denzinger latino lo sintetizza e lo enuncia. Era solo un consiglio, visto che lei sembra manifestare tanto il desiderio di non voler studiare. Lo dico con bontà e non con cattiveria!
Poi le consiglio di studiare il CJC del 1917 (precisamente i canoni 108 e 188), inoltre qualche commentario accreditato.
Per brevità:
PARS PRIMA.
DE CLERICIS.
SECTIO I.
DE CLERICIS IN GENERE.
Can. 108. §1. Qui divinis ministeriis per primam saltem tonsuram mancipati sunt,
clerici dicuntur.
§2. Non sunt omnes in eodem gradu, sed inter eos sacra hierarchia est in qua alii
aliis subordinantur.
§3. Ex divina institutione sacra hierarchia ratione ordinis constat Episcopis,
presbyteris et ministris; ratione iurisdictionis, pontificatu supremo et episcopatu
subordinato; ex Ecclesiae autem irnstitutione alii quoque gradus accessere.
CAPUT II.
De amissione officiorum ecclesiasticorum.
Can. 188. Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia
vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus:
1° Professionem religiosam emiserit, salvo, circa beneficia, praescripto can. 584;
2° Intra tempus utile iure statutum vel, deficiente iure, ab Ordinario
determinatum, de officio provisus illud adire neglexerit;
3° Aliud officium ecclesiasticum cum priore incompatibile acceptaverit et
eiusdem pacificam possessionem obtinuerit;
4° A fide catholica publice defecerit;
5° Matrimonium, etiam civile tantum, ut aiunt, contraxerit;
6° Contra praescriptum can. 141, §1 militiae saeculari nomen sponte dederit;
7° Habitum ecclesiasticum propria auctoritate sine iusta causa deposuerit, nec
illum, ab Ordinario monitus, intra mensem a monitione recepta resumpserit;
8° Residentiam, qua tenetur, illegitime deseruerit et receptae Ordinarii monitioni,
legitimo impedimento non detentus, intra congruum tempus ab Ordinario praefinitum,
nec paruerit nec responderit.
Credo di non dover aggiungere altro.
Il mio dovere di scrittore cresimato lo ho svolto.
Dio sia lodato.
Buona serata!
Guardi che certamente consultando un canonista Le verrà comunicato che il CJC del 17 non è più valido e se vuole discutere su questioni specifiche risponda nella fattispecie senza citare inutilmente testi non più validi e ripeto non attinenti la fattispecie o persino libri ancora non pubblicati.
La fattispecie è:
Se un papa nell’esercizio ordinario del suo ministero propone una dottrina erronea
o ambigua in ambito di morale e costume o emette una affermazione che contiene una negazione di dogma e/o verità di fede senza in questa perseverare né recedere formalmente costui resta in carica o no? (se magari dice IN UNA OMELIA che il culto anticristico del ramadan da frutti spirituali, tanto per essere chiari e non menare il can per l’aia del CJC del 17).
Se parimenti un papa viola una norma della chiesa magari anche liturgica o con atti o parole tali norme stravolge o non rispetta e tali norma pur potendole cambiare non le cambia, ma ne viola il contenuto con prassi contraria commette errore oppure no? Se commette errore resta papa oppure no?
(quando senza modificare norme che pure potrebbe modificare viola i rituali
e lava magari al venerdì santo i piedi di una donna pregiudicata musulmana sempre per fare esempi chiari).
Se infine un papa promulgando nuove norme o affermazioni in ambito di morale e costume e dottrina non in contrasto con regole e dogmi
specifici verifica che l’ambiguità e la indeterminatezza di tali norme porta molti all’errore manifesto e non fa nulla o quasi per porre rimedio a ciò commette errore oppure no? Resta papa oppure no? (è il caso del novus ordo e delle derive cultuali che ha ingenerato una volta messo nelle mani delle conferenze episcopali locali)
Come vede qui non si ricade nella casistica specifica che prevederebbe con certezza la perdita del primato petrino, ma parimenti la questione è cogente.
