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di Gianluca Di Pietro

“[…] Una volta caduta la Messa è finito il Papato”: con questo assioma Martin Luter descriveva  a ragione l’importanza della Liturgia nella vita della Chiesa. Sì, la Sacra Liturgia è davvero la condizione a priori della ecclesialità,ossia dell’essere membra articolate di un Corpo mistico vivo.

Facendo ricorso ad un lessico che riflette l’affascinante ecclesiologia organica paolina, la Sacra Liturgia è la gabbia toracica dell’Eucarestia, il cuore di questo Corpo. Adoperarsi per la distruzione o relativizzazione della Liturgia significa compromettere l’azione del circolo della grazia che dall’Eucarestia raggiunge tutte le membra del Corpo.

Da troppo tempo piangiamo il corpo agonizzante e languente della Nostra Madre,la Chiesa, caduta vittima sotto i colpi della nouvelle theologie, che ha inaugurato anche una nouvelle liturgie, ambiguamente cattolica e teatro dei più ignominiosi abusi.

Restaurare la Vera Messa Cattolica,per tanto tempo  sollecitudine dei Sommi Pontefici, è un dovere cui i semplici fedeli non possono sottrarsi e rappresenta il presupposto per una “restitutio ad integrum” di tutto il corpo ecclesiale.

Alla luce di questa premessa,  una settimana fa, il 25 Novembre, si chiudeva l’annuale Pellegrinaggio, oserei dire, “liturgico-centrico”  “Ad Petri Sedem”  di tutti coloro che riconoscono il potenziale  del Motu Proprio “Summorum Pontificum”.

Da tutto il mondo, la famiglia di Dio si è radunata nella città della Sede dell’Apostolo Pietro per ricordare  a tutta la Chiesa che la Tradizione non è un insieme di “privilegi antichi e transitori”,ma è al pari della Scrittura un acquedotto della Grazia e una delle  forze che rinsaldono  l’unitá della Chiesa.

L’immagine più rappresentativa di questo pellegrinaggio è stata la lunghissima processione che estendendosi  dal Sagrato di San Pietro fino a ben oltre l’obelisco  della Piazza è entrata trionfalmente nella Basilica, sotto gli occhi curiosi dei turisti i quali,catturati dalla sacralità armonica di questo “corteo”, hanno anch’essi partecipato al Pontificale all’Altare della Cattedra di Sua Eccellenza Mons. Laise,arcivescovo emerito di San Luis.

Questa è solo una delle evocative immagini di quattro giorni intensi,durante i quali poco meno di 2000 pellegrini si sono radunati attorno agli altari delle tradizionali Basiliche Romane, San Lorenzo in Damaso e Santa Maria in Campitelli, per rendere a Dio il culto doveroso e gradito,nelle forme più care alla tradizione cattolica:Rosario meditato e cantato, Adorazione Eucaristica e meditazione della Via Crucis.

 

A termine di questa edificante esperienza cui partecipo da ormai 2 anni, ho intervistato Giuseppe Capoccia, noto giudice pugliese e Presidente del Coetus Internationalis Summorum Pontificum, sull’importanza della Messa Antica nella vita della Chiesa,  sullo stato attuale del Motu Proprio di Benedetto XVI e sulle sue  conquiste ad otto anni dalla promulgazione.

 

“ D. (Gianluca Di Pietro) Procuratore, Radio Spada da tempo si occupa di rendere un servizio alla Verità in questi tempi confusi in cui la luce di Dio è tramontata dall’orizzonte tanto sociale quanto individuale. Come ben sa, la nostra linea editoriale vede nel Cattolicesimo Romano la giusta soluzione ai drammi della modernità nonchè la forza capace di ricondurre ad unità questa realtà frammentata: la dottrina cattolica è la sfida che noi proponiamo all’uomo moderno. Proprio in virtù di questo nostro obbiettivo raccogliamo attorno a noi le diverse frange del cosiddetto “tradizionalismo cattolico” che si sono sfilacciate a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Questo ci espone non di rado ai rischi di una difficoltà di convivenza da parte dei nostri lettori.

