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Nota di Radio Spada: grazie all’aiuto di un nostro amico e lettore pubblichiamo in tre puntate il resoconto stenografico (con alcune interessanti postille del trascrittore) della conferenza tenuta a Como il 18 ottobre 2012 da Luca Fumagalli e da Piergiorgio Seveso, voci di Radio Spada, presso la sede dell’Associazione Quattrocentodieci. La conferenza non perde affatto di attualità, pur in questi mesi tragici del carnevale bergogliesco, e viene pubblicata nel cinquantennale (21 novembre 1964) della promulgazione della costituzione dogmatica “Lumen Gentium” durante il concilio vaticano II, vero colpo di pugnale vibrato e inferto al Corpo mistico della Chiesa cattolica.  Qui la prima parte: https://www.radiospada.org/2014/11/concilio-vaticano-ii-l8-settembre-chiesa-prima-parte/  e qui la seconda parte https://www.radiospada.org/2014/11/concilio-vaticano-ii-l-8-settembre-chiesa-seconda-parte/ 

Parla Piergiorgio Seveso.

 

Prima di tutto vi ringrazio perché avete dimostrato una grande pazienza; parlare di questi temi, come potete capire, non è facile. La maggior parte della gente, infatti, ignora del tutto cosa è veramente accaduto in quell’assise conciliare degli anni 1962-’65, una rivoluzione tra le più solenni e al contempo efficaci, perché ha stravolto completamente il volto della Chiesa Cattolica degli ultimi 50 anni. Io penso che se ci fosse la macchina del tempo e una persona degli anni Cinquanta venisse portata a vedere come è ridotta la Chiesa Cattolica al giorno d’oggi, non la riconoscerebbe più; forse riconoscerebbe qualche statua, qualche affresco, ma per il resto sicuramente penserebbe ad una chiesa protestante, magari avventista;  vi potrebbe riconoscere qualcosa di cristiano, ma molto poco. La forma esprime la sostanza, e ne abbiamo la prova nei nuovi edifici religiosi, nelle chiese postconciliari (ovviamente mi riferisco agli edifici di culto): sembrano più anfiteatri, cinematografi, stadi, silos, che chiese tradizionali; la forma a croce latina è scomparsa e il centro della chiesa antica, l’altar maggiore con il tabernacolo, che era il posto della presenza reale di Cristo, è stato sostituito da un tavolo. Il sacerdote è divenuto presidente dell’assemblea liturgica e guarda in faccia il popolo, volgendo le spalle a Cristo Signore. Perché tutto questo?  Perché la riforma è stata  la manomissione della Santa Messa (cambiata la messa, cambiata la religione, diceva Martin Lutero). Se oggi noi potessimo assistere ad una messa antica, stenteremmo a capire cosa stia avvenendo, sembrerebbe qualcosa di completamente avulso dal cattolicesimo attuale; un signore di spalle con uno strano vestito che in latino prega, rivolto al tabernacolo, con tanta gente in ginocchio, le donne con il velo in testa, tutti protesi verso il centro della chiesa (dove si trovano il crocifisso ed il tabernacolo). Un rito che non era un