Continuiamo la pubblicazione in 10 puntate di un racconto di taglio apologetico-umoristico dal titolo “Il ritorno di San Pietro” che dobbiamo alla penna di Vic della redazione di Radio Spada”. Il lettore coglierà nei toni ora lievi, ora pensosi della narrazione tutta intera la tragedia che vive in quest’epoca il cattolicesimo romano, traendone spunti di riflessione o di approfondimento. Qui la prima puntata, qui la seconda, qui la terza , qui la quarta, qui la quinta, qui la sesta, qui la settima e qui l’ottava.
“La sua vacanza è giunta al suo termine” disse San Paolo a Francesco “Lei è stato un buon allievo in fin dei conti e prima che se ne vada,ho il permesso di presentarle tre uomini e una donna che hanno dato molto alla Chiesa, perché le dicano qualche buona parola di congedo. Venga con me!”
Essi uscirono insieme in silenzio dalla grande sala bianca dove il Santo aveva tenuto le lezioni a Francesco fino a quel momento. Quest’ultimo pensava al fatto che lì dentro,in quella grande stanza luminosa, non aveva sentito lo scorrere del tempo…e chi sa quanto ne era passato mentre sulla Terra il suo sostituto – San Pietro!- agiva al posto suo…
Immerso in questi pensieri Francesco si rese conto all’improvviso che erano arrivati all’imboccatura di un lungo corridoio. Era un semplice corridoio, ma le sue pareti avevano una strana consistenza : sembravano fatte di nuvole,ma al tatto erano solide come la pietra.
“Prosegua fino in fondo -disse San Paolo – e lì troverà ad aspettarla le quattro persone di cui le ho parlato. Arrivederci. Sia fatta per lei la volontà del Signore!”
E senza aggiungere altro,il santo si voltò e si allontanò. D’altronde egli era fatto cosi:non perdeva tempo in convenevoli.
Francesco si incamminò dunque per il corridoio e,giunto alla fine,si trovò in un piccolo anfiteatro. I gradini erano ingombri di oggetti di ogni foggia: bussole, astrolabi, pergamene e piccoli mappamondi,libri rilegati in pelle,calici d’argento e d’oro. Ovunque vi erano petali di rosa sparsi. Al centro dell’anfiteatro un lupo stava tranquillamente accucciato ai piedi di un albero dalle foglie verdi giada sul quale cantavano dolcemente degli usignoli.
In piedi davanti all’albero stava un uomo magrolino e scalzo,avvolto in un ruvido saio marrone.
Sulla sua mano si era posata una farfalla e lui la stava contemplando immobile,quasi senza respirare.
Sui gradini dell’anfiteatro erano seduti altri due uomini.
Il primo era bello,con il volto segnato da una fitta rete di rughe,residui visibili di un grande e segreto tormento del passato; aveva in mano una tavoletta cerata e un lungo stilo.
Il secondo uomo era vestito con l’abito dei domenicani che conteneva a stento la sua mole gigantesca; il suo volto rubicondo era gioviale e sereno ma nello stesso tempo saggio.
Un poco in disparte,notò Francesco,sedeva una donna. Era piccola e gracile e sembrava ancora più piccola nel suo nero abito da suora. In testa portava una corona di rose.
“Io sono colui che tardi amò la bellezza” disse il primo uomo.
“Io sono colui che trovò la strada che unisce la Fede e la Ragione” disse il secondo.
“Io sono colei che tende la mano a coloro che sono nella disperazione” disse la donna.
“Sant’Agostino,San Tommaso e Santa Rita” mormorò Francesco.
Sant’Agostino annuì. “E lui- disse indicando l’uomo in piedi sotto l’albero- è San Francesco,colui che hai scelto come guida del tuo pontificato assumendone il nome.”
Al suono delle voci,San Francesco si riscosse dalla contemplazione e si voltò lentamente. Aveva occhi dolci e severi allo stesso tempo e li posò su Francesco dicendo: ” Tu credi di sapere che cosa sia la povertà – disse lentamente- credi che il fatto di non portare una croce di diamanti al collo sia ciò che rende povero un uomo. Io invece ti dico, io che fui sempre povero: onora il Signore con calici d’oro e pietre preziose,e chiese cariche di marmi. Egli è Re: trattalo come tale.
E poi non dimenticare che nessun uomo sarà mai povero,anche se vestito di stracci,finche la sua anima sarà priva di umiltà. E’ lo spirito che deve essere povero,perché la povertà abbia merito agli occhi di Dio. E un uomo siffatto non avrà paura di onorare il suo Re con l’oro,perché il suo animo sarà puro!”
E dopo aver parlato così,tacque.
Allora prese la parola San Tommaso: ” Ho conciliato Aristotele e la Fede Cattolica,eppure oggi si pronuncia raramente il mio nome. Certo,è senz’altro piu facile ignorarmi che confrontarsi con me! Ho scritto e pensato tutta la vita,per la maggior Gloria di Dio,ma le mie parole sono chiuse in grossi libri polverosi che nessuno si da più la pena di aprire. I filosofi e i teologi hanno deciso di ripensare tutti daccapo,invece di tener conto di ciò che scrissi per continuare le loro ricerche. Hanno costruito molte volte sistemi bellissimi e poderosi ma fragili perché fondati sul nulla. Altre volte arrivarono vicini alla Verità,ma ebbero timore di chiamarla con il suo vero nome. Tutto ciò mi addolora perché vedo molte brillanti menti perdersi mentre potrebbero usare il loro talento al servizio di Dio e invece continuano a seguire il motto marchiato a fuoco sulle bronzee porte della Gehenna: “Non serviam!”
Ci fu un momento di silenzio,poi Sant’Agostino posò la tavoletta e lo stilo sui gradini e levatosi in piedi avanzò verso Francesco.
” Parlate troppo di Amore e poco di Carità sulla terra,molto di pace tra i popoli e poco della Vera Pace che viene dalla cura che si ha delle anime. Parlate molto di Rinnovare e poco di Conservare.
Io ho visto quando ero in vita i barbari calare sull’impero distruggendo e bruciando le vestigia di un glorioso passato. Allora noi cristiani abbiamo raccolto e conservato i resti di quel passato che rischiava di soffocare sotto le macerie di quel mondo in disfacimento e proprio da ciò che abbiamo salvato è nato un nuovo Occidente.
Abbiamo riportato in vita il passato nutrendolo di Verità.
Voi siete adesso cosi come siete proprio perché noi conservammo il passato.
Ogni impero troppo grande precipita su stesso,perché le cose degli uomini sono destinate a cadere. Roma ce lo insegna. Forse è giunto anche per voi il momento di precipitare. Ma ci sarà sempre chi conserverà i resti del mondo che crolla traendo fuori dalla rovina ciò che può dar vita a un mondo più sano di quello che giace agonizzante.”
“E tu non dici nulla? ” chiese San Tommaso a Santa Rita dopo un attimo di silenzio. Ella rispose sorridendo : “Io sono la santa dei casi disperati. Pregherò per lui.”
“Ora va – disse San Francesco – Fiat Voluntas Dei!” e mentre tracciava un grande segno di croce nell’aria tutto scomparve e Francesco si ritrovò seduto nella poltrona del suo studio.
Fu allora che bussarono alla porta.
Mi sono incollato tutte le puntate ,dopo averle lette con gusto !
Aspetto la gioia della 10 a, complimentandomi con l’autore che mi rasserenato buttandomi nella fantasia del racconto pieno di insegnamenti e di profondità.