 Non crede forse che l’evidente frammentazione del mondo tradizionalista sia il punto di debolezza della “battaglia tradizionale”, in contrasto con la compattezza dell’ala progressista?

 

R. (Giuseppe Capoccia) In realtà, la frammentazione può anche presentare dei vantaggi, per esempio quando si tratta di resistere alla repressione o quando si decide di accelerare su qualche fronte. E poi non sono sicuro che i novatori siano così uniti fra di loro; è vero però che sanno spesso trovare una linea condivisa perché non perdono mai di vista l’obiettivo. Noi, invece, spesso sembra che dimentichiamo il fine della nostre battaglie, così come ci lasciamo prendere dallo zelo amaro, mentre dovremmo sempre coltivare la gioia della Redenzione che Cristo ha guadagnato per noi e per sempre sulla Croce.

 

D. Molti guardano a noi fedeli del Summorum Pontificum con diffidenza e sospetto, dipingendoci semplicemente come degli esteti del culto, affetti quasi da un fine romanticismo liturgico: fedeli ai quali interessano le forme del Sacrificio della Messa piuttosto che la sostanza teologica del memorialis Domini Nostri. A tutti costoro cosa sente di dire? Noi “motupropristi” siamo davvero disposti a soprassedere al cambiamento della sostanza della Messa per qualche pianeta o suppellettile barocca? È davvero questo lo spirito che muove il Coetus e le migliaia di fedeli (tra cui io stesso): organizzare Sante Messe esteticamente belle e chiudere gli occhi di fronte ai numerosi problemi che la nouvelle theologie pone?

 

R. Don Claude Barthe, cappellano del pellegrinaggio internazionale del Summorum Pontificum nonché autore di tanti studi liturgici e teologici, dice sempre che la battaglia va condotta per la Santa Messa e per tutto ciò che ne consegue: il catechismo, la morale, la buona dottrina, la cultura, ecc. Noi sappiamo che senza la preghiera che orienta a Dio e a Dio rende il culto dovuto, tutte le opere sono vane. La nostra convinzione è che l’impegno liturgico sia la chiave per riaffermare la fede cattolica: è indubbio che la Messa di sempre non è bastata a fermare l’eresia modernista, ma rimane il più perfetto compendio della nostra fede, plasmato da secoli di tradizione. Un illustre autore contemporaneo (con il gusto per il paradosso) osserva che la crisi finanziaria mondiale deriva dal crollo della liturgia: se non c’è Cristo crocifisso in alto, al centro, il resto è solo disordine e caos. Ed è anche il triste sbandamento di tanti movimenti che pare abbiano smarrito il fulcro del loro agire. Pensiamo, e lo abbiamo spesso provato con le nostre piccole opere di proselitismo, che ormai sia spesso vano affidarsi alla ragione e all’intelligenza dei nostri contemporanei per evangelizzarli: non per loro colpa, ma a motivo del generale abbassamento morale, culturale e filosofico.

 

D. Nell’ottavo anniversario della liberalizzazione della Messa Antica, possiamo azzardare un bilancio: quali obiettivi abbiamo raggiunto grazie al Motu Proprio? Grazie all’attività del Coetus Internationalis, che compendia l’immenso lavoro dei coetus locali, possiamo affermare che sia cresciuto l’interesse verso la Messa Antica da parte del cattolico medio (e per “cattolico medio” intendo il fedele che non possiede particolari conoscenze linguistiche o teologiche o canonistiche)? E i giovani?

R. Oggi, se qualcuno è interessato alla liturgia cattolica apre Internet e con un paio di click si ritrova immediatamente su una pagina legata alla promozione o al commento della liturgia tradizionale: sia la FIUV, sia i media specializzati come il New Liturgical Movement o Paix liturgique rendono conto con grande regolarità dei progressi delle Messe Summorum Pontificum nel mondo. Sulla pagina FB del pellegrinaggio, le statistiche dicono che il 57% dei nostri fans ha meno di 34 anni: mi pare che già questo sia una risposta eloquente alla sua domanda sui giovani e il Summorum Pontificum; peraltro, proprio il fascino dei giovani per l’antica liturgia è una delle ragioni esposte da Papa Benedetto nella lettera ai vescovi di accompagnamento al Motu Proprio.

