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di Danilo Quinto

Mentre leggevo il testo dell’Enciclica ecologica di Bergoglio – quello pubblicato da Sandro Magister, che gli è costato l’espulsione dalla Sala Stampa Vaticana e che sarà presentato ufficialmente domani da un cattolico, da un ortodosso e da un ateo (!) e sul quale presto occorrerà dire qualcosa – è comparso ieri sera sulla rete uno scritto che mi riguarda di un professore di Trento, Francesco Agnoli (qui). 

Ero consapevole che l’articolo Riflessioni sul 20 giugno (qui) avrebbe destato interesse. Così è stato, ma non immaginavo che addirittura il professore di Trento fosse distolto dai suoi tanti impegni per parlare di me. E’ vero, il professore non entra nel merito di quell’articolo. Egli crede di conoscere bene l’arte della politica e quindi non risponde alle questioni che ho posto, dedicandosi solo al tentativo di denigrarmi.

Non scenderò al suo livello, professore. Non ne sono capace. Non lo feci neanche l’ultima volta che ho avuto un contatto diretto con lei, il 16 ottobre 2013: in una email che conservo, oltre a riversarmi una serie di offese di ogni tipo, mi scrisse: “inizio a  sospettare anche sui 200 mila euro… perchè vedo come sei falso”. Le risposi: “Sono certo che solo la sovrabbondanza di bene, con le preghiere, può tacitare tutto questo male!”. L’impegno l’ho mantenuto, le assicuro: in questi anni, ho pregato per lei più di quanto abbia pregato per Pannella. Continuerò a farlo.

Allora, non la querelai. Oggi, ho chiesto ai miei legali di farlo. Non per me, ma per mio figlio, al quale posso lasciare l’unica cosa che possiedo: la mia dignità. Sappia, professore, che questa lei non potrà mai togliermela, neanche con le sue falsità e le sue offese gratuite e maldestre.

Veniamo ai fatti, ma prima devo raccontare un antefatto: nell’aprile del 2013, quando uscì il mio libro Emma Bonino, dagli aborti al Quirinale?, lei proibì al mio editore di allora, Fede & Cultura, di distribuirlo alla Marcia per la Vita, dopo avermi scritto un mese prima – possiedo anche questa email – che sarebbe stato il libro della Marcia. La proibizione – alla quale l’editore s’inchinò, dicendomi: “Non potevo dire di no ad uno dei miei migliori clienti” – avvenne nei giorni in cui la leader radicale stava per essere eletta Presidente della Repubblica (ne è prova il fatto che fu “ricompensata” per la mancata elezione con il Ministero degli Esteri) e dopo la chiusura dell’accordo con il Movimento per la Vita sulla campagna Uno di noi, che si svolgeva con il benestare della Conferenza Episcopale Italiana. Era evidente che i partecipanti alla Marcia contro l’aborto non potevano ricevere – ignari – la maglietta di una campagna inutile e dannosa (come magistralmente documentò Mario Palmaro) insieme ad un libro che parlava degli oltre 11mila aborti che Emma Bonino aveva concorso a procurare con altri, prima della legge 194, come testimoniano gli atti di un processo che non si è mai celebrato. Si aveva solo interesse a “fare politica” ricordando i fasti democristiani, non per fare servizio alla Verità. Questo emerse allora e questo emerge rispetto oggi all’iniziativa del 20 giugno e al mio intervento, che ha scatenato la sua scomposta reazione.

Lei afferma che è bene spendere qualche parola su di me – non in quanto persona, ma in quanto “personaggio” –  “Solo per amore di verità, per rispetto di quella persona, Domenico Delle Foglie, che si trova oggi accusato di chissà quali nefandezze”. Nessuno, né tanto meno io, accusa il direttore dell’Agenzia Sir di “nefandezze”. Il pregio di raccontare le cose come stanno è proprio questo: rende possibile a tutti di farsi un’opinione. Delle Foglie, poi, non ha bisogno di un avvocato d’ufficio o di un portavoce. Se vuole, è libero di raccontare la sua versione dei fatti.

“Danilo Quinto” – lei scrive – “viene allontanato da Pannella e processato, con l’accusa di aver sottratto alcune centinaia di migliaia di euro”. Fa così intendere che il mio allontanamento sia stato dovuto alla sottrazione di denaro, alla quale sono seguiti  una denuncia e un processo. E’ falso. E’ documentato sia negli atti processuali, che sono pubblici, sia nei miei libri – e non è stato mai smentito da alcuno – che sono stato io a presentare le dimissioni e a chiedere i miei diritti di lavoratore. Questi mi sono stati negati. Ho aperto la causa di lavoro (che ho poi perso in tutti i gradi di giudizio, quindi dopo 20 anni di lavoro non ho ricevuto la  liquidazione, né riceverò la pensione) e solo allora i miei ex amici mi hanno denunciato per appropriazione indebita relativamente ai miei stipendi di Tesoriere, sui quali ho pagato le tasse e che erano stati approvati nei Congressi e dalle relazioni dei revisori dei conti. In giurisprudenza si chiama “consenso dell’avente diritto” e secondo quanto mi hanno detto illustri giuristi è stato a me negato, per la prima volta nella storia giudiziaria di questo paese. Sono diventato un “caso giudiziario”. S’informi e si chieda perchè, professore.

