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di Massimo Micaletti

 

E’ di oggi la notizia che in Svezia è nato il primo bimbo al mondo da utero trapiantato[1] ad una donna che era nata con ovaie perfettamente e sane attive ma senza utero, patologia che, a detta dei tecnici che hanno effettuato l’esperimento, riguarderebbe 14.000 donne nel solo Regno Unito. Già questo primo dato induce alla prudenza. Occhio ai numeri in questi campi, quando a darli sono i tecnici: ricordate quando, ai tempi del referendum sulla Legge 40, si andava dicendo che un terzo delle coppie italiane erano sterili? Fosse stato vero, oggi potremmo chiudere metà degli asili e delle scuole elementari… E’ un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono.

Va detto che le pazienti di elezione per questa tecnica sarebbero le donne che soffrono di patologie che impediscono lo sviluppo dell’utero (ad esempio, la sindrome MRKH[2]) o il cui utero è seriamente compromesso oppure è stato rimosso a seguito di terapie contro il tumore.

L’esperimento è stato condotto su nove donne, che hanno ricevuto ciascuna un utero da una donatrice che donatrici viventi: nel caso della mamma che ha partorito questo bimbo, la donatrice è una donna di sessantuno anni, amica di famiglia, che ha avuto due gravidanze e che si trova in menopausa. Insomma, l’utero non le serviva più ed ha pensato bene di donarlo alla scienza ed alla sua amica.

Il bimbo è nato ovviamente prematuro, in quanto ai ricercatori non è bastato sperimentare il trapianto di utero ma, per garantire la piena funzionalità dell’organo, hanno impiantato in queste nove donne degli embrioni e solo due sono riuscite a portare avanti la gravidanza. Come sempre accade in simili ricerche, non si sa quanti embrioni siano stati complessivamente prodotti o impiantati: si sa, al momento, che nella donna che ha poi partorito è stato trasferito un solo embrione, ottenuto da fecondazione omologa e poi congelato in attesa del momento giusto per l’impianto, ma non è chiaro quanti embrioni in tutto siano stati prodotti sebbene sia assodato che fossero ben più d’uno[3]. Inoltre, come è noto, le tecniche di fecondazione artificiale sono molto pericolose per il nascituro, oltre che letali per la gran parte degli embrioni prodotti: infatti, anche ove il concepito attecchisca, le poche gestazioni così avviate si concludono sovente con un parto pretermine.

Nel caso svedese, per giunta, il parto è stato reso necessario dal fatto che la gestante abbia sviluppato una complicanza a rischio di vita quale la pre-eclampsia[4], che, unitamente alla malformazione cardiaca del nascituro, ha indotto i tecnici a procedere col parto cesareo. Va detto che gli stessi ricercatori non sanno per quali cause la donna abbia sofferto tale grave complicanza[5],  ipotizzando che sia dovuta ai farmaci immunosoppressori che ella assumeva a seguito del trapianto.

Gli svedesi non sono isolati: si incamminano sulla stessa via ricercatori francesi, inglesi[6] e giapponesi i quali però sarebbero intenzionati ad usare uteri da cadavere[7], mentre già del 2000 in Arabia Saudita ed in Turchia sono in corso esperimenti simili ma senza che alcun bimbo sia nato perché tutte le gravidanze avviate sono terminate in aborti spontanei.

Ora, fermo restando che per una valutazione compiuta del fatto si dovrà attendere l’imminente pubblicazione degli esiti degli studi, annunciata su The Lancet, queste pratiche suscitano quantomeno qualche perplessità.

In primis, non è giustificato il successivo impianto di embrioni: perché queste donne non potevano concepire naturalmente? Perché si è dovuto far ricorso ad una tecnica altamente occisiva quale è la FIVET? Ha forse qualcosa a che fare con questa opzione il fatto che l’équipe medica che ha condotto l’esperimento era tutta incardinata nel più importante centro svedese per la fecondazione artificiale? Del resto, tutti diversi gruppi di ricerca, nel mondo, che lavorano a questa tecnica sono composti da medici che praticano la produzione, selezione, distruzione di embrioni quindi non costituisce, per costoro, alcun problema il successivo step verso la FIVET.

