Lettera sul Papato materiale agli stimati amici di NON POSSUMUS

Stimati amici di Non Possumus, fratelli in Cristo e colleghi comunicatori,

stamane ho letto il breve editoriale «UN ERETICO O UNO SCISMATICO NON PUO’ ESSERE ASSOLUTAMENTE PONTEFICE DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA…», pubblicato sul sito «Non Possumus» in data 12 giugno 2014, in riferimento al mio CHI È PAPA E CHI NON È PAPA. DA «APOLOGIA DEL PAPATO» DI CARLO DI PIETRO

Vi ringrazio per aver, come sovente fate, rilanciato stralci di miei brevi studi, ciò mi rallegra poiché si manifesta chiaramente il vostro vivo e condiviso desiderio “combattere la buona battaglia” (1Tm 6,12) nella pubblica e tradizionale lotta al modernismo, ideologia «pestifera» da smascherare dietro ogni sua forma (cf. Pascendi, s. Pio X).

Rilanciando le parole di Papa Gregorio XVI (Lett. Enc. Singulari Nos, 25 giugno 1834), all’uopo citato nella Pascendi Dominici Gregis dal Sommo Pontefice san Pio X: «È grandemente da piangere nel vedere fin dove si profondino i deliramenti dell’umana ragione, quando taluno corra dietro alle novità, e, contro l’avviso dell’Apostolo, si adoperi di saper più che saper non convenga».

San Pio X, «a più intimamente conoscere il modernismo» ed «a trovare più acconci rimedi al sì grave malore», espone le cause del morbo che, da lì a poco, con la morte di Pio XII, diverrà cagione di malattia («nelle viscere») per la nostra amata Chiesa, eruttando veleni nel miasmatico Concilio Vaticano II, adunata moderna evidentemente diretta da curiosi e superbi: «Non ha dubbio – dice san Pio X – che la prima causa ed immediata sta nell’aberrazione dell’intelletto. Quali cause remote due Noi ne riconosciamo: la curiosità e la superbia. La curiosità, se non saggiamente frenata, basta di per sé sola a spiegare ogni fatta di errori […] Ma ad accecare l’animo e trascinarlo nell’errore assai più di forza ha in sé la superbia: la quale, trovandosi nella dottrina del modernismo quasi in un suo domicilio, da essa trae alimento per ogni verso e riveste tutte le forme. Per la superbia infatti costoro presumono audace mente di se stessi e si ritengono e si spacciano come norma di tutti. Per la superbia si gloriano vanissimamente quasi essi soli possiedano la sapienza, e dicono gonfi e pettoruti: “Noi non siamo come il rimanente degli uomini”; e per non essere di fatto posti a paro degli altri, abbracciano e sognano ogni sorta di novità, le più assurde. Per la superbia ricusano ogni soggezione, e pretendono che l’autorità debba comporsi colla libertà. Per la superbia, dimentichi di se stessi, pensano solo a riformare gli altri, né rispettano in ciò qualsivoglia grado fino alla potestà suprema».

Ecco perché, nel mio recente scritto RIFLESSIONE SULLA PARTECIPAZIONE ALLA SANTA MESSA IN STATO DI NECESSITÀ, ci tengo a precisare che il buon cattolico non deve mai agire secondo tale presupposto: “Noi non siamo come il rimanente degli uomini”, altrimenti potrebbe, anche involontariamente, precipitare nel baratro del modernismo, e dice il Signore: Sinite illos: caeci sunt, duces caecorum. Caecus autem si caeco ducatum praestet, ambo in foveam cadent (Math. XV, 14).

Ciò detto, quindi precisando che dovremmo, a ragion veduta, adoperarci nel nostro lavoro di comunicatori con curiosità equilibrata, non disordinata, e provando a mortificare ogni superbia che è in noi, e prego Dio di riuscire sempre a farcela, mi permetto di far presente che nel testo Apologia del Papato non presumo affatto di superare la Tesi di Cassiciacum, così come chiaramente scrivo, tuttavia provo (senza alcuna presunzione di ragione) a fornire alcune soluzioni nel caso in cui, Dio non voglia, i soggetti che siedono in Vaticano sul Trono che fu destinato a san Pietro ed ai Suoi successori, siano eretici formali e non solamente materiali. Che siano eretici materiali ce lo dice la Chiesa, dunque non è ammissibile alcuna ipotesi contraria, questo se si vuol conservare la fede (IITm. IV,7). Che siano eretici formali va, invece, provato.

