«L’educazione è cosa del cuore»
(Don Bosco)
di Luca Fumagalli
Melanie corre. Non le resta altro da fare. Scappa, senza neanche voltarsi, lontano da qualcosa che nemmeno lei conosce. È una strana sensazione che le prende lo stomaco, una fame che martella le viscere. Ma attraversare in tutta fretta le vuote strade della città significa forse solamente fuggire da se stessa, dal proprio oscuro passato.
Il mondo di una volta non esiste più. Un’epidemia ha ridotto l’Inghilterra e il resto delle terre emerse in un cumulo di macerie. Coloro che sono sopravvissuti si sono rifugiati nella cittadina fortificata di Beacon. Tutti gli altri, quelli che non ce l’hanno fatta, si sono trasformati in orribili esseri denominati “hungrie”, rapidi e pericolosi predatori in grado di uccidere le vittime con singolare ferocia. Chi viene morso è destinato a sua volta a mutare irrimediabilmente, senza che esista una cura per invertire il processo.
Melanie si ferma. Tornano improvvisamente alla mente le immagini del passato, della base militare, del sergente Parks, della dottoressa Caldwell e dell’amata Helen Justineau, la sua insegnante preferita. A quell’epoca le giornate erano ripetitive ma decisamente affascinanti: si svegliava alla mattina presto, i soldati entravano nella sua stanza e la legavano alla sedia. Veniva poi condotta in classe, con gli altri alunni, anche loro saldamente immobilizzati. Il professore di turno li salutava rispettosamente e poi iniziavano le lezioni. Storia, geografia, matematica, letteratura e tutte quelle altre materie deliziose che facevano sobbalzare il suo cuore di gioia. Aveva solo dieci anni, e amava molto conoscere cose nuove.
Del resto non c’era altro nella sua vita. Non aveva mai potuto apprezzare la bellezza del mondo esterno, ogni giornata l’aveva trascorsa tra la cella e la classe, due stanze collegate da un lungo corridoio. Aveva visto solo soldati e insegnanti, e tra i bambini – ad eccezione di qualche saluto – non era permesso alcun contatto. Erano della cavie per esperimenti, ma non sapeva per quale scopo. Due dei suoi compagni erano misteriosamente spariti e molto probabilmente a breve sarebbe accaduta anche a lei la stessa cosa. Poi qualcuno ha attaccato la base, tutto è stato distrutto e la sua vita sconvolta: adesso non le resta che fuggire.
La ragazza che sapeva troppo (The Girl with All the Gifts) è un prodotto originale e coinvolgente, in grado di elevarsi al di sopra di un titolo tradotto malamente, un inutile e sviante richiamo all’omonimo film del 1963. La storia di Melanie, infatti, è una vicenda di miserie e grandezze, di limiti e virtù, giocata nell’ambito di un’avventura frenetica e senza requie; nulla dunque a che spartire con la tipica atmosfera thriller della pellicola. Il libro, al contrario, evoca un mondo distopico dominato da un morbo che ha sfigurato il pianeta, un luogo feroce e inospitale in cui i protagonisti si trovano costretti a collaborare per sopravvivere.
Carey, autore britannico e collaboratore di note aziende del settore fumettistico come Marvel e DC, approda per la prima volta in Italia con un racconto che, in breve tempo, ha riscosso un vasto consenso di pubblico e critica. Negli Stati Uniti, da maggio, hanno addirittura avuto inizio le riprese di un adattamento cinematografico intitolato She Who Brings Gifts con Gemma Arterton, Glenn Close e Sennia Nanua, la cui uscita nelle sale è prevista per il prossimo anno. Il successo è ben meritato: il romanzo, infatti, pur contrassegnato da un ritmo incalzante e frenetico – con tanto di narrazione al tempo presente, brillante intuizione per aumentare il pathos – non manca di ritagliare adeguati spazi per approfondire la psicologia dei protagonisti e l’evoluzione dei rapporti tra essi.
Tra i legami che nascono, mutano e maturano, il più importante è quello che si instaura tra Melanie ed Helen. Tra loro prendono vita tutte le affascinanti contraddizioni tipiche di un rapporto educativo. La maestra e l’allieva, nonostante il mutare degli eventi, mantengono inalterata la loro vicinanza, coltivando un affetto reciproco il cui esito avrà impensabili effetti positivi. Helen tratta la bambina come un essere umano e non come una cavia; è l’unica che ha il coraggio di accoglierla con tutto il suo portato di umanità, senza inchiodarla agli sguardi particolari di chi la considera un pericolo, un esperimento o, peggio, un mostro. Il rapporto è così intenso che presto diventa una calamita per gli altri, finalmente obbligati a fare i conti con la straordinaria ragazza. Nel riscatto di Melanie c’è la redenzione della persona ed è solo grazie ad Helen – consapevole di essersi assunta un’importante responsabilità – che la sua vita potrà prendere una piega felice. Così, uno dopo l’altro, tutti iniziano ad accorgersi di lei, qualcuno arriverà ad amarla e altri troveranno nei suoi dolci occhi e nel suo sorriso il coraggio per slanci di gratuita generosità.
Indipendentemente dall’esito della fuga, Melanie ha già conquistato la più importante vittoria della sua vita: quella di crescere, di scoprire i suoi inestimabili talenti, di diventare perno e riferimento per amici e alleati. E alla fine sarà proprio lei a dover prendere una decisione che muterà per sempre la sorte della razza umana. Una scelta possibile solo grazie all’affetto dell’insegnante, una donna che ha creduto in lei fin dall’inizio e l’ha sempre amata di un amore disinteressato, al di là dei limiti e delle difficoltà: «C’è solo Melanie. Melanie è il messaggero inviato dalla provvidenza nella sua ultima ora per portare a casa i suoi trofei».
Il libro: M. R. CAREY, La ragazza che sapeva troppo, Roma, Newton Compton editori, 2015, pp. 379, Euro 9,90.