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di Lorenzo Roselli

 Domenica scorsa, a Roma, si è tenuta la Quarta Marcia Nazionale per la Vita, la terza a cui partecipo. Molto si è già detto riguardo l’evento nei blog cattolici come qui su Radio Spada,  dove alcuni di noi hanno deciso di ritirare,  a titolo personale,  l’adesione precedentemente data all’evento. Le motivazioni di tale decisione sono state espresse e partono da un presupposto che potrebbe risultare logico, se non fosse che questo non comprendono cosa la Marcia si proponga di essere ed effettivamente è.

Ma andiamo per ordine.

L’idea di organizzare una manifestazione nazionale di dissenso contro l’aborto legalizzato, nel nostro Paese, è qualcosa di relativamente recente. Se si escludono le mobilitazioni collaterali o immediatamente successive al referendum abrogativo della Legge 194 (che consente ad un medico di abortire un embrione nei suoi primi tre mesi di vita od un feto che risulti “malformato” dopo un’amniocentesi) nei primi anni ’80, in Italia la lotta per il diritto a vivere rimase sopita per quasi trent’anni sotto uno strato di vergognoso silenzio.

Di aborto non se ne parlava, nelle aule parlamentari come nelle pagine dei quotidiani; di tanto in tanto, poteva capitare che un Nek a caso scrivesse un pezzo sul tema dove si invitava a “non abortire” con lo stesso tono stucchevole con cui Rita Pavone chiedeva di non essere lasciata sola per andare a vedere la partita ma, di fatto, l’aborto in Italia rimaneva un tema politicamente “off limits”, la liceità della legislazione vigente un dogma inattaccabile. Il risultato fu proprio quello sperato: intere generazioni persuase a interpretare l’aborto come una questione squisitamente arbitraria, legata alla sfera femminile ed alle sue scelte.

La causa anti-abortista ricominciò a riprendere un certo vigore solo nella seconda metà degli anni ’90, con la fondazione di diverse associazioni impegnate in tal senso come il Comitato No194 (che da quest’anno organizza anch’esso un corteo nazionale, tenutosi in aprile a Milano e a cui ho avuto l’opportunità di partecipare), e lodevoli iniziative di sensibilizzazione promosse da realtà cattoliche in tutto il paese come l’annuale “Fiaccolata anti-abortista” che Militia Christi organizza dal 1995 sull’Isola Tiberina.

Ma nonostante si fosse riusciti a portare l’istanza abrogativa anche fuori dall’ambito parrocchiale, mancava una solida struttura organizzativa che riuscisse ad affermarsi contro le pietre che media e politica gettavano sul rinato movimento anti-abortista italiano al fine di seppellirlo nuovamente. Ed è questo, senza ombra di dubbio, il primo grande merito che va riconosciuto alla Marcia per la Vita e per cui dovremmo essere grati in quanto cattolici oltre che abolizionisti:  l’averci richiamato in piazza scuotendo la Chiesa tutta, gerarchie comprese; facendo sì che Roma, di fronte a decine di migliaia di uomini provenienti da tutta la nazione (e non solo) nel nome di “un grumo di cellule”, fosse costretta a vedere e riconoscere dignità politica alla causa anti-abortista.

E qui entro nel merito della polemica sollevata da alcuni miei collaboratori di Radio Spada, ovvero quella inerente la “Cattolicità” della Marcia.

Si è infatti sostenuto, sulla base delle parole rivolte ai manifestanti dal Santo Padre durante l’Angelus, che la Marcia per la Vita fosse “ecumenica” e “laica”, avesse altresì rinunciato alla sua identità cattolica per ragioni di portafoglio. Ciò è totalmente falso.  La Marcia è una mobilitazione politica che si poggia proprio sull’impegno cattolico in difesa della vita sin dal suo concepimento, un momento di coesione ideato da cattolici che non hanno alcuna intenzione di cancellare il loro timbro, ma imprimerlo ogni anno con maggior orgoglio. Questo lo si può subito rilevare dal simbolo dell’evento: una famiglia all’ombra della Croce di Cristo, e dal suo statuto rivolto a tutti i cattolici in primis, a cui poi si aggiungono “gli uomini di buona volontà”. Prendendo spunto dalla Marcia per la Vita di Washington (che raccoglie quasi un milione di presenze l’anno), anche la Marcia per la Vita italiana non preclude la partecipazione a chi, pur non riconoscendosi nella Santa Romana Chiesa, intende prendere parte ad un’esternazione così forte e rilevante: l’aborto legalizzato, in fondo, non sdegna solo i cattolici (e meno male, aggiungerei).

Quest’apertura è da taluni letta come un segno di aconfessionalità cozzante con il significato prettamente religioso della giornata.  E’ però questa una decodificazione a cui sfugge un elemento fondamentale, ovvero che la Marcia non è un evento religioso, ma politico.

Vi è sicuramente bisogno di raduni che pongano l’accento sulla dinamica spirituale della lotta all’IVG: rosari e processioni che contemporaneamente affermino la radicale opposizione del Cattolicesimo alla pratica dell’aborto e a qualsiasi legiferazione  lo tolleri, ma questo non è il “carisma” (se mi si passa il termine) della Marcia, il cui fine ultimo è quello di guidare per un giorno l’intero fronte pro-life italiano, ponendo i cattolici a capo di un dirompente corteo.

Ho sentito il bisogno di scrivere queste poche righe in quanto assolutamente convinto dell’importanza che la Marcia per la Vita assume ogni anno per la lotta all’aborto e la coesione del Cattolicesimo italiano. Anche quest’anno, la Marcia non ha deluso le aspettative: ha portato per le strade di Roma uomini di tutte le età ed al contempo parrocchie, movimenti politici, associazioni, blog, centri culturali, tutti protasi al conseguimento di un medesimo obiettivo: l’abrogazione della legge 194, senza compromessi o negoziazioni. Nonostante l’evidente censura che i media nazionali hanno scelto di applicare nei confronti della Marcia (tanto da arrivare a tagliare le parole del Pontefice di supporto e ringraziamento all’evento), nonostante gli ostacoli posti dall’amministrazione del sindaco di Roma Marino (ha infatti spostato il punto di ritrovo ed allungato il tragitto), la giornata di domenica scorsa è stata tanto intensa quanto magnifica.

Non mi resta altro che augurarvi (ed augurarmi) di poter essere presenti l’anno prossimo alla quinta edizione, perché qui c’è una legge criminale da abrogare, migliaia di esseri umani da salvare da uno scempio che quotidianamente si compie sotto gli occhi di una società connivente. La Marcia per la Vita non può e non deve retrocedere di un passo.

 

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