Certo, un’ipotesi del genere, così posta, a patto che non si voglia barare, oggettivamente dovrebbe portare lo studioso a valutare soluzioni alternative alla Tesi, tuttavia io non credo di farlo, neanche nell’Ipotesi di Acerenza, brevemente accennata in Apologia del Papato, sulla quale mi propongo di lavorarci con preghiera, prudenza e confronto con gli eruditi contemporanei (titolo che a me non appartiene). Precisato ciò, con la massima stima e cortesia, fare che da tempo caratterizza il nostro reciproco rapporto, mi sento autorizzato pubblicamente a non condividere la vostra esternazione: «Per noi è altresi’ chiaro che i personaggi eterodossi conciliari non sono Pontefici nemmeno “materiali”, quindi se abiurano le eresie pubbliche che proferiscono pubblicamente diverrebbero Pontefici con potere di Giurisdizione sulla Chiesa».

Come fa presente mons. Sanborn, è necessario che il soggetto sia imputabile, va rilevata la notorietà, dunque la pertinacia, ciò secondo diritto, altrimenti si potrebbe precipitare nell’inconcludente baratro del conclavismo, come è già risibilmente più volte accaduto; clava utilizzata dai modernisti per denigrare la odierna necessità teologica del sedevacantismo, diversamente si dovrebbe credere che le porte degli inferi hanno prevalso sulla Prima Sedes, che la preghiera di Gesù non ha valore, che la Pastor AEternus mente, e così via. Ciò è inammissibile, questo se si vuol conservare la fede (IITm. IV,7).

L’Ipotesi di Acerenza, che è brevemente acclusa a questa Apologia del Papato, affronta anche il tema delle ammonizioni ed in un apposito capitolo cerca di risolvere questa faccenda annosa, poiché la prima Sede non è giudicabile. Quindi come ammonirla? Come giudicarla? Nel caso di un Papa materialiter, faccio presente che il soggetto designato, il quale oggettivamente non manifesta l’intenzione abituale di procurare il bene/fine della Chiesa, è solo materia prossima al Pontificato supremo. Pertanto, finché persiste tale situazione, egli non è ancora formalmente Papa, ne deduciamo che è giudicabile. Ciò è possibile data l’esistenza della materia passiva del Corpo Mistico, che può essere, a seconda della volontà del soggetto, “in potenza” o “in atto”, e solitamente lo desumiamo dal foro esterno (Dizionario del Cristianesimo, padre E. Zoffoli, Sinopsis, 1992).

È importante sottolineare che il soggetto che fa defezione dalla fede (CJC, can 188, 1917) deve comunque essere dichiarato (o riconosciuto) tale (es. antipapa) dalla Chiesa (sebbene egli è già privo della facoltà di governare ed insegnare; sant’Alfonso, Verità della Fede, Marietti), non certo si arriva alla definizione per “presunzione” o per “sentito dire” o per presunta “illuminazione”. Va, inoltre, valutato teologicamente il tipo di «vizio».

Secondo alcuni, da Montini (Paolo VI) in avanti, «[…] essendo [Papi sviati ed eretici] sono Pap[i] de jure, ma non de facto. Vale a dire: conformemente al diritto, [sono] Pap[i], ma davanti a Dio non [sono] Pap[i]. La sua elezione [il riferimento è a Montini (Paolo VI), NdA], apparentemente legale, fu viziata alla radice» (Cf. «Porqué me excomulgaron? Cisma o Fé», p. J. Saenz Y Arriaga, p. 164). Si legge: «[…] todavía pensando que Juan B. Montini es un verdadero y legítimo Papa, aunque sea un Papa desviado y hereje. Yo, no obstante, sigo opinando lo contrario: de iure sí es un Papa, pero no de facto. Es decir, conforme al derecho, sí es un Papa, pero, ante Dios, no es un Papa. Su elección, aparentemente legal, estuvo viciada en la raíz. Es mi opinión teológica». Inoltre, secondo sempre p. Saenz: «“Destruid la Misa”, dijo un especialista en la subversión, MARTIN LUTERO, y “destruiréis todo el catolicismo”. Por eso, la causa principal, que agrava y acelera la autodestrucción de la Iglesia está en la destrucción “de facto” (de hecho) de la Misa católica, por la “práctica”, es decir, por la sustitución atentatoria del Novus Ordo Missae (de la nueva Misa) al “Santo Canon” “tan depurado de todo error que no hay en él nada que no respire una santidad y una piedad extrema y que no eleve hacia Dios los espíritus de los que lo ofrecen’’. (Concilio de Trento)» (p. 153).

