di Vito Plantamura
Da sempre, si fa un gran parlare della vocazione turistica del nostro Paese, e in particolare del Mezzogiorno che, proprio nel turismo, dovrebbe trovare la sua occasione di riscatto. Ciclicamente, in politica c’è chi promette che troverà fondi per il Sud, magari proprio per aumentare il business del turismo. La mia risposta è: no, grazie. Nella storia della Repubblica italiana, infatti, ogni qual volta si sono voluti trovare finanziamenti per il Sud, si sono dati soldi al Nord, e ai suoi imprenditori: direttamente, per fare impresa, e quindi creare occupazione al Mezzogiorno; o indirettamente, realizzando un bacino di domanda per il loro prodotti.
È molto facile rinfacciare al Sud, ad es., i forestali della Calabria, senza domandarsi, con il loro stipendio, che prodotti hanno comperato fino a ieri, cioè quelli settentrionali. Dove “fino a ieri” significa fino all’entrata nell’euro, quando la Germania ha potuto vendere agli italiani i suoi prodotti, con il considerevole sconto connesso ai differenti tassi d’inflazione, e senza subire, a causa del boom di esportazioni all’interno dell’eurozona, fisiologiche rivalutazioni della propria moneta, che tali eccessive esportazioni, in danno dei propri vicini, avrebbero arginato.
Forse gli imprenditori settentrionali si saranno infine accorti che erano stati sostenuti dalla domanda interna meridionale, e che di sole esportazioni non riescono a vivere. Forse. O forse no, visto che la crisi sarebbe colpa della corruzione e dell’evasione, che infatti notoriamente non abbiamo mai avuto prima. Quindi, niente fondi speciali destinati al Sud, per carità, che non sappiamo a vantaggio di chi finirebbero, ma sappiamo per certo quale razzismo, ed autorazzismo, continuerebbero ad alimentare.
Per una volta, invece, perché non dare al Mezzogiorno un reale vantaggio competitivo? Come si sarebbe potuto fare al tempo dell’omonima Cassa, quando ancora, cioè, potevamo finanziare la crescita in deficit, mentre si è sempre scelto di dare i soldi al Sud per comprare prodotti altrui, e mai per vendere più facilmente i propri.
Per capire come fare oggi, mettiamo a confronto due piccoli paesi meridionali, con forte vocazione turistica: Rivisondoli e Pescocostanzo. Storicamente, il primo è stato sempre minore rispetto al secondo, che era il centro principale dell’Alto Sangro, come testimoniato dalla splendida Basilica di Santa Maria del Colle. Si tratta, come per la vicina Roccaraso, di mete turistiche non solo invernali, ma anche estive. Anzi, proprio d’estate questi paesini danno il meglio di sé, offrendo tantissimi servizi gratuiti ai turisti, come, ad es., l’animazione per i bambini, sia di mattina che di pomeriggio, e numerosi intrattenimenti serali. Ad agosto, Rivisondoli ha offerto, tra l’altro, il cabaret di Gianfranco d’Angelo e di Maurizio Battista, e i concerti di Masini, Caparezza e Povia.
Quest’ultimo merita una menzione speciale, non solo per la dedizione che mostra, la durata e la qualità dello spettacolo, ma anche per i contenuti del suo “siamo italiani tour”, in cui, lui che è milanese, mostra orgogliosamente una bandiera del Regno delle Due Sicilie, e spiega come l’Unità d’Italia sia stata fatta contro il Meridione: altro che Jovanotti, che si vanta di partecipare, assieme al capo della Banca Mondiale, a misteriosi think-tank in perfetto stile Bilderberg.
E Pescocostanzo? La bellissima Pescocostanzo non riesce più a offrire altrettanto. Cosa cambia tra questi due paesi? La popolosità. Pescocostanzo, infatti, ha il “torto” di avere 1.200 abitanti, mentre Rivisondoli ha il “merito” di averne 700. Sembra una pazzia. E infatti lo è. Ma ciò comporta che Pescocostanzo è sottoposta, per dirla con Keynes, a quella parodia dell’incubo di un contabile che è il patto di stabilità interno, e non può spendere; mentre Rivisondoli no, e può spendere i suoi soldi, senza doverli tenere in cassa per restrizioni ragionieristiche (1).
