Charlie-Hebdos-publisher-Charb-in-front-of-the-magazines-offices-which-were-destroyed-by-a-petrol-bomb-attack-in-2011-foto-Telegraph

 

di Martino Mora

L’uccisione dei vignettisti e giornalisti parigini di Charlie Hebdo, compiuto da un commando di islamisti, ha suscitato un legittimo sdegno e una seria preoccupazione. Così in Francia e persino in Italia si sono viste centinaia di persone nelle piazze con la scritta “Je suis Charlie Hebdo” (Io sono Charlie Hebdo).

Bene, oggi non bisogna avere paura di affermare: “Io non sono Charlie Hebdo”. Premesso che l’omicidio è qualcosa di terribile, sempre e comunque, e che non ho simpatia per l’islam, tantomeno per il terrorismo, non posso e non voglio identificarmi con un settimanale che faceva della bestemmia e del sacrilegio la sua ragion d’essere, con quel suo patetico direttore che salutava con il pugno chiuso, come se il comunismo (diabolico ma comunque grande nelle sue ambizioni prometeiche) si riducesse alla dissacrazione religiosa per miliardari annoiati e nichilisti come lui. Non posso e soprattutto non voglio identificarmi con chi pubblicava in prima pagina oscene, vergognose, oltraggiose e ripugnanti vignette che associavano, a seconda dei casi, alla Trinità, alla Madonna e alla figura del Cristo le più sconce immagini pornografiche ( l’associazione della pornografia o degli escrementi alle immagini sacre è sempre stata la strada facile e prediletta di tutti i nemici volgari della religione, di cui il mondo dell’arte, del giornalismo e dello spettacolo è sempre straboccante). Esagero? Basta cercare su internet e si trova tutto, o quasi. “Scherza coi fanti ma lascia stare i santi”, mi ha sempre insegnato mia madre. A questi blasfemi i santi non bastavano, e dileggiavano direttamente Dio.

Niente di nuovo, si dirà: il mondo occidentale, che si reputa libero ed emancipato quando è soltanto in preda alla più sfrenata decadenza, è solito a queste sordide rappresentazioni, soprattutto quando si tratta di svilire ed insozzare i simboli del cristianesimo (dai Serrano ai Castellucci la lista di questi abietti personaggi è estremamente nutrita). Sui simboli della religione islamica, invece, questi bestemmiatori professionisti mostrano di solito degli strani scrupoli, dovuti quasi sempre al timore di rappresaglie, e qualche volta a motivazioni ideologiche (l’islam viene concepito, da questi soldatini marcianti del mondialismo, come la religione dei “poveri immigrati”).

Su questo però Charlie Hebdo faceva eccezione. Il settimanale francese si dedicava con pari impeto alla dissacrazione, derisione e profanazione sia dei simboli del cattolicesimo (la Trinità, il Cristo, la Madonna) sia dell’islam (il profeta Maometto, anch’esso rappresentato quasi sempre in pose oscene). E questa coraggiosa coerenza nel male e nella blasfemia è costata carissima a questi mascalzoni. Perché di mascalzoni si tratta. Non dobbiamo essere ipocriti: chi se la prende con i simboli religiosi è un vigliacco e un mascalzone. Colpisce nel modo più subdolo e abietto non solo i sentimenti dei credenti, ma la Verità stessa. Perché che cos’è Dio se non la Verità? Che cos’è se non la Trascendenza? E questo persino un ateo può comprenderlo. Colpire Dio vuole dire colpire l’Essere, vuol dire colpire l’Assoluto, tutto ciò che è sopra l’uomo e le sue miserie, vuol dire colpire la fonte stessa del Bene e della morale, come capivano perfettamente Socrate e Platone. Colpire Dio è colpire sempre ciò che è superiore all’uomo, che è più in alto, che è in cielo, ed è ciò, anzi colui che affranca l’essere umano dalle sue bassezze. Colpire Dio, anche per un ateo che conosce un poco di filosofia, è colpire la Verità, l’Essere, la Trascendenza, il Sacro e il Bene. Anche l’ateo sa, in maniera più o meno consapevole, che questo non si fa. Purtroppo può farlo lo stesso, se è perverso. E così questi presunti eroi della libertà d’espressione non si accontentavano di avere ucciso Dio nella propria coscienza, ma desideravano ucciderlo ogni settimana, ricoprendolo di ingiurie, pornografia e bestemmie. E’ più o meno la stessa logica dei rivoluzionari che bruciavano le chiese e ammazzavano i preti in Francia, Russia, Spagna, Messico. E’ la stessa logica su basi non violente, o per meglio dire diversamente violente, che utilizza le armi del disegno pornografico. Altro che satira!

