Il Limbo dei bambini morti senza battesimo e le dichiarazioni dei Pontefici

di CdP Ricciotti.

Anni fa scrissi il lungo articolo «Sulle differenze fra Inferi, Inferno, Limbo dei padri e Limbo dei non battezzati». Nello scritto non citai documenti di Magistero ma mi limitai ad un’analisi teologica della questione Limbo, usando piuttosto scritti a riguardo di alcuni Padri e Dottori.

Approfondiamo adesso la questione Limbo guardando al «Denzinger».

  • a) La pena per il peccato originale è la mancanza della visione di Dio (1. Denz. 184 219; 2. Denz. 780); non c’è alcun luogo intermedio nel senso pelagiano fra il regno di Dio e la dannazione (3. Denz. 184; 4. Denz. 224; 5. Denz. 2626); viene condannata la proposizione: [le anime dei bambini che sono nati da genitori cristiani e che muoiono senza battesimo giungono ad un paradiso terrestre, le anime dei bambini invece che sono nati da genitori non cristiani e che muoiono senza battesimo giungono nel luogo dove sono le anime dei genitori] (6. Denz. 1008).
  • b) Le anime di coloro che muoiono sono con il peccato originale scendono nell’inferno dove vengono punite con pene ed in luoghi diversi (7. Denz. 858; 8. Denz. 926; 9. Denz. 1306); vengono punite con la pena della dannazione senza la pena del fuoco (10. Denz. 2626); il luogo in cui essi si trovano viene chiamato comunemente Limbo (11. Denz. 2626); viene condannata la proposizione: [un bambino che muore senza battesimo odierà Dio] (12. Denz. 1949).

1) Papa Siricio, Lettera Directa ad decessorem al vescovo Imerio di Tarragona, 10 febbraio 385:

«La necessità del battesimo. (c. 2, § 3) Come dunque affermiamo che non deve essere assolutamente ridotta la venerazione per la Pasqua, così vogliamo che ai fanciulli, che con­forme all’età non possono ancora parlare o a coloro, ai quali in qualsiasi emer­genza sarà necessaria l’acqua del sacro battesimo, si venga in soccorso con tut­ta prontezza, affinché non si volga a danno delle nostre anime, se, avendo ne­gato a coloro che lo desiderano la fonte della vita, (avvenga che) nel trapasso da questo secolo qualcuno perda sia il regno (dei cieli) che la vita. Inoltre chiunque incorresse nel rischio di un naufragio, nell’incursione di nemici, nel­l’incertezza di un assedio o in una qualsiasi malattia corporale senza speranza, e chiedesse di sovvenirlo con l’unico aiuto della fede, nello stesso momento in cui lo richiede, consegua il premio della rigenerazione richiesta. Basta con l’er­rore fatto finora in questo ambito! Da ora in poi tutti i sacerdoti che non vo­gliono essere divelti dalla solida pietra apostolica, sulla quale Cristo costruì la chiesa universale, osservino questa regola»;

2) Papa Innocenzo I, Lettera Inter ceteras Ecclesiae Romanae a Silvano e agli altri padri del Sinodo di Milevi, 27 gennaio 417:

«La necessità del battesimo. (c. 5) … che agli infanti possa essere donato anche senza la grazia del battesimo il premio della vita eterna, è una grande stoltezza […] Chi invece sostiene che l’abbiano senza la rigenerazione, a me sembra che voglia annullare lo stesso battesimo, sostenendo che gli infanti abbiano ciò che secondo la fede è conferito loro se non attraverso il battesimo. Se, dunque, secondo loro non nuoce non rinasce­re, è necessario che dicano apertamente che non giovano i sacri flutti della rigenerazione. Ma affinché l’iniquo insegnamento di persone (che asseriscono) cose superflue, possa essere smontato con veloce esposizione della verità, (ec­co) il Signore dichiarare (proprio) ciò nel Vangelo, dicendo: Lasciate i fanciulli e non impedite (loro) di venire a me: di tali infatti è il regno dei cieli [cf Mt 19,14; Me 10,14; Le 18,16]»;

3) Papa Innocenzo III, Lettera Maiores Ecclesiae causas all’arcivescovo Imberto di Arles, fine 1201:

