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Questo pezzo di Danilo Quinto risponde alla lettera inviata ieri da Francesco Agnoli a Radio Spada. L’intera discussione, oltre che dal dibattito sul “20 giugno” si articola partendo dall’interruzione del lavoro di Quinto presso il SIR a causa della pubblicazione di Ancilla Hominis e dalla campagna #IoStoConDanilo. [RS]

 

Defraudare del salario l’operaio è un grave peccato contro Dio

 

Egregio Signor Agnoli,

vedo che l’articolo Riflessioni sul 20 giugno l’ha agitata molto. Su quest’argomento – che approfondirò oggi su Radio Vobiscum – lei glissa, per convenienza e per calcolo e si occupa della mia vita.

La mia vita è pubblica e trasparente, egregio signore. Tutti sanno tutto. Perfino sulle controcopertine dei miei quattro libri, ho scritto in modo trasparente le collaborazioni giornalistiche che erano in essere nel presente o nel passato.

Le ho già scritto che non scendo al suo livello. Non mi appartiene. Le aggressioni personali sono un problema per chi le compie, non per chi le riceve. Lei vuole dipingermi come un impostore, un truffatore, un ladro, un millantatore. Un poco di buono, insomma. Stia sereno, direbbe Matteo Renzi. Nulla di nuovo. L’ha già fatto Marco Pannella, rivolgendomi queste parole pubblicamente e aggiungendo che anche nella mia vita di oggi continuo ad essere un ladro. Lei è in buona compagnia ed è su una buona strada. Vedrà che Bergoglio, prima o poi, chiamerà anche lei.

Sono grato a coloro che mi hanno dato briciole di lavoro in questi anni. Questa gratitudine, però, non comporta tacere sui loro comportamenti. Anzi, proprio se tacessi, sarei un ingrato, un omertoso,  un mafioso. Coprirei la verità, per interesse personale e privato e sarei così sodale di coloro che calpestano la verità e si creano la loro verginità, intellettuale, politica, civile. 

Come lei sa – perché a suo tempo ne parlammo – e fa finta di non sapere, quando nel 2011 venni a conoscenza del fatto che Eugenia Roccella aveva firmato, insieme a decine di parlamentari cattolici, l’appello a favore di Radio Radicale (10 milioni di euro all’anno da parte dello Stato), la chiamai e le chiesi di ritirare quella firma. Lei mi rispose che non poteva farlo, perché glielo avevo chiesto un amico. Le dissi che intendevo rendere pubblica questa sua decisione per amore della verità. Nel libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (pp. 99-100) scrissi: «La chiamai quando seppi che anche lei aveva firmato l’appello a favore dei soldi pubblici da elargire a Radio Radicale. “Ho scritto un articolo per  ‘La Bussola Quotidiana’, raccontando quello che hai fatto insieme a tanti cattolici”, le dissi. “Me l’ha chiesto un amico al quale non potevo dire no” mi rispose. “Proprio agli amici si deve dire di no, a volte, altrimenti che valore ha l’amicizia?” replicai. “Sono sicuro che tuo padre si starà rivoltando nella tomba” aggiunsi. “Mi dispiace di averlo fatto” disse. Qualche giorno dopo mi chiamò Assuntina Morresi. “Non me l’aspettavo da te quest’attacco a Eugenia”, affermò risentita e irata. “Non è un attacco. È il racconto della verità. Trovi scandaloso dire la verità? Un cattolico non può sostenere i radicali. Se non c’è nessuno che ha coraggio di dire queste cose, le dirò io e per me è solo l’inizio” le dissi». Non c’è stata, da tre anni a questa parte, nessuna smentita a questo racconto.

Non ho mai attaccato Domenico Delle Foglie. Ho raccontato i fatti, così come si sono svolti. Lei cita la FISC, probabilmente perché il suo amico le ha raccontato che questo lavoro (ascolto e trascrizione di convegni) me l’avrebbe procurato lui. Forse per darsi importanza. E’ falso.

La vicenda della richiesta di lavoro a Gaetano Quagliariello l’ho raccontata in maniera estesa nel libro  Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (pp. 172-179). Nello stesso libro (pp. 32-34), ho anche scritto: «Tempo fa chiesi al presidente vicario del gruppo PDL al Senato, Gaetano Quagliariello – già vice-segretario radicale agli inizi degli anni ‘80 – perché il governo Berlusconi continuava a decidere di finanziare Radio Radicale. “Danilo, i radicali non contano un cazzo. Quei soldi vengono dati per far divertire Pannella” mi rivelò candidamente Quagliariello. Rimasi impietrito da quest’affermazione. “Questa tua risposta la riferirò a mio figlio che ha sei anni” replicai. “Gli spiegherò, così – lui me lo chiede spesso – che cos’è il potere e quante facce può avere”. Ma come, far divertire Pannella? E a scapito di chi? Perché? Con quale logica?». Avrei dovuto tacere queste cose che mi disse Quagliariello a casa sua nel 2010, per amicizia? Io non sono un mafioso.

