E’ ormai il terzo anno consecutivo che il priorato della Fraternità San Pio X ad Albano Laziale ospita il Convegno dei Giovani. E’ una splendida occasione per approfondire tematiche inerenti la fede, l’attualità, i quesiti bioetici più scottanti. L’evento quest’anno, svoltosi da venerdì 21 a domenica 23 marzo, ha raddoppiato le presenze di ragazzi e ragazze di tutte le età e di tutta Italia arrivando a contarne almeno ottanta, più qualche “meno giovane” interessato alle conferenze. Scopo del convegno, ben riassunto sui volantini e sui manifesti ovunque affissi per il paese, è stato “mettere in luce l’importanza dei principi morali, che sono le fondamenta sulle quali si regge la Civiltà Cristiana. E si vedrà come, negando questi principi, la civiltà anticristiana sprofondi nell’abisso”.
Descrizione accattivante e anche audace, ma i relatori di questi tre giorni sono stati capaci di dissipare i dubbi, illuminare le intelligenze e rispondere brillantemente alle domande poste dai ragazzi.
Relatori tutti d’eccezione: Alessandro Fiore, brillante studente di giurisprudenza, esperto di bioetica e collaboratore della rivista “Notizie ProVita”; Massimo Viglione, professore presso l’Università Europea di Roma; Corrado Gnerre, anch’egli professore presso la medesima università, di Antropologia Filosofica e Storia delle religioni, e presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Redemptor hominis” di Benevento; don Pierpaolo Petrucci, superiore del distretto italiano della FSSPX.
Un breve intervento di Alessandro Fiore ci ha subito introdotti nel clima del Convegno, così da entrare nel vivo con una bella conferenza sui principi dell’agire morale tenuta da don Pierpaolo, che ha sottolineato come innanzitutto la morale cattolica non sia uno “scafandro” opprimente bensì un mezzo, l’unico, che possa guadagnarci la vita eterna: il fine ultimo di ciascun uomo difatti è proprio questo. Come mai non tutti raggiungono il Fine? A causa della nostra tendenza al peccato che, se non controllata, causa danni irreparabili e uno scorretto uso del libero arbitrio. Libertà non è fare ciò che si vuole, e quella vera intesa cristianamente non è altro che deliberazione razionale sui mezzi per giungere a un fine, il fine ultimo. La libertà di fare il male sussiste sempre ma essa non è vera libertà, perché ci distoglie dal nostro obiettivo che è la vita beata nell’aldilà. L’uomo davvero libero allora è chi domina le proprie passioni, sebbene tentato dallo spirito del mondo, da Satana, e anche da se stesso, primo nemico da combattere. Don Pierpaolo ha proseguito indicando due gravi errori che la modernità ha portato in questo campo: il liberalismo e le teorie di Freud. Il primo difatti innalza la libertà a valore assoluto, senza alcun freno o vincolo, il secondo invece afferma che la morale non esiste perché tutti noi assecondiamo le pulsioni irrazionali del subconscio.
La seconda conferenza invece è stata tenuta dal prof. Viglione che, da storico, ha trattato della nascita della cavalleria e della benefica influenza che la Chiesa ebbe nel Medioevo come forza propulsiva di questo ideale, definito “il più splendido modo di vivere che l’umanità abbia mai prodotto” (ovviamente dopo il sacerdozio). Questo processo storico si fonde con la nascita del feudalesimo, nel quale un individuo risponde al suo signore sulla base di un giuramento di onore, fedeltà e obbedienza. La cerimonia stessa per diventare cavalieri era una vera e propria consacrazione.
Nella terza conferenza, tenuta sempre dal professor Viglione, dalle premesse storiche sviluppate nella sua prima conferenza si è passati ad una riflessione più generale che ha avuto il suo fulcro sugli effetti della Rivoluzione francese. Essa infatti, avendo come base le idee massoniche nate in Inghilterra nel 1717, ha condotto all’annientamento dell’Homo Christianus e della società da lui fondata, a una vera e propria rivolta contro la Chiesa, in nome della libertà della ragione in campo religioso e morale: l’idem sentire è distrutto in nome del dio individualismo.
Il professore ha concluso il suo intervento con un invito ai giovani in sala: “Formatevi! Reagite!”, contro la massima massonica che “la scuola sarà il cannone col quale distruggeremo la famiglia”, bisogna fare buone letture, aprire la mente e il cuore e cercare in ogni cosa la Verità.
