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E il governo greco – pagando un alto prezzo politico – si allineò.

Tsipras lo aveva ammesso già nei giorni scorsi, parlando di “misure dolorose e lontane dalle promesse della campagna elettorale, ma il meglio che si potesse fare”. Syriza si è spaccata e l’ex ministro Varoufakis nemmeno è andato a votare.

Nell’approvazione della sua proposta recente (gradita a buona parte dei creditori, consistente in 13 miliardi di tagli) il capo di Syriza ha avuto dalla sua, oltre che i voti della maggioranza del suo partito (perdendo però alcuni voti alla sua sinistra, provenienti probabilmente dalla Piattaforma di Sinistra, l’ala dura e pura di Syriza), quelli dei partiti pro euro (Nea Democratia, Pasok, To Potami).

Il voto ha delineato una maggioranza di 250 voti su 300. Tuttavia, della coalizione governativa, 145 su 162 parlamentari hanno dato l’ok, con 8 parlamentari che si sono astenuti, 2 no e 7 assenti.

Poi è iniziato il lungo balletto e questa mattina tutti “si sono accordati”. E con “tutti” si intende Troika e governo greco.

Tannto rumore per nulla, o per poco.

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Il 2 luglio scorso, in piena onda entusiastico-referendaria, avevamo invitato a fuggire “facili entusiasmi ed eccessive illusioni”: [Audio 2-7-15] Giacobazzi: Grecia, dubbi su tsiprassismo e ‘destre’ tsiprassiane.

Del resto, la natura “sinistrista” e – de facto – conformista di Tsipras ci era stata confermata dai suoi stessi sostenitori italiani: Rifondazione Comunista – con una nota – ricorda a tutti chi è Tsipras.

Ancora prima, il 25 febbraio vi avevamo offerto un quadro su quelli che sarebbero stati gli scenari possibili: [Audio, 25-2-15] A. Giacobazzi commenta in breve il caso Tsipras-Eurogruppo.