«… Affermano infatti che il battesimo viene inutilmente conferito ai bambini piccoli. …Noi rispondiamo che il battesimo è subentrato al posto della circoncisione. … Perciò, come l’anima del circonciso non andava perduta dal suo popolo [cf. Gn 17,14], così, colui che sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo, otterrà l’ingresso nel regno dei cieli [cf. Gv 3,5]. … Anche se il peccato originale veniva rimesso per mezzo del mistero della circoncisione, e il pericolo della dannazione era evitato, non si perveniva tuttavia al regno dei cieli che, fino alla morte di Cristo, è rimasto chiuso per tutti; ma, per mezzo del sacramento del battesimo, imporporato del sangue di Cri­sto, è rimesso il peccato e si perviene pure al regno dei cieli, la cui porta il san­gue di Cristo ha misericordiosamente aperto per coloro che credono in lui. Non è pensabile infatti che vadano perduti tutti i bambini piccoli, di cui muore ogni giorno una così grande moltitudine, senza che Dio misericordioso, che non vuole che alcuno perisca, non abbia procurato anche per loro un qualche rimedio per la salvezza. … Ciò che adducono gli oppositori, che cioè ai bambini piccoli non vengono infuse la fede o la carità e le altre virtù, dato che essi non possono acconsenti­re, non è affatto ammesso in modo assoluto dai più …, poiché alcuni sostengo­no che, in virtù del battesimo, anche ai bambini piccoli è rimessa la colpa, ma non è conferita la grazia; e altri non pochi dicono che viene rimesso il peccato e vengono infuse pure le virtù, a questi che le possiedono così come abito [cf *904], non invece ancora nel loro esercizio, finché non giungano all’età adul­ta. … Noi diciamo, operando una distinzione, che vi è un duplice peccato, quel­lo originale cioè, e quello attuale: il peccato originale che è contratto senza il consenso, e quello attuale che è commesso in virtù del consenso. Il peccato originale quindi, che è contratto senza il consenso, senza il consenso è rimesso in forza del sacramento; quello attuale infine, che è contratto in virtù del con­senso, non viene affatto sciolto senza il consenso. … La pena del peccato origi­nale è la mancanza della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento dell’inferno eterno. …»;

4) Papa Zosimo, Lettera Quamvis Patrum al Sinodo di Cartagine, 21 marzo 418:

«Can. 3. Così pure è stato deciso che se qualcuno afferma che il Signore: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore” [Gv 14,2], per il li    motivo che si intenda che nel regno dei cieli ci sarà un qualche luogo posto nel mezzo o un luogo altrove, dove vivono come beati gli infanti che trapassarono da questa vita senza il battesimo, senza del quale non possono entrare nel regno dei cieli, che è la vita eterna, sia anatema. Infatti, giacché il Signore dice: “Chi non sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli” [Gv 3,5], quale cattolico può dubitare che sarà “associato al diavolo” chi non ha meritato di essere coerede di Cristo? Chi infatti manca dalla parte de­stra, senza dubbio finirà in quella sinistra»;

5) Papa Pio VI, Costituzione Auctorem Fidei contro gli errori del “sinodo” di Pistoia, 28 agosto 1794:

«La dottrina che rigetta come favola pelagiana quel luogo degli inferi (che i fedeli ovunque chiamano con il nome di Limbo dei bambini) nel quale le anime di coloro che sono morti con il solo peccato originale sono punite con la pena della privazione senza la pena del fuoco; come se in questo modo, coloro che escludono la pena del fuoco, introducessero quel luogo e stato intermedio privo di colpa e di pena fra il regno di Dio e la dannazione eterna, di cui favoleggiano i pelagiani: (è) falsa, temeraria, offensiva per le scuole cattoliche»;

6) Papa Benedetto XII, Lettera Cum dudum agli Armeni, agosto 1431:

«Così pure gli armeni [sbagliando] dicono che le anime dei fanciulli che nascono da genitori cristiani dopo la passione di Cristo, se questi muoiono prima di essere battezzati, vanno nel paradiso terrestre, nel quale visse Adamo prima del peccato; le anime invece dei fanciulli che nascono da genitori non cristiani dopo la passione di Cristo e muoiono senza battesimo, vanno nei luoghi dove si trovano le anime dei loro genitori. [Gli armeni sbagliano]»;

7) Papa Gregorio X, Concilio di Lione II, Sessione 4, 6 luglio 1274, Lettera a Papa Gregorio, Professione di fede dell’imperatore Michele Paleologo:

«Le anime poi di coloro che muoiono in peccato mortale , o con il solo peccato originale, subito discendono all’inferno, anche se punite con pene differenti»;

8) Papa Giovanni XXII, Lettera Nequaquam sine dolore agli Armeni, 21 novembre 1321:

«Le anime invece di coloro che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale, discendono subito all’inferno, per essere tuttavia punite con diverse pene ed in diversi luoghi»;