Io ritengo che resti papa ma che gli errori che pure si riscontrano evidenti non possono essere presi per cose giuste a cui prestare fede, d’altro canto non sono neppure giudizi espressi quale uomo qualunque… quindi??? ma è una mia posizione che può essere valutata e approfondita teologicamente perché non ricade in alcuna definizione certa già emessa, lei potrebbe non essere d’accordo e sostenere che se questo accadesse allora il papa decadrebbe dalla carica, ma allora come la mettiamo con bergoglio e magari con montini?
Se può mi risponda in modo diretto e ristretto agli esempi della fattispecie, altrimenti
non risponda affatto, non c’è problema. Eviti però di citare qualche altro canone del 17
o qualche suo articolo di futura redazione.
Cordialmente
Gentile amico,
Lei dice: “Guardi che certamente consultando un canonista Le verrà comunicato che il CJC del 17 non è più valido e se vuole discutere su questioni specifiche risponda nella fattispecie senza citare inutilmente testi non più validi e ripeto non attinenti la fattispecie o persino libri ancora non pubblicati.”
Il CJC è ancora oggi in vigore se si presuppone la Sede vacante, quindi la totale nullità di docenze e governi successivi, poiché illegittimi secondo Diritto divino prima ed ecclesiastico poi.
Quando vorrà rispondere con citazioni di Magistero e non con teologia personalistica prossima al gallicanesimo, volentieri le replichero’.
Dio la benedica.
Io non sostegno la sede vacante non ritenendo il Vaticano II e la sua approvazione in quanto tale, attivante i presupposti di decadenza del papato di Montini e dei successivi papati; sinceramente non s’è ben capito se invece la implichi Lei quando cita il CJC del 17 anziché quello dell’83, ma vado oltre:
Non ritengo esente da alcuni vizi palesi la tesi “Cassicianum” e non ritengo
neppure coerenti e quindi seguibili altri sedevacantismi e gallicanesimi noti e meno noti, ma parimenti riscontro in alcuni specifici aspetti e pieghe conciliiari e non, derive acattoliche nè coerenti coi doveri del cattolico (che sono la strada della vera libertà) nè pertanto impegnative per la sua coscienza.
Le citazioni di magistero mancano (purtroppo) sulla questione specifica ed è proprio per questo che è lecito condurre liberamente una diatriba teologica senza incorrere nell’errore e nella giusta condanna della Santa Chiesa, discente e purgante.
Resta però aperta la questione che ho sollevato in stringa, vieppiù riguardo gli esempi ambigui e problematici che abbondano nei propri dell’azione papale di Montini e di Bergoglio (in prevalenza, almeno, a confronto con altri papati).
Non credo infatti che i “resistenti” in ambito liturgico quali il Calmel o San Pio da Pietralcina o molti “lefevriani” e tanti e tanti altri, fossero gallicani o sedevacantisti o eretici o scismatici, ma al contrario profondamente obbedienti e profondamente cattolici accomunati da una santa ed umilissima fortezza e amore per il Santo Sacrificio di Cristo Redentore.
Questo mi premeva esprimere e su questa ideale linea netta di demarcazione (che pure valuto comune e compatibile coi rilievi scritti del Calmel o magari con le resistenze attuate da San Pio da Pietralcina) ho avviato i miei contributi.
Comprendo pure le necessità ed i limiti dello spazio comunicativo specifico e ringrazio per l’attenzione pur già ricevuta senza meriti di sorta.
Con stima
Gentile Matteo,
io davvero non posso più risponderle.
Lei sostiene una tesi usando la sua teologia.
Io sostengo la tesi della Chiesa citando i documenti di Magistero e di Codex che la supportano.
Le sto domandando ripetutamente di avvalorare la sua tesi con pari fonti e citazioni.
Lei non lo fa.
Cosa devo pensare?
Mi dispiace ma, come già le dicevo, esula dal mio status andare oltre.
Dio la benedica e grazie per la conversazione.
Lei afferma deduzioni derivanti dal Codex e dal Magistero ma io non posso farlo perchè la tesi che propongo non è ivi contemplata nè in senso autorizzativo nè confutativo.
