di Alfredo De Matteo
Ci siamo. Tra pochi giorni si svolgerà la quinta edizione della Marcia per la Vita, una manifestazione che porta in piazza decine di migliaia di persone per affermare pubblicamente e senza mezze misure un perentorio sì alla vita e un altrettanto perentorio no all’aborto. Ha ancora senso, oggi, manifestare contro il crimine dell’aborto di Stato, dopo quasi quarant’anni dall’entrata in vigore della 194, una legge ingiusta che non ha solamente causato la morte violenta di quasi 6 milioni di innocenti ma anche il sensibile abbrutimento della coscienza individuale e collettiva, sempre più incapace di distinguere il bene dal male anche nel suo aspetto più evidente, ossia quando si tratta di difendere la vita umana innocente? In altri termini, in un’epoca come quella attuale, dove gli attacchi alla vita sono sempre più subdoli e diversificati (teoria del gender, pansessualismo, mentalità contraccettiva, eutanasia ecc.) e dove l’argomento aborto sembra ormai superato o ignorato a livello di coscienza civile e non occupare più la mente e il cuore anche di molti cattolici, ha senso utilizzare grandi energie e risorse per organizzare una Marcia per la Vita contro l’aborto?
Certamente sì, perché l’omicidio deliberato dell’innocente nel seno materno è il padre di tutti i delitti, il crimine più odioso e devastante che il genere umano possa commettere; soprattutto se è lo Stato a promuoverlo, acconsentendo che i cittadini macchiandosene rimangano impuniti e addirittura finanziandolo. L’aborto è il delitto più vile perché colui che lo compie volge il coltello contro l’innocente, contro chi non si può difendere nemmeno urlando e suscitando pietà nel suo carnefice; l’aborto è il delitto più atroce perché colui che toglie la vita utilizza i metodi più raccapriccianti per raggiungere il suo scopo; l’aborto è il delitto più pericoloso e destabilizzante per la civiltà umana perché “se una madre può uccidere il proprio figlio, non c’è niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me” (Madre Teresa di Calcutta).
Contrastare l’aborto e la mentalità abortista non rappresenta una battaglia di retroguardia, un atto sostanzialmente inutile perché ormai “fuori tempo”; al contrario, il futuro della nostra società, il futuro dei nostri figli dipende proprio dall’esito di tale battaglia. L’umanità non potrà mai rifiorire da nessun punto di vista fintantoché la pratica dell’aborto non verrà bandita da tutte le nazioni, fintantoché non verrà ripristinata la vera legalità: è un fatto inevitabile, un’ovvia conseguenza logica.
Dio odia l’aborto e pretende che tutti gli uomini di buona volontà si adoperino per contrastarlo, non solo agendo nel privato ma anche esortando, ammonendo, manifestando e pagando, se necessario, il prezzo salato della persecuzione, della derisione e del disprezzo.
La posta in gioco è altissima e non possiamo permetterci alcuna esitazione. Sappiamo di avere un Alleato formidabile che non mancherà di condurci alla vittoria se sapremo perseverare nella buona battaglia, se sapremo combattere con virile eroismo.
Ogni anno, si celebra la giornata mondiale contro la pena di morte di chi si è macchiato di orribili delitti con la simbolica illuminazione a giorno del Colosseo, mentre allo stesso tempo si tace circa la pena di morte comminata all’innocente con l’aborto: domenica 10 maggio, invece, migliaia e migliaia di persone illumineranno con la loro fulgida e valorosa testimonianza di coraggio le strade della capitale, il centro della cristianità e del potere politico. Una luce che non potrà non accecare chi considerava l’aborto un argomento ormai chiuso, seppellito da decenni di crimini silenziosi e da montagne di piccoli cadaveri. La strada è ancora lunga ma è l’unica che abbia senso percorrere: tutti alla Marcia per la Vita, a Roma il prossimo 10 maggio con partenza ore 14 da Castel Sant’Angelo. Per la vita, la verità e la giustizia.