banchetto, un simposio, una cena comunitaria, ma era il tremendo e misterioso Santo Sacrificio della croce, rinnovato ogni volta dall’alter Christus, che era il sacerdote (il rinnovamento incruento della crocifissione). La messa dopo il concilio diventa un’assemblea, non c’è più attenzione al rito della comunione,  all’ostia. Un tempo il sacerdote teneva chiuse le dita per evitare che anche il più piccolo frammento dell’ostia potesse cadere per terra, adesso c’è un vero e proprio andirivieni sull’altare: suore, donne, bambini, un po’ come in una stazione ferroviaria, è come una cena, ed in una cena mica si presta attenzione a che non cadano briciole? C’è la perdita del senso del sacro, c’è una grande bagarre, l’importante è stare assieme, l’abisso tra il prima e il dopo è enorme, incolmabile, e chiunque affermi che l’abisso non è così grande, mente a sé stesso, deforma la realtà; contra factum non est argumentum, i fatti sono fatti e non bastano le parole per smentirli. E’ accaduta una rivoluzione, e la Chiesa Cattolica, da organismo preposto per custodire il depositum fide, da salus animarum, è diventata un organismo filantropico, una variabile della Caritas, della Croce rossa, una specie di grande Rotary, dove ci si mette assieme per fare qualcosa, senza però capire bene il perché, una babele di voci. La Chiesa non è più la “società perfetta” che non aveva bisogno di nient’altro oltre quello che era al suo interno, poiché tutto in lei bastava e avanzava. Se oggi i cardinali seguissero l’esempio dei loro predecessori non inviterebbero il presidente della repubblica  a parlare nel cortile della basilica di Assisi. Quando l’eresia impera i cattolici finiscono in galera, o nelle catacombe,  come pure quando il mondo va dalla parte opposta a quella indicata da Cristo e dalla sua Chiesa. Siccome oggigiorno tutto va in direzione del tradimento, del delitto contro la fede (divorzio, aborto,  matrimonio sodomitico, ecc.),  e la società che si basa sull’assassinio dell’innocente, e che stabilisce per legge che è lecito farlo, voi capite che abisso vi sia tra questa società e la Chiesa Cattolica, tra questa società e la Verità tutta intera rivelataci da NSGC. Se oggi la Chiesa non è solo accettata, ma anche vezzeggiata e le sono stati lasciati solamente i valori irrinunciabili (i cd valori non negoziabili): è come uno che fosse rimasto in mutande e dicesse agli altri “per favore, non toglietemi anche queste, lasciatemi almeno le mutande”, Quando la Chiesa arriva a difendere questi valori, significa che ha già rinunciato a tutto il resto, allo Stato cattolico (con il documento sulla libertà di religione), al concordato (con la revisione del 1984). Questa situazione è il frutto del CV II, che ha voluto fare della Chiesa una società privata, una setta qualunque (come Scientology, ad esempio), si è auto diminuita, riducendosi ad un nulla, ad un’associazione come qualunque altra.

