A cura di CdP Ricciotti.
Dai Sermoni di san Leone Magno sul Natale del Signore:
“Oggi, dilettissimi, è nato il nostro Salvatore: rallegriamoci! Non è bene che vi sia tristezza nel giorno in cui si nasce alla vita, che, avendo distrutto il timore della morte, ci presenta la gioiosa promessa dell’eternità. Nessuno è escluso dal prendere parte a questa gioia, perché il motivo del gaudio è unico e a tutti comune: il nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, è venuto per liberare tutti, senza eccezione, non avendo trovato alcuno libero dal peccato. Esulti il santo, perché si avvicina al premio. Gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono. Si rianimi il pagano, perché è chiamato alla vita. Il Figlio di Dio, nella pienezza dei tempi che il disegno divino, profondo e imperscrutabile, aveva prefisso, ha assunto la natura del genere umano per riconciliarla al suo Creatore, affinché il diavolo, autore della morte, fosse sconfitto, mediante la morte con cui prima aveva vinto. In questo duello, combattuto per noi, principio supremo fu la giustizia nella più alta espressione. Il Signore onnipotente, infatti, non nella maestà che gli appartiene, ma nella umiltà nostra ha lottato contro il crudele nemico. Egli ha opposto al nemico la nostra stessa condizione, la nostra stessa natura, che in lui era bensì partecipe della nostra mortalità, ma esente da qualsiasi peccato. […]
Dunque il Verbo di Dio, Dio egli stesso e Figlio di Dio, che «era in principio presso Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza del quale neppure una delle cose create è stata fatta», per liberare l’uomo dalla morte eterna si è fatto uomo. Egli si è abbassato ad assumere la nostra umile condizione senza diminuire la sua maestà. E’ rimasto quel che era e ha preso ciò che non era, unendo la reale natura di servo a quella natura per la quale è uguale al Padre. Ha congiunto ambedue le nature (Unione ipostatica, NdR) in modo tate che la glorificazione non ha assorbito la natura inferiore, né l’assunzione ha sminuito la natura superiore. Perciò le proprietà dell’una e dell’altra natura sono rimaste integre, benché convergano in una unica persona. In questa maniera l’umiltà viene accolta dalla maestà, la debolezza dalla potenza, la mortalità dalla eternità. Per pagare il debito, proprio della nostra condizione, la natura inviolabile si è unita alla natura che è soggetta ai patimenti, il vero Dio si è congiunto in modo armonioso al vero uomo. Or questo era necessario alle nostre infermità, perché avvenisse che l’unico e identico Mediatore di Dio e degli uomini da una parte potesse morire e dall’altra potesse risorgere. […]
Pertanto, dilettissimi, rendiamo grazie a Dio Padre mediante il suo Figlio nello Spirito Santo, poiché la sua grande misericordia, con cui ci ha amato, ha avuto di noi pietà. «Quando ancora noi eravamo morti a causa dei nostri peccati, ci ha vivificati con Cristo» per essere in lui una nuova creatura e una nuova opera. Dunque spogliamoci del vecchio uomo e dei suoi atti . Ora che abbiamo ottenuto la partecipazione alla generazione di Cristo, rinunciamo alle opere della carne. Riconosci, o cristiano, la tua dignità, e, reso consorte della natura divina, non voler tornare con una vita indegna all’antica bassezza. Ricorda di quale capo e di quale corpo sei membro. Ripensa che, liberato dalla potestà delle tenebre, sei stato trasportato nella luce e nel regno di Dio. Per il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito santo: non scacciare da te con azioni cattive un sì nobile ospite e non ti sottomettere di nuovo alla schiavitù del diavolo, perché ti giudicherà secondo verità chi ti ha redento nella misericordia, egli che vive e regna col Padre e lo Spirito santo nei secoli dei secoli. Amen.”
Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, Seconda Persona della Santissima Trinità: è nato il nostro Salvatore, rallegriamoci!
Sintesi tratta da Il Valore della Vita, Commento dogmatico morale al Catechismo di san Pio X, Sac. F. Maccono, vol. II, 1926:
Che ci ordina il primo comandamento: Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori che me?
Il primo comandamento: Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori che me, ci ordina di essere religiosi, cioè di credere in Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) e di amarLo, adorarLo e servirLo come l’unico vero Dio (Uno e Trino), Creatore e Signore di tutto.