Le tesi teologiche sono sempre la base di partenza e non l’epilogo dei documenti successivi del magistero. In ambiti infatti in cui il magistero non ha espresso alcun precetto o affermazione specifica chiunque può proporre teorie
e tesi teologiche che ovviamente non contraddicano o neghino il depositum fidei. Questa è la fattispecie. Lei pretende da me qualcosa che non è possibile ovvero pretende che per fare teologia si faccia canonica sovrapponendo le due cose e per supportare la sua pretesa agisce rifiutando ogni tesi teologica che non sia già proclamata o definita dal magistero. Se così si procedesse sempre vi dovrebbero essere solo canonisti e la disciplina teologica dovrebbe essere abrogata.
Se gli Antichi Padri o Sant’Agostino, San Tommaso o Pio XII avessero fatto così oggi non avremmo che la teologia apostolica del primo secolo confusa e minima.
L’indagine e lo sviluppo teologico servono ad indagare la Rivelazione per proporne una migliore comprensione ed adesione all’uomo.
E’ pur vero che molte ipotesi teologiche vengono poi scartate ma altre proclamate quali verità di fede. Fare teologia quindi non è questione secondaria rispetto alla canonica e proporre ipotesi teologiche coerenti in ambito dove il magistero è stato poco o punto chiaramente dirimente non è “inventarsi una propria teologia”, anzi è amore e servizio alla Verità che è Cristo Signore (e non Mario Bergoglio o Montini e neppure un concilio).
San Tommaso tanto per fare un esempio negava l’Immacolata Concezione che oggi è dogma. Se lo negassi io oggi sarei un eretico
ma se lo negava allora San Tommaso ciò era normale e coerente col depositum fidei a cui il Santo Dottore Angelico tanto contribuì.
Io certo non sono San Tommaso, ma pure la Nostra Aetate o Bergoglio o Montini non sono Cristo ed il loro vicariato o pertinenza non ne assumono l’ontologia, ciò non è nè sarai mai ne teologicamente nè canonicamente valido.
Grazie a Lei per la cortesia e pazienza e spero fiducioso (anzi sono certo dallo scritto che ha sottoposto al Prof. De Mattei) che in tal senso anche in Lei si possa attivare sugli argomenti qui modestamente lumeggiati un più ampio ambito di riflessione certo sempre coerente e sottomesso al depositum fidei di cui sopra.
Saluto in fede.
Gentile Matteo,
Lei dice: “Le tesi teologiche sono sempre la base di partenza e non l’epilogo dei documenti successivi del magistero. In ambiti infatti in cui il magistero non ha espresso alcun precetto o affermazione specifica chiunque può proporre teorie
e tesi teologiche che ovviamente non contraddicano o neghino il depositum fidei.”
Anzitutto c’è differenza fra TESI ed IPOTESI.
In secondo luogo papa Pio XII, e non solo lui, dimostra ampiamente nella Mystici Corporis Chrisiti e nella Humani Generis che assolutamente non è più dato dibattere su certe questioni poiché il Magistero si è chiaramente espresso.
Linko i due documenti:
http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_12081950_humani-generis_it.html
http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_29061943_mystici-corporis-christi_it.html
i quali ricalcano il solco della Satis cognitum, della Apostolicae Curae, della Pastor Aeternus, della Dei Filius e di qualsivoglia altro documento che affronti la questione.
Cari saluti.
Dio sia lodato!
So bene che c’è differenza tra tesi ed ipotesi, e sono entrambe lecite nei loro ambiti dove non vi sia già un pronunciamento.
San Tommaso sosteneva la TESI della impossibilità della Immacolata Concezione, eppure non possiamo dire che sbagliava, come non sbagliava chi invece sosteneva la TESI opposta, ovviamente fino alla proclamazione del dogma.
Detto questo ribadisco che tra le affermazioni della Humani Generis e della Mystici Corporis Christi, o della Pastor Aeternus etc.. la questione che ho voluto sottoporre
e circostanziare non è definita né delimitata o conclusa.
