Isis fighters, pictured on a militant website verified by AP.

di Federico Franzin

Che L’ISIS rappresenti una minaccia reale è fuori discussione. La minaccia è concreta non solo dal punto di  vista della destabilizzazione delle aree coinvolte dalla instaurazione del califfato ma anche per l’influenza internazionale dal punto di vista terroristico data l’esistenza di simpatizzanti nei territori occidentali. Senza  contare lo sfacelo umano a cui si è costretti ad assistere. L’ISIS rappresenta in qualche modo una summa  dell’orrore che la nostra cultura non riesce ad accettare ma nello stesso tempo è uno specchio in cui  riflettere la nostra incapacità di fare vero quadrato.
Il rifiuto delle nostre radici e la sensazione di mancata coesione ci fa sentire un castello di cartapesta .
Impotenti in balia di forze malevole in perenne agguato e in qualche modo , nella geopolitica dello spirito, ancora cerca di autore. Eppure un grande autore c’è eccome.
Qualche tempo fa le minacce dell’ Isis puntarono dritto a Roma . In un file audio la propaganda puntava il dito sulla città capitale della cristianità e cuore del nemico crociato.
<<Spezzeremo le croci e faremo schiave le vostre donne, con il permesso di Allah>>
Cosi più o meno suonava la retorica del terrore.
A distanza di qualche mese le minacce continuano a tornare ciclicamente rilanciate nei notiziari e circolanti nei vari social testimoniando come in qualche modo l’angoscia dell’impotenza e la sensazione di debolezza di fronte a queste minacce esplicite rimane forte nella percezione comune.
Ora, non è necessario essere uno stratega militare per capire che questo tipo di minacce sono del tutto irrealizzabili e rappresentano mera propaganda. Propaganda pericolosa certamente dal punto di vista terroristico.
Queste minacce però non posso non far riflettere anche da un altro punto di vista.
E quindi c’è da chiedersi, è davvero necessario l’intervento dell’ISIS per vedere realizzate queste minacce?
Non è forse da parecchio tempo le croci vengono spezzate e lanciate dalle finestre dei luoghi pubblici, sradicate in quanto simbolo di “infedeltà” all’unica religione accettata ovvero quella del laicismo
materialista, nascoste per non offendere e turbare? L’ultimo caso macroscopico è la croce rimossa dal simbolo della squadra del Real Madrid per non “turbare” gli sponsor arabi con i ricordi delle crociate. Ma quante sono le lotte al crocifisso, alle tradizioni religiose nelle scuole, al presepio visto incredibilmente
come immagine di divisione?
Non sono forse decenni ormai che le donne sono già schiavizzate da ideologie dell’orrore fatte di aborto e cultura della morte?
Non è forse da un po’ che la capitale della cristianità è derubricata a colonia morale del relativismo?
E’ quindi necessario l’orrore dell’ISIS per avere paura quando siamo già l’ISIS di noi stessi?