Secondo mons. Michel Guérard des Lauriers, teologo Domenicano, almeno a partire dal 7 dicembre 1965, giorno di chiusura del Concilio Vaticano [II] e della sua ratifica universale da parte di Montini (Paolo VI), sussiste una «vacanza formale» della Sede apostolica, questo a causa di alcuni gravi errori (e contraddizioni) dottrinali presenti nei Documenti di Magistero ordinario ed universale promulgati dallo stesso. La Sede sarebbe, pertanto ed evidentemente, occupata in modo «illegittimo» da soggetti che non sono Papi «formaliter», ma sono solamente Papi «materialiter» (Cf. «Tesi di Cassiciacum»).

I soggetti in questione, da G. Montini (Paolo VI) a J. Bergoglio (Francesco), avendo oggettivamente promulgato e/o confermato l’errore dottrinale – talvolta là dove non poteva esserci (ricordo che il Magistero ordinario ed universale è protetto da infallibilità. Ho già spiegato in Apologia del Papato gli estremi dell’infallibilità e chiudo con un documento chiarissimo) – ed avendolo imposto universalmente come se fosse autentico Magistero della Chiesa, dimostrerebbero chiaramente di avere un ostacolo (detto «obex») che non ha ipotecato la regolarità dell’elezione «ab initio».

Commenta il critico L. Sudbury: «il Sedeprivazionismo è l’unica forma di Sedevacantismo che fornisce una soluzione concreta alla supposta crisi attuale della Chiesa, nel momento in cui, in caso di Sede vacante, lascia possibilità d’intervento all’insieme gerarchizzato dei Vescovi titolari di Diocesi e  professanti integralmente la Fede cattolica, che formano la “persona morale” della Chiesa: essi possono intervenire rivolgendo al Papa “materiale” una ingiunzione [o Monitio canonica, NdA] e convocando un Conclave, durante il quale, se il Papa persiste nell’errore decade dalla sua funzione anche “materialiter” e se, invece, abiura, può, su decisione del Conclave stesso, essere portato ad un ruolo di Papa “formaliter” così come conferitogli dall’elezione al Soglio di Pietro da parte di un Conclave valido» (Cf. «Una Sede occupata: il “Sedeprivazionismo” dalle “Tesi di Cassiciacum” al Mater Boni Consilii», 8 aprile 2010, editor. digit. su CentroStudilaRuna.it).

Tanto altro ci sarebbe da scrivere, tuttavia credo che questo testo indichi numerosi spunti ed altrettanti riferimenti a scritti di approfondimento. La mia Ipotesi di Acerenza (più precisamente il mio testo in generale), senza per nulla sminuire la Tesi di Cassiciacum, ma anzi condividendola e citandola a più riprese, vuole solamente provare a dimostrare (senza presunzione alcuna e lasciando aperto il dibattito) come risolverebbe il problema la Chiesa in caso di eresia già «formale» e non solo «materiale» nel sedente, MA NON DICE CHE EGLI LO E’ CERTAMENTE.

Perché allora ipotizzare ciò? Solo per una personale ragione etica. Avendo studiato, seppur per breve tempo, in un seminario modernista, ho potuto di persona constatare che i soggetti moderni sono ben informati e dispongono della letteratura idonea alla comprensione del problema, letteratura che, con evidente colpevolezza (dicono: il Concilio Vaticano II la ha superata), viene solitamente snobbata, il problema grave è che tale letteratura non è semplicemente umana, è invece “Bocca di Dio” trattandosi del Magistero della Chiesa che va da san Pietro fino a Pio XII.