Se un papa non può sbagliare stando a determinate condizioni, non significa che quelle condizioni esauriscano tutte le casistiche; conseguentemente a ciò è coerente dover riflettere che nel caso in cui si ricada in queste casistiche estranee a quelle “determinate condizioni” (che sono il presupposto dell’ infallibilità), l’infallibilità non è garantita e comunque non è affermata dalle verità di fede.
Ora siccome siamo proprio in queste more bisogna giocoforza fare i conti con la realtà
ed evitare di voler ricondurre casistiche di una natura data all’interno di nature codificate ma non date e non proprie ad una coerente valutazione teologica specifica.
Ho fatto già alcuni esempi e non voglio tediare, ma bisognerà certo riflettere in modo
profondo ed analitico su avvenimenti non derubricabili in quanto reali e concreti.
Riporto tra tanti un esempio tanto emblematico quanto breve:
Bergoglio dichiara durante un’omelia papale che l’atto di culto anticristico del ramadan produce frutti spirituali (ovvero esiti di grazie divine) e con tale presupposto fa gli auguri agli empi musulmani presenti.
E’ innegabile che Bergoglio era là in veste di papa (il vescovo di Roma è fuori diocesi a Lampedusa) e che in quanto Papa stava officiando l’omelia papale ovvero nel suo magistero ordinario di Papa affrontava questioni riguardanti la fede, la dottrina e la morale.
Altrettando innegabile è che l’affermazione del Bergoglio riguardo le presunte
derivanze di grazie divine da un culto anticristico è affermazione palesemente eterodossa che contraddice le affermazioni definite di svariati concili dogmatici
e di documenti ex-cathedra di precedenti pontefici.
Ora Bergoglio non ha più sostenuto tale affermazione e non la ha inserita in nessun
documento o propria promulgazione ex-cathedra.
Fermo che l’affermazione è erronea, è palese che la ha fatta da papa ma è pure palese che i presupposti della decadenza dal privilegio papale non ci sono.
Mi dica dunque secondo Lei (o se preferisce secondo Humani Generis e della Mystici Corporis Christi, o della Pastor Aeternus o altro) come sia possibile (stando allo stato attuale delle pronunciazioni certe del magistero) che il papa non ha sbagliato a dire quello che ha detto ma parimenti quello che ha detto è sbagliato.
Come vede siamo nell’aporia e vi è oggi la necessità urgente (vista la tragica casistica a cui il Bergoglio ha avviato in allegria il suo pontificato) di risolverla sul piano teologico
prima ed ovviamente (ed inevitabilmente) poi sul piano canonistico.
Grande aiuto viene in tal senso da una certa teologia “”gherardiniana”” (il doppio virgolettato è d’obbligo) tanto misconosciuta ed ostracizzata quanto assolutamente lecita e ricadente nell’ortodossia, mai condannata né mai censurata dal magistero che pure fornisce assai validi strumenti di analisi teologica per dipanare questo imbroglio.
Si può ovviamente decidere in libertà e coscienza di farne o meno uso, ma non si può far finta che quello che è sbagliato divenga giusto per magia o che in conseguenza alla grazia di stato il papa diventi un predestinato schiavo del servo
arbitrio protestante.
Il punto innegabile da cui partire è la realtà: bergoglio in qualità di papa (e non di uomo qualunque) ha affermato qualcosa di erroneo. Lo stesso però non ricade nelle more della decadenza dal papato (altro fatto innegabile in quanto reale).
Il dogma (vero) dell’infallibilità non può negare libertà all’uomo-papa né può magicamente trasformare l’errore in verità alla bisogna.
Trovo necessario quindi seppur doloroso e complesso dover affrontare
la faccenda sul piano teologico partendo dai presupposti dati in quanto si sono verificati e temo si verificheranno ancora.
Ribadisco ringraziamenti e stima per l’attenzione concessa.
PS: la prego (e riconosco che non è nel suo stile) non voler affrontare la faccenda coi normalismi ideologici alla socci & fanzaga, o coi panegirici insensati in stile lombardi. Non venga anche Lei a dire che non abbiamo capito quello che bergoglio dice e che quello che dice “va interpretato… come…..” è un giochettto che può far contente le vecchine che mandano dindini al fanzaga ma niente di più.