«Oh Signore, aiutami a essere decorativa e ad agire rettamente»
(R. FIRBANK, Fiori calpestati)
di Luca Fumagalli
Tra le opere pittoriche di John Atkinson Grimshaw – l’autore del quadro scelto come “copertina” per questo articolo – e la poetica di Ronald Firbank vi è un legame che unisce idealmente due diversi caratteri, lontani tra loro per epoca e per gusto. È quel sentimento dell’attesa che, come una scintilla, fa capolino tanto nei dipinti di Atkinson Grimshaw quanto nei romanzi di Firbank. Immersi in un ambiente apparentemente chiaro e definito, i personaggi delle loro opere si muovono, in realtà, in un universo a metà tra sogno e fantasia, dove presto i contorni appaiono sfumati, preda di un moto centripeto che li porta a confondersi. L’indistinto che è il naturale risultato della loro azione artistica non equivale al nulla, tutt’altro, per un magico paradosso che ha il sapore della profezia o, se si vuole, della graffiante ironia, il mistero si trasforma in una luce, un barlume di speranza, un orizzonte certo tra le tenebre di un mondo che sembra privo di senso.
Gli “eccentrici” di Cambridge, con i loro caratteri unici, fornirono a mons. Robert Hugh Benson diversi spunti per modellare i personaggi dei suoi romanzi a soggetto contemporaneo. Tra questi ragazzi, studenti scapestrati e trasgressivi all’interno di un’istituzione ancorata al rigido convenzionalismo vittoriano, merita una menzione particolare Arthur Ronald Firbank (1886-1926), molto probabilmente alla base di Christopher Dell, il protagonista di The sentimentalists, il fortunato romanzo bensoniano edito nel 1906. Firbank fu piuttosto famoso nella Cambridge di inizio secolo per la sua inusuale abitudine di dipingersi le unghie di rosso, ben prima che questa pratica fosse di moda tra le dame dell’upper class inglese. Estimatore di Oscar Wilde, era indiscutibilmente lo stereotipo, a suo modo più riuscito, del dandismo. Come simbolo dell’estetismo locale ebbe molti discepoli che vedevano in lui un modello di novità ed eccezione. Viveva in una stanza sempre piena di fiori freschi, assolata e costantemente inebriata di dolci aromi. A una parete era inoltre appeso un suo ritratto esotico, dipinto da un amico.
Firbank frequentava regolarmente Benson e i due si intrattenevano spesso in lunghe discussioni letterarie, commentando sia i classici del passato che le più recenti novità. Anche lui aveva iniziato ad abbozzare alcuni racconti, prime esperienze di una vita che sarà dedicata interamente alla scrittura dopo che nel 1909 abbandonò l’università senza aver ultimato gli studi. Tra l’esteta e il sacerdote, nonostante le differenze caratteriali, si verificò da subito una grande intesa sul terreno comune dell’arte. I due si scambiavano consigli e si sottoponevano vicendevolmente i testi su cui stavano lavorando, sempre pronti ad accogliere favorevolmente i rispettivi pareri.
Le conversazioni però, col passare dei mesi, si spostarono sempre di più dall’estetica all’etica, dall’arte al senso della vita, e nel 1907, proprio grazie all’amicizia con il sacerdote, Firbank si convertì al cattolicesimo. Scontati gli eccessi della giovinezza – compresa l’omosessualità – con una lunga serie di penitenze e digiuni, la sua fede, da quel momento, fu vissuta autenticamente fino alla morte, avvenuta a Roma nel 1926, appena quarantenne, quando aveva ormai raggiunto una discreta fama letteraria. Anche lui, al pari di Benson, fu sulle prime accusato di essersi convertito solamente per la bellezza della liturgia latina, ma quello che in verità attirò il giovane fu la gioia e la certezza con cui l’amico parlava della Chiesa e della sicura e amorevole guida del Papa.
Da questo punto di vista Firbank incarna l’emblema più riuscito di quello strano incontro, verificatosi soprattutto in Francia e Gran Bretagna, tra il movimento artistico dell’estetismo e le istanze del cattolicesimo. A partire dalla celebre conversione di Huysmans e dal pregnante lirismo di un Walter Peter, diversi giovani che approcciavano l’età adulta sul crinale della Belle Epoque videro nel cattolicesimo un’esotica torre di difesa e di oltraggio nei confronti di un’epoca decadente, amorfa e incapace di un serio rinnovamento. Soprattutto in un paese come l’Inghilterra dove la Chiesa di Roma aveva sempre vissuto, almeno dai tempi della Riforma, alla stregua di una piccola comunità isolata e malvista, numerosi scrittori esordienti come Ernest Dowson, Lionel Johnson, John Gray e Frederick Rolfe furono attratti da quello che ai loro occhi dovette apparire, sulle prime, come “un piccolo mondo antico” fatto di rosari e di preghiere sussurrate a bassa voce. Spesso le celebrazioni eucaristiche si svolgevano in squallide cappellette o in locali adattati allo scopo, ma la bellezza della lingua latina, i gesti silenziosi e ordinati dei sacerdoti e l’aura di santità diffusa seppero commuovere l’anima di tanti giovani artisti tra cui Oscar Wilde (e già questo dettaglio basterebbe a evidenziare l’incommensurabile distanza tra quella liturgia e il novus ordo attuale).