Prima del “concilio” non solo il singolo individuo aveva dei doveri verso la verità, verso la religione (per la sua salvezza eterna), ma anche lo Stato ne aveva, doveva riconoscere che esiste una sola verità, una sola Chiesa (non mille), un solo salvatore, Gesù Cristo; tutto ciò prendeva il nome di “Regalità sociale di Cristo”, Cristo re dei cuori e della società, per cui su uno voleva aprire una chiesa sua non poteva farlo, lo Stato gli diceva di no.

I culti non cattolici erano ammessi, tollerati, ma non potevano fare proselitismo, propaganda, non avevano nessun tipo di rapporti con lo Stato, perché quest’ultimo era “sposato” con la Chiesa Cattolica (grazie al Concordato del 1929, perché prima la Chiesa ha vissuto molto male il rapporto con il Regno d’Italia, sorto, come noto, da un moto risorgimentale massonico ed anticattolico).

La perdita del potere temporale ha molto indebolito la Chiesa. Il modernismo ha potuto avere facilmente il sopravvento perché, appunto, la Chiesa non aveva più il potere temporale. Oggi si sente dire sempre più spesso (anche dallo stesso “sommo pontefice”) che la verità non si impone se non in forza di sè stessa; in un certo senso ciò è vero, però essa ha bisogno anche di spade, di lance, di alabarde, perché gli uomini sono malvagi e la verità spesso necessita della croce, ma anche di essere difesa, perché c’è un sacco di gente a cui la verità fa schifo, per il fatto che è scomoda, che ci dice in faccia quello che siamo veramente (poveri peccatori), e la gente non vuol sentirsi dire in faccia quello che è, vuole credere alle favole, a una specie di fitness spirituale che insegni a star bene con sé stessi e con gli altri. I modernisti, come gli illuministi, credono ancora alla favola dell’arcadia, dell’uomo buono per sua natura, ma corrotto dalla società (come pensava Rousseau). La verità è dolorosa, fastidiosa, tragicamente vera, ed allora le persone si arrabbiano e desiderano inventarsi qualcosa di più comodo, una verità creata a proprio uso e consumo (la misericordia senza verità né giustizia, tanto cara a Bergoglio), ma ciò non è possibile, poiché la verità è un qualcosa di esterno a noi, che ci arriva dal di fuori, che noi riceviamo dall’alto, per divina Rivelazione (cosa che i modernisti negano, considerando la religione, e quindi la verità, come semplice prodotto delle aspirazioni umane, e pertanto mutevole nel tempo e nello spazio). Di fronte ad un simile modo di pensare degli uomini il CV II ha detto: cerchiamo di trovare un punto d’incontro. Quando Paolo VI è andato all’ONU soiè presentato come “esperto di umanità” (ricordate le sue parole “anche Noi abbiamo il culto dell’uomo”?). Eh no, tu non sei un esperto di umanità, tu sei il Vicario di Cristo, tutore e custode di tutta la verità che c’è nella storia umana, e non devi andare all’ONU a dialogare come esperto di umanità; è come se prendessimo un uomo e volessimo farlo camminare sulle mani anziché sui piedi; l’umanità si realizza solamente nella verità, così come la libertà. Tutti noi desideriamo realizzare noi stessi, ma ci vogliamo realizzare ponendo noi stessi come metro di giudizio, come misura, e questo ci fa diventare degli idoli. Come quando, nell’ottocento,  dicevano che Dio è morto, ma poi sono morti loro, spesso in manicomio, oppure suicidi (si trattava di letterati, filosofi, poeti, artisti, esponenti di correnti di pensiero passate alla storia con il nome di nichilismo, decadentismo, crepuscolarismo). Se vogliamo accettare la nostra condizione umana, noi dobbiamo riconoscerci come persone bisognose di ricevere l’aiuto, il sostegno, di una verità che viene dall’alto, dobbiamo riconoscerci come creature deboli, bisognose di aiuto, e allora potremo dire  come diceva San Paolo “è quando sono debole che sono forte”; infatti, se ci riconosciamo deboli, allora siamo pronti a combattere. Spesso, quando abbiamo a che fare con parroci, o religiosi, non riusciamo a capire cosa vogliono dire, quale causa difendono, di che cosa si occupano. C’è in loro una certa fumosità, parole strane, anche con le prediche non si capisce bene dove vogliano andare a parare; ad esempio, durante  la messa  dei funerali, i preti non parlano mai di inferno e paradiso, ma se sono davanti ad un defunto, di cosa mai vorranno parlare? (i preti modernisti aborriscono i Novissimi, infatti nelle loro omelie non ne parlano più). Oppure prediche nelle quali si afferma che il Vangelo è un messaggio che, se lo facciamo nostro, stiamo bene, siamo più felici; e tutto quello che è verità, croce, sofferenza, dove lo mettiamo? La religione è un mezzo per attraversare il mare tremendo e periglioso della vita, è come se noi fossimo in un mare in tempesta e avessimo bisogno di una zattera per arrivare all’altra riva; questa zattera è fatta a forma di croce (che la Chiesa modernista  ha espulso dalla forma dei nuovi edifici sacri). Si potrebbe obiettare: ma tutto questo a noi cosa ci interessa?, invece ci deve interessare, perché siamo tutti uomini, tutti mortali, e un giorno (magari tra 100 anni) saremo tutti morti, e allora? A che sarà valso? Cosa avremo fatto ? allora ci sarà l’eternità, in base a quello che avremo fatto saremo giudicati. Avremo difeso la verità? L’ordine naturale, tradizionale e anche le verità della fede? Le avremo vissute queste verità? Non solo con la bocca, ma anche col cuore e la vita?

