di Massimo Micaletti
Quest’anno c’era grande attesa sulla Marcia: molti erano pronti a scommettere che l’exploit dello scorso anno, in termini di affluenza, non si sarebbe ripetuto. Invece no: quarantamila persone – forse cinquantamila – hanno marciato per il centro di Roma per gridare un forte “NO” all’aborto in tutte le sue forme: no all’aborto come libera scelta, no all’aborto legale, no all’aborto della madre abbandonata o respinta dalla famiglia, no soprattutto ad una civiltà che pretenda di restar tale dopo aver rimosso l’aborto dal novero dei delitti per includerlo in quello dei diritti. La Marcia invita questo tempo a ripensare se stesso, e lo fa con la voce forte e serena dei cattolici.
Anche la Marcia 2014, come le altre, è stata un’iniziativa voluta dai cattolici[1], animata dai cattolici, vissuta nella Fede. Certo, era aperta a tutti, ma tutti avrebbero marciato sotto la bandiera della Marcia, che reca una croce grande che accompagna e protegge la famiglia che vi è raffigurata sotto. Lungo il corteo, Rosari, “Viva Maria”, “Viva la Chiesa cattolica”. Soprattutto, sono rimasto colpito dalla frequenza dei Rosari: mi sono spostato molto lungo il corteo, per salutare amici che non vedevo da tempo, ritrovare amici che avevo appena incontrato, conoscere persone che erano “contatti” su Facebook e non c’è stato tratto in cui non si dicessero Ave Maria. Impressionante. C’erano anche forme di devozione più colorite, che rasentavano il coro da stadio: personalmente non stravedo per queste, ma non dimentichiamo che si trattava di un corteo, non della Processione del Cristo morto. Qualcuno – nella specie, il Papa – ha definito la Marcia “ecumenica” come se fosse un valore aggiunto, perché oggi siamo (o meglio, qualcuno vorrebbe che fossimo) nell’era postcattolica, ossia appunto quella ecumenica, ma per vero non è andata così: c’erano otto musulmani e (mi si dice) qualche protestante che si è aggiunto una volta arrivati a Piazza San Pietro, e tutti hanno marciato sotto le croci della Marcia ed ascoltando i Rosari e le preghiere a Maria e per la Chiesa cattolica. Quindi, la loro presenza era più che altro un problema loro.
Questo dato di fatto oggettivo e pienamente evidente per chi abbia partecipato alla Marcia, ha diverse implicazioni.
Una prima, è che nella difesa della Vita sono i cattolici a guidare il pensiero e l’azione. Dinanzi alla deriva protestante ed agli sgozzamenti coranici dei musulmani, ai sofismi dei talmudici ed all’omocentrismo dell’anglicanesimo agonizzante, la sola confessione che sia coerente ed integrale sulla difesa della Vita dal concepimento alla morte naturale è la Vera Religione, è la Fede cattolica, con buona pace di turboecumenisti d’ogni caratura. Questo significa però pure che la Chiesa cattolica è il vero nemico di chi propone (o impone) una morale che fa pagare agli innocenti il prezzo dell’arbitrio altrui: significa che la Chiesa cattolica è e sarà combattuta ogni mezzo, dalla diffamazione più sfacciata e pretestuosa alla persecuzione dei suoi figli.