Le parole: lo sono il Signore Dio tuo, non sono un comandamento, ma l’introduzione o esordio. Come i re nell’emanare le leggi dicono: «Noi tale dei tali, ecc.», così Dio dice: Chi dà questi comandamenti sono Io, Creatore, Signore, Padrone di tutti: quindi ho diritto di imporli; e voi, o uomini, avete dovere di accettarli e di osservarli.
Questo comandamento, come tutti gli altri, ha una parte positiva e una negativa. 1° La parte positiva sta in ciò che «ci ordina di essere religiosi», cioè di praticare la Religione; 2° la parte negativa sta in ciò che proibisce di dare il culto a chi non è Dio e proibisce di negarlo a Lui, ossia, proibisce la superstizione e l’irreligiosità.
Ora, che cosa è la Religione? Nel senso in cui qui va intesa tale parola, è quella virtù morale che inclina l’uomo a dare a Dio il culto dovuto. Il culto è il complesso degli atti con cui onoriamo Dio, ossia, riconosciamo la Sua infinita eccellenza e Gli rendiamo il dovuto onore e servizio.
Quindi questo comandamento ci comanda: 1° Di studiare la Religione, perchè come si può onorare Dio e onorarLo nel modo che Egli vuole, se non si conosce? E come si conosce se non si studia? 2° Di avere la fede, la speranza e la carità, perchè come si può onorar Dio senza credere che Vi è e senza credere a quanto ha rivelato? Come si può onorare, come si deve, senza sperare quanto Egli ha promesso e senza amarLo?
Perciò Dio con questo comandamento c’impone: 1° Di farGli omaggio della nostra intelligenza studiando (intanto il Catechismo di san Pio X, NdR), le verità da Lui rivelate (definite dalla Chiesa nel Magistero, NdR) e di crederle ancorché non le comprendiamo; 2° Di farGli omaggio del nostro cuore e della nostra volontà amandoLo sopra ogni cosa, osservando la Sua legge e sperando da Lui il Paradiso e le grazie necessarie per fare opere buone e così meritarcelo.
Quindi non basta, per essere religiosi, ammettere un Supremo o commuoversi a certe funzioni religiose, o trovare belle e sublimi le pratiche della Chiesa, efficace la Sua azione sulle anime, ottimo l’uso dei sacramenti, e gran rimedio per i buoni costumi, ecc.; e poi non volerne sapere nè di dogmi, nè di precetti e non andare alla Messa e non fare la Pasqua, ecc.; ma bisogna credere tutte le verità della fede; sperare in Dio, pregarLo, onorarLo è osservare i suoi comandamenti, e tutti, e non solo contentarsi di non ammazzare, e non rubare; e di più osservare i precetti della Chiesa. Altrimenti si potrà passare per uomini onesti secondo il mondo, ma non secondo Dio. Perchè il primo dovere dell’uomo onesto e galantuomo è di dare ad ognuno il fatto suo; e quindi il primo dovere è di dare a Dio il culto che Gli spetta; ma chi trascura questo primo dovere, che razza di galantuomo egli è mai? Galantuomo all’esterno e in pubblico, ma nell’interno ed in privato è come i Farisei, che Gesù definiva: Sepolcri imbiancati. E infatti, di tanto in tanto, vediamo scoppiare fra questi galantuomini, secondo il mondo, scandali, processi, ecc.
…di amarLo, adorarLo e servirLo come l’unico vero Dio…, perchè non c’è altro vero Dio fuorché Lui; e quindi ci comanda di servire a Lui solo, come disse anche Gesù al demonio, quando fu da lui tentato nel deserto; e si serve a Dio solo, quando si osservano i suoi comandamenti.
Invece non si serve Dio, ma il demonio quando, come Eva, si ascolta ciò che egli ci suggerisce e si fa la sua volontà, trasgredendo i comandi del Signore. Si può, anzi si deve, anche servire il prossimo, ma non mai in contrasto a ciò che Dio comanda. Posti nell’occasione di disgustare Dio o il prossimo, che domandasse cose contrarie a Dio, dobbiamo dire: Si disgustino pure tutti; ma non Dio. E facciamo ciò che Dio comanda anche a costo della vita (martirio, NdR).