Purtroppo per i bestemmiatori di Charlie Hebdo, i musulmani non sono i cattolici, cioè una massa di indifferenti e ignavi, tradizionalisti a parte. E sono talmente poco indifferenti che molti di loro cadono nell’eccesso opposto, che è quello del fanatismo, spesso violento ed armato, come tutti sanno tranne le anime belle che oggi amano dire: “Je suis Charlie”. Così è avvenuta la terribile e ingiustificabile strage di Parigi (che tra l’altro ha coinvolto tra le vittime due poliziotti e un portinaio, che non c’entravano nulla). Mentre le autorità cattoliche di Francia non hanno quasi mai reagito, non curandosi delle offese a Dio, ma al massimo delle offese “ai cristiani” (dimostrando così nei fatti che a Dio in fondo non credono più), alcuni musulmani hanno invece reagito fino all’eccesso violento e sterminatore che spesso – non sempre – contraddistingue i seguaci di quella religione.

I musulmani hanno infatti ancora, seppure in modo distorto, il senso del sacro. All’attuale Chiesa cattolica, figlia del Concilio Vaticano II, ne è rimasto invece pochissimo. Il sacro è per definizione ciò che è separato da ciò che è profano. La “profanazione”è proprio l’irruzione della sfera del profano nella sfera intangibile del sacro. Ed il dileggio, la presa in giro, la “satira” di Charlie Hebdo e di tanti altri profanatori senza ritegno e senza pudore era sempre la stessa: l’associazione di ciò che attiene alla sfera più bassa del profano (escrementi, parolacce, pornografia) ad immagini sacre. Cioè a ciò che per definizione dovrebbe rimanere separato e superiore, nella propria radicale alterità e superiorità, da tutto questo. Sappiamo bene che i professionisti della sovversione non si accontentano di sacralizzare ciò che normalmente dovrebbe stare più in basso (sesso e denaro, gli idoli indiscussi della nostra meravigliosa società consumista ed edonista), ma devono anche abbassare e dileggiare ciò che normalmente starebbe più in alto, cioè Dio.

Naturalmente, è lungi da me mettere sullo stesso piano la religione cristiana e quella islamica, la Trinità e Allah, Cristo e Maometto, il Vangelo e il Corano. Lascio a pessimi ecclesiastici, di qualunque livello, sostenere che “crediamo nello stesso Dio”. Considero quella islamica una falsa religione, che ha distorto elementi veritativi presenti nel cristianesimo e (parzialmente) nella legge mosaica, secondo fini puramente umani. Anche una falsa religione, però, merita un rispetto minimo dovuto al fatto che i suoi simboli coinvolgono milioni di persone, circa un miliardo, che non sono tutti tagliagole e massacratori. Inoltre – e qui sta il punto decisivo – è senz’altro meno peggio, umanamente parlando, una cattiva religione che nessuna religione. Tanto più se l’assenza di Dio distorce a tal punto la sfera dell’etica individuale e collettiva, come sta accadendo da noi, da lasciare impunito il male compiuto in nome di fantomatiche e astratte “libertà d’espressione”, per giunta basate sull’ipocrisia di chi le sostiene, gli stessi che un momento dopo reclamano la galera per chi nega l’unicità e imparagonabilità di Auschwitz, o la bontà della pederastia. E’ la nota ”ipocrisia dei blasfemi”e dei loro fiancheggiatori, libertari o liberticidi a seconda dei casi e della convenienza, bene individuata, tra gli altri, da Chantal Delsol. La famosa “libertà d’espressione” è infatti una palla colossale. In Francia e altrove esistono i reati d’opinione, che ovviamente sono reati perché mettono in discussione i fondamenti, quasi sempre fasulli, dell’ideologia dominante.

Oggi siamo talmente sottomessi a questa “dittatura dell’opinione”- fabbricata dall’establishment e dai mass media di regime – e talmente disabituati ad utilizzare rettamente la nostra ragione, che ci scopriamo incapaci di distinguere il bene dal male: il nichilismo feroce dei teppisti della (presunta) satira di “Charlie Hebdo” – questa perversione che giustamente indigna chi è estraneo alla nostra civiltà al tramonto, non solo i musulmani – viene addirittura indicato come modello positivo, non solo dai soliti giornaloni mondialisti di regime (“Corriere”, “Repubblica”, “la Stampa”, ecc.) ormai ridotti ad organi di propaganda, ciarliera e bugiarda, del pensiero unico, ma persino dal quotidiano dei vescovi italiani, “Avvenire”, i cui articolisti si associano ai peana sulla “libertà d’espressione” e alla difesa dell’operato del settimanale-spazzatura francese. Si presume che vi sia inclusa la libertà di bestemmiare schifosamente la Trinità, Cristo e la Madonna. Ma è possibile aspettarsi qualcosa di diverso dai portavoce di un clero che dopo aver compiuto quel gigantesco harakiri, quel devastante seppuku collettivo chiamato Concilio Vaticano II, ama atteggiarsi a laicista con i laicisti, giudeo con i giudei e musulmano con i musulmani, a seconda dell’interlocutore? Del resto “Dio non è cattolico”, come insegna Bergoglio. E’ una Chiesa conciliare che sta dimostrando in ogni modo possibile (a parte poche lodevoli eccezioni) di essere infetta dallo stesso nichilismo mortifero e decadente del mondo laicista.

