di Massimo Micaletti
Che Akela e Bagheera avessero qualche problema era più che un sospetto all’indomani della pubblicazione della famosa “Carta del coraggio”[1], cui era seguita una precisazione dei capi scout che diceva più o meno “Sono ragazzi, si stanno formando, ci sono cose da rivedere”[2]. Mi ero permesso a quel punto di osservare che se ragazzi in formazione hanno quelle idee di amore e di coraggio forse i loro educatori lo stanno facendo nel modo sbagliato[3]; tuttavia la nota era in qual modo confortante perché, almeno, si dava atto che quanto espresso nella Carta del coraggio era “al limite con i principi dell’associazione e con la dottrina cattolica” (altro che “al limite”, ma lasciamo pedere…). Insomma i capoccia alla voce “responsabilità” guardavano in aria o si allacciavano le scarpe, ma avevano riconosciuto che nel proclama dei fanciulli dell’associazione c’era qualcosa che non andava.
Poi però è arrivato il comunicato stampa ufficiale dei capi dei capi[4], col suggello dell’immancabile prete (senno’ che associazione cattolica è?), i quali approvano in pieno e difendono a spada tratta il pregevole esito della coraggiosa ed amorevole riflessione del gruppo giovani.
Scrivono e sottoscrivono i capi, reduci dall’”intensa e pervasiva” esperienza di San Rossore, “Il percorso di elaborazione e stesura della Carta del coraggio – a partire dal capitolo nazionale fino al documento ultimo curato dagli alfieri – è stato un coraggioso spazio di autentico protagonismo dei rover e delle scolte che, accompagnati da noi capi in un esercizio di democrazia, hanno potuto liberamente tracciare il futuro a cui guardano e dichiarare il proprio impegno a costruirlo.
Il testo che è stato approvato dall’assemblea degli alfieri appartiene propriamente alle comunità R\S, a tutti i rover e le scolte che con le loro azioni di coraggio, con esperienze reali e importanti, vi hanno dato anima”. Dunque costoro rivendicano con forza un documento che altri capi della medesima associazione hanno definito “al limite con i principi fondanti dell’associazione e la dottrina cattolica”.
Insomma, il concetto è: “Questa è, che vi piaccia o no. Perché a noi piace tantissimo”.
Bene: fanno quadrato? Facciano pure. A questo punto, m’è passata la voglia di fare domande a queste persone, come avevo tentato nel mio primo intervento. Sarebbe inutile: per questi va tutto bene così. Sanno cos’è l’amore, sanno cos’è il coraggio, sanno cos’è la dottrina cattolica, tanto che rimandano il confronto con quest’ultima al momento della diffusione ed applicazione della Carta del coraggio. Anzi, pretendono che la dottrina si adegui, datosi che tra i vari punti della famosa Carta, che capi e prete fanno propria, si legge che costoro chiedono “alla Chiesa di mettersi in discussione e di rivalutare i temi dell’omosessualità, convivenza e divorzio, aiutandoci a prendere una posizione chiara”. E se la dottrina non s’adegua, peggio per lei.
Allora una domanda la rivolgo a noi genitori: che dobbiamo fare?
Sarebbe ottuso ed ingeneroso pensare che tutto il male sia nell’AGESCI, che essa sia un bubbone in egregio corpore: la condizione del laicato cattolico è preoccupante e peggio fa stare pensare ai sacerdoti che in qualche modo ed a qualche titolo dovrebbero a questo sovraintendere. Eccezioni ci sono, ovviamente, e neppure poche, però si estendono a macchia d’olio situazioni gravi che vanno puntualmente denunciate: il divorziato convivente che fa il catechista, il prete che fa propaganda ai partiti contro la vita, l’animatore di oratorio che dice “la sua” su gay et similia. L’impegno cui il Vaticano Secondo – e prima il Vangelo – ha chiamato i laici nella Chiesa e per la Chiesa, a Gloria di Dio, è divenuto in alcuni casi occasione per rielaborazioni più o meno personali dell’annuncio, della testimonianza, della Parola, comunque di svilimento della morale cattolica ad etica puramente umana, quindi terrena. Questo fenomeno va eradicato, perché ha (quantomeno) due effetti devastanti: in primis trasforma quelle che dovrebbero essere sedi di educazione in strutture di peccato, avvelenando l’acqua buona che dovrebbe sgorgare da ogni ambiente cattolico, perlomeno sul piano della formazione se non anche in quello della testimonianza.