Ove poi tale passaggio fosse necessario per la tecnica stessa, e non elettivo – ossia se per una donna cui sia stato trapiantato l’utero non fosse possibile avere figli se non con la FIVET – si ripropongono tutte le gravi censure morali cui la FIVET è soggetta: abbiamo già detto dell’occisività e dei rischi per il nascituro, rischi che nell’esperimento svedese si sono purtroppo ripresentati. Infatti, oltre al problema della nascita prematura Il bimbo è nato di 1,46 Kg alla trentunesima settimana), l’articolo dell’Independent riferisce anche del fatto che il bimbo ha un cuore anormale, a conferma che le tecniche di FIVET registrano un’incidenza molto più alta della media quanto alle malformazioni dei feti così concepiti. La Prof.ssa Sheena Lewis, Docente di Medicina Riproduttiva alla Queen’s University di Belfast e membro della Società Britannica di Andrologia, pur entusiasta del successo dei colleghi svedesi, avverte che non è ancora accertato se un utero trapiantato fornisca un ambiente ottimale per lo sviluppo del feto[8]: ciononostante, questi esperimenti vanno avanti, incuranti del pericolo che corre il nascituro che, come sempre in questi casi, è materiale sacrificabile al cosiddetto progresso.

Il trapianto di utero è inoltre una tecnica molto rischiosa per la donna ma anche per la donatrice, ove vivente, destinata ad essere utilizzata solo in ipotesi residuali. Il Dottor Glenn Schattman, già presidente della Società Britannica per la Riproduzione Assistita ed esperto di fertilità della Cornell University, ha messo in guardia: “Questa tecnica può essere attuata solo se non ci sono alternative. Richiede un lungo intervento chirurgico, non privo di rischi e complicanze”. Non va dimenticato, infatti, che trattandosi di trapianto la donna è costretta ad assumere farmaci antirigetto, con tutte le prevedibili conseguenze sul sistema immunitario e sull’organismo.

Infine, va detto che trattasi di ennesimo ritrovato teso a costituire un’alternativa all’adozione, cosicché restano negli orfanotrofi bambini in attesa di genitori che non incontreranno mai perché la cosiddetta scienza preferisce lasciarli lì dove sono per inseguire vie costose e rischiose (per i pazienti) e remunerative (per i tecnici).

 


[1]              http://www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/health-news/first-ever-birth-for-mother-after-womb-transplant-9774267.html
[2]              Sindrome di Mayer-Rolitansky-Kuster-Hauser http://ghr.nlm.nih.gov/condition/mayer-rokitansky-kuster-hauser-syndrome
[3]              http://www.abc.net.au/news/2014-10-04/woman-has-baby-after-womb-transplant-in-sweden/5790726
[4]              La preeclampsia è nota anche come gestosi. http://it.wikipedia.org/wiki/Preeclampsia
[5]              http://www.dailymail.co.uk/news/article-2780245/World-baby-born-woman-womb-transplant-Boy-weighing-4lbs-delivered-mother-donated-womb-61-year-old-woman.html
[6]              Vedasi ad esempio http://www.wombtransplantuk.org/. Va detto che il Dott. Richard Smith, del Queen Charlotte’s Hospital di Londra, ha già dichiarato che simili esperimenti saranno effettuati entro l’anno prossimo nel Regno Unito.
[7]              http://www.dailymail.co.uk/news/article-2780245/World-baby-born-woman-womb-transplant-Boy-weighing-4lbs-delivered-mother-donated-womb-61-year-old-woman.html
[8]              http://www.telegraph.co.uk/health/healthnews/11139991/The-first-baby-has-been-born-following-a-womb-transplant.html