di G.S.
Negli articoli precedenti abbiamo già parlato abbondantemente dell’importanza geostrategica dell’Ucraina.
Quest’oggi vogliamo affrontare in maniera più specifica un progetto che avrebbe permesso alla Russia di aggirare la “scottante” Ucraina e permettere, così, il trasporto del gas attraverso altri paesi europei. Stiamo parlando del “South Stream”.
Il South Stream era un progetto per la costruzione di un un nuovo gasdotto che avrebbe dovuto collegare direttamente Russia ed Unione Europea, attraversando soltanto paesi comunitari.
Il 23 giugno 2007 le compagnie Eni e Gazprom siglano un memorandum d’intesa per la realizzazione del progetto.
Accordo che si inserisce all’interno di una più vasta strategia di collaborazione, iniziata nel 2006, che prevedeva da un lato la possibilità di Gazprom ad entrare all’interno del mercato italiano, dall’altro all’Eni di poter sviluppare progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi in Siberia.
Nel novembre del 2007, poi, viene costituita la società “South Stream AG”, controllata pariteticamente dai due soci.
Contestualmente la Russia sigla accordi intergovernativi con Grecia, Bulgaria, Serbia ed Ungheria, che sancivano l’entrata nel progetto di questi paesi oltre che con la Turchia , per la possibilità che il gasdotto attraversasse le acque territoriali turche del Mar Nero.
Il percorso del gasdotto era diviso in due tronconi, la sezione offshore nel Mar Nero e quella su terra.
Non era stato ancora deciso il tragitto preciso che doveva partire dal porto russo di Beregovaya fino ad arrivare a quello bulgaro di Varna. Così come il tratto continentale non era stato ancora fissato, in quanto erano al vaglio due diverse ipotesi.
Una che prevedeva il passaggio attraverso la penisola Balcanica per poi “morire” in Austria e l’altra che, invece, attraversando la Grecia, passava per il canale di Otranto.
La capacità del gasdotto era stata stimata a 63 miliardi di metri cubi/anno.
Un progetto incredibile, che avrebbe portato benefici sia alla Federazione Russa che all’Europa.
Ma si sa, l’Europa non è indipendente, non è libera di poter porre in essere trattative in maniera autonoma, senza prendere in considerazione la volontà del proprio padrone: gli Stati Uniti.
Il South Stream avrebbe comportato un ovvio avvicinamento dell’Europa alla Russia, cosa che gli USA hanno sempre cercato di evitare.
Il South Stream non si doveva fare.
Il primo ad opporsi è il governo bulgaro, che non autorizza il passaggio delle condutture gasifere sul proprio territorio.
Di certo non ci meravigliamo, visto che la Bulgaria, dopo la caduta del muro di Berlino, è diventata uno degli alleati più “fedeli” degli Stati Uniti nell’Europa orientale.
Il colpo finale al progetto, però, viene dato a seguito della Guerra in Ucraina.
Gli utili servi dell’Unione Europea, “inorriditi” dal comportamento di Putin all’interno del conflitto(??), hanno la brillante idea di applicare delle sanzioni alla Russia.
Decisione che, ovviamente, si ripercuote più sull’economia europea rispetto a quella russa.
In risposta alle sanzioni, Putin, il 1° dicembre 2014, nel corso di una conferenza stampa con il presidente turco Erdogan, ha annunciato il ritiro della Federeazione Russa dal progetto energetico e la rinuncia alla realizzazione del South Stream.
Un’altra occasione mancata per l’Europa.