Poi, come conseguenza, l’errore si propaga e le generazioni di educatori, formatori, volontari, sacerdoti, Bagheeri ed Akeli che ne scaturiscono si allontanano sempre più dalla retta dottrina: la vicenda AGESCI e le prese di posizione dei suoi attori e comprimari ne è la prova. E il demonio raddoppia i raccolti, con amore e con coraggio.
Dice: “Ma andiamo alla Messa! Ma c’è pure il prete! Ma insegniamo i valori!”. Se i risultati sono quelli della Carta del coraggio e l’atteggiamento dei vertici è quello della nota stampa AGESCI, parlano da soli.
Quindi, dicevo, che dobbiamo fare? Due minuscole idee che ogni tanto funzionano.
Se il libero e coraggioso pensatore è un laico, parlarne immediatamente prima a lui e poi al sacerdote di riferimento; se si tratta di un sacerdote, al Vescovo. Non è detto che cambi qualcosa, ma almeno uno ci ha provato. Con amore e coraggio – quelli veri – ché noi non siamo migliori di loro, per molti versi, indicando circostanze precise e chiedendo un confronto con quell’educatore anche alla presenza del suo referente, Vescovo, parroco o… Akelone che sia. Si chiama “correzione fraterna”, qualcosa ne sappiamo.
Se le cose non cambiano, se si ha una reazione come quella della nota stampa dei capi e del prete capo AGESCI, se ci dicono “va tutto bene, il problema è vostro”non resta che mollare quell’associazione, quell’oratorio, quella congrega di persone di buona volontà e pessimo destino. E mettiamo in guardia coloro che intendono affidare (o hanno già affidato) i propri figli o il proprio tempo a questi sodalizi. Se persone sorridenti, calorose, affettuose, ci aprono serene l’abbraccio alla macina che portano fieramente al collo, scappiamo, cambiamo sentiero. Ne va della salvezza dell’anima nostra e dei nostri figli, che costoro pretendono di lietamente educare all’amore ed al coraggio del mondo, non all’amore né al coraggio di Cristo.
Non permettiamo a nessuno di omologare i nostri ragazzi. Il cammino di questi bambini, di questi ragazzi, sarà disseminato di tizi che a vario titolo gli racconteranno, ad esempio, che il legame tra due persone con tendenze omosessuali è un amore al quale bisogna essere aperti e che la Chiesa deve rivalutare le sue posizioni; noi cercheremo di mettere sulla loro strada San Paolo[5], Santa Caterina da Siena[6], Sant’Agostino, San Pier Damiani, San Tommaso, San Bernardino da Siena[7]. I quali, come è noto, non sapevano né cosa fosse l’amore né cosa fosse il coraggio.
Allora adesso come la mettiamo????
Che vi serve ancora per capire??? Aspettiamo che a presiedere il Consiglio Generale in veste contemporanea di Capo Guida e Capo Scout mettono Luxuria
come jolly ?????
Correzione fraterna è???
Come no… provateci e vedrete che sugo !!!
Vogliamo continuare a menarla con questo irenismo ipocrita e politicamente corretto,
pro-sodomiti e compagnucci di merende o prendiamo atto che di cattolico negli scout cattolici
è rimasta solo la sigla?
La vogliamo recuperare la capacità di chiamare le cose col loro nome e di dire si quando è si e no quando è no?
Mandare i figli in questa (ribadisco)
risacca di immondizia che è oggi lo scoutismo (che si millanta) cattolico
è azione scellerata ed ogni genitore che esponesse un figlio o una figlia a questo rischio
per la fede e per l’anima ne dovrà rispondere davanti a Domine Dio.
Ho conosciuto la bellezza di uno scoutismo che era tutto natura gioco e avventura, la sorpresa di una promessa e una legge che parlavano semplicemente di doveri e di obbedienza… E di un mondo che all’improvviso mi sembrava già più bello, da subito.
I miei capi non erano “dottori” e la sera non leggevano Kant, andavano a dormire; appartenevano alla categoria di chi lavora concretamente, con le mani, teme il Giudizio di Dio ed è provvisto di un solido buon senso.
Poi anche qui è entrato il ’68, la coeducazione e il pedagogismo soffocante, il don Milani dell’ “obbedienza non è più una virtù”, la “scelta politica”; e poi ancora il pacifismo da pasticceria e
l’ecologismo ideologico… E nulla fu più come allora.