Lei poi racconta dell’intervento di Don Nicola Bux a mio favore nei suoi confronti. Ricordo che nel  2009 il sacerdote in questione mi fece chiamare al telefono da lei, che m’invitò a Trento per una conferenza nella quale raccontare la mia conversione. Rifiutai. Questo è quanto avvenne. Se lei, poi, negli anni successivi, si è adoperato per presentarmi tizio o caio, di che cosa si rammarica, di aver fatto del bene ad una persona in difficoltà? O del fatto che l’abbia “tradita”? Lei sostiene, ad esempio, di aver chiesto  a “Fede & Cultura (che verrà ripagata con denunce e grane di vario genere) di aiutare il povero Danilo”. Vorrei chiarire che la casa editrice del libro “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio” non l’ho denunciata. Ho solo presentato un esposto alla Guardia di Finanza perché accerti la congruità di quanto ha liquidato per i miei diritti rispetto – tra le altre cose, tutte documentate – alla dizione che compare sulle copie (“Ventimila copie stampate in un mese”), che, come si dice, parla da sola. Che cosa avrei dovuto fare? Chiederle forse il permesso di difendere la mia famiglia e i miei diritti?

Lei evoca Roccella, Quagliariello, Vian, ancora Delle Foglie. Mi chiedo: perché lei si fa paladino di queste persone che sarebbero state da me denigrate, solo dopo averle naturalmente sfruttate? Le consiglio di chiedere alla sua coscienza perché queste persone – compresa l’ultima, che pur conoscendomi da ragazzo, mi ha licenziato con un sms ed ha messo sul lastrico e alla fame una famiglia augurandomi “buona fortuna” – hanno sempre evitato un confronto diretto con me. Le cose che avevo da dire sui loro comportamenti le ho scritte nei miei libri e nessuna di esse è stata smentita, per nessuna di esse sono stato querelato.

Vorrei fare una considerazione, che riguarda l’oggetto vero del suo scritto e che spiega l’odio riversato: dietro il “disegno” del 20 giugno, c’è l’esigenza di farsi contare e di riempire una piazza. E’ una esigenza “politica” – “partitica”, direi – che nulla ha a che fare con i contenuti di quella manifestazione, che sono stati già decisi in altra sede, con il concorso di coloro che si dichiarano parlamentari cattolici e – come Eugenia Roccella e moltissimi altri, appartenenti a tutti gli schieramenti – firmano appelli perché Radio Radicale riceva dallo Stato 10 milioni di euro all’anno. E’ il medesimo comportamento assunto nella scorsa legislatura rispetto alla legge sul testamento biologico: ottenere un compromesso e accontentarsi del male minore.

Come ho detto pubblicamente più volte, Pannella e Bonino non hanno più bisogno di convocare la gente in piazza per le loro battaglie anti-umane. La loro ideologia – legittimata dalle telefonate di Bergoglio, che al primo dice di “continuare nella sua battaglia” e alla seconda di “tenere duro” – si è affermata ed è dilagata grazie ai comportamenti di coloro che non si battono per la Verità. Il suo scritto dimostra solo quale prezzo si deve pagare per farlo.

La sconvolge la mia onestà, tanto che è costretto a parlare di “piatti in cui ho sputato”. Ho rinunciato a soldi, prebende, elezioni. Capisco che vorrebbe – insieme a Eugenia Roccella (che afferma: “La 194? Ottima legge, va solo applicata”), a Quagliariello (che sostiene: “Pannella? Non conta nulla. Con i 10 milioni di euro all’anno per la sua radio, lo facciamo solo divertire”) – tacitarmi. Darmi un pezzo di pane per acquietare le paure, la solitudine. Mi sono sottratto dall’essere servo di Pannella e dovrei divenire servo vostro? Dio mi ha preso per mano, non mi ha fatto tentennare. Non ho avuto mai dubbi. Non mi sono messo prono ai vostri poteri. I vostri piatti e le vettovaglie sono avvelenati dai compromessi, dalle menzogne ideologiche e dalle convenienze, che appartengono all’opera del demonio e sono lontani da quella patena che sale all’altare di Dio, portata dai Santi al Trono dell’Altissimo. Non c’è più spazio per i magheggi. Saremo presto tutti di fronte a Lui, che ricorderà chi intinse nei piatti, senza alcun ritegno: il suo nome era Giuda. Che Dio abbia misericordia di Voi!

Colgo l’occasione per ringraziare i tantissimi che in questi giorni si sono fatti vivi con me, hanno scritto a Radio Spada ed ai tanti altri siti – italiani e stranieri – che hanno raccontato la vicenda che mi ha riguardato. Molti di loro hanno partecipato concretamente alla campagna IO STO CON DANILO, che Andrea Giacobazzi ha lanciato su questo sito. Ringrazio Andrea e tutti gli amici – veri – dell’intera redazione di Radio Spada e tutti gli altri che sono intervenuti, dal profondo del cuore. Non merito tanto affetto e tanta stima. Mi sento un servitore inutile di Dio, che in questa terra fatta di miserie e di cose che non valgono nulla, tenta di guardare al Cielo. Ricevere questa partecipazione fa bene all’anima e ripaga di tante sofferenze, necessarie per la salvezza eterna. Non m’inginocchio davanti a nessun uomo e tanto meno ad alcun progetto mondano, ma solo davanti alla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. So che solo quella Croce, alla quale consegno e offro la mia vita e la mia anima, proteggerà sempre la mia famiglia e me dagli assalti quotidiani che riceviamo dal principe di questo mondo.