Listener

Nell’ultimo verso di Weeping winds, una delle più belle poesie del carcere scritte da Bobby Sands, si legge: «Oh, il Signore di tutto aliti l’alito della libertà». Non esiste forse frase più dolce e semplice per esprimere così nel profondo l’identità irlandese. La lotta secolare ingaggiata dall’Irlanda per l’autonomia e l’indipendenza può infatti essere annoverata fra le più belle e tragiche pagine della storia della libertà. Una battaglia combattuta anno dopo anno per vedere riconosciuto null’altro se non il proprio diritto legittimo all’autodeterminazione e all’autogoverno.

Uno storia politica che, però, affonda le sue radici in quella religiosa. L’isola di smeraldo cantata dai poeti è stata infatti per l’Europa uno dei baluardi della cristianità. San Colombano, San Patrizio e i numerosi monasteri lì fondati  hanno garantito nei secoli non solo un cattolicesimo sentito e vissuto in tutta la nazione, ma hanno contribuito, con i missionari, alla conversione di numerose contrade del continente. La Chiesa è la vera anima di quel popolo di amanti e folli ritratto dal Chesterton de La ballata del cavallo bianco o da Mel Gibson in uno dei protagonisti di Braveheart – indimenticabile la scena in cui irlandesi e scozzesi, costretti dalle circostanze a combattere in campi avversi, non cedono ai ricatti politici e si alleano contro il comune nemico inglese.

Il libro La lotta irlandese di Manfredi Martelli, edito nel 2006 per i tipi de Il Cerchio, offre uno degli studi più competenti e appassionanti in merito. Molti sono i documenti e le fonti citate per ricostruire la storia dell’Irlanda, dalle prime colonizzazioni alla seconda guerra mondiale, con particolare attenzione al XIX e al XX secolo, momento cruciale in cui ha avuto inizio l’iter che ha portato alla proclamazione dello Stato Libero d’Irlanda. O’Connel, Collins, O’Duffy, De Valera sono solo alcuni dei protagonisti che hanno condotto una feroce battaglia per liberare l’isola dal dominio britannico, un’occupazione che, ben prima delle speculazioni geopolitiche attuali, aveva dimostrato il volto brutale e omicida del liberalismo.

E’ la Gran Bretagna infatti, la stessa che pretendeva di porsi come faro mondiale del progresso e della tolleranza, che ha condotto in Irlanda – nella colpevole indifferenza dei paesi europei – una delle più gravi e violente stragi della storia.  A testimonianza di questo basti qui citare il caso della  Irish Famine che, a metà ‘800, devastò l’economia irlandese causando decine di migliaia di morti, o le innumerevoli persecuzioni protestanti che, da Cromwell in avanti, hanno tentato inutilmente di debellare il “papismo” irlandese.

Davanti a queste grandi sofferenze si ergono però come campioni i numerosi martiri per la libertà immolatisi nel corso dei secoli, tutte quelle persone che, con il loro coraggio e il loro sacrificio, hanno donato una speranza a un popolo che non conosceva altro se non la sofferenza. E’ grazie a loro che oggi l’Irlanda, nonostante le numerose difficoltà, si mostra in tutta la sua minuta magnificenza, delicata come un smeraldo ma, soprattutto, libera e bella come non mai.

 

Luca Fumagalli

 

M. MARTELLI, La lotta irlandese, Rimini, Il Cerchio, 2006, pp. 263