Palmaro
Vidi per la prima volta Mario Palmaro a Monza.
Era l’8 ottobre di sei anni fa e Mario stava presentando —assieme ad Alessandro Gnocchi— “Giovannino Guareschi. C’era una volta il padre di don Camillo e Peppone”. Mi avvicinai a lui —un po’ intimorito— per presentarmi e per chiedergli una dedica. Mi sorrise e, con la sua bella penna stilografica, scrisse: «A Matteo, un vero “guareschiano”, e un amico». Rimasi commosso per il termine “guareschiano”, ma soprattutto per la parola “amico”. Com’era possibile essere amici dopo cinque minuti?
Dopo quell’incontro, invitai Mario a presentare il suo libro su Giovannino Guareschi. Era il primo evento che organizzavo in qualità di vice-presidente della biblioteca del mio paese. Fu un successo. Per merito suo, ovviamente. Mentre Mario Palmaro parlava, io guardavo il pubblico, che sembrava stesse giocando con la Pasionaria e con Albertino. Qualcuno stava pure cercando di consolare la povera Margherita Guareschi.
Palmaro tornò poi in biblioteca a parlare di Fratel Ettore, un campione di carità del XX secolo. Fu un momento divertente, anche perché la presenza di Mario fu una sorpresa. Lo aveva invitato all’ultimo secondo il relatore, Francesco Rocca. Appena Mario arrivò, come sempre, mi sorrise. Quasi fosse scontata la sua presenza, mi disse: «allora? Cominciamo?».

Ora che Mario non c’è, mi rimane una citazione di Guareschi a lui cara: «bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura».
Hai salvato il seme, la fede. A presto, caro amico guareschiano. A presto, Mario.

Testo di anomino raccolto a cura della redazione di Radio Spada