Un’altra lezione della Marcia è che l’iniziativa, se resta chiaramente identificata, funziona e funziona proprio perché ha una precisa identità. Sia questo un esempio per coloro che rincorrono la trasversalità, l’aconfessionalià, la diluizione, il minimo comune etico: se sono i cattolici ad essere i primi e più rigorosi difensori della Vita, essi non devono disperdersi o nascondersi, ma unirsi proprio in quanto cattolici, avanzando proposte vincenti perché integrali, dunque logiche e coerenti. Non è un caso se alla Marcia c’erano moltissime associazioni che non hanno il precipuo fine di tutelare la Vita, ma la famiglia: nel cattolicesimo si coglie appieno quanto siano inscindibili queste tematiche, quanto sia insostenibile essere contro l’aborto ma per il divorzio, dirsi per la Vita ma essere conviventi. Ecco perché avevo denunciato[2] e denuncio ancora il rischio che deriva dalla fusione della Marcia o del suo staff con altre realtà che non fanno del cattolicesimo la struttura portante e la cifra esteriore: le entità che hanno bisogno dei cattolici ma non sono cattoliche si spengono presto (basti pensare all’irrilevanza in cui è piombato Scienza&Vita all’indomani del referendum sulla Legge 40) oppure degenerano. Non sto dicendo di escludere i non cattolici: quando si tratta di cortei o di eventi di massa possono certo partecipare (chi potrebbe controllare ad excludendum, del resto) ma devono farlo sapendo che ci si aggrega nel Segno di Cristo, e non soltanto sulla condivisione di pur eminenti valori umani. Peraltro, su questa ipotetica umana condivisione ci sarebbe molto da dire, datosi che da una religione all’altra cambia moltissimo anche l’idea di Uomo, perciò quando si dice “Vita” non si dice esattamente la stessa cosa: non si tratta di essere speciosi o superbi, ma di prendere atto della realtà.
La Marcia insegna anche – e lo dico con qualche rammarico – che i cattolici stanno iniziando a fare da soli, senza il sostegno degli alti prelati. Per carità, preti a Roma ce n’erano, moltissimi con la talare, e c’erano anche gli immancabili Francescani dell’Immacolata (pochini, e dei quali tornerò a parlare tra brevissimo); diversi Vescovi d’Italia hanno coraggiosamente sancito l’adesione ufficiale della Diocesi all’iniziativa, impegnando laici e religiosi a dare il oro contributo per la buona riuscita dell’evento. Ecco, appunto: se andiamo a contare quei “diversi Vescovi”[3] vediamo che sembrano piuttosto… Vescovi “diversi”, nel senso che appaiono eccezioni in un mare di indifferenza o peggio di esplicito o implicito dissenso. Sorprende, forse neppure troppo, che a questa chiamata alle armi abbiano risposto così pochi successori degli Apostoli. E questa chiamata alle armi è partita da laici, dall’iniziativa di Virginia Coda Nunziante e Francesco Agnoli, non da religiosi. E’ di un dato sconfortante non solo nel caso specifico, ma perché denota in generale una carenza di fiducia da parte di (alcuni) fedeli nei confronti dei loro pastori, su questi temi; temi che, peraltro, qualche religioso è molto restio a trattare o, al contrario, tratta forse con troppa disinvoltura. Eppure un Vescovo motivato potrebbe far molto, come pure un sacerdote convinto e consapevole: bastava semplicemente considerare l’evidenza empirica – per tornare alla Marcia – che là ove si erano mossi un Vescovo e (alcune) Parrocchie, si è riusciti ad organizzare uno o più pullman; altrove, si è partiti alla spicciolata, con numeri esigui. Non è vero che i cattolici pro Vita sono pochi: è che manca l’uomo che li aggreghi, in ogni Parrocchia, in ogni Diocesi, ed anche a questo sono chiamati i nostri Pastori.
La Marcia ha comunque lasciato una buona eco in chi, comprendendone la natura e la finalità, vi ha preso parte ed in chi l’ha sostenuta, perché non è stata solo un momento di militanza e buona volontà: è stata anche una bella occasione di condivisione e preghiera. Che questa ricchezza non si disperda negli anni prossimi: questa è la vera sfida. Se non si cede alla tentazione dei numeri esplosivi, della trasversalità che si regge sul sottaciuto, se si resta uniti e coerenti, chiari nel messaggio e saldi nella Fede di Cristo, allora arriveranno belle vittorie. Forse non subito, forse si dovrà molto patire, ma arriveranno.