9) Papa Eugenio IV, Concilio di Firenze, Bolla sull’unione con i greci Laetentur caeli, 6 luglio 1439:

«Invece, le anime di quelli che muoiono ai stato di peccato mortale attuale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno per essere punite con pene diverse [cf. *856-858]»;

Citati alcuni Pontefici, facciamo una sintesi (tratta dal mio libro «Inferi, Inferno e Limbo»): 1) è dogma che non si può accedere alla visione Beatifica (in Paradiso, detta anche vita eterna) senza la grazia santificante; 2) è dogma che il peccato originale è morte dellʼanima (per usare le parole del Concilio di Trento), cioè priva della grazia santificante, per cui se unʼanima ha ancora il peccato originale, non è in stato di grazia santificante; 3) è dogma che anche con il solo peccato originale (cioè senza peccati personali) lʼanima non può accedere alla visione Beatifica, dato che non è in stato di grazia santificante; 4) è anche dogma che Dio non sottopone nessuna persona alle pene dellʼInferno se questa non ha commesso colpe personali volontarie (dette colpe attuali); 5) è dogma che il peccato originale, sebbene privi lʼanima della grazia santificante, tuttavia non è una colpa volontaria, ma è una colpa trasmessa.

Pertanto chi muore con il solo peccato originale, sebbene non può accedere al Paradiso (il che è dogma e non si discute), tuttavia non può neppure finire nelle pene dellʼInferno (anche questo è dogma e non si discute), perché non ha commesso colpe volontarie; neppure può andare in Purgatorio, perché il Purgatorio è luogo ove purgare la pena dovuta alle colpe volontarie. Anche questo è dogma, non si discute. Perciò, chi muore con il solo peccato originale, senza aver raggiunto lʼetà di ragione, e quindi senza aver avuto alcuna possibilità di commettere colpe volontarie: 1) Non può andare in Paradiso; 2) Non può andare in Purgatorio; 3) Non può andare allʼInferno.

Perciò dove va? Per forza, per esclusione, esiste un luogo alternativo. Chiamiamolo come ci pare (la Chiesa lo chiama Limbo), ma la necessità di questo altro luogo è teologica. Questo luogo è sempre stato chiamato, appunto, Limbo dei bambini non battezzati.

A breve ricominceremo a pubblicare anche i dossier su J. Ratzinger (clicca qui per l’elenco completo), dove si vedrà che lui più volte ha cercato di abolire il Limbo per “antropologia della solidarietà” e per “altre vie di salvezza”. Qui il documento «La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo» (della setta vaticanosecondista) dove si nega il Limbo, con dichiarazioni «false, temerarie, offensive per le scuole cattoliche» (cit. Pio VI, Auctorem Fidei).

Spiega Papa Pio XII, Discorso alle ostetriche, 29 ottobre 1951:

«Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l’uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all’adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del battesimo:  al non ancora nato o al neonato bambino questa via non è aperta. Se dunque si considera che la carità verso il prossimo impone di assisterlo in caso di necessità; che questo obbligo è tanto più grave ed urgente, quanto più grande è il bene da procurare o il male da evitare, e quanto meno il bisognoso è capace di aiutarsi e salvarsi da sè; allora è facile di comprendere la grande importanza di provvedere al battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura. Senza dubbio questo dovere lega in primo luogo i genitori; ma in casi di urgenza, quando non vi è tempo da perdere o non è possibile di chiamare un sacerdote, spetta a voi il sublime ufficio di conferire il battesimo. Non mancate dunque di prestare questo servigio caritatevole e di esercitare questo attivo apostolato della vostra professione. Possa essere per voi di conforto e d’incoraggiamento la parola di Gesù: « Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Matt. 5, 7). E quale misericordia più grande e più bella che di assicurare all’anima del bambino — tra la soglia della vita che ha appena varcata, e la soglia della morte che si accinge a passare — l’entrata nella gloriosa e beatificante eternità!».

Pio XII chiarisce senza alcun dubbio la necessità teologica del Limbo, per di più fa luce anche sulle anime dei bambini abortiti («non ancora nati»), spiega così indirettamente che il battesimo dei morti (o dei non nati) non modifica la destinazione dell’anima che è e sarà il Limbo, così come la Chiesa insegna da sempre. I Sacramenti sono per i vivi. Bisogna accettare ciò, capendo che il Limbo non è una punizione. La loro sorte è stata giudicata più o meno naturalmente felice, non avendo i bambini ricevuto la grazia e la fede necessaria per avvertire il difetto della beatitudine soprannaturale. Come si nota, difatti, Pio XII fa differenza fra la «felicità naturale» e quella «soprannaturale».