Le numerose conversioni verificatesi tra gli intellettuali del decadentismo furono spesso superficiali e raramente sopravvissero all’infatuazione iniziale. Lo sguardo meravigliato di chi contemplava la Chiesa più dall’esterno che dall’interno lasciò ai più solo qualche impressione letteraria da spendere al momento opportuno. Per altri, come nel caso di Firbank, anche se impossibile determinare fino a che punto la fede si mantenne intatta nel corso della vita, il cattolicesimo fu da subito una questione seria.
Negli anni della maturità gli istinti canzonatori tipici del carattere di Firbank si riversarono nei suoi lavori letterari, tutti piuttosto brevi, tipico prodotto dei primi anni del XX secolo. In essi il dialogo elegante e raffinato costituisce il vero fulcro della narrazione, caratterizzata dalla denuncia della vacuità della società moderna. I suoi personaggi, sciocchi, superficiali ma allegri, mostrano una fetta tipica della popolazione di quei tempi. Firbank non dà però giudizi netti, li guarda con indulgenza e misericordia, lasciando aperta al lettore la possibilità di valutazione. Se le sue opere a volte possono risultare dissacranti e irrisorie, al limite dell’offensivo e della blasfemia, in realtà sono attraversate da un sentimento di pietà, una commossa partecipazione all’esistenza dei suoi protagonisti che sovente naufragano verso la dissoluzione, quel nulla che conclude una vita piatta, priva di Dio e di ogni àncora di salvezza. La sua poetica, frutto di un’attraente commistione tra sacro e profano, mostra diversi punti di contatto con quella di Rolfe e divenne un modello per autori successivi come John Gray, Evelyn Waugh e Alice Thomas Ellis.
Esempio eclatante dell’atteggiamento di Firbank, al contempo superficiale e profondo, è Concerning the eccentricities of cardinal Pirelli, uno dei suoi romanzi più famosi, pubblicato nell’anno della morte. In esso si racconta la vita irregolare e tutt’altro che encomiabile di un cardinale spagnolo che trascorre le sue giornate trascurando i doveri pastorali per seguire le più piacenti nobildonne. Episodi grotteschi, come il battesimo di un cane in cattedrale, attirano gli interessi di Roma che decide di indagare sullo strano prelato. Il romanzo si conclude con la morte del povero Pirelli che viene colpito da un attacco di cuore mentre insegue nudo un chierichetto. Leggerezza e critica corrosiva si alternano con sapiente maestria in un mondo dominato dal peccato, che sembra soccombere sotto i colpi del male diffuso.
Giudicato una sorta di precursore del “camp” – l’uso consapevole e sofisticato di un kitsch capace di trasformare il serio in ridicolo –, Firbank combina le istanze del cattolicesimo con una serie di selvagge fantasie di cui sono brillante prova anche Prancing Nigger (1924) e Valmouth (1919). I rapporti tra i personaggi, maschere degne di una parata espressionista, si stemperano in una follia collettiva che ostenta con disinvoltura una vacuità esistenziale accompagnata da vizi grandi e piccoli. Dalla constatazione di una devastazione che non risparmia né la gerarchia ecclesiastica né tantomeno le coscienze dei singoli, la letteratura di Firbank è una lode alla bellezza celestiale che, come la sacra famiglia, non trova su questa terra neanche un ostello disposto ad accoglierla. Davanti a tale orrore unico baluardo, unica certezza, rimane solo Cristo.
Bibliografia minima in lingua italiana
CLETO F., Opale violetto verde oro. Uno studio su Ronald Firbank, Genova, ECIG, 2012.
FIRBANK R., Derelitto splendore. Racconti giovanili inediti, Torino, Robin, 2014.
FIRBANK R., Fiori calpestati, Milano, Novecento, 1990.
FIRBANK R., La principessa Zoubaroff, Milano, Novecento, 2004.
FIRBANK R., Profumo di sandalo, Milano, Novecento, 1995.