Una precisazione aggiuntiva, che è stata a volte menzionata nel mio scritto, è quella di Sant’Alfonso, quando dice: per essere eretico tuttavia è necessario che il reo “SAPPIASI” che sta andando contro la fede definita dalla Chiesa; se altrimenti dovesse farlo per ignoranza può essere “APPARECCHIATO” a credere a ciò che la Chiesa ha definito in ragione della Rivelazione. Ebbene, nel secondo caso sarebbero indispensabili le monizioni dell’Autorità, appunto per chiarire se è “APPARECCHIATO” oppure no, o se “SA” che sta andando contro la Chiesa. Ma questo, in coscienza, mi è proprio impossibile dirlo per gli occupanti la Santa Sede oggigiorno. Sono colti e sono stati troppe volte coinvolti in tutte le diatribe, a loro direttamente indirizzate, a cominciare dalle lodevoli proteste pubbliche e parimenti notorie di mons.  Lefebvre, mons. De Castro Mayer, l’Abbé de Nantes, mons. Thuc,  mons. des Lauries, i cardinali Ottaviani e Bacci, ecc… per poter dire che non sanno. Dunque credo, ma potrei sbagliare, eppure mi pongo il problema etico personale,  che non solo il Vescovo che fa le monizioni è “autorità” della Chiesa; ma Ancora di più lo è la Chiesa che definisce! Anzi, le definizioni dottrinali della Chiesa, o del Pontefice, su questioni di fede e costume, di culto e disciplinari (quando previsto), sono la più alta autorità che si possa avere (cf. Pastor Æternus, Pio IX). Ed anzi, paragonate ad un giudizio esclusivamente giuridico su di un soggetto (esempio si giudica sulla consapevole menzogna di un tale), quest’ultimo non è infallibile, mentre le definizioni dottrinali sono infallibili. Quindi, quando la Chiesa ha parlato, quando la Chiesa ha già detto: “chiunque dirà il contrario sia anatema” (o con altre formole, sempre dove previsto dalla Chiesa stessa), ebbene quella è autorità! Dice a tal proposito san Paolo, ammettendo dunque e chiaramente la possibilità: Sed licet nos aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit! (Gal. I,8) Tuttavia va rilevata la situazione del tale, affinché il soggetto diventi da peccatore a criminale (questo secondo diritto).

Allora, a ragion veduta, difendendo l’equilibro che è nella vera dottrina cattolica (almeno questa è la mia intenzione), contro ogni forma di modernismo (bergoglianesimo, ratzingerianesimo, sedeplenismo, ermeneutiche varie, conclavismo, ecc…), mi spingo in Apologia del Papato ad affrontare la questione con numerosi esempi espliciti, ragionando anche sulla assurda, ma non impossibile, seguente ipotesi:

«Esempio sempliciotto, come anticipato in nota 966, ma significativo. Se il maggiordomo del Pontefice una mattina dovesse entrare nella stanza da letto del Papa, lo dovesse vedere nudo e si dovesse rendere conto che in realtà trattasi di una donna travestita da uomo, non avrebbe bisogno di alcuna credenziale, né tantomeno di essere un cardinale, per gridare: “signori questa qui è una donna, non può essere Papa”. Si potrebbe discutere sull’opportunità della dichiarazione, ma non sul suo contenuto, sulla sua certezza teologica. In questo caso il maggiordomo sarebbe moralmente obbligato a non riconoscere Papa la soggetta in questione, successivamente la Chiesa dovrebbe però dichiarare la Sede vacante con adeguato tatto, cercando di scandalizzare il meno possibile. In caso di errore comune, la giurisdizione mancante è supplita, come già il Diritto romano ammetteva (D. I, 14, 3; Cod. 7, 45, 2), ma ne parlerò dopo nello specifico. Detto soggetto non sarebbe “hapax” del pontificato, e quindi neppure Papa; sarebbe ‘materialiter Papa’ solo nel senso che la Chiesa deve comunque dichiarare autenticamente nulla l’elezione precedente. Laddove è prevista dal Diritto una supplenza, tale supplenza viene per l’appunto dal Diritto, quindi dalla Chiesa, quindi dal Capo della Chiesa (o Legislatore Supremo), nella persona del Papa che promulgò detta legge (come già dimostrato). Vero è che il Papa defunto non ha più l’autorità, tuttavia nessuno potrà negare che questi l’aveva quando legiferò, e che la legge, di per sé, permane (come faccio presente prima a proposito dell’autorità del Magistero promulgato in precedenza). In ultima analisi, il tutto è supplito da Cristo, Capo della Chiesa, nel quale risiede in Sede vacante l’autorità formale del Papato, (Gesù Primo e Supremo Legislatore per la salvezza delle anime). L’essere donna, proprio a causa di quello specifico fatto, per Diritto divino, dunque prima ancora della dichiarazione di qualsiasi autorità ecclesiastica, impone che la persona non sia mai stata Papa, con tutto ciò che ne consegue. Pur non essendo già Papa, la donna andrebbe però materialmente allontanata dalla preposta autorità mediante una constatazione e/o dichiarazione».

