Abbiamo parlato abbondantemente, negli scorsi articoli, dei “famosi” accordi di Minsk e delle sanzioni inflitte dal blocco occidentale alla Russia, per il “comportamento aggressivo” tenuto a seguito della crisi ucraina.
Che le sanzioni, imposte dagli Usa, siano un modo per allontanare ulteriormente l’Europa da Mosca è ovvio, il problema è capire se sia utile continuare questo braccio di ferro, che da un lato rafforza la sempre più instabile politica estera americana, mentre dall’altro colpisce gli stessi paesi europei, costretti a mantenerle.
Uno studio condotto in esclusiva per il Lena (Leading European Newspaper Alliance) del Wifo (Osterreichisches Institutfur Wirtschaftsforschung, Istituto austriaco per la ricerca economica), ha documentato come in tutta Europa siano a rischio circa due milioni di posti di lavoro e 100 miliardi di euro in valore aggiunto nell’export di beni e servizi.
Secondo lo studio, la crisi potrebbe comportare per la Germania un calo della produttività a medio termine di più di un punto percentuale.
Neanche l’Italia è nella posizione di poter sorridere, vista la previsione di una perdita di circa 200.000 posti di lavoro e un calo della produttività dello 0,9%.
Più fortunata la Francia, solo 150.000 posti di lavoro perduti e una riduzione della produttività dello 0,5%.
Ricordiamo inoltre, che nell’agosto dello scorso anno, il Cremlino ha vietato l’importazione dall’Unione Europea di molti prodotti agricoli (latte, frutta, verdura, formaggio e carne). Provvedimento che ha colpito duramente soprattutto il nostro “bel paese”, insieme ad Olanda e Spagna, registrando così, nel settore agricolo ed alimentare, un calo ancora più forte.
Eppure di certo non possiamo cadere dalle nuvole.
Lo stesso Putin, infatti, aveva lanciato un monito, dichiarando che le sanzioni avrebbero comportato gravi conseguenza anche alle economie nazionali dei paesi Ue.
Parole che suonano profetiche guardando anche soltanto alla situazione italiana, dove sono in gioco, nel breve periodo (primo trimestre di quest’anno) 80 mila posti di lavoro e quattro miliardi e 140 milioni di euro in valore aggiunto creato dall’export, cifre che nel lungo periodo potrebbero comportare un calo di occupazione di 215 mila posti di lavoro e quello del valore aggiunto della produzione di 11 miliardi e 815 milioni di euro.
Un bel colpo alla già poco rosea situazione economica.
La previsione del Wifo è stata condivisa anche da Eckhard Cordes, presidente del Ost-Ausschusses der deutschen Wirtschaft, il Comitato dell’Economia Tedesca per l’Europa dell’Est:
Il primo trimestre del 2015 è un indicatore valido per valutare la situazione. Fino a quel momento, a partire dalla primavera del 2014 eravamo in caduta libera.
La situazione, dunque, è ben chiara a tutti, non soltanto ai “complottisti”.
Perché allora continuare con questo masochismo?
La risposta è fin troppo semplice, il vecchio continente, ormai da 70 anni, non è più abituato ad essere libero di scegliere la propria strategia economica e politica. Le direttive di Washington suonano come ordini a cui non si può disubbidire, d’altronde abbiamo perso la guerra, non possiamo meravigliarci.
Eppure qualcosa si muove, nonostante una classe politica inerme e talvolta complice, dei piccoli segnali arrivano.
La Russia, nonostante i continui boicottaggi, nonostante la continua campagna denigratoria posta in essere dai media “occidentali”, nonostante tutto, continua a tendere la mano a quell’interlocutore naturale, l’Europa, che, per troppa paura del proprio padrone, continua stancamente a fare la guardia ad un mondo decadente, con lo sguardo, però, rivolto verso Est.
Per non dimenticare: Over 96 % of voters in Donetsk Region have endorsed political independence from the U.S. puppets in Kiev