Che ci proibisce il primo, comandamento? Il primo comandamento ci proibisce l’empietà, la superstizione, l’irreligiosità; inoltre l’apostasia, l’eresia, il dubbio volontario e l’ignoranza colpevole delle verità della Fede.
Si può peccare contro questo comandamento per eccesso o per difetto: 1° per eccesso, non già quasi che Dio si possa onorare troppo, essendo degno di culto infinito, ma in questo senso, che Gli si può dare un culto vizioso, e abbiamo la superstizione; 2° per difetto, quando non si dà a Dio il culto dovuto o si profanano le cose sacre, e abbiamo la irreligiosità. Il catechismo nomina anche l’apostasia (Gli apostati sono coloro che abiurano, ossia rinnegano con atto esterno la fede cattolica, che prima professavano) e l’eresia (Gli eretici sono i battezzati che ricusano con pertinacia di credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata come di fede dalla Chiesa cattolica, per esempio gli ariani, i nestoriani, e le varie sette dei protestanti); per il dubbio volontario e l’ignoranza colpevole.
Si dice empio chi non vuol rendere a Dio nessun culto, chi non ha la pietà religiosa (parte negativa); e si dice che ha commesso un’empietà (parte positiva) chi ha commesso atti disonoranti Dio, cioè, peccò contro la pietà.
Superstizione è il culto divino o di latria reso a chi non è Dio, o anche a Dio, ma in modo non conveniente: perciò l’idolatria o il culto di false divinità e di creature; il ricorso al demonio, agli spiriti e ad ogni mezzo sospetto per ottener cose umanamente impossibili; l’uso di riti sconvenienti, vani o proibiti dalla Chiesa.
Per sè, tanto il culto falso quanto il superfluo è peccato grave.
Sintesi tratta da il Prontuario del Predicatore, Houdry – Porra, Vol. 4, 1934:
«Nel principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio, ed il Verbo era Dio. Questo era nel principio presso Dio. Tutto per lui fu fatto, e senza di lui nulla fu fatto di quanto è stato fatto. In lui era vita, e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno compresa. Fuvvi un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni. Questi venne per testimonianza, a fine di testimoniare della luce, perchè tutti credessero per lui. Egli non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce. Questa era la luce verace, la quale illumina ogni uomo, che viene nel mondo. Era nel mondo, ed il mondo per esso fu fatto; ma il mondo non lo conobbe. Venne nella propria casa, ed i suoi noi ricevettero. Ma a quanti lo ricevettero, credenti nel nome di Lui, diede facoltà di divenire figliuoli di Dio; i quali non da sangue, nè da volontà di carne, nè da volontà di uomo, ma da Dio sono generati, ed il Verbo si è fatto carne, e ha fra noi abitato; e noi abbiamo contemplato la sua gloria; gloria, come di unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità» (Joan. I, 1-14).
L’Evangelo secondo S. Giovanni. Il principio di questo Evangelio dipinge nella maniera più sublime la dignità del Verbo eterno, e come «Il verbo eterno si fece carne ed abitò fra noi». Perciò i primi cristiani erano animati dal più profondo rispetto per questo Evangelo. Essi lo recitavano spesso, e giunsero perfino a portarlo al collo o sul petto in copie diligentemente chiuse, come afferma S. Giov. Crisostomo in uno dei suoi discorsi. Assai per tempo s’introdusse anche il costume di leggere il principio dell’Evangelio di S. Giovanni dopo la cerimonia del Battesimo, e dopo che gli infermi avean ricevuto gli estremi Sacramenti. A poco a poco i Sacerdoti avendo generalmente preso l’uso di leggere il principio di questo Evangelo nel ritornare dall’altare alla sacrestia, credendo di non poter terminare più degnamente la celebrazione del sacrifizio della Messa, Papa S. Pio V obbligò con una sua Bolla di recitarlo alla fine della Messa.
A cura di CdP Ricciotti
Nella ricorrenza del Santo Natale di NSGC desidero far pervenire a Lei, caro Piergiorgio Seveso, a Luca Fumagalli, a tutti i vostri collaboratori, ed a tutti i cari amici del blog i miei più sinceri e fervidi auguri di
BUONE E SANTE FESTIVITA’ NATALIZIE
Cordialmente,
Grazie parimenti.
Carlo di Pietro
(Ricciotti)