Hello-Im-a-victim

 

Livio Podrecca è un noto avvocato, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Piacenza. Ho trovato per caso questo suo interessante articolo in rete (fonte) e, pur con qualche sfumatura troppo “moderata” che mi vede in disaccordo, mi fa piacere condividerlo con i nostri lettori. [Ilaria Pisa]

 

di Livio Podrecca

 

Il dibattito sul gender, le unioni civili ed il matrimonio tra persone dello stesso sesso è ormai il leit-motiv disperante e defatigante della cronaca quotidiana dei media e dei social networks. Ad ogni intervento sul tema, spesso ostinatamente intonato ai più ricorrenti mantra sentimental-buonisti, parrebbe di dover ricominciare ogni spiegazione daccapo, a partire dalla Creazione. I diritti civili dei poveri gay omofobizzati ed ognor calpestati e reietti, il vittimismo la fa evidentemente da padrone nella campagna mediatica di matrice LGBT, ben lontana dallo stile di vita e di pensiero di chi vive seriamente, consapevolmente e senza strumentalizzazioni la propria condizione omosessuale.

In questo baillamme che spesso si colora di toni patetici, non so quanti possano avere colto alcuni aspetti fondamentali che sembrano basilari per una corretta, laica e razionale impostazione del problema. Vorrei accennare al primo.

L’unica famiglia che precede l’ordinamento statuale è quella generativa che, per necessità naturale, è necessariamente ed inevitabilmente formata da un uomo (maschio) e da una donna (femmina).

Se si ritiene che già questa sia una fandonia, uno ‘stereotipo’ socialmente indotto, e che una famiglia ben possa essere fondata da due persone dello stesso sesso che prendano, più o meno artificialmente, i figli da (e biologicamente di) altri, il discorso può già e semplicemente chiudersi qui. Fin dagli anni ’70 c’è chi, tra gli antropologi culturali e della famiglia, va teorizzando la rifondazione dei legami parentali su basi non più biologiche, bensì sociali, e culturali. Diventiamo parenti semplicemente perché abbiamo una più intensa consuetudine di vita e di rapporti. Tutto è lasciato, in fondo, alla libera scelta individuale, e c’è un disegno di legge di parlamentari del PD per il quale la responsabilità genitoriale si assume con una semplice dichiarazione da farsi in Comune davanti all’Ufficiale dello Stato Civile.

Ci si potrebbe forse chiedere, come ha fatto il filosofo del linguaggio John Searle, se la realtà sociale possa essere totalmente costruita linguisticamente, a prescindere dal senso delle cose e dai legami che scaturiscono dal dato naturale. Dalla realtà, in una parola. Ma la corsa di certe tangenti, una volta prese, pare non fermarsi più.

Ci si potrebbe anche chiedere, per esempio, se il fatto che il patrimonio genetico di un individuo proviene per metà dalla madre e per metà dal padre non conti proprio nulla. Neppure per le patologie ereditarie, per esempio. Padre e madre biologici, si intende, ancorché presenti solo nel liquido seminale frutto di automasturbazione e conservato in provetta, buono per cento tentativi di fecondazione, e da un ovulo fecondato in vitro e poi impiantato in un qualche utero disponibile. Non sapendo chi sia, non si potrà certo più dire, del prodotto della FIVET: “ma che bel prodotto umano! – (la parola ‘bambino’ sarà infatti severamente bandita perché indicativa di uno stereotipo di genere, come tale discriminatorio) – somiglia al genitore uno!”. Eppure questo prodotto della fecondazione umana a qualcuno su questa terra dovrà pur somigliare, fosse, con linguaggio – mi si perdoni – antiquato ed omofobizzante, il padre, il nonno, uno zio paterno o materno!

“Ha il carattere di suo nonno!”, si diceva una volta. Andando avanti di questo passo, chi potrà più dirlo? Ognuno di questi prodotti del diritto al figlio galleggerà su un passato a lui totalmente ignoto, accrescendo il senso di vuoto e di nulla della mancata adeguata risposta ad ogni domanda fondamentale sulla vita, che già anche per una persona normale può essere un problema serio.

E’ comunque un dato di fatto che per i sostenitori della necessità della svolta antropologica questi retaggi un po’ arcaici e sentimentalistici del passato sono solo il residuo di una cultura superata dalla post-modernità, che non ha più senso di essere né di esistere. Neppure le vitali dinamiche del divieto dell’incesto e del complesso di Edipo, che danno impulso e regolano nelle sue origini lo sviluppo psichico della persona (lo hanno ribadito non molto tempo fa anche gli psicologi Silvia Vegetti Finzi ed Italo Carta) reggono all’impatto violento ed irrazionale delle nuove correnti di pensiero che, rotti gli argini, travolgono tutto e tutti nel fango come quei torrenti in piena che talora vediamo purtroppo in tivù.

Ci si affeziona ai care-givers di turno, e questo può bastare. A quattro anni, come insegna l’Organizzazione Mondiale della Sanità (ONU), ai bambini occorre insegnare la masturbazione precoce, e ai maschietti a vestirsi da femminuccia e viceversa, o il gioco del dottore, altro che nonno e nonna!

Adesso non vorrei che qualcuno pensasse che i temi di questo piccolo e modesto intervento siano semplici boutades e pretesti tanto per pubblicare un pezzo e, magari, strappare un sorriso. Questi amici sappiano che si tratta della pura e semplice, incredibile, tragica realtà dei nostri giorni. E che dietro l’omologazione delle unioni o convivenze civili (o, che nel DDL Cirinnà è lo stesso, del matrimonio) tra persone dello stesso sesso, c’è proprio questa nuova e disumanizzante antropologia, che, a dispetto di ogni limite normativo che si tenti ingenuamente di imporre alla pratica dell’adozione o dell’utero in affitto, vuole travolgere ogni argine e, con il matrimonio e la famiglia, mira a decostruire ciò che, nell’uomo, è originariamente e più propriamente umano. E potete state certi che, create le prime fessure normative, con l’ausilio delle compiacenti Corti Europee il resto verrà da sé.