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di Danilo Quinto

Sono tutti inviperiti e sembrano indignati perché la Rai, con «Porta a Porta» di Bruno Vespa, ha dato la parola alla figlia e al nipote di Vittorio Casamonica, entrambi peraltro incensurati a quanto risulta. Io no. Gli unanimismi mi hanno sempre spaventato molto e, per dirla tutta e francamente, in questo caso la trovo grottesca e ipocrita.

Per quarant’anni, una famiglia molto «allargata», che conta qualche migliaia di persone, spadroneggia su Roma – si dice – e tranne qualche sporadica inchiesta giudiziaria che riguarda alcuni dei suoi componenti, nessuno, dico nessuno, si occupa sul serio di questa situazione. Tutto esplode – si fa per dire – con la «messa in scena» del funerale. Dura lo spazio di un mattino, senza una sola conseguenza sulle responsabilità, tranne quella del guidatore dell’elicottero al quale viene sospesa la patente. Una buffonata, diciamo la verità, se si mette a confronto ai fiumi d’inchiostro, di immagini televisive e di falsa indignazione dedicati a questa vicenda per venti giorni.

Vespa – per il quale non nutro nessuna simpatia – come hanno fatto altre trasmissioni, invita in studio due membri della famiglia, assistiti dal loro avvocato e in contraddittorio con due giornalisti. Ha inizio il diluvio di parole al vento. «E’ stato uno spettacolo vergognoso ed offensivo quello al quale i cittadini e le cittadine romane in primis, ma anche tutti gli italiani, hanno dovuto assistere ieri sera», stigmatizza il gruppo del Partito Democratico romano. «Vedere accomodati rappresentanti della famiglia Casamonica nel salotto buono della tv di stato finanziata con il canone dei contribuenti, doverli sentire rivendicare proprio quei funerali che hanno indignato e offeso la nostra comunità, ascoltarli mentre stabilivano accostamenti improponibili e ignominiosi tra grandi figure della Chiesa e il loro congiunto – aggiunge – è stato un vero e proprio affronto per tutti coloro che sono impegnati nella battaglia contro le mafie e l’illegalità, mettendo spesso a rischio la loro stessa incolumità». «Spettacolo inaudito» per Marco Causi, vicesindaco della Capitale: «La Rai chieda scusa alla città: trovo davvero inaudito che il Servizio Pubblico, ospiti componenti della famiglia Casamonica per fare intrattenimento mascherato da informazione. Quella andata in scena ieri sera sulla prima rete Rai è la più clamorosa dimostrazione di ciò che dico da tempo: la mafia a Roma è da molti sottovalutata e c’è ancora chi la ritiene un fenomeno folkloristico». Grillo, nel suo blog si scaglia contro il «servizio pubblico paramafioso». Il neo-consigliere della Rai Guelfo Guelfi, scrive: «Approfondimenti. Si chiamano così. Ripassano sul caso e lo espongono. Era così con i plastici, con i corpi, con le violenze sui corpi. D’altra parte Porta a Porta è normalmente in seconda serata. Le fasce protette dormono e le fasce morbose fanno l’indice d’ascolto. Ieri rientrando a casa saranno state le 11 e mezzo accendo la TV e infatti c’è l’approfondimento sul caso. Meno male il morto era già morto e seppellito compresi i petali che cadevano dal cielo. In studio la figlia che sosteneva ‘e noi facciamo sempre così, maronna mia quanto la fate lunga’ e nemmeno di nascosto, esibendo pendagli, rideva, Vespa si fregava le mani. Ieri ho passato la giornata in Rai a Roma, ci sono così tante cose da fare». Non manca Franco Mirabelli, capogruppo Pd in commissione Antimafia del Senato: “Domani in commissione Antimafia chiederemo di ascoltare al più presto i vertici del servizio pubblico e dell’ordine dei giornalisti per aprire una riflessione a partire da questa preoccupante vicenda». Il presidente Rosy Bindi fa sapere che accoglierà la richiesta. Infine, il Sindaco Ignazio Marino: «La Rai chieda scusa. La partecipazione a una delle trasmissioni di punta del servizio pubblico Rai della famiglia Casamonica è grave. Oltre che paradossale. Ieri sera, infatti, più di un milione di spettatori hanno assistito sostanzialmente a un replay dei funerali spettacolari e mafiosi già finiti sui giornali. Se l’indecorosa messa in scena a piazza Don Bosco aveva trovato i responsabili dell’ordine pubblico impreparati e sorpresi, per un difetto di informazione, questa volta la ‘rappresentazione’ è stata studiata a tavolino. E dunque è senza scusanti».

Penso che ci sia un limite a tutto. Anche alle dichiarazioni di un Sindaco che in due anni ha concorso a trasformare una capitale di 5 milioni di abitanti in una gigantesca cloaca a cielo aperto, piena di rifiuti e di erbacce per ogni dove, divorata dal degrado, dall’inefficienza e dalla mancanza di servizi sufficienti, dalla insicurezza sociale (una pattuglia di polizia per ogni 150mila abitanti) e dalla povertà (con il 4% della popolazione, pari a 114.819 cittadini che vivono sotto la soglia di povertà, mentre il 7%, 200.934, mangia in maniera adeguata solo ogni due giorni), con le tasse più alte per i cittadini e con mezza amministrazione coinvolta nell’inchiesta su «Mafia Capitale», scoperta non attraverso i controlli dei suoi uffici, ma solo grazie all’intervento della magistratura. E’ sempre un magistrato, oltretutto, Alfonso Sabella, nominato alla fine dell’anno scorso Assessore alla Legalità, a scoprire e dire pubblicamente che «a Roma vincere una gara d’appalto, almeno per certi soggetti era diventato un diritto». Un Sindaco sempre pronto – con i suoi interventi al Gay Village o al Gay Pride o con gli inediti matrimoni celebrati in Campidoglio tra coppie dello stesso sesso – a spalleggiare i desideri della lobby omosessuale e che ora, per sopravvivere, sostenuto dal PD e da Renzi, che ha paura di perdere Roma con nuove elezioni, si aggrappa ai 25 milioni di pellegrini previsti dal Giubileo della Misericordia indetto da Bergoglio. Quale coerenza e che tristezza!

M’indigno più per questo che per un’intervista ai membri della famiglia Casamonica. Chissà quanti membri della «Roma Bene», in questi quarant’anni, hanno parlato con loro – in privato – e li hanno frequentati e chissà, diciamocela tutta, come si sta preparando, sempre la «Roma Bene», ai fasti del prossimo Giubileo.