Il modernismo ha voluto avvicinare troppo il  cielo alla terra, quasi a schiacciarci, rendendolo troppo simile alla terra (al mondo, nel senso evangelico del termine). Per questo affermo che il CV II ha prodotto tutto questo scempio. Sarebbe troppo lungo approfondire il tema della conferenza, poiché ci richiederebbe almeno dieci conferenze, una per ogni argomento: libertà religiosa, nuova messa, rapporto con gli ebrei, ecc. Voglio ricordare solamente il documento “Nostra Aetate”, che liberò gli ebrei dall’accusa di aver ucciso Gesù Cristo, quello stesso documento che ha consentito a Wojtyla nel 1986 ed a Ratzinger nel 2005 di recarsi tranquillamente in una sinagoga; prima del concilio non ci potevano andare, mai nessun papa vi era entrato. Allora, prima i 260 papi erano tutti scemi e solo gli ultimi si sono fatti furbi? Qui c’è qualcosa che non torna, è evidente, quasi banale, senza entrare nel merito del Deicidio, è un fatto di una gravità inaudita. La sinagoga è perfida nel senso di infedele (ricordo qui l’espressione “perfidi ebrei”, tolta dalla liturgia dopo il concilio), doveva riconoscere Cristo, invece non lo ha fatto. Fino all’epoca del CV II la Chiesa esprimeva bene il concetto della Sinagoga che aveva tradito Nostro Signore, come Caino, Esaù, Giuda. Si parlava, a quei tempi, di una segregazione amichevole degli ebrei, incruenta, ma che allo stesso tempo evitava che la sinagoga contaminasse il Cristianesimo. Gli ebrei si portavano dietro un marchio d’infamia, volontariamente. Provate oggi ad andare in una qualunque parrocchia a dire quello che  si predicava fino a 50/60 anni fa riguardo agli ebrei: la gente non capirebbe nemmeno, penserebbe che siete antisemiti, mentre invece non stareste facendo altro che esporre la teologia cattolica.

La Chiesa oggi si è fatta debole, fragile, inetta, e c’è chi dice che questo è bello, è un bene che sia così; abbasso Costantino, gridano certi preti e certi “cattolici adulti” (oppure adulterati dal demonio?), dobbiamo uscire dall’epoca costantiniana, dobbiamo immergerci nell’epoca in cui siamo, piccoli e fragili (così piccola/ e fragile… cantava anni fa il bravo Drupi) in realtà avremmo dovuto essere sempre stati così, proseguono; il grande imperatore cristiano, il regno sociale di Cristo, è stata solo una parentesi (di ben 16 secoli, però), ma la verità è che bisogna essere così. Questi strani cristiani aggiungono poi che finalmente il CV II ci ha fatto entrare in un’epoca post-costantiniana. Il 28 ottobre dell’anno 312 D.C. Costantino sconfisse Massenzio al ponte Milvio, a Roma, e quest’anno, tra pochi giorni,  celebriamo il 17° centenario di quell’evento. Dopo quella battaglia Costantino attuò la pax religiosa, con l’editto di Milano del 313, grazie al quale il cristianesimo cessava di essere fuori legge. Dal 33 al 313 D.C. il cristianesimo non era ammesso dalla legge; in quegli anni, se ti prendevano, come minimo dovevi chiedere scusa, dire “non lo faccio più” (probabilmente avverrà così anche con i cattolici tradizionalisti, tra breve, vista l’accelerazione che Bergoglio e soci stanno imprimendo alla campagna denigratoria e di disprezzo nei loro confronti). Circa trecento anni di ludi circensi con i cristiani in pasto ai leoni. Ebbene, se tra qualche tempo un cattolico tradizionalista si dichiarerà apertamente tale rischierà di essere nuovamente gettato nella fossa dei leoni, o nelle prigioni di Guantanamo ad opera dei poteri forti mondialisti. A quel punto si sarà ritornati all’epoca precostantiniana. A quell’epoca i neomodernisti saranno solo dei pupazzi ingrati, manovrati a piacere dai poteri forti del mondo.