 

D.Contestualmente, la ricezione del Motu Proprio da parte delle Gerarchie in questi otto anni ha avuto un miglioramento significativo? La liberalizzazione di cui il documento papale parla è davvero reale oppure in fin dei conti rimane come qualcosa ancora da perseguire? In quest’ultimo caso, cosa occorrerebbe fare per portare a compimento le istruzioni contenute nel Motu Proprio?

R. Beh, se si guarda alla realtà italiana, la situazione può sembrare grigia: poco è cambiato dal 2010 quando Fede & Cultura pubblicò un opuscolo del giornalista Alberto Carosa proprio sulle opposizioni episcopali al Summorum Pontificum. Tuttavia, la diffusione della liturgia tradizionale in Italia è un dato di fatto. Sempre più sacerdoti hanno imparato a celebrarla e sempre più fedeli si sono accostati alla solenne dignità ed alla profonda sacralità del rito antico. Ogni anno, durante il nostro pellegrinaggio vediamo nuove famiglie partecipare alla processione e alla Messa in San Pietro. Il successo di quest’anno è per parte dovuto al maggior numero di pellegrini italiano venuti a Roma il 24 ottobre. Poi, se lo sguardo si allarga a tutto l’Orbe cattolico, è evidentissimo lo sviluppo del Summorum Pontificum: sapete che c’è la Messa tradizionale anche in Indonesia?

 

D. La principale attività del Coetus è l’organizzazione del Pellegrinaggio “ad Petri Sedem” nell’ultima domenica di Ottobre, in occasione della Festa Liturgica di Cristo Re dell’Universo. C’è una ragione simbolica dietro la scelta di promuovere un pellegrinaggio proprio alla Sede Apostolica, per di più in occasione di una festa liturgica tanto importante quale la Sovranità Universale di Nostro Signore?

R. La scelta di Roma non è certo casuale: non può esserlo per chi professa la propria fede cattolica, apostolica e romana. Potrei anche ammettere che la festa di Cristo Re è stata casuale, nel senso di non cercata, ma credo proprio che la Provvidenza abbia voluto indicarci la regalità di Cristo perché la nostra fede sia manifestata, affermata, difesa in ogni momento e in ogni luogo di fronte a una società sempre più empia e laicista.

 

D. Domenica 25 ottobre si è chiuso solennemente questo annuale pellegrinaggio: può ritenersi soddisfatto del suo svolgimento? Cosa l’ha maggiormente colpito di questi quattro intensi giorni?

R. Prima di tutto direi che mi ha colpito il generale sereno clima di normalità cattolica! Spesso nei nostri territori subiamo una sorda ostilità, una perenne condizione di minorità ed emarginazione; entrare in San Pietro dal portone principale cantando “Cristus vincit” rincuora e ripaga di tante amarezze. E poi, ammetto di essere stato affascinato da mons. Juan Rodolfo Laise, questo novantenne tenero ma fermo, arcivescovo emerito di San Luis (Argentina) e strenuo difensore della pratica della ricezione della Santa Eucarestia in ginocchio e sulla bocca. Con la sua età, con il suo buon animo, con la sua testimonianza tenace non è stato semplicemente il celebrante del Pontificale in San Pietro, ma ha rafforzato in noi la volontà di proseguire la buona battaglia, nell’ubbidienza alla volontà del Signore e nella fedeltà alla propria coscienza.

 

D. Ultima domanda: se dovesse convincere a partecipare al Pellegrinaggio Summorum Pontificum coloro che non ci conoscono oppure che senza ragione ci avversano, cosa direbbe?

R. Non abbiate paura: venite e pregate!”