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“Il cardinale Jorge Mario Bergoglio è un cattolico impegnato nel dialogo interreligioso ed ha costruito una forte relazione fraterna con la comunità ebraica argentina, in particolare con il B’nai B’rith che sono stati gratificati dal suo atteggiamento cordiale e sincero”.

Sapiente Marco Pannella? L’abilità dell’imbonitore, che grida slogan tanto rumorosi quanto fatui e insensati, è un autentico pozzo di sapienza? Si può seriamente affermare, in sintonia con un autorevole e celebre teologo, che “Marco Pannella è una figura interna alla cristianità italiana, non è un politico, è un profeta?”

L’intelligenza, da intus legere – attitudine a cogliere il senso profondo delle cose – è compatibile con la fandonia chic, diffusa dai tromboni radicali, mercenari scesi in campo per diffamare e avvelenare il vivere secondo virtù e canoscenza? Chi può sopportare seriamente una tale offesa alla verità e al senso comune?

Il programma obituario di Pannella (e della Bonino) è la versione comiziale e squillante del fruscio declinato dal salotto buono, superba e superiore radunata di una minoranza malthusiana, fonte e misura dell’elitario un per cento ottenuto nelle elezioni dalle liste del partito radicale.

Alla luce di una tale statistica si ritiene che l’unica fonte del successo mediatico ottenuto dalla vana chiacchiera di Pannella sia il denaro, generosamente versato nella casse del partito radicale dal titolare della sublime cattedra capitalista, il miliardario americano George Soros.

Se non che il denaro di Soros ha prodotto rumore non consensi. Il successo delle tesi spacciate dal partito radicale discende, purtroppo, dallo smarrimento della maggioranza cattolica, gestita da un clero timido e depistato dalle teologia orizzontale, squillante e trionfante nelle aule nel Concilio Vaticano II e nel circolo bolognese fondato dal teologo progressista Giuseppe Dossetti e dal cardinale ecumenico Giacomo Lercaro.

La spiacevole verità è che nel decisivo 1974, anno del referendum per l’abrogazione della legge divorzista, i cattolici italiani furono abbandonati e traditi dal clero modernizzante, che disattese le direttive di Paolo VI e fece cadere sulle spalle di Amintore Fanfani il peso di una campagna indirizzata alla sconfitta.

Il referendum non segnò la vittoria del partito radicale ma la disfatta della verità cattolica, rinnegata dal clero modernizzante e dalla gerarchia latitante.

Risultato di tale voluta disfatta è il fracasso anarcoide, sollevato dai teologi dissociali intorno alla comunione ai divorziati risposati, “scardinamento dei princìpi e dell’insegnamento che per secoli la Chiesa ha svolto nei confronti delle persone affidate alla sua custodia”.

L’affermazione è di Danilo Quinto, uno studioso che ha meritato la stima e l’amicizia di Mario Palmaro spezzando le catene dell’errore radical chic.

Cattolico in fuga dalla scolastica del nulla, Quinto  dimostra che Pannella declina un’obliqua e triste verità quando afferma che “i veri cattolici sono con noi radicali” (cfr. Ancilla hominis, edizioni Radio Spada, Milano 2015, pag. 7).

Le omissioni squillanti nelle prediche del clero progressista, infatti, sono il risultato di una teologia inquinata e ottenebrata, che  accoglie – si spera inconsapevolmente – le tenebrose suggestioni emanate dai superiori incogniti,nome esoterico degli angeli caduti nella palude in cui sguazza la teologia modernizzante.

Il vero nome del pensiero galoppante nella chiesa post-conciliare  è qualunquismo teologico, ossia abbassamento del bene spirituale e sua parificazione al presunto bene sociale.

Opportunamente Quinto cita un’intervista concessa dal papa regnante a Globo News il 28 luglio 2013, allo scopo di affermare l’impellente/ruggente obbligo di promuovere la cultura dell’incontro, ectoplasma di una teologia qualunquistica, trionfante nei luoghi deputati all’oblio e alla neutralizzazione della verità cattolica.

L’ecumenismo si traduce in rumorose radunate di sincretisti sedicenti ecumenici, ai quali  non importa la fede degli educatori, “interessa che educhino e sfamino” i fanciulli. Un interesse surreale,  che sorvola allegramente sull’oggetto e sulla finalità dell’educazione e della gastronomia.

La fomite di un tale svalutazione/secolarizzazione della pedagogia tradizionale è la smania di novità – la proverbiale rerum novarum cupiditas – promossa dalla acrobatica/ecumenica tolleranza  della mala fede professata dai non cattolici.

Al proposito Quinto cita la imbarazzante dichiarazione del papa venuto dalla fine del mondo, il quale si dice inventore della curiosa e avventizia beatitudine, proposta da un uomo saggio e buono (Shimon Perez) che non crede nella divinità di Gesù Cristo.

Quinto per affermare l’assoluta vanità delle escursioni ecumeniche nel campo delle false teologie fa riferimento a un testo paolino, che non lascia adito ai compromessi e alle evasioni, “che hanno come obiettivo l’equiparazione della religione fondata da Gesù con le altre credenze religiose … che possono essere tutte grandiose, ma nessuna di esse scalfirà il monito di San Paolo: E quale parte tra Cristo e Belial? E quale relazione tra il fedele e l’infedele? E quale compatibilità tra il tempio di Dio e gli idoli?” (II Cor., 6,15-16).

Il libro di Quinto è un efficace antidoto alle proposte e alle suggestioni della teologia escursionista, che abbandonano la verità liberatrice per camminare verso la notte della ragione.

 

 Piero Vassallo