Del resto gli articolisti di “Avvenire”, come la maggior parte dei loro colleghi che scrivono sui giornaloni mondialisti del pensiero unico, dopo avere esaltato la libertà di bestemmiare, non mancano di puntualizzare che non bisogna confondere i terroristi islamici con i musulmani. Si tratterebbe di due cose completamente diverse. Quando sappiamo tutti che non è così: se non tutti i musulmani sono terroristi, ci mancherebbe, tutti i terroristi che uccidono in nome di Allah sono musulmani. E poi, seconda idiozia, puntualizzano che il terrorismo islamico non ha nulla a che vedere con l’immigrazione, quando sappiamo tutti che gli assassini che hanno operato in Francia sono figli di immigrati. E allora è facile capire che le anime belle che oggi scrivono “Je suis Charlie Hebdo”, sono quasi sempre le stesse che predicano la libertà di immigrazione, pardon, di invasione. E l’abolizione o quasi delle frontiere.

Non a caso Charlie Hebdo non si opponeva, attraverso la becera bestemmia, all’invasione extracomunitaria. Tanto meno si proponeva la difesa della nostra cultura e civiltà, che invece dileggiava nei suoi aspetti sacrali e tradizionali. Il settimanale francese attaccava solo le religioni, a cominciare dalla nostra, messa alla berlina almeno quanto l’islam. Un’invasione di massa fatta da non credenti dediti al consumismo e alla pornografia non avrebbe rappresentato un problema, per questi comunistelli blasfemi passati da Marx a market con bestemmia incorporata. Degni compari delle marmaglia internazionale delle Femen e delle Pussy Riot, che tanto piacciono al Potere.

E quindi quale conclusione possiamo trarre da questo massacro, comunque riprovevole e ingiustificabile, di questi “ultimi uomini”? Il terrorismo islamico non si può combattere in nome del nichilismo pestilenziale di questi bruti morti brutalmente. O qualcuno crede davvero che deridere Maometto serva a fermare il terrorismo,invece che a fomentarlo? Io no. L’islam non si combatte con la feccia dei sacrileghi, o trasformando la medesima feccia in esempio per tutti. La feccia resta feccia. Altro che martiri! Il terrorismo islamico si combatte in nome della nostra identità e delle nostre radici, ed esercitando la nostra solidarietà attiva alle popolazioni perseguitate dai fanatici delle mezzaluna, cristiane in primis. Il terrorismo islamico si combatte mettendo in discussione il dominio sugli spiriti del pensiero unico, immigrazionista e mondialista, e la sua versione rancorosa e grottesca, il “politicamente corretto”. L’islam si combatte mettendo in discussione la nostra appartenenza ad un’alleanza militare, la Nato, che manipolata dagli interessi egemonici degli Stati Uniti d’America ha portato la guerra in Libia, in Iraq, in Siria, prima ancora in Serbia e in Afghanistan, favorendo sempre e comunque il fanatismo sunnita e i suo finanziatori (Qatar e Arabia saudita, alleati degli Usa) a scapito di dittatori forse spietati ma mai fanatici, e favorendo, attraverso la destabilizzazione dei Paesi attaccati, l’immigrazione clandestina di massa. Il terrorismo islamico si combatte, per i credenti cattolici, smettendola di appoggiare e giustificare, sempre e comunque, un clero cattolico guidato da baciatori di corani e visitatori oranti e a mani giunte di moschee, che si congratulano con gli imam, augurando buon ramadan, per ogni minareto costruito da noi. Il terrorismo islamico si combatte, prima di ogni altra cosa, arrestando l’invasione migratoria voluta, bramata, agognata dall’Onu, dalla Ue, dalle sinistre e dalle forze del mondialismo tutte, in nome di follie come lo ius soli, il “meticciato” e la società multietnica. E infine l’islam si combatte proprio recuperando quella dimensione trascendente e sacrale disprezzata, profanata, dileggiata, bestemmiata, offesa ogni giorno da una pletora di laicisti feroci, dalla scuola allo spettacolo al giornalismo, che nasconde il suo odio dietro la facciata del buonismo e della tolleranza a senso unico.

Se l’Europa si identifica con Charlie Hebdo ha già perduto la sua battaglia, e il terrorismo ha già vinto. Io non sono Charlie Hebdo.

 

P.S.: I giornaloni italiani sostengono che non c’è limite alla libertà di espressione. Benissimo, allora illudiamoci di assistere al più presto a una campagna stampa contro i reati di opinione (introdotti dalla legge Mancino e dal progetto di legge Scalfarotto) fino ad oggi tanto cari agli stessi giornaloni. Il peccato più odioso? L’ipocrisia.