Ho cercato di spiegare cosa sia la prassi, lo svuotamento di contenuto del cattolicesimo, in una società svuotata dove coloro che dovrebbero custodire la verità non lo fanno (anzi, la rinnegano in nome di un  aggiornamento a qualcosa di ambiguo, non dichiarato apertamente, spacciando per misericordia la connivenza con il peccato). Nell’ovile dove non c’è più il pastore a guardia delle pecore, sostituito da un mercenario, entra il lupo e fa scempio delle pecorelle. Annibale non è alle porte, ma è già entrato nella città santa, nella città di Dio, e voi stessi che volete difendere i valori della tradizione della Chiesa Cattolica vi accorgete che, quando i preti modernisti vi vedono,  nella migliore delle ipotesi fanno finta di niente, nella peggiore scappano, oppure vi apostrofano dicendovi “maledetti, andatevene!”. Ecco perché, perché c’è stato il CV II, si è giunti a questa situazione tragica. Anche prima c’era il modernismo, anche andando a ritroso nel tempo di 200 anni (i famosi 200  anni di cui la Chiesa Cattolica sarebbe indietro rispetto al mondo moderno, secondo il defunto “cardinal” Martini), c’è sempre stato, ma però solamente un poco, in periferia, qualche vescovo ribelle, qualche vescovo giacobino qualche vescovo liberale;  con il CV II, invece, il veleno è arrivato fin nella rocca di San Pietro (per questo è molto importante capire cosa sia realmente successo in quel conclave del 1958). Per spiegare come sia arrivato nel cuore della rocca e per mostrare come anche il centro della Chiesa oggi sia avvelenato dal modernismo servirebbe un’altra conferenza. Oggi siamo di fronte al mistero d’iniquità, al più terribile dei delitti, quello che monsignor Marcel Lefebvre tempo fa chiamava “il colpo da maestro di satana” e che un altro monsignore chiamava il “doppio colpo da maestro di Satana”: anche questo tema ci tema ci porterebbe lontano. 

Vorrei terminare citando il discorso che il vescovo Bartolomeo D’Avanzo tenne al Concilio Vaticano I nel 1870, il grande concilio interrotto dall’invasione garibaldesca e piemontese (la famosa breccia di Porta Pia) dopo appena sei mesi dal suo inizio. Quel concilio stava facendo cose encomiabili, egregie, ma fu interrotto dai bersaglieri e non riprese più. Si trattava di un concilio che avrebbe potuto fare grandi cose, ma i Savoia ed i garibaldini furono gli strumenti di cui si servì satana nella sua lotta contro la Chiesa Cattolica. Ecco l’intervento del  vescovo “Avete udito, eminentissimi e reverendissimi padri, tutto ciò che hanno detto i reverendissimi oratori che hanno parlato contro la definizione della infallibilità pontificia. Gesù Cristo è allontanato dalla società odierna, dalle elezioni, dalla magistratura, dalle istituzioni, dalla legge, dagli stessi istituti di carità e anche dalla famiglia, a causa del matrimonio civile, Questo è ciò che contiene la società che si chiama ufficiale; essa è in mano a satana. Da dove è nata questa calamità, se non dal fatto che satana regna, che è il principe del mondo contemporaneo, della società ufficiale, e da ogni dove noi vediamo i figli di satana che gridano di voler seguire satana, che satana è il loro re, e da servi di satana quali sono si gloriano di voler seguire satana, attraverso un disordinato amore per le cose mondane”

Ovviamente qui Mons. D’Avanzo non si riferiva ai satanisti, ma ai legislatori dell’epoca, a coloro che facevano leggi contro la Chiesa, come Cavour; oggi potremmo dire altrettanto dei legislatori di Bruxelles, Washington, Roma.  Prosegue poi Mons. D’Avanzo: “Così, ad una spropositata negazione dell’ordine soprannaturale si deve opporre l’affermazione sublimissima della verità. Esca da quest’aula del concilio questa voce forte, e allora voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi, e la verità, soprattutto di questi tempi mondani, necessita di essere affermata a voce alta. Si levi quindi da quest’aula la definizione dell’infallibilità pontificia, affinché tutti sappiano che l’ordine sovrannaturale è interpretato dal Papa (Pio IX), è presente e procede dal Papa, e tutti vedano che l’ordine sovrannaturale è Cristo stesso, presente nel Papa, col Papa e attraverso il Papa, e attraverso il Papa Cristo si mostrerà in tutte le cose, Cristo che vince, Cristo che regna, Cristo che impera. Allora tutti diranno: sia lodato Gesù Cristo”. Questo vescovo proveniva dalla diocesi di Teano in Campania, allora facente parte del Regno delle due Sicilie.