Così oggi siamo prossimi all’ingesso trionfante degli aberranti “nuovi diritti” di matrice atea, imposti alle masse del mondo occidentale dai padroni della comunicazione, della produzione culturale e della politica globale.
Quindi li capisco questi 30000 fratelli scout della route di san rossore: non condivido quasi nulla di ciò che dicono, ma li capisco profondamente! Convinti come sono di contrapporsi all’egemonia dell’ego, scambiano bisogni con desideri. Credono sinceramente di star guidando la propria canoa controcorrente, quando invece ne vengono trascinati, tanti sono quelli sulle opposte rive che li ingannano rassicurandoli.
Quanti saccenti cattivi maestri messi in cattedra, a scuola, in parrocchia, e a intrattenere masse di telespettatori passati per l’ampia porta della scuola dell’obbligo; quanti inappropriati
“testimoni” esaltati dai media e portati a esempio da imitare pure da sacerdoti e vescovi!
Da troppo tempo ormai un esercito di insigni ciarlatani, pericolosi cretini istruiti, corrompe l’intelligenza e l’anima di questi ragazzi.
@Matteo
Perdonami ma il tuo commento mi sembra profondamente ingiusto.
Lo scautismo non è solo AGESI (la C di Cattolici la hanno oramai persa). Sono 50 le associazioni scout italiane, alcune delle quali perfettamente in linea con la dottrina e la tradizione cattolica. Esse seguono il metodo originario di B.P. alla luce degli insegnamenti dei grandi maestri dello scautismo cattolico tradizionale. Vi posso assicurare che in tale ambito, un documento come quello di cui stiamo parlando non sarebbe stato neanche concepito
E’ ovvio che il riferimento è diretto a chi questo documento lo ha partorito, è altrettanto da affermare poi che di queste 50 associazioni scoutistiche (di cui alcune a dir poco “minoritarie”)
quelle realmente ancora cattoliche sono una minoranza, ed è altrettanto vero che fra queste più o meno marginali, ve ne sono anche di sfacciatamente atee ed in tal senso ideologizzate alla bisogna come il CNGEI ad esempio. Valutando nella sua interezza e (giocoforza)generalità lo scoutismo attuale le zone d’ombra sono talmente vaste e diffuse che la spesa di fare questi dovuti distinguo che lei caro Ghiro sollecita, non vale più l’impresa…. meglio un sano e funzionale orientamento di massima (che non è pregiudizio, visto che stiamo valutando fatti e non ipotesi) che porti i genitori cattolici a tenere i figli il più lontano possibile da questa discarica.
Lo scuotismo non è né indispensabile né essenziale a formare buoni cattolici, mentre può divenire luogo oramai di enormi rischi per l’infanzia e la gioventù e siccome non è che si possa passare al vaglio tutto lo scoutismo nazionale o mondiale per iscrivere i figli
al gruppo scout parrocchiale o di quartiere, meglio stare alla larga portarli in piscina, dove magari li controlli a vista e imparano a nuotare invece di pipparsi le canne davanti al fuoco di bivacco.
Se non vuoi scottarti non giocare col fuoco… è un vecchio detto ma è sempre valido.
Matteo, al di la di qualsiasi polemica che sinceramente vorrei evitare, sono d’accordo con te solamente su una cosa : “Lo scuotismo non è né indispensabile né essenziale a formare buoni cattolici”. Vero anche che sono così pochi i luoghi dove è possibile formare buoni cattolici, praticamente non ci sono.
Il sano e funzionale orientamento di massima che tu citi si chiama generalizzazione ed è lo stesso concetto che porta ad abbandonare la Chiesa perchè la Chiesa stessa sta vivendo oggi un oggettivo stato di crisi. Ho conosciuto invece ottimi sacerdoti e santi parroci come ho conosciuto ottimi gruppi scout; ho avuto altresì notizia di istruttori di piscina pedofili ed allenatori di nuoto che traumatizzavano i ragazzi alla ricerca del risultato cronometrico.
Non ho mai visto canne al fuoco di bivacco (neanche sigarette).
Lo scoutismo cattolico, quello buono, rappresenta si una parte minoritaria, ma non irrisoria.
Se hai paura di scottarti, non giocare….. ma priverai i tuoi figli di un gioco meraviglioso che ha lo scopo di formare uomini e donne sereni che vivono il proprio tempo e la propria vita di fede secondo gli insegnamenti di NSGC.