Lo Stato vuole davvero aiutare il Sud e rilanciarne il turismo? La mia proposta è di escludere tutti i comuni meridionali, al di sotto dei 10.000 abitanti, e con forte vocazione turistica (che potrebbe accertarsi in base ad una proporzione tra abitanti e posti letto in albergo, o con analogo criterio), dal patto di stabilità, con riferimento alle spese affrontate per incentivare il turismo: l’arredo urbano, l’organizzazione di eventi, i servizi per i turisti, etc. A parole, tutti dicono di voler aiutare il Meridione, vedremo se qualcuno appoggerà questa proposta concreta.
(1) il “patto di stabilità” si applica ai Comuni con popolazione maggiore di 1.000 abitanti, cfr. http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/Patto-di-S/2015/Province-e/index.html
Vocazione turistica del Mezzogiorno? Solo turistica?
Il Regno delle Due Sicilie, prima che venisse aggredito, invaso e saccheggiato dai “fratelli d’Italia”, era uno dei paesi più industrializzati del mondo: terzo, dopo Inghilterra e Francia.
Gli agrumeti siciliani e i frutteti in genere erano i terreni più redditizi d’Italia…
( da TERRONI di Pino Aprile, Ed. Piemme)
“FRATELLI D’ITALIA”, sono, naturalmente, i fratelli massoni, foraggiati dalla perfida Albione.
…le vocazioni dei territori, sono come le devozioni delle persone, non si escludono a vicenda: le mie personali, ad es., sono Gesù Bambino, la Madonna, San Giuseppe, San Michele Arcangelo e San Nicola, e dubito che siano tra loro gelosi. Scherzi a parte, il tuo commento rischia di scivolare nell’auto-razzismo, nel credere che la vocazione turistica implichi un’esclusione di altre attività, o, come si dice, un popolo di pizzaioli e camerieri. Il punto è solo quello di comprendere chi è il titolare dell’attività. Se il titolare è lo stesso meridionale, che sia una pizzeria, un albergo, un lido, un parco divertimenti, un locale notturno, etc., va benissimo. Se invece il padrone è un colonizzatore, settentrionale o, di questi tempi, più probabilmente teutonico, che si tratti di un albergo o di un’industria, per me va male uguale.
Riguardo le Due Sicilie, poi, segnalo che, manco a farlo apposta, proprio il comunicato di oggi 5 novembre, della “Rete di informazione del Regno delle Due Sicilie”, titola “Forza Povia sei tutti noi”.
A proposito di crisi economica, invece, significo che chi ha studiato sul serio la questione meridionale dovrebbe essere molto avvantaggiato, nel comprendere le dinamiche perniciose dell’attuale crisi indotta da rarefazione monetaria, targata UEM.
Forse questo mio breve intervento d’apertura, ad un convegno sull’introduzione, in Costituzione, del pareggio di bilancio, può risultare utile:
https://www.youtube.com/watch?v=s1Afuan35DU
Tom Bombadillo
Il mio intervento -mi pare fosse chiaro- era mirato ad AGGIUNGERE vocazioni del territorio meridionale e non ad escludere quella turistica.
Esclusioni di vario genere, anche nell’ambito bancario, sono state realizzate dagli usurpatori. Si adoperarono persino per realizzare una sorta di deportazione di massa dei meridionali in Patagonia! Esclusione di esseri umani dal territorio nazionale!!!
I “fratelli d’Italia”, cui si riferisce Pino Aprile, sono i Piemontesi, comunque mossi da Cavour: massone, appunto.
Tra gli ottimi articolo di analisi che ho letto qui su Radio Spada, questo è davvero mirabile per lucidità e intelligenza. Grazie di cuore da un’abruzzese che vive a pochi km dai meravigliosi vetri che avete così correttamente e lucidamente preso ad esempio.