Agli inizi del 1905, ancora occupato come assistente spirituale presso la Llandaff House all’Università di Cambridge, Robert Hugh Benson diede finalmente corpo a un progetto editoriale che lo interessava sin dall’anno precedente, quando era in procinto di concludere gli studi seminaristici a Roma dopo la conversione al cattolicesimo. Il libro sarebbe stato pubblicato solamente l’anno seguente con il titolo La storia dell’eremita Richard Raynal (The history of Richard Raynal, solitary).
Il giovane inglese aveva già scritto alcuni romanzi, ma non aveva ancora ottenuto quel successo di pubblico che sarebbe giunto poco tempo dopo con Il padrone del mondo, il suo capolavoro indiscusso.
La storia dell’eremita Richard Raynal, il libro che il suo autore amava più di tutti gli altri, trae ispirazione dalla vita dell’inglese Richard Rolle, vissuto nel XIV secolo e sul cui conto Benson aveva già scritto una piccola biografia in appendice a un libro di preghiere. Rolle (1290/1300-1349), venerato come Santo nella chiesa anglicana, era nato in una famiglia contadina dell’Inghilterra rurale. Studiò all’università di Oxford e, non dimostrandosi interessato ai dibattiti filosofici della scolastica, preferì dedicarsi allo studio del latino e alla meditazione sulle Sacre Scritture. Dopo aver abbandonato gli studi universitari, tra i diciotto e i diciannove anni decise di dedicare la sua vita alla solitaria contemplazione di Dio; ed è così che divenne eremita. Seppur osteggiato da molti sacerdoti che vedevano in lui solo un accattone, dopo un anno ebbe la prima di molte esperienze mistiche che più tardi riassunse nel libro Incendio amoris, particolarmente diffuso nel corso del Medioevo. Dopo qualche tempo, a dimostrazione del suo afflato teologico, si trasferì a Parigi per approfondire gli studi di esegesi biblica alla Sorbona, prima di ritirarsi in solitudine nella cittadina di Hampole dove fu forse ucciso dal sopraggiungere della peste nera.
Sono soprattutto le esperienze mistiche di Rolle, di cui conserviamo accurate descrizioni, che stanno alla base del mastro eremita creato da Benson.
Utilizzando il classico espediente manzoniano del manoscritto ritrovato, nel prologo lo scrittore dichiara di essersi imbattuto in un vecchio e malconcio volumetto mentre si trovava nella biblioteca di una casa religiosa romana, nel marzo 1904. Il testo, in francese, narrava la vita del giovane eremita inglese Richard Raynal, morto appena ventenne. Nonostante le pessime condizioni Benson decise quindi di farne una traduzione in inglese.
Lo scritto si presenta frammentario, con grandi e piccole lacune che non permettono di ricostruire i tempi della narrazione e i nomi precisi delle ambientazioni e dei protagonisti. Si può solo supporre che la storia, narrata in prima persona dal sacerdote John Chaldfield per le anime della sua parrocchia, sia ambientata all’epoca del regno di Enrico VI, prima del suo matrimonio nel 1445.
Nel libro si racconta del viaggio che compie Richard Raynal in risposta all’ordine impartitogli da Dio di recarsi dal re, a Westminster, per annunciare al sovrano l’imminente morte tra grandi sofferenze, una passione simile a quella di Cristo. Abbandonata l’umile dimora, inizia così un viaggio che ha il sapore della quest, un compito importante affidato dalla Provvidenza, ma anche un’occasione di maturazione e crescita. Lungo la strada – ancora una volta grandiosa metafora della vita – Richard incontra uomini di diverso temperamento e vive straordinarie avventure che si concluderanno solo nel momento in cui si troverà faccia a faccia con la morte.
Richard Raynal è l’emblema del Santo, di colui che ha fatto della sua umanità non un ostacolo che allontana da Dio, ma un mezzo per essergli fedele. La forza dell’eremita risiede nella costante contemplazione mistica di Cristo che gli permette di cogliere chiaramente la natura del divino che riempie la realtà e la sua storia personale. Per lui il Messia non è solo un racconto del passato, ma è davvero presente, visibile e operante per la Salvezza dell’uomo, misero e peccatore. Lo vede, parla con Lui, ne percepisce la consistenza, e solo grazie a questa rinnovata consapevolezza adempie alla sua missione con serenità, anche se questo potrà significare la morte.
La natura calma e pacifica che circonda l’umile casa di vimini del protagonista – distrutta poi dai pellegrini smaniosi di reliquie – svolge da correlativo oggettivo dell’anima dell’eremita. La tranquillità della radura, il lento scorrere del fiume e lo stile frugale sono tutti elementi di uno spirito semplice che non desidera nulla di questa terra, ma vuole tutto di Dio. Gli animali attorniano pacifici la sua dimora, innamorati anch’essi del delicato sguardo di Richard, del tutto simile a quello di San Francesco d’Assisi, amante di Cristo e di tutte le bellezze del creato.
Anche l’aspetto dell’eremita, epurato dal banale cliché del mendicante sporco e cencioso, si colora di una maestosità che riflette la bellezza della sua anima. Il vestiario semplice e rozzo, un saio di color marrone indossato sopra una tonaca bianca, rimanda alla celebre sobrietà di Sant’Antonio abate e le sue fattezze “androgine”, in cui è sintetizzata la bellezza del mondo, ricordano quelle di un angelo.
La semplicità di Richard costituisce poi il canale privilegiato per rapportarsi a Dio. Ciò che lo fa assomigliare a Cristo, anche nel momento della sofferenza, non è la profonda erudizione del teologo, ma lo sguardo appassionato del fanciullo. Solo questa postura esistenziale, che significa fondamentalmente un atteggiamento fiducioso nei confronti della realtà, gli permette di percepire la volontà di Dio e di compiere la sua missione che si preannuncia, già al momento della partenza, piena di pericoli e difficoltà. Richard non si sottrae: chi ama autenticamente Cristo è consapevole che non esiste sconfitta su questa terra che non possa essere convertita da Lui in una vittoria di ancor più grande valore. La determinazione con cui l’eremita resiste all’odio degli uomini o alle tentazioni del diavolo è il frutto maturo di un uomo che rinuncia a se stesso per arrendersi a Dio.
Seguire e conformarsi alla volontà di Nostro Signore non significa quindi la cieca sottomissione dello stolto, o peggio, dello schiavo, ma costituisce l’unica speranza di autentica libertà e salvezza.
Ma La storia dell’eremita Richard Raynal è soprattutto il trionfo dell’Inghilterra cattolica, di una nazione disposta ancora a riconoscere in Gesù e in Pietro, suo Vicario in terra, i maestri da ascoltare. Enrico VI appare molto diverso dai sovrani che diedero il via alla rivoluzione anglicana; è il prototipo del governatore umile, servizievole, consapevole che il suo potere altro non è che riflesso di una forza infinitamente superiore da cui dipende.
Tra orizzonti individuali e destini collettivi il romanzo è il grande affresco di una conversione generale, un cammino verso la santità a cui Benson invita il lettore.
Luca Fumagalli
Il libro: R. H. BENSON, La storia dell’eremita Richard Raynal, Reggio Emilia, Edizioni Radio Spada, 2013, pp. 120, Euro 9,90.