La destituzione può avvenire per vari motivi e sono stati tutti elencati nel testo Apologia del Papato. Se, per esempio, un Pontefice fosse eretico (certamente pertinace e notorio) già prima dell’elezione, questi non sarebbe mai stato Papa, poiché si collocherebbe fuori dalla Chiesa, «secondo l’ordine di Dio» (cf. Mystici Corporis, Pio XII). Allora, se io per una questione esclusivamente morale posso presumere ciò, non di certo parimenti posso credere che la Tesi di Cassiciacum sbagli, ma posso solo ammetterne, come pure sostiene mons. Sanborn, non escludendola, l’eventualità, dunque ho provato a cimentarmi nella ricerca di una soluzione, nulla di più. Sostenere oggigiorno che un antipapa sieda sullo Scranno di san Pietro, ma farlo senza alcuna dichiarazione della Chiesa, è ben più grave del modernismo stesso, anche per questo la Tesi resta la risposta equilibrata al problema, esclude ciò.

Il mio scritto, per concludere, lungi dal voler controbattere criticamente alla Tesi sul Papato materiale, magistralmente esposta e commentata nel consigliatissimo volumetto in italiano e latino «De Papatu materiale» (CLS, Verrua Savoia), poiché, per tutta una serie di ragioni che chiaramente espongo e documento in Apologia del Papato, la Tesi è sempre attuale, condivisibile ed è l’unica chiara soluzione al problema dell’Autorità nella Chiesa oggi, come ho anche dichiarato alla stampa nazionale ed in intervista TV. Dogmatica, morale, giuridica e cronachistica sono ampiamente presenti in detta Tesi, nonché nel n° 56 di «Sodalitium» (sulla Sede vacante), nel numero 52 (sulla supplita giurisdizione) e nel volumetto a firma don Ricossa in confutazione di don Paladino.

Intenzione di Apologia del Papato, scritto anche con molta preghiera, è di unire il mondo della Tradizione nella comune battaglia, non di frammentarlo in ulteriori fazioni, pertanto ringrazio vivamente per la collaborazione che c’è e che vi sarà, ribadisco la mia tanta stima per voi, esorto a non prendere posizioni pubbliche contro la Tesi (in questo caso, sono certo involontariamente), già usando alcuni stralci dei miei scritti, ciò detto pure perché senza la Tesi e senza le numerose spiegazioni di mons. Sanborn, di don Ricossa, don Cekada e di tanti altri eruditi chierici, io non avrei neanche avuto il coraggio di principiare il mio lavoro.

Nell’odierno humus così polemico, mi onoro dell’amicizia personale di tanti chierici dotti, i quali, nonostante tutto e diversamente da quello che alcuni mentecatti sogliono sostenere in pubblico, non solo non praticano coercizione alcuna, ma addirittura sono aperti al dialogo ed alla caritatevole accoglienza incondizionata, sempre ed ovviamente secondo gli insegnamenti della Chiesa: Caritas patiens est, benigna est caritas, non aemulatur, non agit superbe, non inflatur, non est ambitiosa, non quaerit, quae sua sunt, non irritatur, non cogitat malum, non gaudet super iniquitatem, congaudet autem veritati (ICor. XIII,4-6). Prendiamo esempio da loro.

Consapevole del fatto che valuterete nel bene le mie intenzioni (Com. VIII), essendo voi cattolici, pertanto conoscitori dei X Comandamenti spiegati sul piano dogmatico e morale, quindi diversi dai modernisti e bugiardi, auspico che il presente scritto sia allegato al vostro editoriale qui semplicemente e cordialmente “corretto” [rettifico: più che “corretto”, “integrato” per meglio precisare la mia intenzione. Mi scuso se ho dato adito a fraintendimenti, valuterò ed eventualmente rimedierò nelle future edizioni del testo, se Dio vorrà].

Dio sia lodato.

Ringrazio Radio Spada per lo spazio concessomi.