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di Piergiorgio Seveso

Credo di non rivelare un grande segreto se dico che, a modesto ma convinto parere di chi scrive, oggi esiste una SOLA via per essere INTEGRALMENTE cattolici oggi ovvero il rigetto totale dell’intero apparato dottrinale scaturito dal “concilio vaticano II” e delle pseudo-autorità che l’hanno ideato, voluto, preparato, realizzato e poi applicato e che oggi lo propagano e lo difendono. Queste stesse “autorità”, di cui accennavamo poco sopra, ieri e oggi più che mai sembrano offrire comode “pacificazioni” e facili “accomodamenti” ad una parte significativa del “mondo tradizionalista” ma risuona ancora di più in noi l’aureo detto evangelico: veniunt in vestimentis ovium at intrinsecus sunt lupi rapaces. Se il “pontificato ratzingeriano” si era rivelato una macina che triturava e divorava chi non avesse risolto correttamente il problema dell’Autorità (ma anche chi l’aveva risolto e poi era tornato sui suoi passi), paradossalmente e incredibilmente Bergoglio sembra operare in questa direzione e con ancora maggiori successi e a trecentosessanta gradi.

Se la “macina” di ratzingerismo, come ogni artificio intellettuale, risultava, in ultima analisi, facilmente inceppabile attraverso semplici e coraggiosi moti della volontà, accompagnati da uno studio più profondo che spezzasse le maglie ermeneutiche del pensatore bavarese, la “tela di ragno” di Francesco I invece mostra d’essere più sinistra, più ripugnante ma più avviluppante al contempo.

Volendo passare rapidamente d’immagine in immagine e volendo chiamare le cose col proprio nome, Ratzinger portava Monsignor Fellay in cima alla più alta montagna e gli faceva un’offerta cui era difficile dire no, in base a queste premesse: “Accetta e giovati di questa epistemologia relativista nella valutazione degli atti magisteriali del vaticano II e tutto questo sarà Tuo”.

La profferta di Bergoglio, priva di cascami intellettuali e dottrinali e ben più allettante, è invece assolutamente prassista e “misericordista”, sostanzialmente identica nei fini, radicalmente opposta nei mezzi, ulteriormente pericolosa negli esiti. Passa attraverso tecnici accomodamenti,  riconoscimenti unilaterali, accordi cortesi e concessioni parziali (ad esempio la “riconosciuta” liceità delle assoluzioni della FSSPX durante il suo “Giubileo”), piccole maglie untuose madide di bolo argentino che rimangono attaccate alla pelle e al cuore.

Nella letteratura affabulatoria bergogliesca la “Chiesa” ha un grande cuore e vi è un posto veramente per tutti in essa, basta “sentirlo”, basta volerlo, forse non serve nemmeno chiederlo: qualcuno sposta una sedia, qualcuno sorride, qualcuno guarda altrove e ci si ritrova già a tavola a pranzare con la Rivoluzione. D’altronde è triste e doloroso rimanere in cortile mentre in casa si sente banchettare con risate fragorose e grandi battimani.

Come in certe occasioni prossime di peccato che giustamente i confessori stigmatizzano, si può sentire una voce dentro di noi che ci dice melliflua ma potentissima: “Che sarà mai? Che mai ti può succedere? Tu sei un cattolico a tutta prova! Che male c’è? Anzi ne potrebbe venire un gran bene: sarai tu che porterai la luce in quelle oscurità, Dio ha scelto te per fare grandi cose. Tu non sarai come loro, tu sarai diverso…”. Dio solo sa quanto queste frasi risuonino oggi non solo nel cuore ma spesso anche negli scritti e nelle pagine di molta narrativa “tradizionalistica”: lo abbiamo visto con questi occhi sia nel 2012 che anche in questi ultimi giorni.

Ebbene va detto a chiare lettere che l’eccessiva confidenza in sé è un grande pericolo cui spesso nemmeno la grazia di stato, nemmeno il presiedere piccole o grandi società religiose può porre riparo. Il Nemico è potente, strutturato, con un’amplissima copertura mediatica, con un plauso pressoché universale di potenti e di semplici, temibile e terrorizzante, logorante e incapacitante ANCHE per chi mantenga le posizioni dottrinali più corrette, e soprattutto capace di spezzare tutti i fragili e tremebondi calcoli degli uomini. Alla lusinga di questa voce che è quella del “Signore del mondo” (anche di bensoniana memoria) non solo è inutile ma è anche altamente sconcertante rispondere con accorati (o calcolati) ringraziamenti, con occhioni umidi e grati, in qualche caso con peana surreali e con gli (ennesimi) progetti entristi di restaurazione: tutto questo abbiamo letto più volte, tutto questo non avremmo voluto leggere ancora.

A sommesso ma convinto giudizio di chi scrive l’ondeggiamento, il perenne “già e non ancora”, un continuo moto pendolare tra resistenza e resa di alcuni ambienti tradizionalisti “resistenti”, senza volermi addentrare in ulteriori considerazioni ecclesiologiche già scritte mille volte e che lascio ad altre sedi ed occasioni, è comunque indice di una confusione e di un pericoloso attendismo che prescinde da un elemento fondamentale: certamente vi è QUALCUNO cui “resistere” ma non vi è NESSUNO cui ci si possa e ci si debba arrendere, oggi più che mai. E senza dimenticare che ne uccide più la “Misericordia” della spada.