Ho risposto al primo quesito. Passiamo, ora, al secondo: Lei ha dunque lavorato per anni per la Cei: non le sembra ipocrisia prendere soldi da chi lei considera traditore della fede?  Ho svolto per Scienza & Vita, nel 2007, un centinaio di interviste a medici sul testamento biologico; per 2 anni e 3 mesi ho collaborato con l’Agenzia Sir con uno pseudonimo imposto; per la FISC ho già detto. Non ho lavorato per anni per la CEI. Non mi sembra ipocrita lavorare per sopravvivere e far sopravvivere la mia famiglia. Mi sembra una cosa normale svolgere un lavoro in maniera professionale. Non ho mai considerato la CEI “traditore della fede”.

Lei dice: “Non cerchi di argomentare sui tradimenti della Cei. Non è questo l’oggetto della domanda. Risponda senza scappare: si possono prendere soldi dai traditori (come lei li considera)?”. Penso di aver già risposto e vorrei rassicurarla che io non scappo, pregandola di usare questi toni con i suoi sottoposti.

Ancora: “Si può, mentre si ricevono questi soldi, andare in giro a chiederne a tanti altri fingendo di essere senza alcun lavoro?”. E’ falso quello che lei sostiene. Io non fingo. Vivo con onestà e dignità.

Ancora: “Si può scrivere sull’Osservatore Romano, e sparlarne, quando non si scrive più? Non sarebbe più coerente non scriverci?”. Ho scritto per L’Osservatore Romano qualche articolo nel 2010. Ho deciso io d’interrompere quella collaborazione. Nel 2011, Vian è andato a celebrare il 150mo anniversario del giornale del Papa a Radio Radicale e negli anni successivi, reiteratamente, ha dialogato a lungo con Pannella su vari temi. Ne ho parlato in tutti i miei libri, è vero, compreso nell’ultimo, Ancilla Hominis (pag. 195), dove riporto, tra l’altro, la trascrizione di una conversazione avvenuta il 16 aprile 2014 a Radio Radicale, dove Vian e Pannella affrontano vari temi. Pannella accenna alla laicità e Vian replica: «La laicità è una dimensione intrinseca al Cristianesimo». Pannella: «Completamente d’accordo! È un chiodo fisso per me!». Vian: «La secolarizzazione non è solo e principalmente negativa, prendiamo l’esempio del femminismo, si nota che sia avvenuto solo nei Paesi cristiani». Pannella: «L’Immacolata Concezione!». Vian: «Beh, certo, quella è l’origine». Avrei dovuto tacere, grato per qualche articolo scritto?

Ancora: “Si può scrivere su Bussola e Timone, a pagamento, con certi toni e in un certo modo  e su altri siti con tutt’altro stile e altri contenuti? E’ coerenza e fedeltà a ciò che si crede?”. Dipende dagli argomenti che vengono trattati. Lei m’insegna, d’altronde. Sul Foglio cosa ha fatto in questi anni? Ha seguito o no la linea di Ferrara o ha scritto come se fosse sul suo blog?

Ancora: “Lei cerca di presentarmi come una sorta di fan della Bonino. La cosa è ridicola, ma chiedo solo: non ricorda che nel suo libretto contro la Bonino lei attinge abbondantemente ai miei scritti, citandoli espressamente?”. Si lamenta, forse, del fatto che non l’avrei citata? Sarebbe falso, se così fosse, ma per qualunque diatriba la prego di rivolgersi al suo amico editore. Aggiungo: non cambi le carte in tavola. Lei ha proibito la vendita del mio libro sulla Bonino alla Marcia per la Vita contro l’aborto  del 2013, per le ragioni che ho spiegato, legate al suo accordo con il Movimento per la Vita di Carlo Casini (allora presidente) sulla campagna inutile e controproducente Uno di Noi.

Ancora: “Lei afferma di non essere mai stato a Trento, di aver rifiutato un mio invito: qui trova varie testimonianze della sua presenza a Trento”. Ha letto male o non ha letto il mio articolo precedente, dove mi riferivo al suo invito del 2009 – la prima volta che ebbi il piacere di sentirla telefonicamente – che rifiutai. Non avevo inteso che dovevo ringraziarla per l’invito del 2012, che accettai, sia a Trento sia a Verona. Lo ricordo bene, perché in entrambi i casi, sia prima sia durante la conferenza, m’invitò ad essere molto cauto e prudente a dire la verità (“Sai, il Vescovo non ci darebbe più la sala, se dici le cose come stanno”, mi disse).

Al termine di questo interrogatorio – che ho accettato solo per il rispetto che devo ai lettori di Radio Spada – vorrei dirle che sono contento del fatto che lei abbia colto l’opportunità di acquisire un po’ di visibilità. Il fatto che abbia inteso farlo infangando senza ritegno alcuno una persona e danneggiando una famiglia in difficoltà, non sono certo io a doverlo giudicare. Molte cose non le sa, vedo. Come la mia collaborazione, durata due anni, con l’Agenzia Fides, i 20 lavori precari che ho svolto in 12 anni per tentare di sopravvivere. Non possiedo nulla, egregio signor Agnoli, neanche una macchina, ma Dio non mi ha mai abbandonato, in questi anni. Mi ha fatto incontrare persone di ogni tipo e genere e ha sempre preservato me e la mia famiglia dal male. Sono certo che lo farà anche questa volta. Dal canto mio, come ha insegnato Gesù,  lascerò che i morti seppelliscano i loro morti e pregherò per loro.