L’intervento successivo è stato tenuto da Alessandro Fiore, e verteva sulle conseguenze filosofiche della negazione di Dio. “Se Dio non esiste, tutto è permesso” affermava Dostoevskij. In effetti è vero: come può un uomo vincolare se stesso a compiere certe azioni (senza arrivare ad esempi estremi, basta pensare alla castità) se esse non hanno un fondamento metafisico? Si arriva in questo modo, negando Dio, ad una libertà assoluta che è la negazione di ogni libertà, perché non è altro che il divenire schiavi della materia e idolatri di una qualsiasi altra cosa che non sia Dio, quindi il denaro, il sesso, il potere. Oltrepassando la sfera individuale non è difficile capire come una tale negazione abbia ripercussioni anche sullo Stato: se non vi è alcuna volontà superiore, a quale volontà obbedirà lo Stato? Ecco sorgere il positivismo giuridico (teorizzato da Kelsen), teoria alla quale si rifanno i totalitarismi novecenteschi.
E’ questo principio che in un batter d’occhio ci fa balzare dal divorzio all’aborto, dall’aborto all’omosessualità, alla bestialità, da essa alla pedofilia…
Il professor Gnerre ha invece presentato la società cristiana come perfetta sintesi di Verità, Bontà e Bellezza (consigliata la lettura di uno dei libri pubblicati dal professore: “L’unicità del cristianesimo”, 2007), ovvero le tre qualità trascendentali dell’Essere e quindi del Dio cristiano (“io sono Colui che sono”).
Secondo il docente, la logica del cattolicesimo è inappuntabile, ed è per questo che si attacca più sovente l’ istituzione ecclesiastica piuttosto che il cristianesimo come sistema teofilosofico. Il cristianesimo è vero ad intra e ad extra, cioè nella società che esso crea.
La società cristiana è sintesi di Verità, perché fa collaborare ragione e fede, mentre invece la modernità pur affermando quasi un’ipertrofia della ragione, nega alla ragione la possibilità di conoscere il vero (secondo Gnerre, infatti, “bastano 15 secondi per demolire Kant”, il quale usa la ragione per dimostrare l’impossibilità di fondo della ragione stessa di conoscere la verità, con evidente contraddizione). La ragione del cristiano può conoscere la Verità senza tuttavia esaurirne il mistero. Non negando la ragione, il cristianesimo non nega neanche la possibilità di progredire nelle scienze che da essa dipendono: la medicina occidentale è progredita, mentre quella orientale no. Questo è dipeso anche dal fatto che la civiltà cristiana è sintesi di Bontà, ovvero ha offerto un modello di amore verso il prossimo, soprattutto se un prossimo debole, fino ad allora sconosciuto, che si traduce oltre che nel prima citato progresso della medicina, anche nella fondazione degli ospedali. Non si combatte più per odio del nemico, ma per difendersi dalle idee sbagliate di cui il nemico si fa testimone .
Infine, la società cristiana è sintesi di Bellezza, come basta a dimostrare il fatto che di bellezza essa si è sempre circondata, dalla liturgia alle arti figurative.
Infine, l’intervento sul liberalismo di Don Petrucci. Il liberalismo non è altro che la traduzione sul piano politico ed economico di un “non serviam“, di un’ideologia che rifiuta il potere di Dio in campo sociale, economico e religioso. Il liberalismo si basa sul principio di maggioranza, e sulla conseguente dissoluzione in essa dell’individuo. Nell’opinione pubblica la legge diventa espressione della volontà generale, che non sempre (meglio dire quasi mai) coincide con la Verità.
Il liberalismo si propaga anche all’interno della Chiesa: il Concilio Vaticano II era interamente basato sull’adesione al cattolicesimo liberale.
Lo scopo di questo Convegno è stato prendere atto che sta crescendo una zizzania, sempre più alta, che tenta di nascondere il Sole ai fiori e all’erba buona. Che cosa fare dunque? Resistere. Agere Contra.
Pregare, combattere, parlare apertamente, non nascondersi, andare controvento. Se non si vergognano coloro che affermano che l’infanticidio non è delitto, perché dovremmo vergognarci noi di portare il segno di Cristo sulla fronte, sulle labbra e sul cuore?
E’ finito il tempo dei giochi: aux armes, citoyens.
Con questo invito all’azione e al combattimento, vi lasciamo con l’augurio di vedervi al IV Convegno dei Giovani, ancora più numerosi!
a cura di Matteo Luini, Vic e Vera Provenzale