di Ilaria Pisa
Transcendence (2014, regia di Wally Pfister, con Johnny Depp e Rebecca Hall quali interpreti principali) è un film che affronta in maniera coinvolgente e per nulla banale le problematiche legate all’intelligenza artificiale, all’ingegneria biomedica e alla nostra dipendenza tecnologica.
La vicenda prende spunto da un’affiatata coppia di giovani scienziati, Will ed Evelyn, uniti nella vita e nella ricerca sul cervello umano e su un progetto di creazione di intelligenze artificiali. La loro felicità è bruscamente interrotta da un attentato di cui Will rimane vittima per mano di terroristi “neo-luddisti”. Durante la lenta agonia da avvelenamento cui il marito va incontro, la disperazione porta Evelyn a tentare l’impensabile: un upload del cervello di Will all’interno di un potentissimo calcolatore.
A dispetto dello scetticismo del fraterno amico e collega Max, l’esperimento riesce e sembra che Will sia egregiamente sopravvissuto alla propria morte. Anzi: la nuova dimensione della sua esistenza offre potenzialità che vanno oltre ogni immaginazione e che consentono di operare concretamente per il bene dell’uomo, guarendo le patologie e le disabilità di tanti sfortunati.
Ma quell’immenso calcolatore racchiude davvero la coscienza di Will? Oppure è un “qualcuno” o un “qualcosa” di molto diverso?
Proprio quando sembra che i timori e i dubbi inizialmente espressi da Max siano definitivamente fugati, la protagonista scopre – anche a proprie spese – che la nuova dimensione “trascendente” l’umano in cui il marito “vive” comporta un potere su cose e persone molto più grande di quanto potesse immaginare: solo un’impensabile alleanza potrà allora fermarlo, e un supremo sacrificio riscattare Evelyn. E, forse, anche Will.
Il film, pur essendo abbastanza chiaramente schierato su posizioni antiscientiste, non guarda ai temi affrontati da un unico punto di vista, ma intreccia sapientemente la visione più tormentata e scettica di Max, spaventato fin dal principio dal risultato del progetto di Evelyn, a quella ottimista e “positivista” della coppia, dando voce tanto alla sicumera dello scienziato ateo (Will, nella conferenza pubblica precedente l’attentato) quanto ai pensieri di quella che sembrerebbe la “cattiva” par excellence (la terrorista ed ex ricercatrice Bree).
Ogni dicotomia, nella pellicola, è ambigua. Davvero chi “fa” il bene è “buono”? Davvero chi opera il male (distrugge, uccide) è “malvagio”? E’ più autentico l’amore di Will per Evelyn, che lo spinge a incoraggiare la moglie nel suo ardito progetto, o l’affetto amicale di Max, che cerca – con ogni mezzo – di fermarla?
Un altro tema è quello del divino. Lo scientismo ateo ha in realtà una folle paura dei limiti umani: della malattia, della morte; cerca in ogni modo di confinarli, di annullarli, se possibile di “trascenderli”. Così Will, che vede in Dio una “creazione” umana, realizza con Evelyn una torre di Babele 2.0 che presto esplode in una volontà di dominio e di controllo inaudita. Will non si limita a guarire i malati e gli handicappati, ma “imprime” in essi un “carattere” che li rende a tutti gli effetti esseri ibridi, che possono rispondere completamente alla sua volontà. Will non si limita ad amare la natura, vuole (e può) “diffondersi” in essa, in un panismo che diventa ubiquità, potremmo dire panteismo.
Ma chi è veramente Will? La sua coscienza, la sua anima e la sua personalità si risolvono nei circuiti cerebrali di cui Evelyn ha effettuato l’upload o li superano? Quella… nuova “creatura” sa amare?
Evelyn, in un curioso rovesciamento dei ruoli, si immolerà per salvare il mondo che Will poteva guarire, ma anche conquistare, e così espierà il peccato prometeico di superbia cui l’aveva portata il “troppo amore” per il marito. Ma nel finale, che ho trovato davvero commovente, la pellicola lascia aperta la redenzione anche per Will: la tanto desiderata unione con la sposa è raggiunta proprio mentre vanno entrambi incontro a quel limite inesorabile, che si erano illusi di poter superare.
Perché l’unica Trascendenza è Amore.
Pone me ut signaculum super cor tuum
ut signaculum super brachium tuum
quia fortis est ut mors dilectio
dura sicut inferus aemulatio
Lampades eius lampades ignis atque flammarum
Aquae multae non poterunt extinguere caritatem
nec flumina obruent illam
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