Purtroppo non c’è stato il tempo di parlare dei rapporti tra Vaticano e massoneria; molti dei vescovi partecipanti al CV II non è che fossero solamente liberali e modernisti, alcuni erano anche massoni, e fior di massoni. Si parla di infiltrazioni massoniche anche nei gradi più alti della gerarchia cattolica. Il ruolo della massoneria nel CV II è immenso. Pochi giorni fa i massoni hanno celebrato il 50° del concilio, affermando che con esso è stato rimosso il grande contrasto che per secoli aveva caratterizzato i rapporti tra la Chiesa Cattolica e la massoneria. La Chiesa Cattolica, infatti, dal 1700 al CV II aveva sempre apertamente condannato la massoneria. Quindi la massoneria c’entra, e c’entra tanto con il concilio. Come diceva Don Albertario, grande prete anticonciliatorista dell’Ottocento, nemico della rivoluzione sabauda e garibaldina,  in discorso del 1877: “Odiare? Per lottare con energia dobbiamo odiare il nemico, odiarlo di un odio razionale, frutto della cognizione intima che di lui c’è d’uopo, odiare cordialmente, odiare con tutte le forze dello spirito, odiare sempre, odiare con lo scritto, coi fatti, colle parole, odiare in modo tale che l’odio divenga natura nostra e tutti la veggano, la sentano, l’imitino o la temano, odiare come in cielo si odia il peccato, odiare tanto che l’odio al liberalismo uguagli l’amore alla Fede e a Dio, odiare per armarci del fulmine di San Michele, degli anatemi della Chiesa, del “maledicti” dell’eterno Giudice. Troppo forse quest’odio? Vi ripugna il cuore? Odiamo dunque il liberalismo se vogliamo rifuggire dalla conciliazioni. Se la pugna ha da essere combattuta, l’odio ci darà la vittoria, perchè l’odio ci farà temuti, formidabili. Odiamo il peccato del secolo odierno, se pur desideriamo la conversione del peccatore, odiamo se bramiamo che il cuor nostro, proclive alla dolcezza e alla carità, possa trovare soddisfazione e contento nella salvezza di un liberale (metteteci laicista, modernista…) che tutti desideriamo ed invochiamo! Il Cattolicesimo è la religione dell’amore, l’amore per la verità, per Cristo, ma è anche la religione dell’odio per il male,  per la menzogna, per la  dittatura del diavolo, un odio di opposizione, non di malevolenza, come quello di chi vuol distruggere una persona perché non gli piace, perché non la pensa come vuole lui). Questo odio di opposizione è virtù. Aggiungo una notazione legato al territorio in cui ci troviamo. Mi piace pensare che si sia commemorato questa sera a Como il “Vaticano II” non in una maniera pappagallesca, non in una maniera banale, non in una maniera ridicola, come si è fatto in questi giorni, e non asservita ai poteri forti. La Como di San Felice, di Sant’Abbondio, di San Provino, dei grandi vescovi medioevali, dei Della Torre, dei Pusterla, dei Turconi, dei Trivulzio, degli Archinti, dei Ciceri, dei Carsana, dei Nicora, dei Valfrè di Bonzo, degli Archi, dei Macchi e dei Felice Bonomini che è stato l’ultimo sinora che ha retto cattolicamente questa città. Quella Como è qui con noi e non nel vescovado occupato da ombre, nel Duomo reso tetro e silenzioso dal neomodernismo. Le pietre delle chiese gridano ancora la verità malgrado il silenzio e il tradimento di chi le occupa. Spetta a noi custodire e approfondire la Verità cattolica in questi anni e decenni di prova in cui Nostro Signore, come sulla barca di Pietro, dorme per vagliarci, per metterci alla prova. Quando si sveglierà, dirà “Pace” e sarà grande bonaccia ma sino ad allora siamo nella tempesta e bisogna starci legati bene per non finire in mare. Grazie a tutti. [Applausi]    

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